lunedì 9 dicembre 2024

Le conclusioni di uno studio sugli Anni di Piombo alla Fiat


Come abbiamo appreso nel corso di questo lavoro, l’azienda torinese è sempre stata uno dei pilastri del nostro paese e, a prescindere dalla vita di famiglie operaie o meno, sin dal 1899 la Fiat ha fatto parte della vita degli italiani.
Nel bene e nel male la casa automobilistica è stata, e continuerà a essere, parte integrante del nostro paese e della nostra storia, è quindi giusto dedicare questo lavoro alle donne e agli uomini che hanno “abitato” quei luoghi dando vita alla catena di montaggio.
Uno dei momenti più significativi e importanti di questo progetto è stato lo studio degli audiovisivi che ha permesso di verificare in che modo i media hanno influenzato l’immagine dell’operaio e della fabbrica: analizzare fiction e documentari ha portato alla luce una serie di differenze che si legano saldamente al modo in cui il pubblico percepisce l’argomento e crea una propria opinione e una propria presa di coscienza.
Analizzare una fiction piuttosto che un documentario ha messo in evidenza una serie di dinamiche che sembra giusto analizzare nello specifico: per prima cosa appare evidente che un prodotto come "Gli Anni Spezzati" ha avuto una diffusione su larga scala rispetto a un documentario come "Signorina Fiat", per il semplice fatto che, anzitutto, la fiction è stata trasmessa nella fascia oraria di punta, ottenendo quindi uno share molto alto; seconda cosa la scelta di attori noti e l’utilizzo di una pubblicità martellante ha permesso di accrescere la curiosità attorno al programma, complice anche la scelta di riportare il girato sotto forma di serie Tv (che è l’opzione più apprezzata, soprattutto dai giovanissimi) ci rendiamo conto che "Gli Anni Spezzati", prima di essere storia, siano stati soprattutto profitto, pubblicità e lotta allo share più alto.
La cosa che influisce maggiormente sull’immaginario collettivo è la consapevolezza di avere davanti agli occhi un prodotto basato su avvenimenti reali, anche se, nel caso dell’ingegnere, raccontati da protagonisti di fantasia: i personaggi e le azioni che scorrono sullo schermo, giuste o sbagliate che siano, hanno avuto perciò il potere di influenzare lo spettatore portandolo inevitabilmente ad immedesimarsi coi protagonisti; questa empatia mescolata con il potere delle immagini e l’evidente semplificazione dei temi trattati, porta nella maggioranza dei casi alla creazione di un percorso storico distorto che incide in negativo sull’immaginario dello spettatore.
É evidente che questo potere dell’immagine non è altrettanto “prepotente” per quanto riguarda la sezione documentaristica, per il semplice fatto che questa tipologia di audiovisivi ripiega su una forma espositiva più schematica, oggettiva e ovviamente meno enfatica: documentari come "In Fabbrica", nonostante siano dei prodotti molto più riusciti, hanno avuto, per ovvi motivi, un impatto meno deciso sul pubblico.
Proprio dopo questa analisi i quattro audiovisivi sono diventati uno dei punto delle interviste riportate nel capitolo precedente. Dalle risposte è evidente quello che abbiamo appena sottolineato: le fiction sono state il canale trasmissivo più seguito e chiaramente quello che presenta più errori di natura tecnica e di carattere storico, mentre i documentari hanno avuto una diffusione più ridotta riuscendo però a raccontare dignitosamente le vicende storiche.
A questo punto riprendendo quanto detto nel terzo capitolo si può affermare che la maggior parte degli spettatori che ha seguito "Gli Anni Spezzati" si ritrova con una serie di informazioni errate e, a tratti, faziose che però vengono recepite come giuste o comunque fondate, “merito” anche della trasmissione sul primo canale della Rai, da sempre la rete di Stato ammiraglia.
«Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà farvi sottomettere» <118, così scriveva Alberto Manzi <119 in una lettere ai suoi alunni; “il Maestro” parla di senso critico dopo aver insegnato per otto anni l’italiano tramite la televisione, riuscendo a “indottrinare” più di una generazione a quella lingua che in breve tempo diventerà (realmente) nazionale.
Quello che nel 1976 è una raccomandazione, a quasi quarant’anni potrebbe diventare, forse, una richiesta di aiuto: mandare in onda un programma che distorce la realtà dei fatti, raccontando in maniera errata eventi e avvenimenti storici contribuisce ad oscurare la vicenda stessa, creando un immaginario sbagliato dove il senso critico sparisce dietro la “garanzia” di veridicità che dovrebbe conferire una rete televisiva autorevole e, soprattutto, di Stato.
Personalità come quella di Manzi mostrano come l’uso corretto del potere delle immagini potrebbe davvero fare la differenza e conferire quel senso di autorevolezza a quella “scatola” (che ormai non è più nemmeno una scatola), al punto da
renderla un canale di apprendimento valido e, soprattutto, lontano da errori e interpretazioni grossolane, volute o meno.
A prescindere dalla qualità di quello che vediamo, tutto quanto contribuisce alla costruzione del nostro immaginario ed è quindi molto difficile mantenere il controllo sulle cose senza la giusta dose di spirito critico.
Siamo d’accordo sul fatto che rappresentare gli Anni di Piombo potrebbe risultare un’operazione davvero ardua, anche perché il rischio di “dimenticare” qualcosa o qualcuno è sempre in agguato; d’altra parte, però, la correttezza dell’informazione dovrebbe restare il fulcro di ogni rappresentazione.
“Rimozioni” e dati inesatti continuano ad essere l’emblema di un periodo storico che è già radicato (nel bene o nel male) all’interno dell’immaginario collettivo, ma che necessita ancora di studi approfonditi e mirati, soprattutto per quanto riguarda determinate tematiche, come quelle in esame.
Forse non è del tutto corretto parlare di “rimozione” dato che l’argomento preso in esame viene comunque presentato in ambito storico il relazione agli Anni di Piombo; chiaramente gli storici sono costretti ad attuare una selezione (per motivi di spazio e di tempo), lasciando un po’ marginalmente la questione Fiat; sembra più corretto, quindi, parlare di una selezione con possibilità di ricerca.
Probabilmente questa non è la sede adatta (soprattutto nelle conclusioni) per aprire un’ulteriore parentesi su quanto affermato da Gabriele Polo <120, però sembra giusto sottolineare come, in realtà, è assolutamente errato parlato parlare di “rimozione” perché i licenziamenti Fiat del ’79 e ’80, assieme ai “provvedimenti” di Ronald Reagan (1981) e di Margareth Thatcher (1984) segnarono un punto cruciale nella “costruzione” dei nuovi rapporti di forza tra lavoratori e padroni: il compromesso e il dialogo vennero rapidamente soppiantati dal decisionismo e dalla linea dura, alterando profondamente gli equilibri sociali che saranno “relegati” all’ombra di concetti come progresso, consumo e ritmi di produzione sempre più meccanici e sempre meno umani.
La storia da sempre fa il suo corso ed è normale che alcuni eventi riescano ad emergere solo se esaminati in un quadro più ampio e in una prospettiva temporale più estesa; è comunque giusto avere un quadro obiettivo e completo di ciò che si va a studiare, includendo tutti gli avvenimenti che hanno caratterizzato gli Anni di Piombo in primis, e il futuro stesso del lavoro e dei diritti dei lavoratori.
Sono passati quasi quarant’anni da quel 1979: qualcuno ha gradualmente dimenticato, altri ricordano ancora ma «alla fine, anche se la storia ha dei pessimi alunni, in qualche modo insegna» <121, proprio per questo è stato portato avanti questo progetto, arrivando fino a questo punto.
Tutto questo lavoro sarebbe stato impossibile senza le testimonianze del capitolo precedente che con lucidità e correttezza hanno risposto alle domande, riportando a galla anche ricordi che, anche a distanza di tempo, continuano a far riflettere. Qualcuno ha parlato di “tre uomini soli” <122, la verità è che quello che emerge da questo lavoro non ha nulla a che fare con in singolo individuo, ma piuttosto prende in esame la coralità, una collettività che ancora oggi annette al proprio interno una serie di voci autorevoli che hanno fatto parte del racconto; i risvolti e l’evoluzione degli avvenimenti può anche aver portato all’individualità, ma l’appartenere a una categoria segna profondamente la vita di chi fa una determinata scelta e decide di perseguirla.
E allora, che prezzo è stato pagato? Probabilmente quello di sentir dire, nel tempo, «gli operai avevano ragione, per questo scioperavano» <123; o forse il tentativo di ridurre tutto al classico giusto o sbagliato, facendo apparire la questione di una semplicità disarmante; o forse il prendere atto (col senno di poi) dei cambiamenti maturati che hanno influenzato il modo di concepire l’operaio e la fabbrica.
«Il progresso richiede il continuo consumo, la differenza tra vita e respiro. Forse ti sei scordato che la differenza tra vita e respiro è la distanza tra ultimo e primo». <124 La Storia ha fatto il suo corso: gradualmente gli Anni di Piombo hanno lasciato il posto a nuove esperienze proiettate direttamente verso il nuovo millennio; le vittime si celebrano, il ricordo si conserva e, come l’orologio fermo alle 10:25 <125 che rievoca uno dei momenti più bui della nostra storia, anche l’immaginario e la coscienza storica restano “a guardia” di una memoria collettiva in continuo divenire che aspetta soltanto di essere ricostruita ed essere commemorata.
[NOTE]
118 Lettera di Alberto Manzi ai suoi alunni di quinta elementare, 1976.
119 Alberto Manzi (Roma, 3 novembre 1924 - Pitigliano, 4 dicembre 1997) è stato un pedagogista, personaggio televisivo e scrittore italiano, noto principalmente per essere stato il conduttore della trasmissione televisiva «Non è mai troppo tardi», messa in onda fra il 1960 ed il 1968.
120 Cfr. capitolo IV.
121 Vittorio Arrigoni.
122 Cfr. capitolo III.
123 Cfr. capitolo III.
124 Linea 77, Absente Reo, Oh!
125 L’orologio della stazione dei treni di Bologna è rimasto fermo alle 10:25 del 2 agosto 1980.
Mirco Calvano, Terrorismo e tute blu, gli Anni di Piombo alla Fiat, Tesi di Laurea Magistrale, Università degli Studi di Roma "La Sapienza", Anno Accademico 2014-2015