Per la fiducia che la brigata ripone in lei [Tina Anselmi] le vengono affidati compiti di rilievo, come quando deve consegnare una radio ricetrasmittente <228 della missione M.R.S.: missioni clandestine che, a partire dall’ottobre 1943, tramite l’uso di radiomessaggi permettono le comunicazioni tra il Comando Alleato, i Comandi regionali e provinciali e il Cln <229. Tina riceve l’ordine di ritirare una radio a Treviso, presso un negozio di alimentari gestito da una donna che militava nella Resistenza, per poi trasportarla a Galliera Veneta, dov’è nascosto il colonnello Galli, Comandante regionale delle formazioni partigiane <230. Trattandosi di una missione importante, le viene raccomandato di non fare la strada principale, fitta di posti di blocco nazisti, ma piuttosto di proseguire per le strade di campagna, più sicure ma che le avrebbero allungato la strada rischiando di farla tardare a scuola. Quindi, di sua iniziativa, decide di procedere per Porta SS. Quaranta e chiedere un passaggio niente meno che a un camion di tedeschi: afferma innocentemente di avere la borsa colma di libri molto pesanti e si fa caricare, insieme alla sua fidata bicicletta. Un gesto incosciente e imprudente, ma che funziona: i nazisti non sospettano di lei e non si preoccupano di perquisirla <231 e Tina riesce ad arrivare a Cittadella. Ma, vedendola scortata dalla camionetta nazista, il partigiano a cui doveva consegnare la radio scappa, temendo che l’avessero arrestata. Non sapendo a chi lasciarla in custodia, prima tenta di entrare in una villa per consegnarla a uno dei figli dei proprietari, anche lui partigiano, ma poi, realizzando che ci sono dei controlli in atto, sale in sella alla bicicletta. Decide infine di gettarla nel canale di scolo vicino, un luogo in cui nessuno sarebbe andato a cercarla. Durante la notte Mario, cugino di Tina, provvede a recuperarla <232.
Oltre alla sua attività da staffetta Tina partecipa, insieme ai compagni di Brigata, al recupero dei materiali lanciati dagli alleati tramite le operazioni organizzate dalla Missione M.R.S.: vestiario, denaro, armi, munizioni, esplosivi per i sabotaggi e talvolta anche uomini. I lanci avvengono nei campi, le brigate segnalano la propria posizione tramite delle luci disposte in modo da formare lettere dell’alfabeto e gli alleati inviano i generi di prima necessità tramite l’utilizzo di paracaduti. I lanci sono organizzati durante la notte: la raccolta dei materiali deve essere svelta ed è necessario assicurarsi di non lasciare tracce che avrebbero potuto insospettire il nemico <233. Tali operazioni sono agevolate dalla collaborazione delle famiglie contadine che offrivano il bestiame per aiutare a trasportare il carico o si offrivano di nascondere le merci, e spesso anche persone, nei propri fienili. La collaborazione della popolazione è fondamentale per la riuscita delle operazioni dei partigiani <234.
Con l’avvento della primavera 1945, la guerra sembra volgere verso la fine: i nazisti sono indeboliti e gli Alleati stanno risalendo la penisola liberando una per una le città italiane, con la collaborazione dei partigiani. Anche nella zona di Castelfranco gli occupanti iniziano ad essere inquieti. Il comandante Sartor è a conoscenza delle direttive per quanto riguarda la resa dei nazisti nelle città, per lo più orientate a una resa senza condizioni. La sua linea di azione, da buon cattolico, è sempre stata orientata alla prudenza, a differenza di Masaccio (al secolo Primo Visentin), comandante della Brigata Martiri del Grappa che opera sul territorio di Riese Pio X, più favorevole ad azioni di aperta insurrezione <235. I due comandanti, nei giorni precedenti alla liberazione, hanno forti contrasti: Masaccio accusa Sartor di “attendismo” e mette a disposizione i suoi uomini per liberare Castelfranco, ma il comandante della “Cesare Battisti” declina l’offerta <236. Secondo il parere di Gino Trentin, partigiano di Resana la cui casa fungeva da quartier generale per la brigata, Sartor esita ad agire con la forza contro i tedeschi in quanto è turbato dall’impiccagione dei tre patrioti di Vallà, avvenuta il 27 aprile <237 in seguito a un rastrellamento, e vuole evitare il ripetersi di episodi simili. “A un giovane […] che sente approssimarsi la fine dell’orrore, morire sembra solo ingiusto ma anche molto stolto” <238.
Il giorno 28 aprile, quindi, Sartor decide di “intimare la resa al Comando tedesco della piazza di Castelfranco, installato in villa Bolasco” <239. Si reca verso la sede del Comando accompagnato da don Carlo Davanzo, parroco di Campigo che ha sempre collaborato con i patrioti, Liliana Saporetti come interprete e Tina <240, una delle sue staffette più fidate. Dopo lunghe trattative per la resa, svoltesi anche durante la notte, viene stabilito che i tedeschi si sarebbero impegnati a non razziare paesi, a non catturare ostaggi, a lasciare palazzo Bolasco e a togliere le mine dagli edifici in cui le avevano installate <241. In cambio sarebbero stati scortati fuori dalla città per evitare ulteriori scontri e salvaguardare la sicurezza della popolazione e degli edifici. Quando il corteo di nazisti si fosse allontanato, i partigiani avrebbero provveduto a creare delle piccole roccaforti difensive nei punti strategici di entrata alla città per impedire, al nemico in fuga, interferenze con l’arrivo degli Alleati <242. Tina è presente in quelle ore piene di tensione ed è consapevole che sta partecipando a un momento fondamentale per la storia della propria città. Probabilmente c’è anche lei tra le staffette inviate, nella notte tra il 28 e il 29, ad avvisare i vari gruppi di partigiani affinché fossero pronti a ciò che sarebbe avvenuto la mattina successiva <243. Una volta terminate le trattative è entusiasta di avervi partecipato e inizia a comprendere che la fine della guerra è vicina, presa dall’impeto prende la bicicletta e si dirige verso casa. Sotto le finestre della camera dei genitori urla a tutta voce: “Abbiamo liberato Castelfranco, siamo liberi!” <244.
Una cruenta vicenda sconvolge, però, le ultime ore della Liberazione di Castelfranco. Il 29 aprile, tra Castello di Godego e San Martino di Lupari, dei soldati tedeschi in fuga prelevano con un rastrellamento più di cento patrioti provocando la ribellione della popolazione: “i partigiani catturati furono legati ai carri armati e trascinati per la strada” <245. Il comandante Sartor quindi ordina a Tina di raggiungere gli Alleati <246, ancora distanti, per impedire ulteriori massacri: lei stessa racconta: “li raggiunsi, mi misero in cima a un carro armato e da lì indicavo il tragitto migliore per fare presto” <247. Di nuovo un compito molto delicato, affidatole per la fiducia che il comandante ripone in lei.
Una delle ultime azioni da partigiana, la svolge il 4 maggio 1945. Si trova in piazza a Castelfranco, schierata accanto ai compagni di lotta, per la consegna delle armi agli Alleati. Il momento viene documentato da una foto, da cui si evince quanto fosse giovane, quanto lei e i compagni fossero tutti dei ragazzi.
[NOTE]
228 Caberlin, Primavera delle ragazze, cit., p. 64.
229 Ivi, p. 62.
230 Ivi, p. 64.
231 Anselmi, comunicazione Ricordi di una staffetta partigiana, cit., p. 123.
232 Caberlin, Primavera delle ragazze, cit., pp. 65-66.
233 Ivi, pp. 67,69.
234 Anselmi, comunicazione Ricordi di una staffetta partigiana, cit., p. 124.
235 Ceccato, Guerra Resistenza e Rinascita di Castelfranco Veneto, cit., p. 132.
236 Ivi, pp. 132-133.
237 Ivi, p. 134.
238 Anselmi, Vinci, Storia di una passione politica, cit., pp. 30-31.
239 Cecchetto, La Resistenza tra Resana e Castelfranco Veneto, cit., p. 59.
240 Ibidem.
241 Pitteri, La giovane Tina Anselmi, cit., p. 41.
242 Caberlin, Primavera delle ragazze, cit., p. 78.
243 Ivi, pp. 78-79.
244 Ivi, p. 85.
245 Anselmi, Vinci, Storia di una passione politica, cit., p. 30.
Anna Zambrano, Lo sviluppo della Resistenza cattolica in Veneto: il caso di Tina Anselmi, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2022-2023
Oltre alla sua attività da staffetta Tina partecipa, insieme ai compagni di Brigata, al recupero dei materiali lanciati dagli alleati tramite le operazioni organizzate dalla Missione M.R.S.: vestiario, denaro, armi, munizioni, esplosivi per i sabotaggi e talvolta anche uomini. I lanci avvengono nei campi, le brigate segnalano la propria posizione tramite delle luci disposte in modo da formare lettere dell’alfabeto e gli alleati inviano i generi di prima necessità tramite l’utilizzo di paracaduti. I lanci sono organizzati durante la notte: la raccolta dei materiali deve essere svelta ed è necessario assicurarsi di non lasciare tracce che avrebbero potuto insospettire il nemico <233. Tali operazioni sono agevolate dalla collaborazione delle famiglie contadine che offrivano il bestiame per aiutare a trasportare il carico o si offrivano di nascondere le merci, e spesso anche persone, nei propri fienili. La collaborazione della popolazione è fondamentale per la riuscita delle operazioni dei partigiani <234.
Con l’avvento della primavera 1945, la guerra sembra volgere verso la fine: i nazisti sono indeboliti e gli Alleati stanno risalendo la penisola liberando una per una le città italiane, con la collaborazione dei partigiani. Anche nella zona di Castelfranco gli occupanti iniziano ad essere inquieti. Il comandante Sartor è a conoscenza delle direttive per quanto riguarda la resa dei nazisti nelle città, per lo più orientate a una resa senza condizioni. La sua linea di azione, da buon cattolico, è sempre stata orientata alla prudenza, a differenza di Masaccio (al secolo Primo Visentin), comandante della Brigata Martiri del Grappa che opera sul territorio di Riese Pio X, più favorevole ad azioni di aperta insurrezione <235. I due comandanti, nei giorni precedenti alla liberazione, hanno forti contrasti: Masaccio accusa Sartor di “attendismo” e mette a disposizione i suoi uomini per liberare Castelfranco, ma il comandante della “Cesare Battisti” declina l’offerta <236. Secondo il parere di Gino Trentin, partigiano di Resana la cui casa fungeva da quartier generale per la brigata, Sartor esita ad agire con la forza contro i tedeschi in quanto è turbato dall’impiccagione dei tre patrioti di Vallà, avvenuta il 27 aprile <237 in seguito a un rastrellamento, e vuole evitare il ripetersi di episodi simili. “A un giovane […] che sente approssimarsi la fine dell’orrore, morire sembra solo ingiusto ma anche molto stolto” <238.
Il giorno 28 aprile, quindi, Sartor decide di “intimare la resa al Comando tedesco della piazza di Castelfranco, installato in villa Bolasco” <239. Si reca verso la sede del Comando accompagnato da don Carlo Davanzo, parroco di Campigo che ha sempre collaborato con i patrioti, Liliana Saporetti come interprete e Tina <240, una delle sue staffette più fidate. Dopo lunghe trattative per la resa, svoltesi anche durante la notte, viene stabilito che i tedeschi si sarebbero impegnati a non razziare paesi, a non catturare ostaggi, a lasciare palazzo Bolasco e a togliere le mine dagli edifici in cui le avevano installate <241. In cambio sarebbero stati scortati fuori dalla città per evitare ulteriori scontri e salvaguardare la sicurezza della popolazione e degli edifici. Quando il corteo di nazisti si fosse allontanato, i partigiani avrebbero provveduto a creare delle piccole roccaforti difensive nei punti strategici di entrata alla città per impedire, al nemico in fuga, interferenze con l’arrivo degli Alleati <242. Tina è presente in quelle ore piene di tensione ed è consapevole che sta partecipando a un momento fondamentale per la storia della propria città. Probabilmente c’è anche lei tra le staffette inviate, nella notte tra il 28 e il 29, ad avvisare i vari gruppi di partigiani affinché fossero pronti a ciò che sarebbe avvenuto la mattina successiva <243. Una volta terminate le trattative è entusiasta di avervi partecipato e inizia a comprendere che la fine della guerra è vicina, presa dall’impeto prende la bicicletta e si dirige verso casa. Sotto le finestre della camera dei genitori urla a tutta voce: “Abbiamo liberato Castelfranco, siamo liberi!” <244.
Una cruenta vicenda sconvolge, però, le ultime ore della Liberazione di Castelfranco. Il 29 aprile, tra Castello di Godego e San Martino di Lupari, dei soldati tedeschi in fuga prelevano con un rastrellamento più di cento patrioti provocando la ribellione della popolazione: “i partigiani catturati furono legati ai carri armati e trascinati per la strada” <245. Il comandante Sartor quindi ordina a Tina di raggiungere gli Alleati <246, ancora distanti, per impedire ulteriori massacri: lei stessa racconta: “li raggiunsi, mi misero in cima a un carro armato e da lì indicavo il tragitto migliore per fare presto” <247. Di nuovo un compito molto delicato, affidatole per la fiducia che il comandante ripone in lei.
Una delle ultime azioni da partigiana, la svolge il 4 maggio 1945. Si trova in piazza a Castelfranco, schierata accanto ai compagni di lotta, per la consegna delle armi agli Alleati. Il momento viene documentato da una foto, da cui si evince quanto fosse giovane, quanto lei e i compagni fossero tutti dei ragazzi.
[NOTE]
228 Caberlin, Primavera delle ragazze, cit., p. 64.
229 Ivi, p. 62.
230 Ivi, p. 64.
231 Anselmi, comunicazione Ricordi di una staffetta partigiana, cit., p. 123.
232 Caberlin, Primavera delle ragazze, cit., pp. 65-66.
233 Ivi, pp. 67,69.
234 Anselmi, comunicazione Ricordi di una staffetta partigiana, cit., p. 124.
235 Ceccato, Guerra Resistenza e Rinascita di Castelfranco Veneto, cit., p. 132.
236 Ivi, pp. 132-133.
237 Ivi, p. 134.
238 Anselmi, Vinci, Storia di una passione politica, cit., pp. 30-31.
239 Cecchetto, La Resistenza tra Resana e Castelfranco Veneto, cit., p. 59.
240 Ibidem.
241 Pitteri, La giovane Tina Anselmi, cit., p. 41.
242 Caberlin, Primavera delle ragazze, cit., p. 78.
243 Ivi, pp. 78-79.
244 Ivi, p. 85.
245 Anselmi, Vinci, Storia di una passione politica, cit., p. 30.
Anna Zambrano, Lo sviluppo della Resistenza cattolica in Veneto: il caso di Tina Anselmi, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2022-2023
