Avviandoci alla conclusione di questo elaborato, cerchiamo di analizzare questa mole di informazioni raccolte fino ad ora e fare chiarezza. Ancora oggi è frequente veder associare la struttura Stay Behind, nota ai più come Gladio, ai peggiori eventi delittuosi della storia della Repubblica, stragi e non solo. L'errore più comune è quello di perseverare nel mantenere una visione unicamente “monocausale” negli anni della strategia della tensione, nella quale terrorismo e tentati colpi di Stato troverebbero l'esclusiva spiegazione nell'esistenza di una sorta di “cupola politico-militar-industriale”, che si rifà agli USA, ritenuti il “motore” di ogni atto eversivo, e la successiva esecuzione da parte della cosiddetta “manovalanza neofascista”, nella quale Gladio viene ritenuta parte integrante <15.
Va detto che quello che è passato alla storia come Gladio in realtà non si chiamava affatto così. Infatti Gladio non era il nome dell'organizzazione, ma quello piuttosto dell'“operazione” attraverso la quale la struttura Stay Behind venne attivata in Italia, oltre che il nome del comitato italo-americano che presiedette la creazione dell'organismo, il “Gladio Commitee” <16. Utilizzata per l'ultima volta il 26 gennaio 1966, l'espressione Gladio venne accantonata definitivamente e il comitato venne sciolto. Il motivo della “struttura senza nome” fu la causa principale del caos creatosi con l'inchiesta sulla “Rosa dei Venti”. Cavallaro e Spiazzi parlarono di una “Organizzazione X” (riconducibile oggi ai Nuclei di Difesa dello Stato), Miceli poi, capo del SID, smentiva i primi due sull'esistenza di questa struttura, ma confermava invece l'esistenza di un cosiddetto “SID parallelo”. Altri mettevano in relazione Gladio con le proprie esperienze intrecciate con altri organismi, più o meno diversi, che operavano nel medesimo contesto. Su questo, Giannuli parla di una “magnifica operazione di nebbia di guerra”, definendolo uno dei più riusciti depistaggi della storia <17.
Nella parte dell'elaborato dedicata alla “Rosa dei Venti” abbiamo visto come gli imputati Spiazzi e Cavallaro, cercando inizialmente di affermare, poi di aggiungere, sfumare, rettificare e infine ritrattare quanto da loro dichiarato, arrivarono in un modo o nell'altro a rivelare l'esistenza di una struttura formata da civili e militari, con un'ideologia anticomunista e in connessione diretta con esponenti della destra extraparlamentare. Ma fin da subito, proprio a causa del loro impaccio nel cercare di imbastire una difesa, non si riusciva a capire se questa Organizzazione X si rifacesse ai servizi in senso ufficiale (e quindi inserita in una catena di comando) o se fosse solamente un insieme di soggetti accomunati dalla lotta (eversiva) al comunismo, tra i quali c'erano anche esponenti delle forze armate che si riconoscevano parte di gruppi politici come quello di Ordine Nuovo. Inoltre, veniva dichiarato che questa struttura clandestina era relativamente “giovane”, cioè creata, secondo Spiazzi, dopo l'aumento della propaganda marxista della sinistra extraparlamentare e le contestazioni operaie e studentesche del 1968 <18. Ripercorriamo brevemente cosa accadde negli anni immediatamente precedenti. Nel 1965 vi era stato a Roma, all'Hotel Parco dei Principi, il convegno sulla “Guerra rivoluzionaria”, al quale parteciparono numerosi esponenti ed intellettuali della destra, ma anche ufficiali militari. Inoltre, l'evento, presieduto dal Colonnello Renzo Rocca, dell'allora SIFAR, era stato organizzato dall'Istituto di Studi Militari “A. Pollio”, finanziato dal Servizio. Il congresso si incentrava sullo studio della guerra rivoluzionaria della sinistra sovietica e definiva quella che sarebbe stata l'unica risposta adeguata a combatterla. L'anno successivo, in due periodi diversi, migliaia di ufficiali italiani delle forze armate ricevettero dei volantini che richiedevano la loro adesione ai Nuclei di Difesa dello Stato, per stroncare l'“infezione” delle sinistre.
Nel 1967, la Grecia si trovò all'improvviso guidata da un'élite di militari che avevano preso il potere con un colpo di Stato, quindi con le armi. Gli anni che seguirono, lo abbiamo visto, furono quelli delle stragi in Italia. Ora, se nelle affermazioni del Colonnello Amos Spiazzi del 1973 troviamo la “generica” nascita di una struttura segreta anticomunista in seguito alle agitazioni di piazza del 1968, allora questa struttura non può identificarsi in Gladio, in quanto quest'ultima era già nata ufficialmente nel 1956. È doveroso ricordare poi che prima di Gladio esistevano già delle strutture Stay Behind operanti in Italia. Una fra tutte l' “Organizzazione O”, che trovava a sua volta le radici in un lungo processo di fusione e trasformazione tra le diverse forze partigiane bianche e la “Sezione Calderini”, formatesi durante il secondo conflitto mondiale. Quindi quando si parla di “SID parallelo” riferendosi a Gladio, si dovrebbe semmai parlare di “SIFAR parallelo”, dato che il servizio segreto italiano che concluse l'accordo bilaterale con quello americano, la CIA, si chiamava così all'epoca <19. Un'ulteriore incomprensione su questo punto avvenne quando, nel 1990, il Presidente Andreotti inviò alla “Commissione Stragi” il rapporto che titolava “Il cosiddetto SID parallelo-il caso Gladio”, mettendo in relazione due strutture ben distinte tra loro. Sempre nel 1990 venne rinvenuto, come già detto, una seconda parte di quello che era il “memoriale” di Aldo Moro, dalla sua prigionia brigatista. Una delle questioni che le Brigate Rosse avevano sottoposto al presidente della DC era la “strategia antiguerriglia della Nato”. Nel maggio del 1991 la “Commissione Stragi” ricevette un appunto del SID datato 1975 e indirizzato all'allora Presidente del Consiglio Moro. Il documento, dopo aver accennato ad una “organizzazione per così dire dormiente”, raccomandava al premier di non togliere su di essa il “segreto di Stato”, consigliando invece di negare l'esistenza di un “organismo informativo e operativo parallelo, con dipendenza diretta dal capo del SID e con compiti diversi da quelli istituzionali” <20. Il 21 marzo 1975, rispondendo ad una precisa domanda degli inquirenti che indagavano sul Golpe Borghese e sulla Rosa dei Venti, Moro affermò che non risultava l'esistenza, tra i servizi dello Stato, di un'organizzazione che aveva per compito la sovversione dello stesso. Tornando alla questione posta durante il sequestro da parte delle BR, il presidente DC disse che non aveva riscontrato alcuna “particolare enfasi” in materia, pur ammettendo che era stato previsto un “addestramento alla guerriglia da condurre contro eventuali forze avversarie occupanti ed alla controguerriglia a difesa delle forze nazionali” <21. Tuttavia, Moro escludeva che queste cose potessero essere apprestate da meccanismi della Nato, bensì nelle forme di “collaborazione intereuropea”, accennando espressamente alla partecipazione di paesi come la Svizzera e l'Irlanda, che erano dichiaratamente Stati neutrali. Dunque, la risposta del politico pugliese sembrava riferirsi al “Club di Berna” (costituitosi nel 1965 tra otto paesi europei), piuttosto che alla struttura Stay Behind italiana <22.
Su questo, Giannuli commenterà: "Gladio doveva fare insorgenza in caso di occupazione nemica; non aveva compiti di antinsorgenza. [...] Anche per questo si è fatto un grosso errore quando, leggendo il memoriale di Aldo Moro che parla di “corpi per la controinsorgenza”, si è dedotto si parlasse di Gladio. Invece assolutamente no, perché Gladio non aveva quei compiti. Evidentemente Moro stava parlando di altro" <23.
Il fatto che Andreotti renda pubblica l'esistenza della Stay Behind due settimane dopo la scoperta della seconda parte del memoriale del presidente DC e quasi contemporaneamente alle scoperte fatte dal Giudice Casson negli archivi del SISMI, sembra a dir poco sospetto. I lavori svolti dalla “Commissione Stragi” e le indagini dei Giudici Casson e Salvini per scoprire la responsabilità sugli atti di terrorismo che insanguinarono e destabilizzarono l'Italia nel periodo della strategia della tensione, sono stati essenziali per conoscere molto di più le ragioni, il clima politico e la situazione vera di quegli anni, i cosiddetti “anni di piombo”. Anche se purtroppo molte sono le questioni tutt'ora aperte, basti pensare alla grave mancanza dei nomi dei responsabili di diverse stragi, come quella di Piazza Fontana, Piazza della Loggia e l'Italicus. E anche nei casi in cui i responsabili “materiali” sono stati identificati, non vi è traccia dei rispettivi mandanti.
Ma ai fini di questo elaborato molto più importante è stata la concorde (anche se non immediata) decisione, risultante dagli atti della magistratura e dalle numerose testimonianze, che la struttura Stay Behind, nota ai più come Gladio, non è mai stata coinvolta negli episodi stragisti sopracitati. Ciò va detto in risposta a quella visione “monocausale” che resiste negli anni e la cui chiave di lettura unilaterale comporta un effetto distorsivo, che mette inevitabilmente sullo stesso piano coloro i quali, schierati sul fronte anticomunista, hanno combattuto la loro battaglia in modo legittimo, con chi invece quella stessa battaglia l'ha condotta con mezzi illeciti, eversivi se non perfino terroristici. Alla base di questa ingiusta equiparazione vi è il pensiero secondo il quale “l'intera galassia delle strutture clandestine create a partire dal dopoguerra in Italia possa essere ricondotta interamente a Gladio” <24.
Sempre Giannuli, anche in qualità di consulente della “Commissione Stragi” riferì: "Abbiamo molti elementi che ci lasciano pensare che accanto alla Stay Behind ufficiale vi fosse una Stay Behind “ufficiosa”, della quale la stessa Gladio non era a conoscenza. […] La mia impressione è che altre fossero le organizzazioni compromesse nella strategia della tensione e nell'attuazione della limitazione della sovranità del nostro paese, e che probabilmente Gladio ha avuto una funzione di “parafulmine” per distrarre l'attenzione da queste altre organizzazioni" <25.
Anche il Giudice Felice Casson, che per anni indagò sull'eversione nera e sul presunto coinvolgimento di Gladio, scoprì quella che era invece la verità. Come lui stesso affermava: "Non è che Gladio Stay Behind fosse “il male assoluto d'Italia”, responsabile di tutte le cose in Italia. […] Fino alla metà degli anni Settanta c'erano una serie di strutture, sia ufficiali che clandestine, disponibili ad entrare in funzione quando dovesse servire. […] Il tutto convergeva al vertice dei servizi segreti militari. […] Su questo ci sarebbe ancora molto da indagare" <26.
Dalle scoperte e rivelazioni degli anni più recenti si è potuto avere riscontro dell'esistenza, fin dall'immediato dopoguerra, di una sorta di struttura segreta, già citata nel corso di questo elaborato, chiamata convenzionalmente “Anello” o “Noto Servizio”. Tale organizzazione era formata da uomini politici, imprenditori e ufficiali delle forze armate. Secondo alcune testimonianze, l'“Anello” avrebbe avuto una parte attiva in alcune delle più discusse vicende della Prima Repubblica, tra le quali i depistaggi su Piazza Fontana, su Piazza della Loggia e le trattative con i brigatisti durante il sequestro Moro <27.
Per Giannuli questo insolito organismo avrebbe avuto le caratteristiche non di un “gruppo politico privato” ma piuttosto quelle di un servizio segreto clandestino, “irregolare” ma comunque inserito nel tessuto istituzionale. Non coincideva con Gladio, ma piuttosto con il già citato “SID parallelo”. Questa struttura, più di altre, avrebbe avuto il potere di “tirare i fili”, come ipotizzò il Generale Maletti, di un'“oscura cospirazione”. Uno dei metodi più utilizzati sarebbe stato sicuramente la strumentalizzazione di altri gruppi, che fossero di destra o di sinistra, ignari di tutto. Le stesse Brigate Rosse potevano aver subito infiltrazioni di questo genere. Per l'appunto, uno dei brigatisti storici, Alberto Franceschini, dichiarò durante una delle inchieste sul “caso Moro”: "Oggi credo che si possa dire che in qualche caso le Brigate Rosse furono indirizzate senza che i loro componenti ne fossero consapevoli" <28.
Quelli che furono gli “operatori in prima linea” nella salvaguardia dei confini nazionali, i gladiatori, testimoniarono loro stessi che la struttura nella quale avevano servito era apolitica. Tuttavia, erano consapevoli che non era l'unica impegnata nella lotta al comunismo. Come affermò l'ex caporete milanese Francesco Gironda: "Bisognava “illuminare” la Gladio, perché l'ombra della Gladio coprisse eventuali altre strutture, spontanee oppure deviate, che potessero aver operato in quell'epoca" <29. In questo modo ci sarebbe una verità molto più completa sui fatti oscuri della Prima Repubblica, nella quale strutture eversive e illegali (come gli NDS) diverrebbero la “trama mancante” nella ipotizzata catena neofascismo-massoneria-servizi deviati.
Ma non essendo questa la sede per approfondire il tema di queste altre strutture, come il cosiddetto “Anello” o “Noto Servizio”, limitiamoci dunque a considerare che nel territorio italiano, dal dopoguerra in avanti, operarono, nel bene o nel male, una pluralità di strutture paramilitari, quindi a carattere armato, simili a quella che oggi identifichiamo come Gladio, ma del tutto distinte da essa e alle quali potrebbero aver fatto parte le figure principali del periodo stragista <30. Citare la vicenda dei Nuclei di Difesa dello Stato e del Noto Servizio è importante per richiamare l'estraneità di Gladio, che possiamo dire essere stata “data in pasto” alla stampa e all'opinione pubblica (non solo italiana) per nascondere forse qualcosa di molto compromettente e legato alle due organizzazioni occulte appena citate. Come visto all'inizio di questo elaborato, dalla rivelazione di Gladio nel 1990 seguirono una vasta serie di ricerche, sia da parte dei magistrati che dei giornalisti, per trovare la documentazione che confermava l'appartenenza della Stay Behind alla Nato. Ma molti degli archivi che potrebbero celare informazioni importanti si nascondono dietro il “segreto militare”. Ne sono esempio gli archivi della stessa Alleanza Atlantica (non accessibili neppure alla magistratura), oltre che le segreterie di sicurezza della Presidenza del Consiglio, del Quirinale, del Ministero degli Esteri, della Difesa e dell'Interno <31.
C'è poi il silenzio degli USA. Una “filastrocca” che abbiamo visto nel primo capitolo riguarda proprio la Central Intelligence Agency e il rifiuto di questa nel fornire informazioni, che recita: “La CIA non può né confermare né smentire l'esistenza o meno dei documenti richiesti”. Il giornalista americano Arthur Rowse, autore del libro “Le lezioni di Gladio”, riferisce in merito: "Il vero problema oggi è l'accesso agli archivi della Nato, dato che essa, controllata dal Pentagono, si rifiuta di collaborare. […] Fintanto che l'opinione pubblica americana rimane ignara di questo capitolo delle relazioni degli USA con l'estero, gli enti governativi che ne sono responsabili subiranno pressioni troppo deboli per correggere i loro comportamenti" <32.
A rafforzare questa ideologia, soprattutto per quanto concerne l'Italia nel periodo della strategia della tensione, vi è anche il già citato Generale Maletti, ex direttore del controspionaggio del SID, che in un'intervista riferiva "La CIA, seguendo le direttive del suo governo, intendeva suscitare un nazionalismo italiano in grado di fermare quello che veniva visto come un progressivo “slittamento” del paese a sinistra e a questo scopo può aver fatto uso del terrorismo di destra. […] Non dimenticate che [a quell'epoca] era presidente Nixon, un politico molto intelligente, ma anche uomo dalle iniziative poco ortodosse" <33.
Perciò, la responsabilità americana - e atlantica - nei fatti della strategia della tensione è tutt'oggi un mistero al quale non si trova ancora risposta.
[NOTE]
15 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell'Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 190-191.
16 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 480.
17 Idem, p. 481.
18 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell'Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 194.
19 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 479.
20 Ilari Virgilio, Storia militare della prima repubblica, 1943-1993, Ancona, Nuove ricerche, 1994, p. 539.
21 Idem, p. 539. 22 Idem, p. 539.
23 Archivio Rai Teche Venezia, Nome in codice Gladio, Documentario Rai DiXit, 2011.
24 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell'Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 191-192.
25 Lucarelli Carlo, Blu notte, OSS, CIA, Gladio: i rapporti segreti tra America e Italia, Raiplay, 2005.
26 Archivio Rai Teche Venezia, Nome in codice Gladio, Documentario Rai DiXit, 2011.
27 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell'Italia repubblicana: 1945-1991,
Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 197.
28 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 101.
29 Archivio Rai Teche Venezia, Nome in codice Gladio, Documentario Rai DiXit, 2011.
30 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell'Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 198.
31 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 545.
32 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 103.
33 Idem, p. 12-13.
Daniele Pistolato, "Operazione Gladio". L'esercito segreto della Nato e l'Estremismo Nero, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2023-2024
Va detto che quello che è passato alla storia come Gladio in realtà non si chiamava affatto così. Infatti Gladio non era il nome dell'organizzazione, ma quello piuttosto dell'“operazione” attraverso la quale la struttura Stay Behind venne attivata in Italia, oltre che il nome del comitato italo-americano che presiedette la creazione dell'organismo, il “Gladio Commitee” <16. Utilizzata per l'ultima volta il 26 gennaio 1966, l'espressione Gladio venne accantonata definitivamente e il comitato venne sciolto. Il motivo della “struttura senza nome” fu la causa principale del caos creatosi con l'inchiesta sulla “Rosa dei Venti”. Cavallaro e Spiazzi parlarono di una “Organizzazione X” (riconducibile oggi ai Nuclei di Difesa dello Stato), Miceli poi, capo del SID, smentiva i primi due sull'esistenza di questa struttura, ma confermava invece l'esistenza di un cosiddetto “SID parallelo”. Altri mettevano in relazione Gladio con le proprie esperienze intrecciate con altri organismi, più o meno diversi, che operavano nel medesimo contesto. Su questo, Giannuli parla di una “magnifica operazione di nebbia di guerra”, definendolo uno dei più riusciti depistaggi della storia <17.
Nella parte dell'elaborato dedicata alla “Rosa dei Venti” abbiamo visto come gli imputati Spiazzi e Cavallaro, cercando inizialmente di affermare, poi di aggiungere, sfumare, rettificare e infine ritrattare quanto da loro dichiarato, arrivarono in un modo o nell'altro a rivelare l'esistenza di una struttura formata da civili e militari, con un'ideologia anticomunista e in connessione diretta con esponenti della destra extraparlamentare. Ma fin da subito, proprio a causa del loro impaccio nel cercare di imbastire una difesa, non si riusciva a capire se questa Organizzazione X si rifacesse ai servizi in senso ufficiale (e quindi inserita in una catena di comando) o se fosse solamente un insieme di soggetti accomunati dalla lotta (eversiva) al comunismo, tra i quali c'erano anche esponenti delle forze armate che si riconoscevano parte di gruppi politici come quello di Ordine Nuovo. Inoltre, veniva dichiarato che questa struttura clandestina era relativamente “giovane”, cioè creata, secondo Spiazzi, dopo l'aumento della propaganda marxista della sinistra extraparlamentare e le contestazioni operaie e studentesche del 1968 <18. Ripercorriamo brevemente cosa accadde negli anni immediatamente precedenti. Nel 1965 vi era stato a Roma, all'Hotel Parco dei Principi, il convegno sulla “Guerra rivoluzionaria”, al quale parteciparono numerosi esponenti ed intellettuali della destra, ma anche ufficiali militari. Inoltre, l'evento, presieduto dal Colonnello Renzo Rocca, dell'allora SIFAR, era stato organizzato dall'Istituto di Studi Militari “A. Pollio”, finanziato dal Servizio. Il congresso si incentrava sullo studio della guerra rivoluzionaria della sinistra sovietica e definiva quella che sarebbe stata l'unica risposta adeguata a combatterla. L'anno successivo, in due periodi diversi, migliaia di ufficiali italiani delle forze armate ricevettero dei volantini che richiedevano la loro adesione ai Nuclei di Difesa dello Stato, per stroncare l'“infezione” delle sinistre.
Nel 1967, la Grecia si trovò all'improvviso guidata da un'élite di militari che avevano preso il potere con un colpo di Stato, quindi con le armi. Gli anni che seguirono, lo abbiamo visto, furono quelli delle stragi in Italia. Ora, se nelle affermazioni del Colonnello Amos Spiazzi del 1973 troviamo la “generica” nascita di una struttura segreta anticomunista in seguito alle agitazioni di piazza del 1968, allora questa struttura non può identificarsi in Gladio, in quanto quest'ultima era già nata ufficialmente nel 1956. È doveroso ricordare poi che prima di Gladio esistevano già delle strutture Stay Behind operanti in Italia. Una fra tutte l' “Organizzazione O”, che trovava a sua volta le radici in un lungo processo di fusione e trasformazione tra le diverse forze partigiane bianche e la “Sezione Calderini”, formatesi durante il secondo conflitto mondiale. Quindi quando si parla di “SID parallelo” riferendosi a Gladio, si dovrebbe semmai parlare di “SIFAR parallelo”, dato che il servizio segreto italiano che concluse l'accordo bilaterale con quello americano, la CIA, si chiamava così all'epoca <19. Un'ulteriore incomprensione su questo punto avvenne quando, nel 1990, il Presidente Andreotti inviò alla “Commissione Stragi” il rapporto che titolava “Il cosiddetto SID parallelo-il caso Gladio”, mettendo in relazione due strutture ben distinte tra loro. Sempre nel 1990 venne rinvenuto, come già detto, una seconda parte di quello che era il “memoriale” di Aldo Moro, dalla sua prigionia brigatista. Una delle questioni che le Brigate Rosse avevano sottoposto al presidente della DC era la “strategia antiguerriglia della Nato”. Nel maggio del 1991 la “Commissione Stragi” ricevette un appunto del SID datato 1975 e indirizzato all'allora Presidente del Consiglio Moro. Il documento, dopo aver accennato ad una “organizzazione per così dire dormiente”, raccomandava al premier di non togliere su di essa il “segreto di Stato”, consigliando invece di negare l'esistenza di un “organismo informativo e operativo parallelo, con dipendenza diretta dal capo del SID e con compiti diversi da quelli istituzionali” <20. Il 21 marzo 1975, rispondendo ad una precisa domanda degli inquirenti che indagavano sul Golpe Borghese e sulla Rosa dei Venti, Moro affermò che non risultava l'esistenza, tra i servizi dello Stato, di un'organizzazione che aveva per compito la sovversione dello stesso. Tornando alla questione posta durante il sequestro da parte delle BR, il presidente DC disse che non aveva riscontrato alcuna “particolare enfasi” in materia, pur ammettendo che era stato previsto un “addestramento alla guerriglia da condurre contro eventuali forze avversarie occupanti ed alla controguerriglia a difesa delle forze nazionali” <21. Tuttavia, Moro escludeva che queste cose potessero essere apprestate da meccanismi della Nato, bensì nelle forme di “collaborazione intereuropea”, accennando espressamente alla partecipazione di paesi come la Svizzera e l'Irlanda, che erano dichiaratamente Stati neutrali. Dunque, la risposta del politico pugliese sembrava riferirsi al “Club di Berna” (costituitosi nel 1965 tra otto paesi europei), piuttosto che alla struttura Stay Behind italiana <22.
Su questo, Giannuli commenterà: "Gladio doveva fare insorgenza in caso di occupazione nemica; non aveva compiti di antinsorgenza. [...] Anche per questo si è fatto un grosso errore quando, leggendo il memoriale di Aldo Moro che parla di “corpi per la controinsorgenza”, si è dedotto si parlasse di Gladio. Invece assolutamente no, perché Gladio non aveva quei compiti. Evidentemente Moro stava parlando di altro" <23.
Il fatto che Andreotti renda pubblica l'esistenza della Stay Behind due settimane dopo la scoperta della seconda parte del memoriale del presidente DC e quasi contemporaneamente alle scoperte fatte dal Giudice Casson negli archivi del SISMI, sembra a dir poco sospetto. I lavori svolti dalla “Commissione Stragi” e le indagini dei Giudici Casson e Salvini per scoprire la responsabilità sugli atti di terrorismo che insanguinarono e destabilizzarono l'Italia nel periodo della strategia della tensione, sono stati essenziali per conoscere molto di più le ragioni, il clima politico e la situazione vera di quegli anni, i cosiddetti “anni di piombo”. Anche se purtroppo molte sono le questioni tutt'ora aperte, basti pensare alla grave mancanza dei nomi dei responsabili di diverse stragi, come quella di Piazza Fontana, Piazza della Loggia e l'Italicus. E anche nei casi in cui i responsabili “materiali” sono stati identificati, non vi è traccia dei rispettivi mandanti.
Ma ai fini di questo elaborato molto più importante è stata la concorde (anche se non immediata) decisione, risultante dagli atti della magistratura e dalle numerose testimonianze, che la struttura Stay Behind, nota ai più come Gladio, non è mai stata coinvolta negli episodi stragisti sopracitati. Ciò va detto in risposta a quella visione “monocausale” che resiste negli anni e la cui chiave di lettura unilaterale comporta un effetto distorsivo, che mette inevitabilmente sullo stesso piano coloro i quali, schierati sul fronte anticomunista, hanno combattuto la loro battaglia in modo legittimo, con chi invece quella stessa battaglia l'ha condotta con mezzi illeciti, eversivi se non perfino terroristici. Alla base di questa ingiusta equiparazione vi è il pensiero secondo il quale “l'intera galassia delle strutture clandestine create a partire dal dopoguerra in Italia possa essere ricondotta interamente a Gladio” <24.
Sempre Giannuli, anche in qualità di consulente della “Commissione Stragi” riferì: "Abbiamo molti elementi che ci lasciano pensare che accanto alla Stay Behind ufficiale vi fosse una Stay Behind “ufficiosa”, della quale la stessa Gladio non era a conoscenza. […] La mia impressione è che altre fossero le organizzazioni compromesse nella strategia della tensione e nell'attuazione della limitazione della sovranità del nostro paese, e che probabilmente Gladio ha avuto una funzione di “parafulmine” per distrarre l'attenzione da queste altre organizzazioni" <25.
Anche il Giudice Felice Casson, che per anni indagò sull'eversione nera e sul presunto coinvolgimento di Gladio, scoprì quella che era invece la verità. Come lui stesso affermava: "Non è che Gladio Stay Behind fosse “il male assoluto d'Italia”, responsabile di tutte le cose in Italia. […] Fino alla metà degli anni Settanta c'erano una serie di strutture, sia ufficiali che clandestine, disponibili ad entrare in funzione quando dovesse servire. […] Il tutto convergeva al vertice dei servizi segreti militari. […] Su questo ci sarebbe ancora molto da indagare" <26.
Dalle scoperte e rivelazioni degli anni più recenti si è potuto avere riscontro dell'esistenza, fin dall'immediato dopoguerra, di una sorta di struttura segreta, già citata nel corso di questo elaborato, chiamata convenzionalmente “Anello” o “Noto Servizio”. Tale organizzazione era formata da uomini politici, imprenditori e ufficiali delle forze armate. Secondo alcune testimonianze, l'“Anello” avrebbe avuto una parte attiva in alcune delle più discusse vicende della Prima Repubblica, tra le quali i depistaggi su Piazza Fontana, su Piazza della Loggia e le trattative con i brigatisti durante il sequestro Moro <27.
Per Giannuli questo insolito organismo avrebbe avuto le caratteristiche non di un “gruppo politico privato” ma piuttosto quelle di un servizio segreto clandestino, “irregolare” ma comunque inserito nel tessuto istituzionale. Non coincideva con Gladio, ma piuttosto con il già citato “SID parallelo”. Questa struttura, più di altre, avrebbe avuto il potere di “tirare i fili”, come ipotizzò il Generale Maletti, di un'“oscura cospirazione”. Uno dei metodi più utilizzati sarebbe stato sicuramente la strumentalizzazione di altri gruppi, che fossero di destra o di sinistra, ignari di tutto. Le stesse Brigate Rosse potevano aver subito infiltrazioni di questo genere. Per l'appunto, uno dei brigatisti storici, Alberto Franceschini, dichiarò durante una delle inchieste sul “caso Moro”: "Oggi credo che si possa dire che in qualche caso le Brigate Rosse furono indirizzate senza che i loro componenti ne fossero consapevoli" <28.
Quelli che furono gli “operatori in prima linea” nella salvaguardia dei confini nazionali, i gladiatori, testimoniarono loro stessi che la struttura nella quale avevano servito era apolitica. Tuttavia, erano consapevoli che non era l'unica impegnata nella lotta al comunismo. Come affermò l'ex caporete milanese Francesco Gironda: "Bisognava “illuminare” la Gladio, perché l'ombra della Gladio coprisse eventuali altre strutture, spontanee oppure deviate, che potessero aver operato in quell'epoca" <29. In questo modo ci sarebbe una verità molto più completa sui fatti oscuri della Prima Repubblica, nella quale strutture eversive e illegali (come gli NDS) diverrebbero la “trama mancante” nella ipotizzata catena neofascismo-massoneria-servizi deviati.
Ma non essendo questa la sede per approfondire il tema di queste altre strutture, come il cosiddetto “Anello” o “Noto Servizio”, limitiamoci dunque a considerare che nel territorio italiano, dal dopoguerra in avanti, operarono, nel bene o nel male, una pluralità di strutture paramilitari, quindi a carattere armato, simili a quella che oggi identifichiamo come Gladio, ma del tutto distinte da essa e alle quali potrebbero aver fatto parte le figure principali del periodo stragista <30. Citare la vicenda dei Nuclei di Difesa dello Stato e del Noto Servizio è importante per richiamare l'estraneità di Gladio, che possiamo dire essere stata “data in pasto” alla stampa e all'opinione pubblica (non solo italiana) per nascondere forse qualcosa di molto compromettente e legato alle due organizzazioni occulte appena citate. Come visto all'inizio di questo elaborato, dalla rivelazione di Gladio nel 1990 seguirono una vasta serie di ricerche, sia da parte dei magistrati che dei giornalisti, per trovare la documentazione che confermava l'appartenenza della Stay Behind alla Nato. Ma molti degli archivi che potrebbero celare informazioni importanti si nascondono dietro il “segreto militare”. Ne sono esempio gli archivi della stessa Alleanza Atlantica (non accessibili neppure alla magistratura), oltre che le segreterie di sicurezza della Presidenza del Consiglio, del Quirinale, del Ministero degli Esteri, della Difesa e dell'Interno <31.
C'è poi il silenzio degli USA. Una “filastrocca” che abbiamo visto nel primo capitolo riguarda proprio la Central Intelligence Agency e il rifiuto di questa nel fornire informazioni, che recita: “La CIA non può né confermare né smentire l'esistenza o meno dei documenti richiesti”. Il giornalista americano Arthur Rowse, autore del libro “Le lezioni di Gladio”, riferisce in merito: "Il vero problema oggi è l'accesso agli archivi della Nato, dato che essa, controllata dal Pentagono, si rifiuta di collaborare. […] Fintanto che l'opinione pubblica americana rimane ignara di questo capitolo delle relazioni degli USA con l'estero, gli enti governativi che ne sono responsabili subiranno pressioni troppo deboli per correggere i loro comportamenti" <32.
A rafforzare questa ideologia, soprattutto per quanto concerne l'Italia nel periodo della strategia della tensione, vi è anche il già citato Generale Maletti, ex direttore del controspionaggio del SID, che in un'intervista riferiva "La CIA, seguendo le direttive del suo governo, intendeva suscitare un nazionalismo italiano in grado di fermare quello che veniva visto come un progressivo “slittamento” del paese a sinistra e a questo scopo può aver fatto uso del terrorismo di destra. […] Non dimenticate che [a quell'epoca] era presidente Nixon, un politico molto intelligente, ma anche uomo dalle iniziative poco ortodosse" <33.
Perciò, la responsabilità americana - e atlantica - nei fatti della strategia della tensione è tutt'oggi un mistero al quale non si trova ancora risposta.
[NOTE]
15 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell'Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 190-191.
16 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 480.
17 Idem, p. 481.
18 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell'Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 194.
19 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 479.
20 Ilari Virgilio, Storia militare della prima repubblica, 1943-1993, Ancona, Nuove ricerche, 1994, p. 539.
21 Idem, p. 539. 22 Idem, p. 539.
23 Archivio Rai Teche Venezia, Nome in codice Gladio, Documentario Rai DiXit, 2011.
24 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell'Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 191-192.
25 Lucarelli Carlo, Blu notte, OSS, CIA, Gladio: i rapporti segreti tra America e Italia, Raiplay, 2005.
26 Archivio Rai Teche Venezia, Nome in codice Gladio, Documentario Rai DiXit, 2011.
27 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell'Italia repubblicana: 1945-1991,
Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 197.
28 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 101.
29 Archivio Rai Teche Venezia, Nome in codice Gladio, Documentario Rai DiXit, 2011.
30 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell'Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 198.
31 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 545.
32 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 103.
33 Idem, p. 12-13.
Daniele Pistolato, "Operazione Gladio". L'esercito segreto della Nato e l'Estremismo Nero, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2023-2024