sabato 4 ottobre 2025

Brogi si apre in modo graduale alla collaborazione di giustizia

Villa Collemandina (LU). Fonte: Wikipedia

Una notte imprecisata del gennaio ’74, una trentina di persone si muovono al lume di candela in due stanze comunicanti di un vecchio mulino abbandonato a Villa Collemandina, piccolo comune della Garfagnana abbarbicato sulle colline dell’Appennino Tosco-Emiliano. Nonostante la temperatura invernale il focolare resta spento per evitare che il fumo del camino attiri attenzioni sgradite. I fitti boschi di castagno garantiscono la riservatezza necessaria all’incontro ma le precauzioni non bastano a dissipare i timori, considerato che le automobili dei presenti - giunte da diverse parti d’Italia - riempiono lo spiazzo davanti al casolare e sono parcheggiate fin lungo la carreggiata.
Il conciliabolo inizia prima della mezzanotte e va avanti per quattro ore. Sulle panche improvvisate con assi di legno, un documento scritto passa di mano in mano. Sono in pochi a parlare, i più ascoltano. Una persona con il basco verbalizza gli interventi. Agli esponenti di Ordine Nuovo si aggiungono quelli di Avanguardia Nazionale, convocati per coordinare le due organizzazioni a livello territoriale. L’attesa presenza del leader Clemente Graziani è andata delusa. È l’impresario teatrale Giuseppe Pugliese - responsabile operativo per la Toscana - a portare da Roma le direttive di Ordine Nuovo, con il dirigente nazionale Elio Massagrande che conferisce autorevolezza all’incontro <143.
L’ordine del giorno è quello di «numerare tutte le forze disponibili» e indicare un programma per la nuova strategia di attacco al sistema. La repressione a cui è sottoposto il movimento nazional-rivoluzionario impone di ricompattare gli schieramenti e dividere gli aderenti in livelli operativi distinti. Al primo - viene spiegato - si trovano «gli sputtanati», compromessi perché entrati nel mirino degli organi inquirenti oppure conosciuti pubblicamente, talvolta per la loro attività nel Msi. Questa base di militanti, inutilizzabile per operazioni delicate, può essere diretta verso azioni di piazza che, sull’esempio dei moti di Reggio Calabria, sfruttino i problemi sociali esistenti per creare destabilizzazione. A tale compito si prestano i gruppi di Avanguardia Nazionale diffusi nelle aree di crisi del Sud e abituati allo «scontro frontale». Un secondo livello costituisce «l’area serbatoio» di coloro che non sono ancora conosciuti. Agendo in clandestinità essi devono «continuare la loro vita normale» ma «prepararsi agli scoppi» per realizzare «lo scontro occulto» con lo Stato. In questo settore sono prevalenti le strutture coperte di Ordine Nuovo, diffuse nelle aree settentrionali e centrali del Paese. Un terzo livello deve infine costituire l’intellighenzia rivoluzionaria e dirigere gli altri, offrendo supporto davanti alle difficoltà riscontrate <144.
Per quanto riguarda gli attentati, in vista dei quali si raccomanda di preparare degli alibi, vengono fissati quattro tipologie di obiettivi: «ambienti di informazione del regime», «ambienti che spolpano i cittadini, come le esattorie», «obiettivi di collegamento come ponti, tralicci e trasporti», «ambienti militari». Alle rimostranze davanti all’ultimo obiettivo viene risposto che sì, le forze armate hanno avuto buoni rapporti con la destra ma iniziano ad essere
ostili. Niente più romanticismi: «quando una pianta si secca, il male va visto alle radici».
I rilevamenti degli obiettivi, viene spiegato, devono esser fatti dagli insospettabili, per farli entrare nella dinamica del «nuovo clima». Le rivendicazioni dei gruppi locali devono far riferimento ad «un ciclostilato unico», utilizzare una fraseologia che rispecchi allo stesso tempo lo stile di Ordine Nuovo e di Avanguardia Nazionale ed essere firmate con nomi che richiamino personaggi del pantheon ideologico neofascista. Altro aspetto importante è quello
dell’attivazione di staffette per i collegamenti. Tra Roma e Milano, si dice, sono già stati avviati contatti. Non viene stabilita una ripartizione degli obiettivi tra le diverse realtà locali ma lasciata «autonomia» all’interno delle direttive prestabilite. La dirigenza precisa che non vuole «imboccare i gruppi», l’invito è quello di «usare la fantasia» nel procurarsi le armi e l’esplosivo (svuotare cartucce, rubare esplosivo nelle cave, sottrarre materiale alle caserme).
L’ampio discorso programmatico suscita «titubanze e perplessità» riguardanti soprattutto l’«operatività immediata» del secondo livello. Pur se esistente e pronto ad attivarsi, alcuni non lo ritengono adeguatamente preparato. Riguardo alle risorse finanziarie necessarie a dotarsi dei mezzi, invece, la raccomandazione è quella di evitare azioni delinquenziali. La direzione si dice d’altronde capace di assicurare l’assistenza ai detenuti e recuperare fondi attraverso «collette» di industriali simpatizzanti. A chi chiede se è prevista la promozione di attività come librerie o radio private viene risposto che il momento non è opportuno. In chiusura l’incarico è quello di riportare le direttive nel proprio ambiente, in attesa di una nuova riunione da tenersi a Roma <145.
Questa ricostruzione - da cui scaturisce vivida l’immagine della clandestinità - è stata tratteggiata undici anni dopo gli eventi dalla testimonianza del neofascista fiorentino Andrea Brogi, che l’ha suffragata accompagnando gli agenti nel luogo descritto. Come riporta un documento della Digos di Bologna redatto nell’ambito dell’inchiesta Italicus-bis, la riunione in Garfagnana è caratterizzata dalla «presenza di personaggi di grosso calibro provenienti da tutte le parti d’Italia». Sono però assenti i milanesi (che la Digos bolognese ipotizza essere impegnati negli attentati di fine gennaio a Silvi Marina e Milano) <146 ed i veneti, che - secondo quanto Brogi apprende nell’occasione - appartengono «ad un’altra parrocchia, con un altro santone» <147. Le confessioni di Brogi - da accogliere con il beneficio del dubbio - sono state considerate «sostanziate» da «fatti inequivocabili» <148 secondo il giudice fiorentino Rosario Minna, che insieme al collega di Bologna Leonardo Grassi le ha raccolte alla metà degli anni Ottanta. La testimonianza si è rivelata preziosa per delineare le tappe che - nella prima metà del ’74 - portano diversi giovani a intraprendere una forsennata progressione terroristica.
Andrea Brogi si apre in modo graduale alla collaborazione di giustizia; «trovando la dignità umana», scrive il giudice Minna, «di accusare in primo luogo sé stesso» <149. Non senza reticenze e timori per la sua incolumità, il neofascista fiorentino procede a rievocare «persone, avvenimenti e mesi» rimossi faticosamente dalla mente. Messo al bando ed aggredito per il suo dietrofront dall’ambiente nazional-rivoluzionario, Brogi viene inserito nella famigerata “lista degli infami” dal personaggio più temuto dell’eversione nera toscana: il geometra Mario Tuti <150, che nonostante l’ergastolo riesce a depennare alcuni nominativi di delatori, morti ammazzati <151.
La «grossa traccia di paura» è una cicatrice riscontrata dal giudice Minna nel «visibile tormento» dell’imputato <152 . Gli anni trascorsi lontano dall’ambiente politico, il carcere e il recupero degli affetti umani fanno però capire a Brogi - come si legge in una lettera manoscritta da lui indirizzata al magistrato - quanto di «insulso e illogico» ci fosse nelle sue scelte precedenti. È «l’aria pulita e limpida» del nuovo presente, spiega, che lo spinge verso la dissociazione e gli fa raccogliere la «mano tesa» più volte indirizzatagli <153.
Giovane attivista del Msi a Firenze, agli inizi degli anni Settanta Brogi svolge il militare nei paracadutisti a Pisa all’interno del plotone trasmissione. Addetto alla sala radio e alle telescriventi racconta di esser stato contattato, «come altri commilitoni della stessa fede politica», da un ufficiale dell’Ufficio “I” (Informazione) per lavorare nel controllo delle armerie e delle furerie, con il compito di scovare eventuali estremisti di sinistra <154. Finito il
servizio di leva nel settembre ’73, inizia a lavorare in una libreria, per la quale vende enciclopedie senza grande entusiasmo. Fin dai tempi della scuola il suo interesse è infatti assorbito dalla politica. Non dalle discussioni teoriche e dai dibattiti estenuanti ma dalla lotta aspra che si svolge in strada contro i “rossi”, che - supportati dalla sproporzione numerica - a Firenze non lasciano spazi di agibilità ai neofascisti. Pur caratterizzata da punte di
autoindulgenza, la testimonianza di Brogi sottolinea la ghettizzazione a cui sono sottoposti gli attivisti di destra in città, un’emarginazione che a suo avviso complica addirittura la ricerca del lavoro. Nonostante ciò è tra i fascisti che il giovane cerca la propria comunità ideale, vestendo la camicia grigioverde dei Volontari Nazionali, il servizio d’ordine del Msi. Ormai ventenne partecipa con gli amici del Fronte della Gioventù e di Ordine Nuovo a tafferugli e aggressioni davanti alle scuole e nelle manifestazioni, fino ad essere coinvolto nella devastazione del Centro di Ricerche Economiche e Sociali di Firenze. Le denunce e il breve arresto non gli impediscono di rimanere a piede libero, ma il suo nome finisce sui giornali ed entra nel mirino dell’antifascismo militante. L’attacco a bastonate subìto sotto casa, dove appaiono scritte sui muri a lui indirizzate e vengono tagliate le ruote all’auto del padre, gli fanno temere il momento di tornare a casa ogni sera. All’inizio del ’74, quando ha 22 anni, arriva così la decisione di cambiare aria <155. È il camerata aretino Augusto Cauchi, coetaneo e fresco di separazione dalla moglie, ad offrirgli la possibilità di un trasferimento ad Arezzo, nel casolare dove è alloggiato a Verniana di Monte San Savino. Con la sua fama di picchiatore Cauchi è conosciuto da Brogi in occasione dei volantinaggi per la campagna elettorale del Msi di Arezzo. In queste occasioni di attivismo politico i giovani neofascisti della regione si spostano sul territorio per partecipare ai comizi, con i più duri che fanno la scorta ai dirigenti. Trascinati dall’entusiasmo del cambio di vita, ad inizio ’74 i due fantasticano di aprire una cooperativa agricola ispirata al corporativismo fascista, per dare sostegno ai camerati.
[NOTE]
143 CLD, Fondo Ammannato, Attentati ai treni in Toscana, vol. 1, interrogatori PM, Questura di Firenze, Andrea Brogi, int. del 31 gennaio 1985.
144 Ivi.
145 Ivi.
146 ASFI, Questura di Firenze, Gabinetto, versamento 1992, E3/E2, pezzo 1986/55 bis, Rapporto inviato da Questura di Bologna (Digos) a Ufficio Istruzione Tribunale Bologna il 30 giugno 1986, oggetto: Italicus-bis.
147 I nominativi dei presenti fatti da Andrea Brogi danno alla riunione un carattere che travalica l’ambito locale; vengono infatti segnalati militanti e dirigente provenienti, oltre che dalla Toscana, da Roma, Perugia, Bologna, Rieti, Brindisi, Torino, Sanremo, Rimini, Lanciano e Napoli. Nella testimonianza risalta la presenza di Adriano Tilgher (responsabile in Italia di Avanguardia Nazionale dopo la latitanza in Spagna del leader Stefano Delle Chiaie) e quella di Luciano Benardelli (elemento di spicco di Ordine Nero, gruppo clandestino che entrerà in azione nel marzo ’74); cfr. Questura di Firenze, int. di Andrea Brogi del 31 gennaio 1985.
148 CLD, Fondo Ammannato, Attentati ai treni in Toscana, Sent. n. 302/84 R.G.G.I. c/ Affatigato Marco + 63, pp. 50-54.
149 Ivi.
150 Insospettabile geometra del comune di Empoli, sale alla ribalta il 24 gennaio 1975 quando, scoperta la cellula eversiva Toscana, spara agli agenti durante la perquisizione seguita al mandato di cattura, uccidendone due e ferendo il terzo. La sua fuga in latitanza dura fino al 27 luglio ’75, quando viene arrestato in Costa Azzurra. In carcere diventa una figura di riferimento dell’estremismo di destra e si rende responsabile, il 13 aprile 1981, della morte di quello che al tempo è il principale sospettato per la strage di Piazza della Loggia, l’estremista di destra Ermanno Buzzi. Durante l’ora d’aria e insieme all’ex Ordine Nuovo Pierluigi Concutelli, Tuti strangola il detenuto, in procinto di fare confessioni sulla strage. Condannato dal Tribunale di Arezzo per una serie di attentati ferroviari, Tuti è stato tra i principali imputati per la strage del treno Italicus (4/8/74) e per la tentata strage ferroviaria di Incisa Valdarno (12/4/75), in entrambi i casi è stato assolto dopo un lungo iter processuale.
151 Brogi fa esplicito riferimento a Mauro Mennucci, estremista di destra pisano che, una volta arrestato, collabora con la polizia per far catturare Mario Tuti e verrà ucciso in un agguato sotto casa l’8 luglio 1982.
152 CLD, Fondo Ammannato, Attentati ai treni in Toscana, Sent. n. 302/84 R.G.G.I., pp. 50-54.
153 CLD, Fondo Ammannato, Attentati ai treni in Toscana, vol. 1, interrogatori PM, Questura di Firenze, Lettera manoscritta di Andrea Brogi al Giudice Rosario Minna del 15/1/1985.
154 CLD, Fondo Ammannato, Attentati ai treni in Toscana, vol. 1, interrogatori, Andrea Brogi, Trib.Bo, int. del 6/2/1986.
155 Ibidem, Trib.Bo, int. di Andrea Brogi del 9/1/1986
Alessio Ceccherini, La ragnatela nera. L’eversione di destra e la strage dell’Italicus (1973-1975), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo", Anno accademico 2021-2022