Nonostante l’occupazione ed il clima politico poco sicuro per un membro comunista, Concetto Marchesi rimase al rettorato fino al suo discorso di inaugurazione del 722° anno accademico, tenuto il 9 novembre del 1943 in Aula Magna. Fu il primo avvenimento pubblico in cui il rettore dell’Università prese posizione contro il regime fascista, anche se in maniera ambigua, celata, come si analizzerà meglio in seguito. Ciononostante, questo discorso, come il successivo appello agli studenti del 1 dicembre, consegnato clandestinamente tramite volantini, diventò emblematico all’interno della memoria collettiva e universitaria sulla Resistenza padovana.
Prima che la cerimonia di inaugurazione del 9 novembre iniziasse, ci fu l’ingresso di un manipolo di studenti fascisti in armi, il cui leader salì di forza sul palco, invitando tutti i presenti ad arruolarsi per la repubblica di Salò. Subito dopo subentrarono Marchesi e Meneghetti che li scacciarono fuori dall’Aula Magna. Ciò, secondo le memorie degli studenti Bruno Trentin, figlio di Silvio Trentin, e Maria Carazzolo, fece riscaldare gli animi degli studenti antifascisti. Successivamente, calmatasi la situazione, il rettore iniziò il suo discorso, che in sé era molto significativo. In primis, mise in evidenza il ruolo dell’università come “rocca dove ogni nazione e ogni gente raduna le sue più splendide e feconde energie perché l’umanità abbia nel suo cammino un sostegno e una luce; essa è la rocca che domina o alimenta il mondo tutto del lavoro”, ribadendo il concetto espresso nel motto, probabilmente coniato da lui, di Patavina libertas <62, ovvero la libertà nella ricerca e nel sapere di cui continuava ad essere secolare garante l’Università. Il concetto nel discorso si legava velatamente anche alla tradizionale autonomia dell’Ateneo di poter, in questo caso, decidere che posizione politica prendere: quella democratica, sempre in virtù della libertà di ricerca e di dibattito.
La parte più interessante però era l’ultima, in cui si rivolgeva agli studenti, la futura classe dirigente italiana: “Giovani, confidate nell’Italia. Confidate nella sua fortuna se sarà sorretta dalla vostra disciplina e dal vostro coraggio: confidate nell’Italia che deve vivere per la gioia e il decoro del mondo, nell’Italia che non può cadere in servitù senza che si oscuri la civiltà delle genti. In questo giorno 9 novembre dell’anno 1943 in nome di questa Italia dei lavoratori, degli artisti, degli scienziati, io dichiaro aperto l’anno 722° dell’Università padovana.” <63
Considerando che tra i presenti in Aula c’era il ministro dell’Educazione nazionale Biggini, anche se in veste privata, il richiamo agli studenti fu magistralmente calcolato per non destare troppo nell’occhio ai nazifascisti. Il concetto espresso nel passaggio: “Confidate nell’Italia che deve vivere per la gioia e il decoro del mondo, nell’Italia che non può cadere in servitù senza che si oscuri la civiltà delle genti” ha un significato letterale ambivalente. Biggini, per esempio, lo interpretò come un segnale di apprezzamento alla repubblica di Salò, quando invece era un messaggio velato, rivolto a una riscossa antifascista. Luciano Canfora avrebbe infatti definito questo discorso un capolavoro di linguaggio polisemico <64.
La conclusione, nonostante fosse frutto della retorica altisonante del tempo, era rivolta ad un’Italia “dei lavoratori, degli artisti, degli scienziati”, senza soffermarsi sulla monarchia, rendendo più chiara la visione futura del Paese da parte di Marchesi: uno stato democratico, finalmente libero dal giogo fascista, grazie al merito della nuova generazione di Italiani, che avrebbe riscattato le colpe dei padri tramite la Resistenza. Questo divenne un punto esplicito nel finale dell’Appello agli studenti del 1 dicembre 1943, dove incitava alla Resistenza armata: “Studenti: mi allontano da voi con la speranza di ritornare a voi maestro e compagno, dopo la fraternità di una lotta assieme combattuta. Per la fede che vi illumina, per lo sdegno che vi accende, non lasciate che l’oppressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l’Italia dalla schiavitù e dall’ignominia, aggiungete al labaro della vostra Università la gloria di una nuova più grande decorazione in questa battaglia suprema per la giustizia e per la pace nel mondo.” <65
Già a novembre, dopo il discorso in Aula Magna, il latinista catanese si era dimesso dal rettorato ed era entrato in clandestinità, grazie al prezioso aiuto di Ezio Franceschini, suo assistente a Padova che in quel periodo aveva ottenuto una cattedra alla Cattolica di Milano. Non poteva rimanere in città, era troppo rischioso, considerando soprattutto che il suo appartamento era confinante con la sede ministeriale di Biggini. Dopo essersi rifugiato a Milano, si trasferì definitivamente a Lugano e con Franceschini organizzò un’associazione clandestina in aiuto alla Resistenza: la “Fra.Ma.”.
Quest’ultima ebbe il difficilissimo compito all’interno del biennio ’43-’45 di tessere e mantenere costanti i contatti di informazioni tra gli Alleati e i diversi CLN, soprattutto quello veneto, guidato da Meneghetti, che, rimasto l’unico del direttorio a Padova, divenne una figura centrale nell’organizzazione della Resistenza sul territorio padovano.
Silvio Trentin, infatti, venne catturato dai fascisti il 19 novembre del 1943 e morì poco dopo per l’aggravarsi della sua malattia cardiaca.
La Fra.Ma. aveva, poi, anche altri compiti, ancora più ardui: quello di facilitare, qualora ve ne fosse bisogno, il passaggio degli Alleati o dei partigiani in Svizzera, facendoli rimanere inosservati; di trasportare viveri e munizioni dagli alleati alle brigate partigiane; infine quello di attuare procedure sul salvataggio di ostaggi sia alleati che partigiani. <66
Anche queste mansioni erano parte integrante, se non fondamentale, dalla Resistenza stessa. In più, molto spesso erano incaricate le donne a compiere questi rischiosi lavori di collegamento epistolare: le cosiddette staffette furono anch’esse protagoniste del biennio di lotta. Purtroppo per molto tempo la storiografia sulla Resistenza non ha dato loro l’attenzione che avrebbero meritato, anche se ultimamente sta crescendo l’interesse verso questa tematica. <67
[NOTE]
62 Cfr. Guglielmo Monetti, Concetto Marchesi e la ‘libertas’, nella collana Patavina Libertas. Una storia europea dell’Università di Padova (1222-2022). Libertas, tra religione, politica e saperi, a cura di Andrea Caracausi, Paola Molina, Dennj Solera, Donzelli, Roma, Padova University Press, Padova, 2022 e Cfr. Piero Del Negro, Carlo Anti rettore, in Anti, archeologia, archivi, a cura di Irene Favaretto, Francesca Ghedini, Paola Zavonello, Emanuele M. Ciampini, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, Venezia, 2019, pp. 148-149 per un approfondimento sull’origine del celeberrimo motto universa universis patavina libertas.
63 Cfr. Concetto Marchesi, Annuario per l’anno accademico 1943-44, Tipografia del Seminario Padova, 1944.
64 Luciano Canfora, Il sovversivo. Concetto Marchesi e il comunismo italiano, Laterza, Bari-Roma, 2019.
65 Cfr. Concetto Marchesi, Appello agli studenti di Padova, Padova, 1 dicembre, 1943.
66 Chiara Saonara, Egidio Meneghetti, scienziato e patriota, combattente per la libertà, Istituto veneto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, Cleup, Padova, 2003, p. 75.
67 Cfr. Benedetta Tobagi, La Resistenza delle donne, Einaudi, Torino, 2022.
Alberto Fogarollo, La trasmissione della Resistenza nell’Italia del dopoguerra: focus sull’Università di Padova, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2022-2023
giovedì 13 febbraio 2025
La visione futura del Paese da parte di Marchesi
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