sabato 6 luglio 2024

La maggior parte dei pareri nell’estrema destra era favorevole al golpe


L’ipotesi del golpe, inoltre, fu presa pubblicamente in considerazione durante le trasmissioni televisive dai dirigenti missini che così facendo minarono ancora di più l’autorità del governo di centro-sinistra. Il 25 maggio 1970 Almirante, intervenendo per la prima volta alla trasmissione della Rai-tv «Tribuna Politica», incalzato dalle domande di un giornalista a proposito dell’eventuale consenso del Msi ad un intervento militare sul modello greco, si era espresso con chiarezza: «qualora soluzioni anche di forza potessero salvarci dal comunismo, ben vengano le soluzioni di forza» <412.
L’ipotesi del colpo di Stato era una soluzione caldeggiata da diversi ambienti (non tutti necessariamente orientati a destra), non ultimo, per ordine di importanza, da una cordata all’interno dei servizi segreti con a capo Vito Miceli <413. Tra il 1969 e il 1970 si erano succeduti diversi interventi pubblici delle associazioni d’arma e di singoli esponenti delle Forze Armate che auspicavano una maggiore presenza dei militari nella vita politica del Paese <414.
Questi appelli si intensificarono in coincidenza dell’autunno caldo <415. Il primo novembre fu il generale Giuseppe Aloia dalle colonne del «Tempo» a parlare della garanzia all’ordine costituzionale rappresentato dalle Forze Armate «non
certo assenti dalla vita e dall’avvenire del Paese» <416. Il 13 dicembre le associazioni d’arma e l’Unuci presero pubblicamente posizione accusando della strage di piazza Fontana «tutti coloro che hanno seminato nel popolo il verbo dell’odio e predicato la violenza» <417, mentre nel marzo 1970 il vice comandante della regione Tosco-Emiliana illustrò ad un gruppo di giovani riuniti in un circolo ufficiali di Firenze il ruolo delle Forze Armate volto a «mobilitare gli italiani contro la sovversione» <418. Tali appelli proseguirono, sotto varia forma, per tutto il corso degli anni Settanta. Il 14 giugno 1971, ad esempio, all’indomani del risultato delle elezioni amministrative e regionali, l’Unuci inviava agli ufficiali in congedo al termine del servizio di prima anonima una lettera in cui si invitava ad esprimere «solidarietà alla grande Famiglia Militare [sic!]…in questi tempi, mentre in settori ben individuati si tende ad avvilire ed irridere tutto ciò che si allaccia ai nobili sentimenti di amor di Patria ed onore militare» <419.
A questo si aggiunse la pressione esercitata dalla destra radicale in favore di un intervento dei militari con i quali, dagli inizi degli anni Sessanta, erano stati stretti alcuni importanti rapporti <420. Le Forze Armate erano considerate l’ambiente più idoneo nel quale fare proseliti per la causa della rivoluzione nazionale e della battaglia anticomunista. Il gruppo “Giovane Europa”, ad esempio, era intenzionato a formare «equipe di ufficiali, di quadri politico-militari, decantare l’ambiente ed eliminare coloro cui i polsi tremano alla vista di un fucile e di un poco di sangue e far partecipare questo corpo militarizzato alla lotta armata» <421.
Per questi ambienti l’azione di forza e la guerra civile apparvero come il mezzo più idoneo per compiere una rivoluzione nazionale che trasformasse profondamente l’Italia. Secondo il terrorista neofascista Vincenzo Vinciguerra, ad esempio, la manifestazione del 14 dicembre 1969, indetta dal Movimento Sociale a Roma, doveva sfociare in incidenti di una gravità tale da costringere il governo a convocare lo “stato d’emergenza”; una decisione che a sua volta avrebbe provocato la reazione di piazza delle sinistre gettando il Paese nel caos e costringendo i militari ad intervenire <422.
In questa prospettiva il Fronte Nazionale, Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale decisero di partecipare alla rivolta di Reggio Calabria cercando di cavalcare la protesta popolare nella quale era già presente il Movimento Sociale, uno dei primi partiti a riconoscere le istanze avanzate dai rivoltosi. I gruppi neofascisti radicalizzarono la protesta con sparatorie, ordigni e attentati di ogni sorta, contribuendo a delineare lo scenario che porterà, il 22 luglio 1970, al deragliamento della Freccia del Sud, presso Gioia Tauro, uno degli episodi più oscuri della vicenda repubblicana <423.
In taluni casi affiorarono altre posizioni che sottolineavano il rischio che dietro i militari vi fosse un progetto politico conservatore sostenuto dalla Democrazia cristiana; per il Movimento Politico Ordine Nuovo, ad esempio, il colpo di Stato era considerato come «un fatto controrivoluzionario» <424. Per ragioni opposte la rivista «Occidentale», un mensile di un circolo neofascista romano, accusò gli «anarchici di destra» degli attentati e caldeggiò una rottura con gli ambienti evoliani e nazisteggianti vicini ad Ordine Nuovo che sostenevano il colpo di Stato. «L’Orologio» riconobbe negli attentati di dicembre la manifestazione patologica di una «insoddisfazione di fondo» prendendo, al contempo, le
distanze dalla politica conservatrice patrocinata dal Msi e dai neofascisti che sostenevano il colpo di Stato <425. Ma la maggior parte dei pareri nell’estrema destra era favorevole al golpe: molti militanti dei gruppi della destra radicale vi intravedevano la possibilità di accentuare il distacco nei confronti del Movimento Sociale a cui venne rimproverato di non aver saputo compiere quella rottura con il sistema democratico che i gruppi più oltranzisti avevano cercato di attuare con le bombe.
Tra la crisi governativa del 6 febbraio 1970, la caduta del terzo governo Rumor nel successivo luglio e la formazione del quadripartito organico di centro-sinistra guidato da Emilio Colombo, i discorsi sul colpo di Stato si intensificarono. Nei comizi pubblici si esaltò il ruolo dei «battaglioni d’assalto» e i «corsi di ardimento» contro la “guerra rivoluzionaria” scatenata dal comunismo <426.
La minaccia non era solo teorica: negli stessi mesi, infatti, si stavano organizzando le reti golpiste protagoniste del tentato putsch del dicembre del 1970, assieme ai preparativi di altre realtà eversive in ebollizione, dal Movimento di Azione Rivoluzionaria di Carlo Fumagalli ai Comitati di Resistenza Democratica di Edgardo Sogno, orientate al medesimo obiettivo <427.
Queste voci ed appelli sembrano nuovamente contraddire, come è stato osservato per la marcia su Roma del 1922, «uno degli elementi fondamentali che la teoria politica ha creduto di potere individuare come peculiarità del colpo di Stato, ossia la segretezza» <428. Nelle proclamazioni di appelli all’insurrezione si distinse, infatti, il Fronte Nazionale, futuro protagonista del tentato golpe del dicembre 1970. A febbraio Junio Valerio Borghese pubblicò un appello per la costituzione di un raggruppamento di tutte le forze anticomuniste <429: serviva un’azione di forza per abbattere il centro-sinistra che nonostante la profonda crisi non era crollato e rischiava di riproporsi come formula governativa ancora per molto tempo <430. Si temeva, inoltre, che i sindacati con una vasta agitazione e la proclamazione di uno sciopero generale potessero innescare una crisi di governo che riproponesse la questione dell’ingresso del Pci nella maggioranza <431. Uno scenario che effettivamente si delineò nell’agosto del 1970 con le dimissioni di Rumor in seguito alla mobilitazione dei sindacati e alla minaccia di sciopero generale. La riproposizione di un governo di centro-sinistra organico apparve, quindi, una concessione al Partito comunista. In questo frangente il Fronte Nazionale ritenne che la richiesta di elezioni politiche anticipate era vana per il rischio di moti di piazza che avrebbero impedito qualsiasi trasformazione del quadro politico; una situazione che rendeva il colpo di Stato «una necessità inderogabile» <432. A dicembre, in un’intervista a Giampaolo Pansa sulla «Stampa», Borghese fece accenno alla preparazione di un «centro di potere» che doveva sostituirsi allo Stato <433.
Più complesso e defilato, nonostante le numerose prese di posizione in pubblico, il ruolo del Movimento Sociale. Documentate inchieste giornalistiche e indagini giudiziarie hanno rilevato un atteggiamento positivo della dirigenza missina nei confronti dell’ipotesi del colpo di Stato. La documentazione in nostro possesso, però, non permette di stilare un giudizio complessivo sulla vicenda, mentre sono emerse con chiarezza i ruoli svolti da Ordine Nuovo e da Avanguardia Nazionale. Un’informativa della Questura di Roma dell’8 ottobre 1970 ci informa, però, della decisione di Almirante di predisporre, nell’ateneo della città di Roma, la formazione di un raggruppamento studentesco, il “Fronte Delta”, che avrebbe rappresentato il punto di raccordo tra il Fuan, Avanguardia Nazionale e il Fuan “Caravella”, per coordinare le attività anticomuniste nelle facoltà romane. Il “Fronte Delta”, come emergerà dalle carte giudiziarie, risultò poi essere uno dei gruppi “attivi” nella notte della Madonna, l’8 dicembre 1970 <434.
[NOTE]
412 Tribuna elettorale, 25 maggio 1970, Opuscolo a cura del Movimento Sociale Italiano, in AFUS, f. Msi, b. 1.
413 Cfr. G. Flamini, L’Italia dei colpi di Stato, Newton Compton Editori, Roma 2007, p. 107.
414 Il 31 luglio 1969, ad esempio, il «Borghese» pubblicò una lettera di un gruppo di ufficiali al Capo di Stato Maggiore dell’Esercito per sollecitare l’ordine di «reagire, singolarmente o collettivamente, con i fatti, se necessario con le armi, a qualsiasi aggressione, a qualsiasi offesa alla Bandiera, all’uniforme, all’essenza spirituale e materiale dell’organismo militare», «Il Borghese».
415 In seguito alla morte dell’agente Annarumma la “Federazione Associazioni Nazionali Ufficiali e Sottoufficiali Provenienti Servizio Attivo” diffuse un manifesto in cui si invitavano le «forze sane responsabili della Nazione perché sia rafforzata, consolidata e sviluppata la comune inflessibile volontà e la conseguente azione di difesa delle leggi e delle istituzioni. In modo da garantire, in ogni circostanza, con assoluta certezza, la libertà, la vita nella legalità, nella giustizia e nella sicurezza di tutti gli Italiani degni di questo nome nei sacri confini della convivenza sociale e nazionale», Presa di posizione della Fanus, «Il Secolo d’Italia», 21 novembre 1969.
416 Gen. Giuseppe Aloia, La crisi dello Stato, «Il Tempo», 7 novembre 1969. Sul ruolo delle Forze Armate nell’Italia repubblicana vedi l’inchiesta di V. Ilari, Forze armate tra politica e potere, 1943-1976, Vallecchi, Firenze 1978.
417 Le associazioni d’Arma contro la sovversione, «Il Secolo d’Italia», 13 dicembre 1969.
418 Mobilitare gli italiani contro la sovversione, «Il Secolo d’Italia», 22 marzo 1970.
419 Unuci - Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia - Gruppo Regionale della Lombardia, prot. n. 848//G - Pot -, Oggetto: “Rinnovo iscrizione all’Unuci”, Milano, 14 giugno 1971. Si ringrazia per la consultazione della lettera il prof. Angelo Panvini (mio padre).
420 Nel 1965 Pino Rauti, Guido Giannettini e Flavio Messala scrivevano il libro Le mani rosse sulle forze armate con l’intento di “politicizzare” i reparti speciali dell’esercito nella lotta al comunismo. Vedi F. Messala, a cura di, Le mani rosse sulle forze armate, Centro Studi e Documentazione sulla guerra psicologica, 1966.
421 Prefettura di Ferrara, prot. n. 767, Div. Gab., Oggetto: “Ferrata - I congresso nazionale del Movimento Giovane Europa”, Ferrara, 1 febbraio 1968, in Ministero dell’Interno-Gabinetto, Oggetto: “Associazione Giovane Europa”, 348 P/6, 1968, ACS, MI, GAB, 1967-1970, b. 24.
422 Cfr. l’intervista di V. Vinciguerra in P. Cucchiarelli, A. Giannuli, Le strategie della tensione, suppl. a «l’Unità», Roma 2005, p. 70. Il 13 dicembre, a Messina, una macchina di attivisti di Ordine Nuovo girò per la città distribuendo volantini in cui si esortava la popolazione a rispondere alla «violenza…con la violenza» e indicando gli attentati come «il preludio alla guerra civile». Cfr. Volantino di Ordine Nuovo, allegato a Cgil, Camera Confederale del Lavoro “F. Lo Sardo”, Oggetto: “Iniziativa a seguito dei fatti di Milano”, Messina, 15 dicembre 1969, in ACGIL.
423 Su questo tema vedi l’inchiesta giornalistica di F. Cuzzola, Cinque anarchici del Sud. Una storia negata, Città del Sole edizioni, Reggio Calabria 2001.
424 «Documenti del Movimento Politico Ordine Nuovo», aprile 1972 in N. Rao, La fiamma e la celtica. Sessant’anni di neofascismo da Salò ai centri sociali di destra, Sperling&Kupfer Editori, Milano 2006, p. 163.
425 Cfr. Anarchici di e da destra, «Occidentale», a. I, dicembre 1969 e Enrico Montanari, Ordine Nero e civiltà occidentale, «Occidentale», a. II, gennaio 1970; Non hanno vinto, «L’Orologio», a. VII, gennaio 1970.
426 La “Rivoluzione Nazionale” dei colonnelli valida risposta alla “guerra sovversiva”, in AFUS, F. Msi, b. 3.
427 Sugli aspetti organizzativi cfr. gli studi di J. Greene, A. Massignani, Il principe nero, Junio Valerio Borghese e la X Mas, Mondadori, Milano 2007, pp. 232-245; vedi anche C. Arcuri, Colpo di Stato, Rizzoli, Milano 2004; S. Flamigni, Trame atlantiche, Storia della loggia massonica segreta P2, Kaos Edizioni, Roma 2005, pp. 38-58; Fasanella, Sestieri, Pellegrino, Segreto di Stato…cit., pp. 64-73.
428 G. Albanese, La marcia su Roma, Laterza, Roma-Bari 2006, p. 63.
429 L’appello di Borghese, «Azione Nazionale», febbraio 1970.
430 P. Capello, Ritrovarsi, «Azione Nazionale», n.u., febbraio 1970.
431 B. Borlandi, Impossibilità di governare l’Italia, «Azione Nazionale», 15 aprile 1970.
432 L. Civitelli, Orientamenti e considerazioni, «Azione Nazionale», 15 aprile 1970.
433 G. Pansa, Deliri del principe nero. Che cosa fa l’estrema destra italiana, «La Stampa», 9 dicembre 1970.
434 Questura di Roma, n. 059901 - U.P. - A. 4. A., Riservata, Oggetto: “Fronte Delta - gruppo universitario extraparlamentare anticomunista - costituzione, Roma, 8 ottobre 1970, in Ministero dell’Interno, Gabinetto, Oggetto: Roma e Provincia Attività dei Partiti, Fascicolo 12010/69, ACS, MI, GAB, 1967-1970, b. 100.
Guido Panvini, Le strategie del conflitto. Lo scontro tra neofascismo e sinistra extraparlamentare nella crisi del centro-sinistra (1968-1972), Tesi di Dottorato, Università degli Studi della Tuscia - Viterbo, Anno Accademico 2007-2008