giovedì 18 luglio 2024

Dal 30 dicembre 1943 al 14 gennaio 1944 in provincia di Cuneo vengono assassinati dai tedeschi 200 persone tra civili e partigiani


Il 12 settembre i tedeschi entrano a Cuneo. Le SS prendono in consegna l’intera città, rastrellano centinaia di soldati sbandati destinandoli ai campi di concentramento in Germania, insieme agli ebrei in fuga in cui si imbattono. Nel frattempo i ribelli sono alla macchia e si organizzano per la guerriglia. Le bande che iniziano a formarsi raggruppano uomini diversi tra loro, spesso lontani per origine politica e sociale, e con intrinseche peculiarità motivazionali; i loro atteggiamenti e le loro ispirazioni influenzano le impostazioni della guerra partigiana che assume in prima battuta i caratteri di una protesta di pionieri.
Il territorio cuneese, collocato tra la Liguria e la Francia sud-orientale, occupa una posizione strategica che favorisce la precoce formazione delle bande partigiane, ma determinante è l’iniziativa personale degli uomini che fin da subito si impegnano per organizzare e condurre la lotta partigiana. È il caso di Duccio Galimberti. Nel suo studio di avvocato fin dal 26 luglio convergono elementi antifascisti cuneesi e, tramite Dante Livio Bianco <1, anche torinesi, che organizzano un piccolo gruppo e un formale arruolamento. Galimberti e Bianco, con altro dieci compagni, salgono in Valle Gesso, a Madonna del Colletto, dove danno vita alla banda “Italia Libera”, una settimana più tardi si spostano a Paraloup in bassa Valle Stura, dove si unisce a loro Nuto Revelli: si definisce così uno dei primi nuclei partigiani della provincia e del Nord Italia.
Tuttavia questo caso non è l’unico degno di nota, nelle valli vicine altri si stanno preparando alla guerriglia. Due carradori di fede comunista, Giovanni e il figlio Spartaco Barale <2, lasciano la bottega, diventata sede del comando della formazione, e la residenza di Borgo San Dalmazzo per gettare le basi di un nucleo partigiano in Valle Vermenagna, mentre sulle pendici della Bisalta Ignazio Vian <3, un giovane tenente della GaF, raduna un contingente di soldati dispersi.
Ciascuna iniziativa è rappresentativa delle componenti da cui si origina la lotta armata. Ci sono i gruppi spontanei di origine militare, fedeli alle tradizioni dell’esercito e alla monarchia, dalle posizioni generalmente attendiste, o più reazionarie e attive come nel caso della banda di Vian; in quasi tutte le vallate, dalle Alpi Marittime al Monviso, ci sono militari sbandati, molti si sciolgono rapidamente, altri crescono di numero creando le Formazioni Autonome che richiamano l’esercito e il giuramento al re, nonostante mostrino talvolta al loro interno ispirazioni eterogenee, repubblicane o cattoliche come nel caso del nucleo partigiano della Valle Pesio. La seconda componente è costituita dai comunisti, come Giovanni Barale e suo figlio, e dai militanti del PCI di Torino che, guidati da Pompeo Colajanni “Barbato”, <4 riuniscono gli sbandati in Valle Po, dando vita al nucleo fondante delle brigate Garibaldi del basso Piemonte. La terza componente è rappresentata dai militanti del Partito d’Azione cui è legata la banda “Italia libera”, da cui nascono le brigate Giustizia e Libertà.
Una settimana dopo l’arrivo dei tedeschi, il 19 settembre, ecco il primo grande avvenimento che sconvolge la popolazione insieme alla fragile e neonata organizzazione partigiana. Un battaglione di SS, al comando del maggiore Joachim Peiper, muove all'attacco nella zona di Boves. L'azione si propone un duplice scopo: stroncare sul nascere l'organizzazione degli ex militari dislocati nella Valle Colla; punire la popolazione di Boves con una strage esemplare che diventi un monito. Il bilancio della giornata è tragico: ventisette i civili morti, donne e uomini, quasi tutti vecchi; trecentocinquanta le case incendiate, distrutte.
Nei giorni febbrili che succedono l’armistizio si avviano lentamente accordi tra i vari gruppi e partiti politici, non senza difficoltà e diversi obiettivi. <5
L’unico scontro a fuoco in Piemonte tra le truppe naziste e i resti dell’esercito italiano, e l’eccidio che segue a Boves segnano l’inizio della guerra, è per tutti la fine delle illusioni e delle speranze di una pace imminente.
Il movimento partigiano del Cuneese nell’autunno del ’43 ha una natura mutevole. Nelle prime settimane tra i gruppi attivi si contano la Banda di Boves, la “Compagnia Rivendicazione Caduti” nei dintorni del capoluogo, gli elementi della famiglia Barale in Valle Vermenagna, la Banda “Prato” a Roaschia, la Banda di Frise, la Banda di Paraloup, la formazione del capitano Carbone all’imbocco della Valle Maira, dei raggruppamenti in Val Varaita, il gruppo di Geymonat-Barbato in Valle Infernotto e infine reparti di ispirazione militare nelle valli Casotto e Pesio. Mancano ancora i Roeri e le Langhe, dove la Resistenza prende il via nella primavera dell’anno successivo. Si assiste tuttavia a una progressione continua per cui alcune bande spariscono quasi subito, si trasferiscono, entrano in rapporti con altri gruppi o si aprono ad altre ispirazioni politiche e sociali. È in questo periodo che l’intero Cuneese viene suddiviso per volontà del CLNRP <6 in settori: il I settore comprende l’area tra il Monregalese e la Valle Vermenagna, il II settore quella tra quest’ultima e la Valle Grana e il III settore tra le Valli Maria e Po. <7
Dopo l’assestamento dei mesi di settembre e ottobre, a dicembre il partigianato è una realtà consolidata che i nazifascisti fronteggiano con violenze per ripulire il territorio dalle bande. Il comando inviato dalla Germania ha messo in atto le disposizioni di occupazione in termini amministrativi per controllare la vita economica e produttiva del territorio; l’apparato militare della Rsi si mette all’opera e inizia a pubblicare i bandi di chiamata alle armi per i giovani delle classi 1923, 1924 e 1925. A impensierire i nemici è anche l’interessamento del popolo nei confronti dell’attività dei partigiani, questi infatti non sono combattenti isolati, c’è una corrispondenza tra loro e le masse popolari che si manifesta nei modi più vari, dal supporto entusiastico ad atti concreti come la fornitura di viveri, il ricovero dei feriti, il trasporto e l’occultamento di armi. È la gente di montagna, più di altra, a sodalizzare con le bande, prima dando da mangiare o da dormire agli sbandati dell’8 settembre poi aiutando i partigiani, nonostante il terrore delle rappresaglie, degli eccidi e delle vendette.
Questo atteggiamento è l’espressione di uno stato d’animo diffuso che rivela le aspettative della popolazione.
Le iniziative partigiane nei primi mesi di lotta contano molti episodi significativi sia dal punto morale sia militare. Come il “territorio liberato” da parte di elementi bovesani insediatisi in Valle Stura che, cacciate le milizie fasciste, proclamano Vinadio “città libera”; pur trattandosi di un’esperienza breve, perché in soli tre giorni una colonna di tedeschi e di SS italiane riconquista il territorio, essa contribuisce a diffondere entusiasmo per la “liberazione”. Si citano poi il sabotaggio del viadotto ferroviario di Vernante, sulla linea Cuneo-Ventimiglia, che viene fatto saltare paralizzando il traffico per un anno o l’attacco all’aeroporto di Mondovì contro i tedeschi per prelevare un carico di benzina. Sono colpi di questo genere e i sempre più frequenti scontri armati a dare la spinta al grande periodo di rastrellamenti con cui le forze germaniche si impegnano a ripulire il territorio dalle formazioni partigiane. Dal 30 dicembre 1943 al 14 gennaio 1944 vengono assassinati dai tedeschi 200 persone tra civili e partigiani. Si comincia “il 30 dicembre con Bagnolo Piemonte e Paesana, il giorno dopo tocca a Boves, dove l'eccidio, secondo dopo quello di settembre, si prolunga per quattro giorni; il 2 gennaio a Dronero viene compiuta un'esecuzione; il 5 gennaio alla frazione Ceretto, fra Busca e Costigliole Saluzzo, è commesso un eccidio di civili; il giorno successivo si torna in val Po, con le uccisioni a Barge; il 10 gennaio la strage di piazza Paschetta a Peveragno; il 12–13 gennaio rastrellamento in valle Grana e il giorno successivo la morte di numerosi partigiani al Pellone di Miroglio”. <8
A questa prima fase di sopravvivenza e incertezze segue unperiodo di crisi, non solo per i rovesci subiti dalle bande, ma anche per altre ragioni: non ci sono segni di un immediato sbarco alleato, il terrore nazifascista pesa sugli animi della popolazione che teme di appoggiare apertamente il movimento ribelle, si è in pieno inverno con scarse possibilità di rifornimento e un certo pessimismo si diffonde tra i combattenti. In retrospettiva, questo periodo costituisce per molti una risorsa, più che una difficoltà; infatti, a fronte delle perdite e delle difficoltà quanti sono scarsamente motivati ritornano in pianura o in città, e si allontanano dalle formazioni dove restano i più convinti, la cui esperienza torna utile a inquadrare il gran numero di reclute che raggiunge le vallate nelle settimane successive.
[NOTE]
1 Dante Livio Bianco (1909-1953) è stato un avvocato, alpinista e comandante partigiano. Nato a Cannes in Francia da genitori originari della Valle Gesso, nei primi anni del fascismo, durante gli studi universitari a Torino incontra e frequenta importanti figure antifasciste come Piero Gobetti e Alessandro Galante Garrone. Militante del Partito d'Azione, all’indomani dell’armistizio raggiunge Cuneo per organizzare le prime bande partigiane. Viene decorato di due medaglie d'argento al valor militare.
2 Giovanni Barale (1887-1944), primo segretario della Federazione comunista di Cuneo, con l’avvento del Fascismo svolge clandestinamente l’attività antifascista fino al luglio 1943, quando riorganizza nel Cuneese il partito, diventando figura di riferimento del movimento antifascista. È ucciso dai nazisti insieme al figlio Spartaco (1922-1944) nel tentativo di avvisare i comandi partigiani di un rastrellamento imminente.
3 Ignazio Vian (1917-1944) è una delle figure più rappresentative del partigianato cuneese. Chiamato alle armi quando l’Italia entra nel secondo conflitto mondiale, viene destinato alla Guardia di Frontiera di Boves dove dirige la lotta armata. Dalla Valle Colla si sposta in Valle Corsaglia e nelle Langhe dove è nominato vicecomandante del Gruppo divisioni Autonome. Recatosi a Torino per prendere contatti con i dirigenti del CNL del Piemonte, viene arrestato il 19 aprile e tenuto in carcere per mesi prima di essere ucciso dai tedeschi il 22 luglio 1944.
4 Pompeo Colajanni Barbato (1906-1987) fonda il distaccamento Pisacane, uno dei primi nuclei delle brigate Garibaldi di cui diventa comandante. Nell’aprile 1945 organizza la marcia delle formazioni su Torino di cui diventa vicequestore dopo la sua liberazione.
5 Nuto Revelli, introduzione a Guerra partigiana, Bianco, XX.
6 Sigla del Comitato di Liberazione Nazionale Regionale Piemontese, organizzazione costituita nell’ottobre 1943 per organizzare e coordinare le bande partigiane che si stanno formando; è una cellula regionale del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) formatosi a Roma l’indomani dell’armistizio. Il CLN provinciale cuneese si formalizza in dicembre.
7 Marco Ruzzi, “La guerra partigiana e la guerra di Salò”, in Con la guerra in casa. La provincia di Cuneo nella Resistenza 1943-1945, a cura di Michele Calandri e Marco Ruzzi (Cuneo: Ass. Primalpe Costanzo Martini, 2016), 113.
8 Ruzzi, “La guerra partigiana e la guerra di Salò”, in Con la guerra in casa, 117.
Gaia Viglione, W la Libertà. Storia di due ribelli, Tesi di laurea, Politecnico di Torino, Anno Accademico 2023-2024