sabato 1 luglio 2023

Il problema della defascistizzazione si intreccia con la questione istituzionale


Man mano che risalgono la penisola, gli Alleati esercitano un'azione amministrativa e di controllo sui territori occupati <507, dirigono le operazioni militari, elaborano le strategie ritenute più idonee e stabiliscono i punti fondamentali dell'azione politica italiana. A partire dal processo di defascistizzazione.
L'armistizio firmato nelle acque di Malta il 29 settembre 1943 dal Maresciallo Badoglio e dal Generale americano Dwight D. Eisenhower è molto chiaro in proposito <508. Nella Conferenza di Mosca (ottobre-novembre 1943), inoltre, i ministri degli esteri degli Stati Uniti, del Regno Unito e dell'URSS “sono in completo accordo sul fatto che la politica alleata nei riguardi dell'Italia debba essere basata sul fondamentale principio che il fascismo, tutta la sua perniciosa influenza e tutto ciò che da esso deriva, deve essere totalmente distrutto” <509. Al punto 4) della Dichiarazione congiunta si legge che “Tutti gli elementi fascisti o filofascisti debbono essere rimossi dall'Amministrazione e dalle istituzioni e organizzazioni di carattere pubblico” e al punto 7) che “I capi fascisti e i generali dell'esercito conosciuti o sospetti per essere criminali di guerra debbono essere arrestati e consegnati alla giustizia” <510.
Su questa linea si muove, dunque, il Governo Badoglio. Nella riunione che si svolge a Brindisi il 24 novembre 1943, il Consiglio dei ministri approva uno schema di R.D.L. concernente lo scioglimento della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e alcuni progetti di massima di provvedimenti intesi, tra l'altro, ad “annullare nomine e promozioni dovute a meriti fascisti ed eliminare da tutte le amministrazioni squadristi, marcia su Roma, Sciarpa littoria, gerarchi e fascisti riconosciuti colpevoli di attentati alla libertà individuale, […] sostituire nelle cariche pubbliche i fascisti di cui i precedenti politici non rispondono alle esigenze dell'attuale momento e dello stato di guerra” <511. Nella riunione del 28 dicembre approva, inoltre, il R.D.L. sulla defascistizzazione. Il problema della defascistizzazione si intreccia con la questione istituzionale. Se il Governo Badoglio rappresenta in qualche modo la continuità dello Stato e, soprattutto, della Monarchia, i partiti del Comitato di Liberazione rappresentano invece, sia pure con posizioni diverse, le istanze di cambiamento e di discontinuità con il passato.
L'occasione per affrontare questi temi è costituita dal Congresso dei Comitati Provinciali di Liberazione, la “prima espressione della opinione collettiva dei Partiti dell'Italia liberata”, che si tiene a Bari nei giorni 28 e 29 gennaio 1944. Già nei giorni che precedono l'inizio del Congresso emergono le diverse posizioni sui temi che catalizzano l'attenzione delle forze politiche. Il sottosegretario all'Interno, Vito Reale, interviene sulla questione istituzionale e, a proposito del re, dichiara: “Io ho fiducia nella sua saggezza, e sono sicuro che quando si manifesteranno le necessarie condizioni egli compirà il gesto che l'Italia aspetta da lui. Ma sostengo anche che tale gesto non si può compiere se non a Roma con l'aiuto di tutti i partiti nazionali, quando dal Campidoglio noi potremo parlare all'Italia” <512.
Anche Badoglio ritiene che la questione vada affrontata in un secondo momento, quando, dopo aver cacciato i tedeschi, si potrà consultare il paese con elezioni generali. Di diverso avviso è l'ingegnere Giuseppe Laterza il quale, a nome dei liberali, chiede “la più radicale e pronta defascistizzazione del Paese, non fatta però da fascisti o filo-fascisti, e … quindi l'immediata abdicazione di Vittorio Emanuele III come vero preludio, a garanzia che la misura non ammette eccezioni, e sia perseguita con il rigore dovuto, cominciando doverosamente dall'alto e non dal piccolo untorello” <513. Il rappresentante del Partito d'Azione, l'avvocato De Philippis e quello del Partito Socialista, il ragioniere Giuseppe Larecchiuta, sono sulle stesse posizioni. Anche l'esponente comunista Vito Pappagallo chiede l'abdicazione poiché “dal territorio occupato dai nazisti ci giungono queste voci: noi difendiamo le nostre case, i nostri averi; ma come pretendete voi che facciamo una guerra di liberazione contro il tedesco, quando vediamo che la liberazione significherebbe tornare sotto il Re che ha sanzionato il fascismo, firmato il patto d'acciaio e attorno al quale si sono concentrate tutte le forze vecchie della reazione; i vecchi e i nuovi fascisti?” <514. Infine, la richiesta di abdicazione è sostenuta dal dottor Natale Lojacono, per la Democrazia Cristiana, anche se giunge subito la smentita delle sezioni di Brindisi, Lecce e Taranto le quali si dichiarano contrarie. Completa il quadro il messaggio ai congressisti inviato da Roma dal Comitato Centrale di Liberazione: “In questa lotta (dei partigiani) è assente il governo che, dopo la fuga del Re da Roma, non ha saputo organizzare la partecipazione effettiva della nazione alla guerra, né ha contribuito alla resistenza nell'Italia occupata. Questo governo deve sparire! La posizione da voi presa e quella assunta dal nostro Comitato Centrale per la costituzione di un governo straordinario che assuma tutti i poteri costituzionali dello Stato, senza compromettere la concordia popolare sulla forma istituzionale, rappresentano la condizione indispensabile perché l'Italia conduca con necessario vigore la guerra fino alla vittoria ed assicuri il proprio avvenire” <515.
Questi temi vengono ripresi, nel corso del dibattito, anche da Benedetto Croce, da Carlo Sforza, da Vincenzo Arangio-Ruiz. Il 29 viene approvata la mozione finale: “Il Congresso, udita ed approvata la relazione di Arangio-Ruiz sulla politica interna; ritenuto che le condizioni attuali del paese non consentono la immediata soluzione del problema istituzionale; che però, presupposto innegabile della ricostruzione morale e materiale italiana è l'abdicazione immediata del Re, responsabile delle sciagure del paese […] dichiara la necessità di pervenire alla composizione di un governo con i pieni poteri del momento di eccezione e con la partecipazione di tutti i partiti rappresentati al Congresso […]. Delibera la costituzione di una Giunta esecutiva permanente alla quale siano chiamati i rappresentanti designati dei partiti componenti i Comitati di Liberazione […]” <516.
Mentre comincia a definirsi la politica dei Comitati di liberazione e, nello stesso tempo, comincia a prendere forma, almeno nelle deliberazioni, il “governo dei partiti”, il maresciallo Badoglio prosegue la sua attività governativa essendo, tra l'altro, l'unico referente istituzionale a livello internazionale. A tal proposito, nella riunione del Consiglio dei ministri del 10 febbraio, annuncia l'avvenuta firma, da parte del generale Alexander, del documento relativo alla restituzione all'Amministrazione italiana di alcune zone di territorio occupato dalle forze alleate. Si tratta della parte della penisola italiana a sud dei limiti settentrionali delle Province di Salerno, Potenza e Bari e delle isole adiacenti, escluse Pantelleria, Lampedusa e Linosa. Il Governo Italiano, in virtù della condizione di “cobelligerante”, a seguito della dichiarazione di guerra alla Germania formulata il 13 ottobre 1943, può pertanto esercitare la propria legittima sovranità sui territori restituiti. In realtà, gli Alleati pongono una serie di condizioni che, di fatto, continuano a limitare il governo e la Monarchia nell'esercizio delle loro funzioni e prerogative. Oltre al diritto di disporre di mezzi, servizi e impianti; detenere o richiedere che il Governo Italiano tenga in custodia prigionieri di guerra e civili internati; istituire Tribunali Militari Alleati; requisire proprietà pubblica e privata; rioccupare tutto il “Territorio non occupato” o qualunque parte di esso in qualunque momento, gli Alleati dispongono che “Tutte le spese derivanti dal mantenimento delle truppe o di altro personale entro il “Territorio non occupato” saranno imputabili al Governo Italiano in conto spese di occupazione” <517. E così, ciò che è già avvenuto nell'Italia occupata dai tedeschi, avviene anche nell'Italia liberata dagli anglo-americani. Se la Repubblica Sociale Italiana, inoltre, ha una capitale effimera (Salò), il Regno d'Italia non è ancora ritornato nella Capitale Eterna. Tuttavia, l'11 febbraio, la sede del Governo viene trasferita, anche in questo caso per volontà degli Alleati, da Brindisi a Salerno <518.
[NOTE]
507 Vedi: Rassegna dell'attività del governo militare alleato e della commissione alleata in Italia: dal 10 luglio 1943, il giorno D in Sicilia, al 2 maggio 1945, giorno della resa tedesca in Italia, Istituto romano di arti grafiche Tumminelli, Roma 1945. Vedi anche: Resoconto delle attività svolte dal Governo militare alleato e dalla Commissione alleata di controllo in Italia, presentazione di L. Mercuri, Roma, Fiap, 1976. Vedi, inoltre, David W. Ellwood, L'alleato nemico. La politica dell'occupazione anglo-americana in Italia 1943/1946, Feltrinelli, Milano 1977.
508 “Punto 29) Benito Mussolini, i suoi principali associati fascisti e tutte le persone sospette di aver commesso delitti di guerra o reati analoghi, i cui nomi si trovino sugli elenchi che verranno comunicati dalle Nazioni Unite e che ora o in avvenire si trovino in territorio controllato dal Comando militare alleato o dal Governo italiano, saranno immediatamente arrestati e consegnati alle Forze delle Nazioni Unite. Tutti gli ordini impartiti dalle Nazioni Unite a questo riguardo verranno osservati. Punto 30) Tutte le organizzazioni fasciste, compresi tutti i rami della milizia fascista (MVSN), la polizia segreta (OVRA) e le organizzazioni della Gioventù Fascista saranno, se questo non sia già stato fatto, sciolte in conformità alle disposizioni del Comandante Supremo delle Forze Alleate. Il Governo italiano si conformerà a tutte le ulteriori direttive che le Nazioni Unite potranno dare per l'abolizione delle istituzioni fasciste, il licenziamento ed internamento del personale fascista, il controllo dei fondi fascisti, la soppressione della ideologia e dell'insegnamento fascista. Punto 31) Tutte le leggi italiane che implicano discriminazioni di razza, colore, fede od opinione politica saranno, se questo non sia già stato fatto, abrogate, e le persone detenute per tali ragioni saranno, secondo gli ordini delle Nazioni Unite, liberate e sciolte da qualsiasi impedimento legale a cui siano state sottomesse. Il Governo italiano adempirà a tutte le ulteriori direttive che il Comandante Supremo delle Forze Alleate potrà dare per l'abrogazione della legislazione fascista e l'eliminazione di qualsiasi impedimento o proibizione risultante da essa”, Ministero degli Affari Esteri, Documenti relativi ai rapporti tra l'Italia e le Nazioni Unite (luglio-novembre 1943), Roma, 1945, citato in Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando. L'armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, cit., pp. 234-235.
509 http://cronologia.leonardo.it/document/doc0121.htm
510 http://www.lasecondaguerramondiale.com/conferenza-di-mosca.html
511 Verbali del Consiglio dei ministri: luglio 1943-maggio 1948. 1. Governo Badoglio: 25 luglio 1943-22 aprile 1944, a cura di Aldo G. Ricci, Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dipartimento per l'informazione e l'editoria, Roma 1994, p.70.
512 Citato in Agostino Degli Espinosa, Il Regno del Sud, Editori Riuniti, Roma 1973 [1ª edizione 1946], p.307.
513 Idem, p. 308.
514 Ibidem
515 Idem, p. 317
516 Idem, pp. 326-327. La Giunta Esecutiva risulta così composta: Francesco Cerabona per la Democrazia del Lavoro, Vincenzo Arangio-Ruiz per il Partito Liberale, Paolo Tedeschi per il Partito Comunista, Vincenzo Calace per il Partito d'Azione, Angelo Raffaele Jervolino per la Democrazia Cristiana, Oreste Longobardi per il Partito Socialista.
517 Verbali del Consiglio dei ministri: luglio 1943-maggio 1948. 1. Governo Badoglio: 25 luglio 1943-22 aprile 1944, a cura di Aldo G. Ricci, cit., p. 182.
518 Vedi Massimo Mazzetti, Salerno capitale d'Italia, Ed. Beta, Salerno 1971. Vedi anche 1944: Salerno capitale. Istituzioni e società, a cura di Augusto Placanica, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1986.
Antonio Gioia, Guerra, Fascismo, Resistenza. Avvenimenti e dibattito storiografico nei manuali di storia, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Salerno, Anno Accademico 2010-2011