domenica 1 novembre 2020

Edna St. Vincent Millay


La notte è mia sorella, io nel profondo
dell’amore annegata, giaccio a riva,
acque e alghe a fior d’onda mi lambiscono,
mi ferirà la draga, e c’è di più:
lei, solo braccio teso dalla sabbia,
unica voce il cui respiro sento
a sgelarmi le nari, ad aprirmi la mano,
lei potrebbe avvisarti, se tu udissi.
Ma di certo è impensabile che un uomo
in sì dura tempesta lasci il quieto
focolare e s’imbarchi al salvataggio
di un’annegata per portarla a casa,
sgocciolante conchiglie sul tappeto.
Buia è la notte, e per me piange il vento.
Veglia i sentieri della mia passione
come notturna tenebra il pericolo.
Deserti intorno. Da me s’allontani
chi è come il bimbo che l’ombra atterrisce,
fugga da questo luogo infido dove
tremule, oscure e pallide le rose
ondeggiano nell’aria senza stelo
e raggela le mani la rugiada.
Chi è come il bimbo che non ha paura
del buio della notte, lui soltanto
rimanga qui, gli occhi d’amore ardenti,
scaldato dalla febbre delle vene
giaccia quieto con me, protetto dall’insonne
Bellezza e dalla sua tenera spina.
 

So quel che voglio e ho fatto la mia scelta;
il mio destino non sei tu a deciderlo:
che tu mi ami o no, non ha importanza,
alla fine, di me rispondo io.
La tua presenza, i tuoi favori, tutto
ciò che m’hai dato, adesso puoi riprenderti:
c’è tra la tua bellezza ed il mio cuore
qualcosa che non riuscirai a confondere,
nè a tradire. Vorrei che tu capissi
che nel mio più segreto desiderio
sogno sempre il mio bacio; ma non chiesero
di bere ancora quelli che languivano
nei deserti del Sud; puoi benedirmi,
ma non piegarmi dopo avermi amata.
 
Edna St. Vincent Millay (Rockland, 22 febbraio 1892 - Austerlitz, 19 ottobre 1950)