I “tipi” femminili concepiti e nati all'interno del genere fantastico hanno principalmente una doppia discendenza derivante sia dalla letteratura romantica che dal genere noir americano. Una prima difficoltà della classificazione consiste innanzitutto nel ricondurre la terminologia a un'omogeneità linguistica. La dispersione di significati e di subsignificati di molte delle definizioni rischiano infatti di renderle equivoche.
In realtà è possibile individuare delle definizioni strutturali di carattere generale entro le quali poi prendono forma differenti gruppi di famiglie, declinazioni di uno stesso modello rappresentativo che non varia o varia parzialmente nel corso dell'evoluzione storica dei generi e dei sottogeneri. Le tre principali classificazioni tipologiche delle figure femminili del fantastico possiamo ridurle essenzialmente a tre categorie: belle dame sans merci, damsel in distress e final girl. Delle tre soltanto la final girl, come già anticipato, deriva da uno studio e una classificazione che ha radici cinematografiche, in particolare dallo slasher movie. Di seguito una breve descrizione di questi tre tipi con una serie di esempi tratti dalle pellicole presenti nel campione.
5.2.1 Belle dame sans merci
L'espressione Belle Dame sans Merci (Letteralmente: la bella dama senza pietà) deriva dal titolo di una poesia francese di Alain Chartier del XIV secolo. La tradizione poetica è quella dell'amore cortigiano, ma John Keats ne riscrive, in seguito, una sua versione incentrata sulla figura della donna tentatrice che seduce gli uomini e li conduce alla disperazione e alla perdizione. La poesia, prima edizione del 1819, racconta in chiave favolistica la storia di un cavaliere sedotto da una misteriosa donna fatata e abbandonato in una grotta. Un sogno rivelatore svela che questa dama crudele ha ridotto in schiavitù principi e re. Come si può ben constatare questo tropo conserva, in fondo, la caratteristiche del “doppio” con la consueta ambiguità e diffidenza generate da una donna che non è quello che appare e, approfittando dell'inganno, esercita tutto il suo fascino seducente verso un uomo. Questo motivo del contrasto tra essere e apparire è stato, quindi, ben presto utilizzato dal cinema ampiamente, ora in una chiave soprannaturale, ora in una chiave psicanalitica.
Schneider, a tale proposito <5, ispirandosi allo scritto di Robert Rogers intitolato A Psychoanalitical Study of the Double in Literature applica la concezione freudiana del “doppio” ai meccanismi della finzione cinematografica, ottenendo un'articolata tassonomia sui vari “doppi” che si possono “incontrare” nel cinema. A differenza di Rogers, Schneider introduce un'ulteriore distinzione, quella tra physical double (a cui appartengono quelli che lui chiama doppelgänger) e mental double (in questo caso utilizza un'altra definizione, quella di alter-ego. I doppelgänger fisici, ovvero i doppi che si manifestano non all'interno di uno stesso corpo, ma si replicano duplicandosi in due corpi diversi, arrivano a 5: i “replicas” (doppelgänger naturali); i “gemelli” (ciascun gemello rappresenta una personalità opposta dell'altro, solitamente uno è incline al bene, l'altro al male. Gli esempi riguardano in particolare i film Sisters (Brian De Palma, 1972) e Dead Ringers (Inseparabili, David Cronenberg); “chameleons” [(forme non umane di vita che si impossessano di corpi di persone o di animali, come in The Thing (John Carpenter, 1982)]; replicanti (robot e cyborg); apparizioni (come il ruolo di Asa e Katia interpretato da Barbara Steele ne La maschera del demonio, che si vedrà in seguito). Gli alter-ego possono invece essere così classificati: schizos (soggetti con chiaro sdoppiamento della personalità); shape-shifters (soggetto il cui sdoppiamento di personalità è accompagnato anche da una trasformazione fisica, come il caso del dottor Jekill e di Mr Hyde); projections (qui è importante distinguere le projections dalle apparizioni, entrambi spazialmente distinte, tuttavia, la proiezione produce un personaggio-altro soltanto immaginato e non reale, mentre le apparizioni constano proprio di due personaggi differenti spesso con caratteristiche opposte l'una all'altro. L'utilizzo di questa sommaria classificazione, costituisce però un buona traccia per ordinare i differenti “doppi” riscontrabili nelle belles dames sans merci del cinema italiano. È già di per sé fin evidente che accanto all'alter-ego psicanalitico (più tipico del thriller) qui visto nel quale la doppia personalità è il risultato di una patologia mentale, nel gotico, compaiono molto più spesso Doppelgänger fisici, che vengono a giustificare la doppia personalità con l'intervento di fenomeni legati al mondo dei defunti che ritornano o alla stregoneria. La stregoneria femminile nel gotico italiano è spesso un fenomeno che si nasconde sotto mentite spoglie e che si nutre del raggiro, del trucco, dell'affabulazione, anche fisica.
Per questa ragione la belle dame sans merci è una categoria orientativa e strumentale che nasconde altre definizioni più specifiche e più pertinenti al plot e al genere di riferimento. Sotto questa categoria si possono ascrivere le figure della vamp, della dark-lady, della femme fatale e della donna mostro. Alcuni di questi termini sono sinonimi, altri invece meritano di essere compresi nelle loro differenza. Ad essi si aggiunge anche la figura dell'assassina, una versione di “schizo” nel thriller. Nel thriller la donna, infatti, diviene spesso sia mostro che vittima. Le categorie stereotipiche coinvolte nel thriller si concentrano, infatti, su assassina e vittima. Sull'assassina si avvieranno considerazioni più avanti, mentre, operando una ricognizione storica, il primo esempio di “vamp” nel cinema è quello di Theda Bara, il primo sex-symbol del muto, soprannominato per l'appunto The Vamp con chiari riferimenti vampireschi, anche nell'etimologia della parola stessa. La vampira (the Vampire) (Raoul Walsh, 1915), film tratto dall'omonimo romanzo di Rudyard Kipling è infatti il primo film che vede protagonista Theda Bara.In questo caso, la parola "vamp" viene strettamente a coincidere con "vampira", un essere assetato di sangue, redivivo, dunque bestiale e mostruoso. La parola “vamp”, però, fu resa famosa grazie A Fool There Was (Frank Powell e Porter Emerson Browne, 1915) film che nella sua ingenuità esprime meglio di ulteriori esempi l'essenza della donna crudele che distrugge l'uomo che si è incautamente innamorato di lei e non di rado ne fa il suo schiavo o lo uccide. La figura della Vamp diventa molto popolare anche nel Decadentismo, che tende a creare un'immagine femminile che susciti nell'uomo attrazione e diffidenza. Queste donne sono spesso tratteggiate come personaggi autorevoli, forti, dominanti, ritratti sensuali, disinibiti che causano forme di destabilizzazione psicologica nell'uomo. Il termine “vamp” ha anche il suo corrispettivo francese in femme fatale, donna maliziosa e intraprendente, spesso, nella letteratura decadente, opposta alla figura dell'inetto, l'uomo timido, incapace di responsabilità e pervaso da un forte senso di inferiorità, tuttavia archetipi storico-letterari di questa figura costellano anche il Medioevo e l'epoca rinascimentale: dalla figura di Fata Morgana, maga malvagia seducente nella storia di Re Artù, fino a Salomé, Elena di Troia, Cleopatra, Alcina e Armida.
La femme fatale, rappresenta l'anti-modello borghese della donna mangia-uomini ed è imparentata con la dark-lady. Quest'ultima, sebbene nasca come definizione all'interno dei sonetti di Shakespeare, è propriamente uno stereotipo cinematografico nato intorno agli anni Quaranta presso il genere noir e il giallo hard-boiled. Della dark-lady il cinema ha sovente rinforzato l'aspetto malvagio, perverso e maledetto, configurandola principalmente come anti-eroina. Anna Kaplan scrive a proposito:
"Il film noir è particolarmente notevole per il suo specifico trattamento alle donne (…) Nel mondo del film noir sono al centro dell'intrigo del film, e, inoltre, spesso non sono collocate in salvo nei ruolo sopra menzionate [mogli, madre, n.d.r]. Definite per la loro sessualità, che è presentata come desiderabile ma pericolosa per l'uomo, le donne hanno la funzione di ostacolare la ricerca maschile". <6
Tra i film americani che più rappresentano questo modello di femminilità sono da citare per esempio La fiamma del peccato, (Double Indemnity, Billy Wilder, 1944) con Phillis Dietrichson o L’ombra del passato (Murder, my sweet, Edward Dmytryk, 1944), nei quali vi sono donne che seducono uomini incuranti dei mariti, spinte al culmine di un crimine passionale. Ma è soprattutto da ricordare la Rita Hayworth de La signora di Shangai (Orson Wells, 1948), Elsa è una donna bellissima, sposata a un ricco avvocato. Seduce un marinaio, cercando di convincerlo a eliminare il consorte. Lo stesso tema della triangolazione amorosa con il delitto a sfondo passionale organizzato e voluto da lei si ritrova in un caposaldo della letteratura, ovvero il romanzo di James Cain, Il postino suona sempre due volte da cui è stato tratto il celebre Ossessione (Luchino Visconti, 1943). Anche da questo film emerge il ruolo della donna perversa, passionale, senza scrupoli, con un certo ascendente sull'uomo, interpretata magistralmente da Clara Calamai. Un anno prima vi è un altro esempio italiano nella trasposizione calligrafica tratta dal romanzo di Fogazzaro, Malombra (Mario Soldati, 1942). La protagonista, la marchesina Marina di Malombra, si autoconvince di essere la predestinata a incarnare una sua antenata, Cecilia, tenuta prigioniera dal marito nello stesso palazzo che la ospita. Divisa tra la paura e il desiderio di vendicare Cecilia, Marina comincia a credere che i suoi parenti cospirino contro di lei. La sua suggestione arriva al punto da firmarsi Cecilia in una missiva indirizzata all'autore del libro, Corrado Silla, nel quale gli pone alcuni enigmatici quesiti sull'anima umana.
Marina-Cecilia, cerca dapprima di sedurre lo scrittore, ma, poi a causa del suo temperamento algido e lunatico, lo umilia, cercando di sottometterlo al suo volere. Da segnalare a questo proposito, una scena-chiave molto intensa, quella della partita a scacchi, che sottolinea il repentino cambiamento di Marina in favore di atteggiamenti aggressivi di natura dominante e dispotica superiorità che intendono mortificare Silla. “Voi giocate prudente. Avete paura di perdere, non di vincere”. La donna si alza dal tavolo e rimane in piedi mentre il suo compagno è seduto. “È inutile che studiate- sentenzia solennemente- Tanto NON vincerete”, poi getta per terra tutti gli scacchi mentre Silla la guarda impassibile. Tuttavia, la belle dame sans merci nelle vesti di dark lady o femme fatale compare molto tempo prima degli anni Quaranta nel cinema italiano.
[NOTE]
5 Cfr. S.J. Schneider. “Manifestations of the Literary Double in Modern Horror Cinema.” Horror Film and Psychoanalysis. Freud’s Worst Nightmare. Cambridge University Press, Cambridge-New York, 2004, pp. 106-121.
6 Cfr. A. Kaplan, Woman in film noir in A. Guerri, Il film noir. Storie americane, Gremese Editore, Roma, 1977, p. 75
Guido Carlo Colletti, La figura femminile nel fantastico italiano, Tesi di Dottorato, Università Cattolica del Sacro Cuore, Anno Accademico 2017-2018
In realtà è possibile individuare delle definizioni strutturali di carattere generale entro le quali poi prendono forma differenti gruppi di famiglie, declinazioni di uno stesso modello rappresentativo che non varia o varia parzialmente nel corso dell'evoluzione storica dei generi e dei sottogeneri. Le tre principali classificazioni tipologiche delle figure femminili del fantastico possiamo ridurle essenzialmente a tre categorie: belle dame sans merci, damsel in distress e final girl. Delle tre soltanto la final girl, come già anticipato, deriva da uno studio e una classificazione che ha radici cinematografiche, in particolare dallo slasher movie. Di seguito una breve descrizione di questi tre tipi con una serie di esempi tratti dalle pellicole presenti nel campione.
5.2.1 Belle dame sans merci
L'espressione Belle Dame sans Merci (Letteralmente: la bella dama senza pietà) deriva dal titolo di una poesia francese di Alain Chartier del XIV secolo. La tradizione poetica è quella dell'amore cortigiano, ma John Keats ne riscrive, in seguito, una sua versione incentrata sulla figura della donna tentatrice che seduce gli uomini e li conduce alla disperazione e alla perdizione. La poesia, prima edizione del 1819, racconta in chiave favolistica la storia di un cavaliere sedotto da una misteriosa donna fatata e abbandonato in una grotta. Un sogno rivelatore svela che questa dama crudele ha ridotto in schiavitù principi e re. Come si può ben constatare questo tropo conserva, in fondo, la caratteristiche del “doppio” con la consueta ambiguità e diffidenza generate da una donna che non è quello che appare e, approfittando dell'inganno, esercita tutto il suo fascino seducente verso un uomo. Questo motivo del contrasto tra essere e apparire è stato, quindi, ben presto utilizzato dal cinema ampiamente, ora in una chiave soprannaturale, ora in una chiave psicanalitica.
Schneider, a tale proposito <5, ispirandosi allo scritto di Robert Rogers intitolato A Psychoanalitical Study of the Double in Literature applica la concezione freudiana del “doppio” ai meccanismi della finzione cinematografica, ottenendo un'articolata tassonomia sui vari “doppi” che si possono “incontrare” nel cinema. A differenza di Rogers, Schneider introduce un'ulteriore distinzione, quella tra physical double (a cui appartengono quelli che lui chiama doppelgänger) e mental double (in questo caso utilizza un'altra definizione, quella di alter-ego. I doppelgänger fisici, ovvero i doppi che si manifestano non all'interno di uno stesso corpo, ma si replicano duplicandosi in due corpi diversi, arrivano a 5: i “replicas” (doppelgänger naturali); i “gemelli” (ciascun gemello rappresenta una personalità opposta dell'altro, solitamente uno è incline al bene, l'altro al male. Gli esempi riguardano in particolare i film Sisters (Brian De Palma, 1972) e Dead Ringers (Inseparabili, David Cronenberg); “chameleons” [(forme non umane di vita che si impossessano di corpi di persone o di animali, come in The Thing (John Carpenter, 1982)]; replicanti (robot e cyborg); apparizioni (come il ruolo di Asa e Katia interpretato da Barbara Steele ne La maschera del demonio, che si vedrà in seguito). Gli alter-ego possono invece essere così classificati: schizos (soggetti con chiaro sdoppiamento della personalità); shape-shifters (soggetto il cui sdoppiamento di personalità è accompagnato anche da una trasformazione fisica, come il caso del dottor Jekill e di Mr Hyde); projections (qui è importante distinguere le projections dalle apparizioni, entrambi spazialmente distinte, tuttavia, la proiezione produce un personaggio-altro soltanto immaginato e non reale, mentre le apparizioni constano proprio di due personaggi differenti spesso con caratteristiche opposte l'una all'altro. L'utilizzo di questa sommaria classificazione, costituisce però un buona traccia per ordinare i differenti “doppi” riscontrabili nelle belles dames sans merci del cinema italiano. È già di per sé fin evidente che accanto all'alter-ego psicanalitico (più tipico del thriller) qui visto nel quale la doppia personalità è il risultato di una patologia mentale, nel gotico, compaiono molto più spesso Doppelgänger fisici, che vengono a giustificare la doppia personalità con l'intervento di fenomeni legati al mondo dei defunti che ritornano o alla stregoneria. La stregoneria femminile nel gotico italiano è spesso un fenomeno che si nasconde sotto mentite spoglie e che si nutre del raggiro, del trucco, dell'affabulazione, anche fisica.
Per questa ragione la belle dame sans merci è una categoria orientativa e strumentale che nasconde altre definizioni più specifiche e più pertinenti al plot e al genere di riferimento. Sotto questa categoria si possono ascrivere le figure della vamp, della dark-lady, della femme fatale e della donna mostro. Alcuni di questi termini sono sinonimi, altri invece meritano di essere compresi nelle loro differenza. Ad essi si aggiunge anche la figura dell'assassina, una versione di “schizo” nel thriller. Nel thriller la donna, infatti, diviene spesso sia mostro che vittima. Le categorie stereotipiche coinvolte nel thriller si concentrano, infatti, su assassina e vittima. Sull'assassina si avvieranno considerazioni più avanti, mentre, operando una ricognizione storica, il primo esempio di “vamp” nel cinema è quello di Theda Bara, il primo sex-symbol del muto, soprannominato per l'appunto The Vamp con chiari riferimenti vampireschi, anche nell'etimologia della parola stessa. La vampira (the Vampire) (Raoul Walsh, 1915), film tratto dall'omonimo romanzo di Rudyard Kipling è infatti il primo film che vede protagonista Theda Bara.In questo caso, la parola "vamp" viene strettamente a coincidere con "vampira", un essere assetato di sangue, redivivo, dunque bestiale e mostruoso. La parola “vamp”, però, fu resa famosa grazie A Fool There Was (Frank Powell e Porter Emerson Browne, 1915) film che nella sua ingenuità esprime meglio di ulteriori esempi l'essenza della donna crudele che distrugge l'uomo che si è incautamente innamorato di lei e non di rado ne fa il suo schiavo o lo uccide. La figura della Vamp diventa molto popolare anche nel Decadentismo, che tende a creare un'immagine femminile che susciti nell'uomo attrazione e diffidenza. Queste donne sono spesso tratteggiate come personaggi autorevoli, forti, dominanti, ritratti sensuali, disinibiti che causano forme di destabilizzazione psicologica nell'uomo. Il termine “vamp” ha anche il suo corrispettivo francese in femme fatale, donna maliziosa e intraprendente, spesso, nella letteratura decadente, opposta alla figura dell'inetto, l'uomo timido, incapace di responsabilità e pervaso da un forte senso di inferiorità, tuttavia archetipi storico-letterari di questa figura costellano anche il Medioevo e l'epoca rinascimentale: dalla figura di Fata Morgana, maga malvagia seducente nella storia di Re Artù, fino a Salomé, Elena di Troia, Cleopatra, Alcina e Armida.
La femme fatale, rappresenta l'anti-modello borghese della donna mangia-uomini ed è imparentata con la dark-lady. Quest'ultima, sebbene nasca come definizione all'interno dei sonetti di Shakespeare, è propriamente uno stereotipo cinematografico nato intorno agli anni Quaranta presso il genere noir e il giallo hard-boiled. Della dark-lady il cinema ha sovente rinforzato l'aspetto malvagio, perverso e maledetto, configurandola principalmente come anti-eroina. Anna Kaplan scrive a proposito:
"Il film noir è particolarmente notevole per il suo specifico trattamento alle donne (…) Nel mondo del film noir sono al centro dell'intrigo del film, e, inoltre, spesso non sono collocate in salvo nei ruolo sopra menzionate [mogli, madre, n.d.r]. Definite per la loro sessualità, che è presentata come desiderabile ma pericolosa per l'uomo, le donne hanno la funzione di ostacolare la ricerca maschile". <6
Tra i film americani che più rappresentano questo modello di femminilità sono da citare per esempio La fiamma del peccato, (Double Indemnity, Billy Wilder, 1944) con Phillis Dietrichson o L’ombra del passato (Murder, my sweet, Edward Dmytryk, 1944), nei quali vi sono donne che seducono uomini incuranti dei mariti, spinte al culmine di un crimine passionale. Ma è soprattutto da ricordare la Rita Hayworth de La signora di Shangai (Orson Wells, 1948), Elsa è una donna bellissima, sposata a un ricco avvocato. Seduce un marinaio, cercando di convincerlo a eliminare il consorte. Lo stesso tema della triangolazione amorosa con il delitto a sfondo passionale organizzato e voluto da lei si ritrova in un caposaldo della letteratura, ovvero il romanzo di James Cain, Il postino suona sempre due volte da cui è stato tratto il celebre Ossessione (Luchino Visconti, 1943). Anche da questo film emerge il ruolo della donna perversa, passionale, senza scrupoli, con un certo ascendente sull'uomo, interpretata magistralmente da Clara Calamai. Un anno prima vi è un altro esempio italiano nella trasposizione calligrafica tratta dal romanzo di Fogazzaro, Malombra (Mario Soldati, 1942). La protagonista, la marchesina Marina di Malombra, si autoconvince di essere la predestinata a incarnare una sua antenata, Cecilia, tenuta prigioniera dal marito nello stesso palazzo che la ospita. Divisa tra la paura e il desiderio di vendicare Cecilia, Marina comincia a credere che i suoi parenti cospirino contro di lei. La sua suggestione arriva al punto da firmarsi Cecilia in una missiva indirizzata all'autore del libro, Corrado Silla, nel quale gli pone alcuni enigmatici quesiti sull'anima umana.
Marina-Cecilia, cerca dapprima di sedurre lo scrittore, ma, poi a causa del suo temperamento algido e lunatico, lo umilia, cercando di sottometterlo al suo volere. Da segnalare a questo proposito, una scena-chiave molto intensa, quella della partita a scacchi, che sottolinea il repentino cambiamento di Marina in favore di atteggiamenti aggressivi di natura dominante e dispotica superiorità che intendono mortificare Silla. “Voi giocate prudente. Avete paura di perdere, non di vincere”. La donna si alza dal tavolo e rimane in piedi mentre il suo compagno è seduto. “È inutile che studiate- sentenzia solennemente- Tanto NON vincerete”, poi getta per terra tutti gli scacchi mentre Silla la guarda impassibile. Tuttavia, la belle dame sans merci nelle vesti di dark lady o femme fatale compare molto tempo prima degli anni Quaranta nel cinema italiano.
[NOTE]
5 Cfr. S.J. Schneider. “Manifestations of the Literary Double in Modern Horror Cinema.” Horror Film and Psychoanalysis. Freud’s Worst Nightmare. Cambridge University Press, Cambridge-New York, 2004, pp. 106-121.
6 Cfr. A. Kaplan, Woman in film noir in A. Guerri, Il film noir. Storie americane, Gremese Editore, Roma, 1977, p. 75
Guido Carlo Colletti, La figura femminile nel fantastico italiano, Tesi di Dottorato, Università Cattolica del Sacro Cuore, Anno Accademico 2017-2018