martedì 6 dicembre 2022

Alla fine di agosto 1948 nella zona A erano nati due partiti comunisti


Il 28 giugno 1948 si consumò la rottura tra Stalin e Tito capovolgendo gli equilibri che fino ad allora erano stati creati. La rottura causò uno stallo sulla questione del confine orientale italiano. L'obiettivo degli alleati mutò e nella nuova situazione che sia era venuta a creare decisero che era opportuno fornire sostegno anche alla Jugoslavia, evitando così il collasso della Repubblica jugoslava che avrebbe potuto rappresentare una porta di accesso per l’URSS in tutta l’area balcanica.
È ininfluente cercare di capire le motivazioni del conflitto ideologico tra Mosca e Belgrado poiché il comunismo sovietico prevedeva una totale subordinazione a Mosca dei capi degli stati satelliti. Tito, come si diceva, era un capo che si era conquistato da solo il potere e non era stato scelto da Stalin e questo gli forniva ragioni sufficienti per credere di avere il diritto di pensare con la propria testa; negli anni in cui il comunismo veniva inteso come una religione politica <73 e Stalin era oggetto di culto assoluto il maresciallo jugoslavo poteva veramente meritarsi l’appellativo di eretico. Tito non ritrattò mai la propria posizione estranea ai diktat di Mosca e siccome la repubblica Federale Jugoslava era fondata sulla cosiddetta autogestione e non su una completa asserzione ai voleri del Partito Comunista dell’Unione Sovietica secondo l’Unione Sovietica il suo capo doveva essere eliminato e la direzione del Partito Comunista Jugoslavo sostituita con uomini di fiducia di Mosca.
L’idea dell’URSS era di seguire lo stesso piano messo in atto per la Cecoslovacchia, cioè far collassare il sistema dall’interno. Tito però anticipò le mosse russe eliminando per primo gli uomini fedeli al soviet supremo evitando così di trovarsi con i nemici dentro casa. L’unica possibilità che rimaneva all’URSS per cercare di far cadere la Jugoslavia e riportarla nella propria orbita di influenza era quella di scomunicarla all'esterno con l’intento di farla crollare. Tito resistette alle pressioni sovietiche e mutò drasticamente la realtà del blocco orientale offrendo all'occidente una boccata d'ossigeno e cambiando gli equilibri internazionali in maniera inaspettata.
4.6 L’effetto dello scisma nella Venezia Giulia
Le incomprensioni tra Tito e Stalin e l’espulsione del primo dal Cominform rivoluzionarono completamente gli equilibri internazionali ma ebbero ripercussioni anche sul territorio conteso tra l’Italia e la Jugoslavia.
Nel TLT i giorni successivi all’espulsione furono giorni molto confusi e di disorientamento in particolare anche per il Partito Comunista triestino. Sul confine orientale il Partito Comunista era stato fondato nel 1945 (col nome di Partito Comunista della Venezia Giulia - PCVG) ed era una fusione delle sezioni locali del Partito Comunista Italiano e del Partito Comunista Sloveno. Gli esponenti principali del Partito Comunista sloveno erano Rudi Uršič e il partigiano Branko Babič <74, i quali sostenevano la causa dell’annessione di Trieste e della Venezia Giulia alla Jugoslavia. La loro visione era in aperto contrasto con quella della fazione italiana che, capeggiata a livello nazionale da Palmiro Togliatti, non riconosceva le rivendicazioni jugoslave. Conseguentemente all’entrata in vigore del Trattato di Pace e la costituzione del TLT il precedente PCVG cambiò nome in Partito Comunista del Territorio Libero di Trieste/Komunistička partija Slobodnog teritorija Trsta (PCTLT/KPSTO). Nello stesso anno il PCI decise di mandare un proprio uomo di fiducia a Trieste per poter essere più presente sul territorio e per poter gestire meglio i delicati equilibri che si erano venuti a creare in seno alle sinistre locali. Il prescelto fu Vittorio Vidali <75, uomo fedele all’URSS e pienamente allineato agli ideali nazionali di Togliatti e a quelli internazionali dell’Unione Sovietica.
A seguito della rottura tra Stalin e Tito e conseguentemente all’espulsione del PCJ dal Cominform, all’interno del PCTLT nacque una spaccatura tra le due correnti ideologiche: l’una, capeggiata da Branko Babič, credeva che Trieste sarebbe dovuta entrare sotto la sovranità jugoslava, l’altra, guidata da Vittorio Vidali, sosteneva che Trieste avrebbe dovuta essere annessa all’Italia.
Nei giorni successivi al terremoto tra Tito e Stalin il comitato esecutivo del PCTLT si riunì d’urgenza. Il 3 e 4 luglio discussero la risoluzione del Cominform: 6 dei 10 membri si schierarono a favore della scelta sovietica mentre i restanti quattro si schierarono a favore della Jugoslavia. I primi sei membri, condotti da Vittorio Vidali, divennero il cuore e la direzione dell’ala favorevole a Stalin e al Cominform. I quattro che gli si contrapponevano, capeggiati da Branko Babič si posero a capo delle forze favorevoli a Tito <76. Babič in seguito alle discussioni del 3 e 4 luglio decise di convocare una riunione plenaria del comitato centrale rimanente, nella quale si decise di espellere tutti i membri filosovietici che si erano schierati a favore delle decisioni del Cominform. In un comitato centrale monco dei precedenti membri venne indetta una seconda riunione in data 20 luglio nella quale si elessero cinque nuovi membri arrivando ad un totale di nove. Dal canto suo anche Vittorio Vidali si adoperò allo stesso modo per ristrutturare un partito che raccogliesse coloro i quali erano stati espulsi dal precedente PCTLT e il 20 e 21 agosto, insieme ai suoi seguaci venne tenuto il congresso del partito cominformista. Come fatto precedentemente da Babič, anche Vidali con i suoi membri elessero un nuovo comitato centrale. Alla fine di agosto 1948 nella zona A erano nati due partiti comunisti: quello di Vidali e quello di Babič. Se nella zona A al partito comunista filo titino di Babič fu concesso di svolgere le proprie attività, lo stesso non fu possibile per il partito cominformista nella zona B dove la Jugoslavia vietò qualsiasi azione, addirittura incarcerando coloro che erano sospettati di essere simpatizzanti sovietici. La spaccatura che ci fu al vertice del PCTLT creò una rottura in tutto il blocco comunista aprendo diaspore tra sindacati, stampa e piazza. Lo scontro divenne sempre più aspro e indebolì notevolmente i partiti comunisti a favore del PSI, che cercò di raccogliere una parte di elettorato che non si riconosceva più nei precedenti partiti.
I cittadini della Venezia Giulia credettero che la Dichiarazione Tripartita fosse un segnale di interesse alla grave situazione che vivevano gli italiani, specialmente nella zona B e che gli alleati avessero realmente intenzione di supportare le rivendicazioni italiane. Nell’estate del 1948 però, dopo la scissione tra Tito e Stalin, emerse con evidenza come la Jugoslavia non era più uno stato satellite dell’URSS e quindi anche che gli anglo-franco-americani non avessero più la necessità di proteggersi dalla Jugoslavia in quanto emanazione della Russa.
La situazione internazionale aveva cambiato completamente la posizione di Trieste che non fungeva più da «cerniera meridionale» tra Est e Ovest, ma era passata in secondo piano rispetto ai rapporti diretti che si creavano tra le potenze occidentali e la Jugoslavia. Infatti, si era fatta avanti l’idea che sarebbe stato meglio non infastidire Tito perché avrebbe anche potuto decidere in qualsiasi momento di tornare con l’URSS facendo perdere il vantaggio che le potenze occidentali si erano inaspettatamente trovate ad avere.
Dopo la scissione Tito si legò agli occidentali e fu un avvenimento estremamente sfavorevole alla questione giuliana.
Nel settembre 1948 c’erano stati degli incontri segreti tra americani e jugoslavi; incontri nei quali si discusse un eventuale attacco da est dei russi. In questa eventualità la Jugoslavia avrebbe ritirato le proprie truppe dall’Istria permettendo agli americani di procedere e creare una linea difensiva più avanzata. Si prevedeva anche un corridoio di collegamento con l’Austria attraverso i territori jugoslavi. In questo modo la Jugoslavia avrebbe potuto mobilitare il proprio esercito e i propri armamenti e trasferirli ai propri confini orientali. In cambio di ciò gli americani si sarebbero impegnati a fornire apparecchiature industriali e materie prime a Tito <77.
Se americani e jugoslavi avevano imbastito dei tavoli per discutere nuovi equilibri internazionali, lo stesso aveva fatto anche l’Italia, che in ottobre, attraverso il ministro Quaroni, aveva cercato di promuovere degli accordi con la Jugoslavia in merito alla questione della pesca mentre Belgrado cercava di concludere un secondo accordo riguardo il commercio estero.
Il governo italiano si trovò in un certo senso allineato con la politica degli alleati poiché, per quanto avesse a cuore la questione degli italiani nella zona B e la soluzione della questione del TLT, si trovò a dover accettare i nuovi equilibri internazionali prediligendo i rapporti di buon vicinato alle questioni ideologiche.
[NOTE]
73 Sacralizzazione della politica da parte di movimenti e regimi che hanno adottato un sistema di credenze, espresso attraverso riti e simboli, per formare una coscienza collettiva secondo i principi, i valori e i fini della propria ideologia.
74 Branko Babič «Vlado» (San Dorligo della Valle Dolina, 18 ottobre 1912 - Lubiana, 5 gennaio 1995), politico e partigiano comunista, scrittore e giornalista, decorato con la Partizanska spomenica 1941. Dopo la guerra tornò a Trieste, lavorò come funzionario di Partito per l'annessione del Territorio Libero di Trieste alla Jugoslavia, dopo la crisi del Cominform e la rottura tra Stalin e Tito, Babič si schierò con quest'ultimo contro la corrente maggioritaria a Trieste guidata da Vittorio Vidali.
75 Vidali nasce a Muggia nel 1900 da una famiglia operaia. Compiuti gli studi alla Reale accademia di commercio, si iscrive a 17 anni al Partito socialista. Nel 1921 sarà tra i primi a prendere la tessera della neonata Federazione giovanile comunista. Ripetutamente arrestato, colpito da un mandato di cattura, fugge dall’Italia nel 1923. Per più di vent’anni, fino al 1947, Vidali si sposta in mezzo mondo, dall’America alla Russia, dalla Spagna al Messico, dal Belgio all’Austria, sempre fedele al suo ideale di militante a tempo pieno per la causa del comunismo e dell’internazionalismo.
76 Novak B. C., Trieste 1941-1954: la lotta politica, etnica e ideologica, op. cit., p. 283.
77 De Castro, D., La questione di Trieste: l’azione politica e diplomatica italiana dal 1943 al 1954, op. cit., p. 788.
Tommaso Cortivo, Politiche ufficiali ed ufficiose condotte dall’Italia nel biennio 1947/1948 al confine orientale, Tesi di Laurea, Università Ca' Foscari Venezia, Anno Accademico 2019/2020