martedì 24 maggio 2022

Un luogo carico di ricordi che diede il nome a due leggendarie Formazioni Garibaldine

Veduta della Val Cichero dal Ramaceto - Fonte: Comune di San Colombano Certenoli (GE)


La scelta di Cichero [n.d.r.: nel territorio del comune di San Colombano Certenoli (GE)] come base partigiana avvenne, come ricordò in un’intervista Paolo Castagnino “Saetta”, «durante una riunione tenutasi a Lavagna nell’abitazione del Geometra Missale, poco dopo l’8 settembre 1943. Erano presenti Aldo Gastaldi “Bisagno”, Franco Antolini “Furlini”, Umberto Lazagna “Canevari”, Giovanni Serbandini “Bini”. Nei giorni precedenti, “Bisagno”, “Bini” e “Furlini” avevano compiuto una minuziosa perlustrazione nella zona dell’Antola e della Fontanabuona. Si recarono a Favale dove si trovavano “Marzo” e il suo gruppo, la cui presenza era ormai troppo nota per non suggerire l’allestimento di un’altra base militare».
La scelta cadde su Cichero in risposta a precisi criteri politici e militari, anche per le notizie positive sui sentimenti della popolazione fornite da Domingo Brignardello «antifascista cattolico esponente del CLN di Chiavari che aveva delle proprietà nella zona».
È da sottolineare il coraggio della popolazione che ospitò e sostentò con ogni mezzo la presenza partigiana pagando per questo duramente con l’incendio dell’intera valle e con la perdita di beni e del bestiame. Tutto questo è ricordato nella motivazione della Croce di Guerra al V.M. riportata nella targa apposta al “Casun du Stecca”, luogo di riunione dei partigiani.
Questo luogo così carico di ricordi diede il proprio nome alle 2 leggendarie Formazioni Garibaldine “Cichero” e “Pinan-Cichero”. Il nucleo partigiano qui presente era un gruppo temprato e affiatato. Verso la metà del luglio 1944, una colonna formata da SS e fascisti partita da Genova e camuffata da colonna partigiana arrivò nella Valle di Cichero. Colse di sorpresa un gruppo di partigiani della “Sezione stampa”, da poco arrivato da Chiavari e ancora disarmato. Era il 16 luglio 1944.
Ricorda ancora “Saetta”: «Dopo feroci percosse i fascisti costrinsero questi giovani, in località Gnorecco, a scavarsi la fossa nella quale furono poi selvaggiamente abbattuti. Poi entrarono nelle case, le razziarono e vi appiccarono il fuoco. Non risparmiarono né la scuola né la Chiesa». Questi i nomi di coloro che si immolarono nella dura lotta per una vita di libertà e di giustizia: Giancarlo Antonioni, Salvatore Daverio, Serafino Pinna, un giovane rimasto sconosciuto e 3 chiavaresi (Giuseppe Giacometti, Carlo Parodi e Vinicio Ventisette).
Redazione, Cichero, un paese decorato al V.M., Patria Indipendente, 16 novembre 2003

Enrica Canepa, figlia del partigiano “Marzo” e della staffetta partigiana Maria Vitiello, durante la Seconda Guerra Mondiale era una bambina. Per anni in fuga tra l’Italia e Parigi ha vissuto nel terrore delle violenze fasciste quando tutta la famiglia era ricercata dopo l’8 settembre. Nelle campagne tra Genova e Chiavari è stata protetta dalle famiglie che l’hanno nascosta a rischio della propria vita.
Enrica era soprannominata “Ridarella. La figlia di Marzo”, un nomignolo che è diventato il titolo di una pièce teatrale messa in scena da Ivano Malcotti, che ha trasformato la sua testimonianza in un testo che vive, oggi, con la regia di Giorgio De Virgiliis e la direzione artistica di Valeria Stagno, per il Teatro di Cittadinanza.

[...] A Cichero, sui monti della Fontanabuona organizza con Aldo Gastaldi “Bisagno” e Giovanni Serbandini “Bini” i primi nuclei partigiani della futura divisione garibaldina Cichero. Enrica dice “ho avuto una vita abbastanza bella” e non perde il sorriso...che è contagioso, proprio da Ridarella, titolo anche dello spettacolo scritto e ideato da Ivano Malcotti con la direzione artistica di Valeria Stagno per raccontare e interpretare con il teatro di cittadinanza del Gruppo Città di Genova il grande partigiano Marzo, sua nonna Rusinin, volitiva, intelligente e sfrenatamente ambiziosa e la figlia Enrica che insieme ai valori e ai sentimenti della sua famiglia mantiene vive memorie e pagine cruciali della nostra storia. L'opera teatrale è stata presentata nelle settimane scorse a Bogliasco e verrà riproposta nelle vicinanze del 25 aprile"
Redazione, Ridarella, 'La figlia di Marzo', Noi Donne, 16 aprile 2020

Nell’estate del ‘44 la continua crescita delle fila del movimento partigiano preoccupa seriamente il comando tedesco. Verso la metà del mese di luglio, giunge nella valle di Cichero la banda Gigi, composta da Ss e militi fascisti. Al comando del maresciallo Josef Peters, travestiti da partigiani, ha il compito di raccogliere informazioni e infiltrarsi tra le file del locale movimento partigiano. Il 16 luglio, vistisi scoperti, danno il via ad un rastrellamento in cui catturano 7 partigiani appartenenti alla sezione stampa appena giunti in zona e ancora poco armati. I patrioti catturati vengono condotti in località Gnorecco e fucilati dopo essere stati costretti a scavarsi la fossa. Per rappresaglia, nei confronti della popolazione di Cichero, colpevole di solidarietà con i partigiani, vengono razziate le case e appiccato il fuoco all’intero abitato.
[...] GNR, P.S. Squadra Politica, questura di Savona; Agenti e interpreti italiani dipendenti da SS della Casa dello studente
Nomi:
De Romedis Armando (“Gigi”), agente e interprete ufficio antiribelli alla casa dello studente;
Fantoni Luigi, volontario GNR;
Gavazzoni Giovanni, agente squadra politica di PS della Questura di Savona;
Montefameglio Libero, agente squadra politica di PS della Questura di Savona;
Puddu Pietro, agente e interprete SS di Genova;
Montis, Del Buono, Locci, Cavallero, Gibaudo, Guerra (emersi dall’interrogatorio di Giovanni Gavazzoni).
Estremi e Note sui procedimenti:
De Romedis Armando: la Sezione speciale della corte di Assise di Genova, ritenendolo colpevole di correità in omicidio e di sevizie, lo condanna alla pena di anni trenta di reclusione (di cui un terzo condonati ai sensi del Decreto di amnistia del 22/6/46) il 16 gennaio 1947.
Fantoni Luigi: la Sezione speciale di corte d’Assise di Savona in data 15 Febbraio 1947 assolve l’imputato per insufficienza di prove.
Gavazzoni Giovanni e Montefameglio Libero: gli atti del processo a carico degli imputati risultano mancanti.
Puddu Pietro: la Sezione speciale della corte di Assise di Genova in data 21 giugno 1947 lo condanna ad anni sedici di reclusione per il reato di collaborazionismo militare. Il 5 maggio 1948 la Corte di cassazione rigetta il ricorso presentato. Riduzione della pena a tre anni, dieci mesi e venti giorni in applicazione del decreto di amnistia del 22/1/1948.
[...] Croce al valor militare al Comune di San Colombano Certenoli. Primo fra i comuni liguri, sorgeva l’8 Settembre 1943 a difesa della libertà, ospitando e proteggendo la Resistenza che si stava organizzando in Val Cichero. Fulgido esempio di stretta collaborazione fra Popolazione e Partigiani; pagava il suo eroismo con l’incendio della vallata di Cichero il 19 Luglio 1944 e con le fucilazioni di Calvari, San Colombano, Gnorecco. San Colombano Certenoli 8 Settembre 1943 - Aprile 1945.
Francesco Caorsi e Alessio Parisi, Episodio di Gnorecco e Cichero, San Colombano Certenoli, 16.07.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

La Divisione Cichero è stata una formazione partigiana garibaldina che ha combattuto sulle alture di Genova durante la Resistenza. La Divisione Cichero agiva nel settore a levante della Camionale, oggi Autostrada A7, sull'Appennino ligure-piemontese.
Da essa usciranno quasi tutte le personalità di spicco della resistenza genovese, soprattutto grazie al ferreo rigore morale che da sempre caratterizzò la formazione, i cui uomini erano uniti più da legami personali che non di partito. Infatti, pur rimanendo saldamente nell'ambito garibaldino, molti furono i non comunisti, primo tra tutti il leader indiscusso Bisagno.
La formazione si contraddistinse anche per un ottimo rapporto con la popolazione della valli in cui si trovò a combattere, grazie anche al fatto di aver sempre vigilato sui gruppi di sbandati dediti più al saccheggio che alla guerra partigiana.
Le origini
Il primo nucleo di sbandati da cui la formazione ebbe origine si radunò dal settembre 1943 nella zona di Favale, nell'entroterra chiavarese: si trattava di una decina di uomini in tutto. La storiografia fa risalira già a questo periodo embrionale la stesura di Sutta a chi tucca (1), raro esempio di canto partigiano in dialetto genovese, sull'aria di un inno rivoluzionario sovietico (2). Già dal novembre, si rese necessario uno spostamento verso Cichero, alle pendici del Monte Ramaceto, perché il gruppo, in rapido aumento numerico, era diventato troppo vistoso.
Vengono intanto stretti rapporti col gruppo del Monte Antola, in seguito noto come Distaccamento La Scintilla. Questo gruppo confluì a Cichero nel marzo 1944, rendendo necessaria una riorganizzazione della banda, divenuta ormai di dimensioni considerevoli. Il gruppo viene suddiviso in tre distaccamenti: uno, denominato in seguito Severino, resterà a Cichero, uno, denominato in un primo momento Lupo e successivamente Peter si sposterà a Pannesi, l'altro, denominato Torre, tornerà nella zona dell'Antola, inglobando gli uomini della disciolta Banda dello Slavo.
Da Banda a Brigata
Il continuo incremento di uomini e di prestigio, portarono la Banda Cichero a raggiungere presto le dimensioni di una Brigata. Il riconoscimento ufficiale arrivò il 20 giugno 1944, con la nascita della 3° Brigata Liguria. Il fenomeno di quella che verrà poi definita VI Zona Operativa è in controtendenza con i continui problemi delle formazioni della III Zona. Ai tre distaccamenti iniziali, si uniscono altri due gruppi, uno attivo nel tortonese, il Battaglione Casalini, e l'altro nel pavesino, oltre ad un buon numero di contadini militarizzati.
Da Brigata a Divisione
La crescita esponenziale continua, e già nel mese di agosto si rende necessaria una nuova ristrutturazione, che porta alla nascita della 3° Divisione Cichero.
L'organizzazione interna poggia sulla 3° Brigata Jori, sorta su quella del Distaccamento Torre, ed attiva nella zona dell'Antola e dell'Alta val Trebbia; la 57° Brigata, che in seguito prenderà il nome di Berto agiva invece in Val d'Aveto; nelle valli Borbera e Curone si stava invece organizzando la 58° Brigata, nata dalla fusione del Peter e del Casalini, ed in seguito nota come Brigata Oreste. Quest'ultima formazione, nell'autunno successivo, fu scissa per formare la Brigata Arzani. Da segnalare, nel mese di novembre, l'ingresso nella Cichero della quasi totalità degli alpini del Battaglione Vestone della Monterosa.
La Divisione si dota anche di una Sezione Stampa, che cura la redazione de Il Partigiano, giornale ufficiale della Cichero ed in seguito di tutta la VI Zona Operativa. Saranno 15 le uscite dall'agosto 1944 alla Liberazione [...]
Redazione, La Divisione Cichero, Tuttostoria.net

Nel settembre 1943, nella zona del monte Capenardo, presso il casone delle “Vagge”, si costituisce ad opera di Giovanni Sanguineti (Bocci) ed Eraldo Fico (Virgola) il primo gruppo di giovani, conosciuto col nome di “ribelli del Capenardo”, che darà vita alla brigata. Nell’aprile 1944, con il supporto di Antonio Minetti (Gronda), proveniente da Cichero, la formazione comandata da Sanguineti si sposta in località Vigne, nei pressi di Statale di Ne, e da lì a Iscioli, in val Graveglia. Verso la metà del mese il gruppo ha i primi contatti con gli organi insurrezionali regionali, ma solo a giugno, forte di una cinquantina di uomini, passa dalle azioni di sabotaggio e cospirazione politica alla lotta armata. La catena di comando è costituita da  Bruno Solari (Bruno) ed Eraldo Fico, rispettivamente comandante e vicecomandante, Antonio Arpe (Italo), commissario politico, e Giovanni Sanguineti, Capo di stato maggiore. Dopo la metà di luglio, a seguito di una elezione tra i partigiani, Virgola sostituisce Bruno al comando della formazione, divisa in tre distaccamenti. Dopo gli scontri di Carro (agosto 1944) contro gli alpini della Monterosa, durante i quali  muore Giuseppe Coduri (Scioa), la formazione decide di assumerne il nome, divenendo il 20 settembre 1944 brigata Garibaldi Coduri che, seppur autonoma, dipenderà organizzativamente e militarmente dalla divisione Cichero. A settembre, in concomitanza con l’entrata nella formazione del distaccamento di Paolo Castagnino (Saetta), Bruno Monti (Leone) viene nominato commissario politico, Italo vice commissario,  Italo Fico (Naccari) vice comandante e Bocci  Capo di stato maggiore. Il comando si insedia a Valletti, nel comune di Varese Ligure, e la brigata, sempre guidata da Virgola, si attesta in val Graveglia, val Petronio, al  passo del Bocco e lungo la riviera del Tigullio, dislocazione che rimarrà pressoché inalterata sino alla Liberazione. Il 30 dicembre la Coduri subisce gravi perdite contro la Monterosa nel combattimento della Gattea e, pochi giorni dopo, perde anche il suo cappellano, don Giovanni Bobbio, fucilato a Chiavari il 3 gennaio 1945. A seguito del rastrellamento di gennaio, la brigata è costretta ad occultarsi e ad alleggerire il proprio organico rimandando a casa circa trecento partigiani. Riorganizzatasi, ai primi di marzo la Coduri può contare su un organico di circa 1200 uomini, suddivisi in tre formazioni: la Longhi comandata da Saetta, la Zelasco, comandata da Aldo Valerio (Riccio) e la Dall’Orco, comandata da Dino Massucco (Tigre). Il 20 aprile 1945 il comando della Coduri si riunisce, suddividendo le zone da liberare: Velva, Castiglione Chiavarese e Casarza Ligure alla Dall’Orco, Moneglia, Sestri Levante e Lavagna alla Zelasco, Borzonasca, Carasco e il litorale tra Chiavari e Rapallo alla Longhi. Il 25 aprile la Coduri è promossa a divisione.
Redazione, Divisione Garibaldi Coduri, 9centRo