martedì 6 luglio 2021

Il Futurismo impulsivo, bombarda e vulcanizza, retrocede verso le origini troglodite


Nella ultima lettera esaminata nel paragrafo precedente si affacciano anche motivi personali e ancora una volta le particolarissime vicende editoriali del Lucini autore tornano ad intrecciarsi con le polemiche letterarie del Lucini critico e teorico della letteratura. Nella parte finale dello scritto, infatti, si affacciano le Revolverate, ovvero l'unica raccolta poetica di Lucini stampata sotto bandiera futurista. L'antologia, infatti, vide la luce proprio nel 1909, anno di fondazione del Futurismo, sotto le cure di Marinetti stesso presso le «Edizioni futuriste di Poesia». La particolare vicenda editoriale della raccolta ha molto a che vedere con le dispute private tra i due intellettuali sull'arte avanguardista, in quanto i motivi del dissenso si trasferiscono su due soglie molto importanti della raccolta poetica: il titolo e la prefazione. Tuttavia, prima di addentrarci nella questione delle Revolverate, è importante notare come pochi giorni dopo la lettera del 14 febbraio, in cui Lucini rifiutava un'adesione, seppure sommaria al Futurismo, egli stesso con un «codicillo politico» datato 25 febbraio 1909 autorizza Marinetti ad annettere il suo nome fra le fila degli appartenenti al Futurismo:
"Caro Marinetti,
[…] tu vorrai render pubblica, ti prego, la mia prima risposta per quelle ragioni di filosofia e di coerenza cui ivi verranno apprezzate; ma la farai seguire da questo codicillo politico che ti affida della mia adesione, quando, per aprir le dense cervici de' nostri vicini sonnolenti, o pigri e rammolliti, non basta la parola, non è sufficiente l'invettiva, ma si deve ricorrere al pugno, allo schiaffo, ed alla pedata […].
Dunque, facciamo presto, chè non ho tempo da perdere, dopo ci accapiglieremo tra noi
". <176
Lucini dunque con questa breve lettera aderì di fatto al Futurismo: l'adesione allora veniva ritenuta necessaria, se non altro per lo scopo che con essa si sarebbe raggiunto, e cioè quello di scuotere le coscienze dei loro contemporanei con un gesto artisticamente forte. Sarebbe inoltre ingiusto ed inesatto nei confronti di Lucini considerare l'adesione come gesto propiziatorio alla pubblicazione delle Revolverate. È vero, comunque, che Lucini era meno noto di quanto meritasse e che l'organizzazione futurista poteva permettersi un lancio del libro in grande stile, come abbiamo già avuto modo di verificare per il Verso libero del 1908. D'altro canto, però, anche Marinetti poteva avere il suo tornaconto personale a pubblicare le opere di Lucini e a far seguire i proclami futuristi da una firma così prestigiosa. Ad ogni modo, nella complessa vicenda Lucini-Marinetti le ragioni pratiche si intrecciano costantemente a quelle ideali ed estetiche: sulle basi di una stima vicendevole e di una effettiva anche se parziale coincidenza di intenti letterari, Marinetti e Lucini cercavano entrambi di trarre più vantaggio possibile dall"azione parallela dell'altro.
Tutta la partecipazione luciniana all'esperienza futurista, del resto, presenta un aspetto per così dire passivo: egli non scrive mai manifesti, non compare con versi suoi nell'antologia dei Poeti Futuristi pubblicata da Marinetti nel 1912, eppure pubblica le sue opere presso le «Edizioni futuriste di Poesia» e come abbiamo visto, permette che il suo nome compaia tra quelli degli appartenenti al movimento. Sembra dunque più un'adesione pratica che un'adesione sommaria, come voleva Marinetti; un'adesione che comunque non intacca le idee e il modo di far poesia dello scrittore. <177
Come accennato in precedenza, la pubblicazione delle Revolverate di Lucini per le cure di Marinetti costituisce uno snodo importante nella loro polemica letteraria ed estetica e si concretizza soprattutto nel dibattito intercorso tra i due attorno al titolo stesso della raccolta e alla prefazione da apporvi in sede editoriale. Per quanto riguarda il titolo, sappiamo dallo stesso Lucini <178 che il titolo originale avrebbe dovuto essere dapprima Canzoni amare, poi Bombarde, titoli che non piacquero affatto all'editore, in quanto forse dovevano suonare al suo orecchio come una scialba eco di un romanticismo ormai perso e decadente.
Marinetti, dunque, si adoperò in ogni modo per costringere Lucini a cambiarli secondo un suo suggerimento:
"Carissimo Lucini,
No! No! Hai assolutamente torto! Siamo tutti d"accordo, Notari, Cinti ed io, a trovare sbagliato e soprattutto infelice il titolo:
Bombarde!, mentre quello già scelto Revolverate, ci sembra ancora preferibile a qualunque altro, da ogni punto di vista… Dunque resta inteso: Revolverate… e non pensare ad altro; se non vuoi buscartene una dal tuo editore!" <179
Il nuovo titolo fu comunque accettato da Lucini che aggiunse poi un Congedo le Revolverate, convinto della bontà della modificazione. Il nuovo titolo dovette essere ai suoi occhi una proposta così felice che il nuovo volume di versi, citato nell'articolo del 1913 sulla «Voce», avrebbe dovuto chiamarsi Nuove Revolverate. In realtà questo secondo volume di versi non vedrà mai la luce, in quanto risentì della rottura definitiva con Marinetti e dell'aggravarsi delle condizioni di salute di Lucini, che morirà infatti meno di un anno dopo.
Le Nuove Revolverate sono state edite solo nel 1975 da Edoardo Sanguineti, <180 che pubblica insieme alle poesie documenti fino ad allora inediti e importantissimi per comprendere la polemica letteraria intercorsa tra i due intellettuali.
Sistemata la questione del titolo della raccolta poetica, arriva quella della prefazione da premettere alle poesie, ancora secondo una richiesta di Marinetti, richiesta che però stavolta arriva a Lucini tramite una lettera di Decio Cinti, segretario dello stesso Marinetti e di «Poesia»:
"Carissimo Lucini,
[…] Marinetti, dunque, mi ha pregato di scriverle a suo nome, per indurla a fare, alle
Revolverate, una prefazione brevissima (sei o sette pagine) la quale abbia una introduzione violentemente polemica e che si riferisca al Futurismo. Secondo il concetto di Marinetti, ella potrebbe dare del Futurismo stesso una interpretazione personale, accennando alle sue divergenze con Marinetti, ma non troppo, e insistendo specialmente sulle idee che, in proposito, ella ha comuni coi futuristi […]. Evidentemente, una simile prefazione sul concetto della quale non occorre insistere, da parte nostra sarà molto utile pel successo del libro e per le discussioni che questo susciterà. In certi punti, questa prefazione su Futurismo potrà anche essere polemica contro Marinetti (è Marinetti stesso che lo desidera). Sul frontespizio del libro, poi, metteremo: “Con una prefazione dell"autore sul Futurismo” sopprimendo quel “Canzoni amare” che a Marinetti sembra assolutamente inutile, anzi dannoso dal punto di vista dell'interesse che il titolo “Revolverate” desterà nel pubblico. Mi scriva, la prego, intorno a tutto questo e specialmente intorno alla prefazione". <181
Appare chiaro dalla parole di Cinti come Marinetti avesse le idee molto chiare sul contenuto della prefazione e quanto fosse sicuro di poter imporre ancora una volta la sua volontà a Lucini, come già aveva fatto con il titolo.
Lucini, in verità, scrisse una prefazione alle Revolverate, intitolata Diffida contro certo «Futurismo», che però non fu mai stampata con le poesie. Infatti, questa prefazione non piacque affatto a Marinetti, che la rifiutò e la sostituì poi con un'altra prefazione scritta di suo pugno: Prefazione futurista di F. T. Marinetti.
Sanguineti pubblica nel 1975 la Diffida contro certo «Futurismo», che è dunque la prefazione inedita di Lucini alle sue Revolverate. In essa ritornano i temi e le critiche già avanzate nelle lettere private esaminate in precedenza:
"[…] Italia sta macinando, per lentissima digestione, i suoi fossili ed attende di evacuarli tutti, sotto forma di trapassata ed inutile zavorra. […] Perciò, da una rivista internazionale di poesia, Poesia, si bandisce un Futurismo non ancora settimino e precocissimo. […] Da un singolare concetto di anormale e dispersiva attività estetica; da un impeto personale ed imperialista di dominazione; da un bisogno generoso di afferrare […] la chioma breve della Gloria […], da tutto questo intruglio di vanità, di convenzionale disprezzo per il pubblico, di evidente e sfacciata reazione contro il capolavoro antico, di eccessivo orgoglio, di reali meriti rappresentati con opere, che si palesano oltre la mediocrità, colla fretta incalzata e nevrastenica, del delirio della velocità, non nasce una scuola d'arte: tutti questi sono sintomi di uno stato d'animo non ancora capace di una espressione estetica.
Il Manifesto del Futurismo è una costituzione otrajata dalla singolarità magnanime di un principe delle lettere concessa a dei sudditi poveri.
[…] A parte l'inconciliabile guerra ch'io muovo a tutto quanto rappresenta un decalogo, un codice, un'etichetta, non credo che scuola si possa fondare per partenogenesi, cioè per miracolo assoluto di parola. Le scuole si esprimono naturalmente come bisogno collettivo; le raggruppa e le definisce il critico, non le plasma il poeta […].
Ed ecco il vantato Futurismo divenire una scuderia a molti posti e della sua proclamata rivoluzione non rimane che il distruggere […]. Ed ecco perché io mi schivo e non accetto un Futurismo. – Codesto apparirà ai critici malevoli e di corta vista un gesto mal riuscito e venuto troppo tardi […]; essi mi hanno tacciato, perché videro il mio nome stampato spesso sulle pagine di Poesia e conoscono la mia amicizia per F. T. Marinetti, di connivenza al suo manifesto. La chiamata all'armi squillò catastroficamente a mia insaputa […], ma mi sono accorto d'essere una fortezza inespugnabile e per assedio e per assalto: e mi certificai che il mio posto, nella letteratura, è ben definito e distinto, cui non lascerò vuoto se non colla morte. […]
Altre sono adunque le ragioni per le quali non concordo col Futurismo che non le solite grette di bizzarra astiosità. […] Distruggere non significa liberare, ma sopprimere dalla circolazione, limitare la vita: distruggere è un peccato biblico e barbaro che la mia latinità non mi permette. […]
No: excelsius! Altro è il Futurismo come istinto mio e libero giuoco sincero della mia personalità poetica. […]
Ora, questa novità non nasce se non da chi conosce donde venne e per dove s'avvia; da chi ha in sé la coscienza del proprio avo, colla divinazione del proprio nepote. Non vi ha presente senza la storia e senza la profezia; non vi ha vita bella senza la libertà; il dogma e la nitroglicerina, puramente interrottivi e di snobismo dilettante, interrompono i rapporti, tra l'uomo, li uomini e le cose, annullano la bellezza. […]
Decadenti, dunque, una varietà degenerata, non Simbolisti, che è specie eterna e sana: tra quelli i Futuristi: […] sono dei primitivi a cui giova la sensibilità, donde la loro fortuna ed il loro valore; ma sono delli impulsivi che non sanno reggersi in rapporto armonico col resto dei fenomeni. Desiderosi di felicità impossibili, di sé stessi carnefici, repugnano dal dolore e se lo ripropongono cento volte al giorno, collo sfuggirlo s'abbattono nella morte; si sopprimono coll'angoscia, si allontanano per sempre dal pensare, dal produrre, dall'essere responsabili. […]
Conserviamo intatta una superficie di coscienza, preserviamola dal contatto dei nostri imperativi categorici, che ci impediscono colla specifica e menzognera promessa del conquistare: dopo il successo vi è la schiavitù: colli apparecchi stessi, coi quali lo andate conquistando, voi vi pregiudicate e vi incatenate; il pubblico, che vi ha sollevato alla apoteosi, diventa il vostro tiranno. […] Il Futurismo impulsivo, bombarda e vulcanizza, retrocede verso le origini troglodite. Ciò non è aumento, ciò non crea bellezze.
Fatela invece l'opera grande ed immortale, che offuschi tutte le precedenti: questo è distruzione ch'io invoco dal Futurista. […]
Quale gustosa parodia carnevalesca del Verso Libero, il Manifesto del Futurismo! E che bella prova sprecata d'ingegno: ma quale impudenza la mia rivelarne le mancanze!
" <182
Lo scritto è datato primo maggio 1909 e in esso si ritrovano evidentemente tutti gli idoli polemici futuristi contro cui si scaglia Lucini: il mancato culto della tradizione, il disprezzo del capolavoro imperituro e soprattutto la nascita di una nuova scuola per atto volontaristico di un singolo individuo e non per naturale evoluzione dell'Arte e del pensiero umano.
A Marinetti ovviamente tutto questo non piacque affatto, e si affrettò a chiedere a Lucini di rivedere le sue posizione e i suoi giudizi nei confronti del Futurismo in una nuova prefazione:
"Carissimo Lucini,
sono dolente di doverti rimandare la tua prefazione, che «non va», assolutamente, e che «non posso pubblicare» con le tue «Revolverate». […] perchè, pur dissentendo, su molti punti, dal mio manifesto, pure, come eravamo intesi, facendo un attacco violento, anche violentissimo, contro il mio Futurismo, potevi assolutamente non esprimere il tuo disprezzo e il tuo compatimento per l'atto speciale che ho compiuto col lanciare il manifesto. Tutti i maggiori scrittori d'Europa e molti d'America hanno discusso con moltissimo rispetto il manifesto e il lanciamento del medesimo […] Vedrai come il tuo tono di protezione compassionevole costituisca una nota stonata, tanto più trattandosi di una prefazione a un libro edito da me coll'intenzione di spingerlo verso la maggiore luce possibile. […] Senza rancore, ti prego di leggere attentamente tutte le risposte e le opinioni sul Futurismo e di scrivere, dopo, una prefazione anche ferocemente contraria al Manifesto, ma debitamente rispettosa verso  una iniziativa audace, coraggiosissima e sincera[…]
". <183
Com'è noto, invece, la prefazione che comparì quando le Revolverate furono edite è una prefazione futurista a firma di Marinetti stesso che, preso ancora una volta dalla consueta smania annessionistica, riduce i margini del contrasto, come si evince dai giudizi che il poeta d'Alessandria d'Egitto esprime su Lucini:
"Del Futurismo, G.P. Lucini è il più strenuo avversario, ma anche, involontariamente il più strenuo difensore. Il suo spirito socratico, la sua cultura enorme, il suo isolamento doloroso dagli esseri e dai frangenti reali ne fanno un uomo che serba tenace gli amori per molte varie propaggini del Passato. Egli ha dichiarato di non essere un settatore del Futurismo. E sia. Ma se non tali i suoi amori, tutti i suoi odi sono i nostri. L'intera sua mirabile azione letteraria si risolve in un'avversione implacabile delle formule cieche ed impure onde così spesso la Poesia italiana, anche celebratissima, è andata rivestendosi, specie in questi ultimi anni di equivoca fortuna, e che il Lucini ha strenuamente combattuto […]. Egli adora i libri dei grandi Morti […]; e lo si deve comprendere. Tuttavia odia l'Accademia […] e lo si deve esaltare. […] del Verso libero egli ha fatto, infine, una ragion poetica che sorpassa lo stesso valore della sua opera ed assurge a canone di ogni evoluzione estetica per il futuro. Non distruttore, ma edificatore barbarico. Non settatore, sia pure: ma futurista bellissimamente perverso, suo malgrado […]. Le nostre affinità sono grandissime. S'egli le nega ha torto: noi abbiamo ragione […]. Egli, per noi, resta, ancora oggi, come significazione ideale, la più misteriosa e provata figura guerriera della Poesia italiana scaraventatasi a mischia dopo il Foscolo. […] Gian Pietro Lucini può anch'egli combattere il Futurismo. Noi abbiamo voluto coglierlo in fallo con sé stesso […] pubblicando i suoi versi nei quali squillano senza ritegno tutte le fanfare che hanno ispirato il Manifesto della nuova scuola. Il che, infine, è sperabile torni ad onore non meno del poeta discolo che dei suoi editori amici futuristi". <184
Appare chiaro dalle parole di Marinetti che la coincidenza tra Futurismo e lucinianesimo è indicata per via di negazione, cioè si fonda sulla sostanziale identità tra gli odi che entrambi professano: contro le cieche formule pedanti, le arcadie che si oppongono alla realtà del tempo e il principio di autorità, attraverso la violenta carica di rinnovamento applicata, con il verso libero, alle strutture metriche e al lessico poetico. Marinetti estrae dalla poetica luciniana l'insurrezione sistematica contro il principio di autorità ed il tentativo di agganciare l'arte alla nuova realtà industriale, indicando nell'opera intera di quest'ultimo quei concetti che secondo lui lo hanno reso precursore del suo nuovo programma poetico. <185
Marinetti, in sostanza, vuole estrarre dalla poetica luciniana soprattutto gli aspetti più aperti verso il Futurismo o più compromessi con esso, nel tentativo di documentare la fondamentale anche se restia partecipazione di Lucini al Futurismo. È il tempo di un ripromesso idillio, in cui cioè l‟uno cercava di assorbire l'altro all'interno delle proprie ipotesi letterarie. <186
Nonostante le belle parole e i tentativi di conservare rapporti di affettuosa collaborazione reciproca, appare evidente che la spaccatura è irrimediabilmente consumata e mediazioni già da questo momento non sembrano possibili.
175 L. De Maria, Lucini e il futurismo, cit., p. 24.
176 Copia dattiloscritta di lettera di Lucini a Marinetti, Solaro di Varazze, 25 febbraio 1909, Archivio Lucini, Segnatura 49 fasc. m, c. 327, ma anche in G.P.Lucini, Come ho sorpassato il Futurismo, cit.
177 L. De Maria, Lucini e il futurismo, cit., pp. 24-25.
178 Cfr. G. P. Lucini, Come ho sorpassato il futurismo, cit.
179 Lettera autografa di Marinetti a Lucini, s. d. su carta intestata di «Poesia», Archivio Lucini, Segnatura 58 fasc. b, cc. 49 r.-50 r.
180 G. P. Lucini, Revolverate e Nuove Revolverate, a cura di E. Sanguineti, Torino, Einaudi, 1975.
181 Lettera autografa di Decio Cinti a Lucini, Milano, s. d., Archivio Lucini, Segnatura 2 fascicolo 3, cc. 7 r.-8 v.
182 G. P. Lucini, Diffida contro certo «Futurismo», in Id., Revolverate e Nuove Revolverate, cit., pp. 346-357.
184 F. T. Marinetti, Prefazione futurista a G. P. Lucini, Revolverate e Nuove Revolverate, cit., pp. 3-9, ora anche in F.T. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, cit., pp. 27-33.
185 M. Artioli, Introduzione a G. P. Lucini, Marinetti Futurismo Futuristi, cit., p. 31.
186 U. Piscopo, Lucini e il futurismo, cit., p. 30.

Isabella Pugliese, La scrittura teorica e critica di Gian Pietro Lucini, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Napoli Federico II, 2011