Le operazioni O.S.S. [Office of Strategic Service] in Valtellina presero avvio il 3 marzo 1945 tramite tre gruppi di OG [Operational Group] che avevano come obbiettivo ultimo quello di rallentare le linee di rifornimento tedesche e creare confusione dietro le linee nemiche.
Il sito di lancio per i paracadutisti fu identificato nel Passo dello Stelvio, zona estramemente importante per le comunicazioni tra Italia e i territori tedeschi; la zona, tuttavia, era priva di una importante rete di resistenza. Per tale motivo e per comprendere la fattibilità delle missioni, inizialmente furono paracadutati pochi uomini. Tra questi vi furono il Capitano Victor Giannino, a capo della missione Santee, e il Maggiore Arnold Lorbeer, capo della missione Spokane.
Ritenuta l’aerea sicura, il 4 marzo vennero paracadutati gli agenti restanti per dar via alla missione Alleata. Gli stessi, purtroppo, vennero accolti da spari erroneamente attivati da parte dei partigiani locali, i quali ignoravano la presenza di una missione Alleata. In parallelo, l’OSS non era a conoscenza dell’esistenza di un gruppo partigiano in Livigno.
La missione Santee, il 10 marzo, giorno nel quale smise di nevicare, si diresse in zona di Fusino, dove si incontrò con un gruppo di partigiani. Nel dettaglio, si trattò di uno spostamento complicato in quanto avvenne in una zona dominata da numerose truppe nazi-fasciste che pattugliavano il passo del Foscagno, il quale, trovandosi a 2.300 metri sul livello del mare, costituiva l’univa strada percorribile tra Fusino e Livigno. Compito principale degli OG fu quello di istruire i partigiani locali in operazioni di imboscata e di attacco contro le forze nemiche. Il percorso fu supportato con diversi lanci di rifornimenti che si realizzarono il 4 marzo insieme agli OG mancanti, il 21 marzo, il 30 e il 31 marzo, il 4 aprile ed infine il 12 aprile. Tutti questi voli, nonostante le avverse condizioni atmosferiche (nevicate e venti fortissimi), vennero completati con successo.
Il penultimo giorno di marzo, per ottenere il controllo ed evitare la ritirata delle truppe tedesche, venne sviluppata con successo la prima incursione, indirizzata contro le installazioni militari lungo il Passo dello Stelvio.
Secondo la testimonianza del Maggiore Lorbeer al Convegno Internazionale di Studi Storici “Gli Americani e la Guerra di Liberazione in Italia”, il passo dello Stelvio era presieduto da circa 300 uomini nemici, mentre le truppe unite di OG e partigiani si limitavano a solo 50. Il successo fu ottenuto poiché nelle difficili condizioni atmosferiche le truppe tedesche non si aspettavano un attacco alleato. I combattimenti sullo Stelvio si protrassero fino alla fine della guerra, con le truppe naziste determinate a riconquistare, in qualunque modo, il medesimo passo. Tuttavia, il valico venne difeso con successo dagli Operational Group e dalla resistenza italiana, tramite l’utilizzo di fucili di precisione, mitragliatrici calibro 50 e mortai da 81 mm.
La notte del 13 aprile i tre reparti degli OG, in stretta cooperazione, colpirono le truppe nemiche a Venvio, San Martino e Roncale. Le unità erano composte da 12 membri degli OG e da circa 20-30 partigiani, permettendo così di sorprendere le forze dell’Asse. Tali attacchi furono svolti per evitare i rastrellamenti in programma nei giorni successivi, grazie alle informazioni ottenute dalla SI. Colti a sorpresa dall’attacco notturno, peraltro svolto in pessime condizioni metereologiche, le truppe nazi-fasciste subirono un totale di 50 perdite (30 morti e 20 feriti). I restanti riuscirono a ritirarsi, lasciando libere le postazioni in cima alle valli, permettendo così la loro conquista e il controllo da parte dei partigiani.
Nei giorni finali di aprile i gruppi partigiani combatterono anche in altre battaglie, tra le quali quella di Tirano dove riuscirono a far arrendere, il 29 aprile, insieme ad altri reparti Alleati, 1.200 truppe nemiche. In quegli stessi giorni la città di Bormio venne conquistata, dove vennero catturati 300 uomini tra italiani e tedeschi.
Nel corso dei due mesi di battaglie le tre missioni dell’Office of Strategic Service in Valtellina persero solo tre uomini: i Tenenti Anthony Rocco, Anthony Fantuzzo e il Sergente Bennie Ballone, morti il 13 aprile in un incedente aereo. Oltre a queste tre vittime, tutti gli agenti, fecero ritorno nella base di Siena il 22 maggio del 1945.
Matteo Paglia, Ex pluribus unum. Come l'Office of Strategic Service ha rivoluzionato il sistema d'intelligence statunitense, Tesi di laurea, Università degli Studi di Genova, Anno Accademico 2024-2025
Si compose [la missione Spokane dell'O.S.S.] di quattro lanci dall'inizio di marzo a metà dell'aprile 1945. Gli agenti paracadutisti, quasi tutti italo-americani, assommano a 14 (2 morirono in un incidente aereo nella fase di atterraggio il 13 aprile). La zona prescelta per le operazioni era a nord di Edolo, tra la Val Camonica e la Valtellina, importante per la vicinanza dei due paesi fortificati dello Stelvio e del Tonale. Le direttive erano di allacciare contatti con le locali formazioni partigiane, istruire e programmare azioni di sabotaggio sulle linee di comunicazione (per Lecco, Colico-Tirano, Lago d'Iseo, Edolo, Bolzano, Gargnano, Riva, Trento). Le altre direttive, del resto comuni ad ogni missione, riguardavano il mantenimento di contatti radio col Quartier Generale per informazioni militari (localizzazione di fortificazioni, ponti, depositi, ecc.), e il rapporto completo su ogni aspetto delle formazioni partigiane (entità, armamento, responsabili, nonché il "morale" e il "Political Views", la tendenza politica). Interessante è inoltre la direttiva di "prevenire attriti tra di esse". Le operazioni della "Spokane" riguardano, oltre alla trasmissione di informazioni militari, anche l'addestramento dei partigiani nell'uso di esplosivo nonché la partecipazione a sabotaggi e scontri a fuoco. Il 30 marzo, 7 uomini della missione alla testa di una cinquantina di partigiani delle "Fiamme Verdi" provocano con un'esplosione una frana che interrompe la strada da Tirano allo Stelvio. Contemporaneamente interrompono le linee telefoniche e telegrafiche e assaltano il piccolo presidio tedesco nei pressi del passo. Liberano i lavoratori coatti della Todt, che si trovano lì per i lavori di fortificazione del passo. Distruggono il materiale tedesco (in particolare 300 fusti di carburante). Il mattino del 31 arrivano truppe di rinforzo tedesche. Viene tentato uno scambio di prigionieri, che però si trasforma in uno scontro a fuoco, con morti e feriti da ambe le parti. I partigiani devono lasciare il passo, ma nel mese di aprile continuano azioni di disturbo, tra cui il minamento delle strade che causa l'esplosione di una decina di veicoli tedeschi. Il 26 aprile si arrende il presidio di Sondalo, il 28 Bormio. Vengono salvate, su precise istruzioni alleate, le centrali idroelettriche di Isolaccia, di Sondrio, Grosio e Cancano (appartenenti alla Falck, Edison, Società di Milano, Società Lombarda). Con orgoglio il Major Lorbeer, capo-missione, può scrivere che "la Valtellina è liberata 3 giorni prima della fine della guerra in Italia".
La missione "Spokane" si costituì come A.M.G. (Governo Militare Alleato) il 2 maggio.
[...] Missione "Horrible": francese. Nell'aprile giunge alla Spokane l'ordine del Quartier Generale di impedire l'entrata in Italia di missioni francesi. "Li abbiamo ricacciati in Svizzera".
Missione "Sewanee" dell'O.S.S., composta da 7 agenti tutti italo-americani, paracadutati presso Livigno il 13 aprile, in appoggio alla "Spokane". La zona di operazioni era pure a nord di Edolo. Collaborarono con la formazione "Tito Speri" delle "Fiamme Verdi", partecipando alla resa di Bormio (27 aprile). Altre missioni collegate con le "Fiamme Verdi" furono l'"Offense" e l'"Elinor", entrambe americane. A Ponte di Legno la Spokane ebbe una volta contatto anche con la "Norma" (cfr seguito). E' da citare infine la "Santee", paracadutata nei pressi di Livigno il 4 marzo, che ebbe un importante ruolo soprattutto nei contatti e nel coordinamento tra le missioni, i partigiani locali (riuniti a scadenze regolari con i comandi), il CLN e i servizi segreti in Svizzera. Ricevette la resa di Tirano.
Il sito di lancio per i paracadutisti fu identificato nel Passo dello Stelvio, zona estramemente importante per le comunicazioni tra Italia e i territori tedeschi; la zona, tuttavia, era priva di una importante rete di resistenza. Per tale motivo e per comprendere la fattibilità delle missioni, inizialmente furono paracadutati pochi uomini. Tra questi vi furono il Capitano Victor Giannino, a capo della missione Santee, e il Maggiore Arnold Lorbeer, capo della missione Spokane.
Ritenuta l’aerea sicura, il 4 marzo vennero paracadutati gli agenti restanti per dar via alla missione Alleata. Gli stessi, purtroppo, vennero accolti da spari erroneamente attivati da parte dei partigiani locali, i quali ignoravano la presenza di una missione Alleata. In parallelo, l’OSS non era a conoscenza dell’esistenza di un gruppo partigiano in Livigno.
La missione Santee, il 10 marzo, giorno nel quale smise di nevicare, si diresse in zona di Fusino, dove si incontrò con un gruppo di partigiani. Nel dettaglio, si trattò di uno spostamento complicato in quanto avvenne in una zona dominata da numerose truppe nazi-fasciste che pattugliavano il passo del Foscagno, il quale, trovandosi a 2.300 metri sul livello del mare, costituiva l’univa strada percorribile tra Fusino e Livigno. Compito principale degli OG fu quello di istruire i partigiani locali in operazioni di imboscata e di attacco contro le forze nemiche. Il percorso fu supportato con diversi lanci di rifornimenti che si realizzarono il 4 marzo insieme agli OG mancanti, il 21 marzo, il 30 e il 31 marzo, il 4 aprile ed infine il 12 aprile. Tutti questi voli, nonostante le avverse condizioni atmosferiche (nevicate e venti fortissimi), vennero completati con successo.
Il penultimo giorno di marzo, per ottenere il controllo ed evitare la ritirata delle truppe tedesche, venne sviluppata con successo la prima incursione, indirizzata contro le installazioni militari lungo il Passo dello Stelvio.
Secondo la testimonianza del Maggiore Lorbeer al Convegno Internazionale di Studi Storici “Gli Americani e la Guerra di Liberazione in Italia”, il passo dello Stelvio era presieduto da circa 300 uomini nemici, mentre le truppe unite di OG e partigiani si limitavano a solo 50. Il successo fu ottenuto poiché nelle difficili condizioni atmosferiche le truppe tedesche non si aspettavano un attacco alleato. I combattimenti sullo Stelvio si protrassero fino alla fine della guerra, con le truppe naziste determinate a riconquistare, in qualunque modo, il medesimo passo. Tuttavia, il valico venne difeso con successo dagli Operational Group e dalla resistenza italiana, tramite l’utilizzo di fucili di precisione, mitragliatrici calibro 50 e mortai da 81 mm.
La notte del 13 aprile i tre reparti degli OG, in stretta cooperazione, colpirono le truppe nemiche a Venvio, San Martino e Roncale. Le unità erano composte da 12 membri degli OG e da circa 20-30 partigiani, permettendo così di sorprendere le forze dell’Asse. Tali attacchi furono svolti per evitare i rastrellamenti in programma nei giorni successivi, grazie alle informazioni ottenute dalla SI. Colti a sorpresa dall’attacco notturno, peraltro svolto in pessime condizioni metereologiche, le truppe nazi-fasciste subirono un totale di 50 perdite (30 morti e 20 feriti). I restanti riuscirono a ritirarsi, lasciando libere le postazioni in cima alle valli, permettendo così la loro conquista e il controllo da parte dei partigiani.
Nei giorni finali di aprile i gruppi partigiani combatterono anche in altre battaglie, tra le quali quella di Tirano dove riuscirono a far arrendere, il 29 aprile, insieme ad altri reparti Alleati, 1.200 truppe nemiche. In quegli stessi giorni la città di Bormio venne conquistata, dove vennero catturati 300 uomini tra italiani e tedeschi.
Nel corso dei due mesi di battaglie le tre missioni dell’Office of Strategic Service in Valtellina persero solo tre uomini: i Tenenti Anthony Rocco, Anthony Fantuzzo e il Sergente Bennie Ballone, morti il 13 aprile in un incedente aereo. Oltre a queste tre vittime, tutti gli agenti, fecero ritorno nella base di Siena il 22 maggio del 1945.
Matteo Paglia, Ex pluribus unum. Come l'Office of Strategic Service ha rivoluzionato il sistema d'intelligence statunitense, Tesi di laurea, Università degli Studi di Genova, Anno Accademico 2024-2025
Si compose [la missione Spokane dell'O.S.S.] di quattro lanci dall'inizio di marzo a metà dell'aprile 1945. Gli agenti paracadutisti, quasi tutti italo-americani, assommano a 14 (2 morirono in un incidente aereo nella fase di atterraggio il 13 aprile). La zona prescelta per le operazioni era a nord di Edolo, tra la Val Camonica e la Valtellina, importante per la vicinanza dei due paesi fortificati dello Stelvio e del Tonale. Le direttive erano di allacciare contatti con le locali formazioni partigiane, istruire e programmare azioni di sabotaggio sulle linee di comunicazione (per Lecco, Colico-Tirano, Lago d'Iseo, Edolo, Bolzano, Gargnano, Riva, Trento). Le altre direttive, del resto comuni ad ogni missione, riguardavano il mantenimento di contatti radio col Quartier Generale per informazioni militari (localizzazione di fortificazioni, ponti, depositi, ecc.), e il rapporto completo su ogni aspetto delle formazioni partigiane (entità, armamento, responsabili, nonché il "morale" e il "Political Views", la tendenza politica). Interessante è inoltre la direttiva di "prevenire attriti tra di esse". Le operazioni della "Spokane" riguardano, oltre alla trasmissione di informazioni militari, anche l'addestramento dei partigiani nell'uso di esplosivo nonché la partecipazione a sabotaggi e scontri a fuoco. Il 30 marzo, 7 uomini della missione alla testa di una cinquantina di partigiani delle "Fiamme Verdi" provocano con un'esplosione una frana che interrompe la strada da Tirano allo Stelvio. Contemporaneamente interrompono le linee telefoniche e telegrafiche e assaltano il piccolo presidio tedesco nei pressi del passo. Liberano i lavoratori coatti della Todt, che si trovano lì per i lavori di fortificazione del passo. Distruggono il materiale tedesco (in particolare 300 fusti di carburante). Il mattino del 31 arrivano truppe di rinforzo tedesche. Viene tentato uno scambio di prigionieri, che però si trasforma in uno scontro a fuoco, con morti e feriti da ambe le parti. I partigiani devono lasciare il passo, ma nel mese di aprile continuano azioni di disturbo, tra cui il minamento delle strade che causa l'esplosione di una decina di veicoli tedeschi. Il 26 aprile si arrende il presidio di Sondalo, il 28 Bormio. Vengono salvate, su precise istruzioni alleate, le centrali idroelettriche di Isolaccia, di Sondrio, Grosio e Cancano (appartenenti alla Falck, Edison, Società di Milano, Società Lombarda). Con orgoglio il Major Lorbeer, capo-missione, può scrivere che "la Valtellina è liberata 3 giorni prima della fine della guerra in Italia".
La missione "Spokane" si costituì come A.M.G. (Governo Militare Alleato) il 2 maggio.
[...] Missione "Horrible": francese. Nell'aprile giunge alla Spokane l'ordine del Quartier Generale di impedire l'entrata in Italia di missioni francesi. "Li abbiamo ricacciati in Svizzera".
Missione "Sewanee" dell'O.S.S., composta da 7 agenti tutti italo-americani, paracadutati presso Livigno il 13 aprile, in appoggio alla "Spokane". La zona di operazioni era pure a nord di Edolo. Collaborarono con la formazione "Tito Speri" delle "Fiamme Verdi", partecipando alla resa di Bormio (27 aprile). Altre missioni collegate con le "Fiamme Verdi" furono l'"Offense" e l'"Elinor", entrambe americane. A Ponte di Legno la Spokane ebbe una volta contatto anche con la "Norma" (cfr seguito). E' da citare infine la "Santee", paracadutata nei pressi di Livigno il 4 marzo, che ebbe un importante ruolo soprattutto nei contatti e nel coordinamento tra le missioni, i partigiani locali (riuniti a scadenze regolari con i comandi), il CLN e i servizi segreti in Svizzera. Ricevette la resa di Tirano.
Carlo Romeo, Missioni O.S.S. nella zona di operazioni della Prealpi: (1944-1945), «Archivio trentino di storia contemporanea» (ISSN: 1120-4184), 42/2 (1993)
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Ultimo a destra il partigiano Cesare Marelli. Foto del soldato americano Joseph J. Genco. Fonte: Fondazione AEM cit. infra |
La Resistenza in Valtellina ebbe aspetti molti particolari, spesso problematici anche solo per il fatto di attuarsi in zona di frontiera e per la presenza strategica nel territorio dei maggiori impianti idroelettrici del Nord Italia.
Molti dei luoghi di AEM in Alta Valle, rifugi e cantieri, divennero presto area di resistenza partigiana, come il paese provvisorio di Digapoli alla falde delle diga di San Giacomo in costruzione. Il 4 marzo 1945 fu paracadutata a Livigno la missione americana “Spokane”, formata da una cinquantina di ufficiali e militari, in appoggio alle formazioni partigiane “Giustizia e Libertà” che presidiavano parte dell’Alta Valle. Seguirono ad essa altre due missioni: la “Santee” e la “Sewanee” che contribuirono con uomini e mezzi a sostenere la lotta di Liberazione. Le comunicazioni tra Milano e la Valtellina avvenivano tramite le telescriventi AEM con messaggi cifrati trasmessi da e per Cancano, Milano, Grosio e Tirano.
Redazione, 1945. I partigiani Nicola Colturi, Giuseppe Tuana, “Alonzo” Placido Pozzi, Don Angelo Moltrasio e “Tom” Cesare Marelli, Fondazione AEM
Molti dei luoghi di AEM in Alta Valle, rifugi e cantieri, divennero presto area di resistenza partigiana, come il paese provvisorio di Digapoli alla falde delle diga di San Giacomo in costruzione. Il 4 marzo 1945 fu paracadutata a Livigno la missione americana “Spokane”, formata da una cinquantina di ufficiali e militari, in appoggio alle formazioni partigiane “Giustizia e Libertà” che presidiavano parte dell’Alta Valle. Seguirono ad essa altre due missioni: la “Santee” e la “Sewanee” che contribuirono con uomini e mezzi a sostenere la lotta di Liberazione. Le comunicazioni tra Milano e la Valtellina avvenivano tramite le telescriventi AEM con messaggi cifrati trasmessi da e per Cancano, Milano, Grosio e Tirano.
Redazione, 1945. I partigiani Nicola Colturi, Giuseppe Tuana, “Alonzo” Placido Pozzi, Don Angelo Moltrasio e “Tom” Cesare Marelli, Fondazione AEM