sabato 2 luglio 2022

Il PCI e le elezioni amministrative alla svolta degli anni '50: alcuni cenni

Manifesto per le elezioni amministrative del 1951 a Bologna, qui ripreso da Rosario Forlenza, op. cit. infra

La politicità dell’organo comunale richiede una adeguata preparazione di sindaci, assessori, consiglieri di maggioranza o di opposizione. I corsi per quadri amministrativi - opportunamente approntati dal partito [il PCI] - avrebbero dovuto «orientare» sulla funzione «politica» dei Comuni inseriti nel quadro della Costituzione, informare sulla legislazione, sulle «possibilità connesse alla conquista delle autonomie» e su come operare «nel campo delle concrete questioni amministrative». L’obiettivo «politico» è «rendere più agguerriti e coscienti» i quadri affinché possano resistere e rispondere «alle rappresaglie degli organi dello apparato governativo» e alle «manovre» dell’avversario <434. L’attività si infittisce nei periodi elettorali quando - sostiene la Commissione elettorale il 26 gennaio 1951 - «è assolutamente necessario» migliorare il «livello ideologico-politico» e le «specifiche conoscenze» dei quadri amministrativi e dei consiglieri di opposizione <435. I corsi, comunque, vengono svolti con una certa continuità anche perché, ancora alla fine del 1953 - come rilevato da un appunto di polizia - gli organi direttivi del Pci «avrebbero rivelato […] una deficiente preparazione in campo amministrativo» e una «non adeguata valutazione dell’importanza politica del Comune ai fini dell’affermazione nel campo nazionale dei principi socialcomunisti» <436.
Tuttavia, l’organizzazione e lo svolgimento dei corsi non è sempre agevole: a Imperia, nel 1950, un corso si interrompe dopo poche lezioni a causa dello «scarso interesse» suscitato tra i pochi partecipanti, una decina in tutto <437.
Le lezioni mettono a disposizione di amministratori e consiglieri un insieme di competenze e di conoscenze abilmente sintetizzate in un agile volumetto. I punti di riferimento sono le annate delle riviste destinate al lavoro negli enti locali, le risoluzioni e le decisioni degli organi centrali ma anche il Lenin di "Stato e rivoluzione" oppure Engels e persino il Marx della "Guerra civile in Francia e della Comune" come «contrappeso al potere dello stato», una concezione di «particolare valore» nella situazione italiana «contraddistinta dal monopolio politico della D.C in combutta con le forze più reazionarie» e che «mostra come i principi ideologici si legano con le direttive di azione politica» <438. La scelta di valorizzare le autonomie locali - e dunque di impostare una battaglia per rafforzare l’ordinamento in tal senso - è legata al radicamento elettorale del partito, alla cultura istituzionale del socialismo ma anche ad una certa lettura della storia dello stato nazionale. «La classe che detiene il potere politico dello stato influisce sull’ordinamento comunale in modo conforme ai suoi interessi» <439 si insegna ai quadri comunisti e dunque il comune è pienamente immerso nel liquido amniotico del motore della storia, cioè la lotta fra le classi.
La «politicità» dei comuni non è solo una dichiarazioni di intenti o un programma fumoso. Le amministrazioni guidate dai partiti della sinistra sono impegnati, tra l’altro, in un compito che la dottrina e la legislazione considera un tipico attributo dello Stato nazionale: la politica estera. Il Pci - come i socialisti - ricercano e costruiscono le relazioni internazionali non da posizioni ministeriali ma attraverso il legame con gli altri partiti della Internazionale comunista oppure con l’attività di sindaci, assessori, consiglieri nell’ambito del Movimento per la Pace <440.
[...] Bologna, Modena e l’intera Emilia sono il modello da seguire per la capacità di costruire alleanze e di esprimere alterità politica a partire dalle concrete esperienze di vita <494. Quando nel 1951 si torna a votare, il programma dei comunisti bolognesi per la futura amministrazione è «un libero comune, una città più bella e più grande» <495. È la traccia che sintetizza e unifica le questioni della politica municipale elaborata negli anni precedenti, oltre che le posizioni del settimo congresso della federazione bolognese chiamata a discutere - dal 15 al 17 dicembre 1950 nel salone del Podestà - Per la Pace, il benessere popolare e la libertà <496. La campagna elettorale bolognese si impernia sul
confronto e la contrapposizione tra due schieramenti irriducibili e su una vasta azione di propaganda e di convincimento azionata dalle parti - anche se solo il Pci presenta un programma amministrativo nel quale le posizioni politiche generali si fondono alle esigenze cittadine e locali <497. Bologna, in quei giorni, assume un aspetto «festoso»; è attraversata da un «incessante movimento di gente», intenta a commentare «fra il bonario e il faceto» le «trovate propagandistiche» mentre, soggiunge il prefetto con evidente spirito partigiano ma cogliendo qualche aspetto di verità, "ben rari e del tutto irrilevanti - specialmente dove si faccia il confronto con quanto ebbe a verificarsi negli anni 1946 e 1948 - sono stati gli episodi di violenza e di intolleranza; segno questo che ad un certo grado di civismo democratico sono giunte anche queste notoriamente insofferenti popolazioni" <498.
Chi vota per i comunisti bolognesi vota per affidare il comune «nelle forze del lavoro e della pace» e «per un libero comune una città più grande e più bella nel lavoro e nella pace». È il messaggio di un manifesto: lo sfondo dietro la grande scritta «Due Torri» e l’immagine stessa dei simboli di Bologna è di un rassicurante colore ocra. Di profilo, lo sguardo sereno e severo di Dozza stilizzato dal disegnatore Bruno Canova guarda lontano: una riproduzione del culto della personalità in sedicesimo. Il voto per il comune, però, è anche un voto per la «pace non guerra!» spiega un altro manifesto dove le due torri sono in nero perché è sera ma il cielo è illuminato da esplosioni - rosse, gialle, verdi - di fuochi d’artificio <499. Non c’è nessun corto circuito tra generale e particolare - o locale e nazionale - perché i dirigenti comunisti sono riusciti a elaborare una politica amministrativa generale a forte impronta ideologica ma profondamente radicate nelle esigenze dell’amministrazione. Bologna è la punta di diamante della «peculiare miscelazione» tra «concezione classista del governo municipale», strategia togliattiana delle alleanze e elementi di «buon governo» <500.
Il tono della campagna elettorale bolognese, in realtà, viene impostato da Dozza già al comitato regionale del 27 settembre 1949, con lo scopo precipuo di offrire un punto di riferimento per altre esperienze. La nuova tornata elettorale - la prima «battaglia grossa» dopo il 18 aprile 1948 - non avrebbe dovuto essere trasformata in consultazione politica, con il rischio che gli avversari «tenderanno a riprodurre lo schieramento del 18 aprile sulla base naturalmente dell’anticomunismo». È necessario "vedere tutta l’importanza politica delle elezioni ma non trasformarle in elezioni politiche come vorranno i nostri avversari. Nel passato i nostri avversari si presentavano alle elezioni come puri “amministratori” e i socialisti invece come uomini politici. Oggi questa posizione si è capovolta: noi dobbiamo valerci fortemente del problema amministrativo […] bisogna far apprezzare ciò che si è fatto, precisare le responsabilità governative per ciò che non si è fatto, fissare un programma conseguente per l’avvenire" <501.
Il piano per la preparazione della campagna elettorale - elaborato dagli organi centrali a Roma - sembra raccogliere quanto seminato a Bologna. Tra l’altro si prevede di documentare il «malcostume» delle amministrazioni Dc, di denunciare «arbitrii e sopraffazioni governative» con «fatti concreti», di diffondere le migliori esperienze comunali - i comitati dei genitori, degli scolari, dei contribuenti, l’assistenza - o esaltare le immagini dei sindaci più importanti («biografia - discorsi»). Si sarebbe dovuto spiegare il ruolo dell’amministrazione comunale, il rapporto tra sindaci e popolazione, le iniziative per la difesa della economia locale e in favore della «crociata per la solidarietà nazionale». Un manifesto nazionale «non votate più D.C», sarebbe stato accompagnato dalla raccolta del materiale per confrontare e contrapporre l’operato di due amministrazioni, una comunista e l’altra democristiana <502.
Non è però agevole esportare l’esperienza di Bologna e degli altri comuni dell’Italia centrale - i comuni «rossi» - in climi politici e sociali diversi. Più facile, forse, al nord o nelle zone più industrializzate <503; più arduo, invece, in Italia meridionale. La necessità di conquistare il consenso in una situazione difficile impone, innanzitutto, nuove tecniche di propaganda. L’apposita Commissione all’indomani del turno amministrativo settentrionale (14 giugno 1951) si preoccupa già di preparare materiale di propaganda «più semplice, più popolare» per le province meridionali. Nelle poche zone del sud dove si vota nel 1951 - come a Taranto - gli opuscoli sono «troppo prolissi». E, peraltro, se per gli impiegati o per il ceto medio «va bene un opuscolo» per i contadini sarebbero preferibili «un manifesto o un comizio di più» <504. Il partito, inoltre, sconta al sud serie difficoltà organizzative e la mancanza di quadri dirigenti. In Abruzzo mancano personalità in grado di «intendere esattamente una situazione e di dirigere autonomamente le masse» e di «individuare il nemico e seguirne l’azione, per batterlo o, quanto meno, neutralizzarlo» <505. Simile è la posizione di Giorgio Amendola che - al comitato federale campano e lucano del 30 giugno 1952 - si preoccupa del problema dei rapporti fra direzione federale e dirigenti di base. L’unica via è la «promozione» e l’«educazione» dei quadri sezionali e, soprattutto, di «nuovi» quadri operai, braccianti e contadini, con «un lavoro collettivo di educazione e di formazione» <506.
[NOTE]
434 Si tratta di un documento della Commissione elettorale centrale dal titolo «Istruzioni per gli ispettori (elezioni amministrative)» inviati nelle province, non datato ma dei primi mesi del 1951; IG, APC, mf. 332, ff. 687-698, qui 694-695
435 Cfr. Progetto di piano di lavoro della Commissione Enti locali per le elezioni amministrative in IG, APC, mf. 332, ff. 1289-1295, qui 1290-1291. La Commissione scuole del 5 e 6 dicembre 1952 (Roma) si conclude con un documento firmato da Edoardo D’Onofrio dal titolo «Per un grande sviluppo politico e ideologico dei quadri e dei militanti del partito» che afferma l’importanza della «preparazione politica e ideologica» e dello «studio individuale […] la chiave di tutto, come più volte indicato dal compagno Togliatti»; IG, APC, mf. 342, ff. 1817-1825 (sottolineato non mio). Alla fine del 1952 un partecipante al primo corso regionale del Lazio scrive in romanesco: «So quattroora de studio e de ricerca/ ’ndove tra libri e pezzi dè cartacce/se sprememmo er cervello ne la cerca/ de li principi boni pè guidacce/; C’è chi li trova, chi ce se ’nteressa/ chi ce se sperde e nun riesce tanto./ Subbito allora ’na persona lesta/ je dà n’aiuto, je se mette accanto/; La vedi tu la forza de ’sta scola?/ Ce sta ’na differenza da quell’antre/ ’ndove chi sa ’na cosa se consola/; de tenessela drento, de fregasse/ de chi più corta tene la statola/ pè fa bona figura e poi avantasse/»; IG, APC, mf. 342, f. 1429.
436 Il documento dà notizia di un «corso rapido» per amministratori organizzato a Milano nel novembre del 1953 e della durata di tre lezioni (il pomeriggio di un sabato e le domeniche successive) con l’obiettivo di «volgarizzare le norme che regolano l’amministrazione comunale, i poteri dei Sindaci e degli organi amministrativi provinciali»; ACS, MI, Gab., Partiti politici, 1944-1966, b. 49, f. 161/P/38; per un’altra scuola per amministratori organizzata a Modena alla fine del 1955 dalla Lega dei comuni, cfr. ibid.
437 Cfr. ACS, MI, Gab., Partiti Politici, 1944-1966, b. 47, f. 161/P/32.
438 Cfr. Corso pratico sugli enti locali per la leva dei quadri amministrativi, supplemento al n. 2 de «Il Comune democratico», la Stampa moderna, Roma 1951, p. 3. I capitoli, dopo l’introduzione dedicata a Il recente processo storico dei comuni, sono L’autonomia comunale; Gli organi del comune; Gli organi di controllo I tributi comunali Che cosa fa e che cosa può fare il Comune; I compiti dell’opposizione consiliare socialcomunista; Esperienze regionali; La Lega dei Comuni Democratici - Le consulte popolari; La municipalizzazione; La provincia.
439 Ibid.
440 Per le iniziative dei partiti della sinistra o dei partigiani della pace nelle diverse province italiane nel periodo precedente le elezioni amministrative - raccolta di firme contro l’uso della bomba atomica, manifestazioni, propaganda, stampa, petizioni, comizi, preparazione ai congressi internazionali - cfr. ACS, MI, Gab., Atti, 1950-1952, le buste dalla 27 alla 31; per un inquadramento generale, cfr. R. Giacomini, I partigiani della pace. Il movimento pacifista in Italia e nel mondo negli anni della prima guerra fredda, Vangelista, Milano 1984.
494 Ma anche i socialisti quando sono al governo - come accade a Genova dal 1946 - «superando i limiti di una concezione strettamente amministrativi» si sono impegnati «in ogni vicenda che minacci l’economia e la vita stessa della città» e nei problemi di interesse nazionale «essenziali all’avvenire del nostro Paese»; Programma per le elezioni amministrative del Comune di Genova, Partito Socialista Italiano, 27 maggio 1951, pp. 3-4. Altrove, gli orientamenti di politica generale sono espressi con «tutta franchezza» per evitare «che si sospettasse una nostra particolare furbizia quasi che con questo programma amministrativo noi volessimo evitare di dire chi siamo e come la pensiamo riguardo ai grandi problemi che poco hanno a che fare con l’amministrazione comunale, ma che tuttavia appassionano ed angustiano tutti gli italiani»; Programma del Partito Socialista Italiano per l’amministrazione del comune di Siena. Elezioni amministrative 10 giugno 1951, Tip. Combattenti, Siena maggio 1951, p. 4.
495 Cfr. Un libero comune, una città più bella e più grande: programma per il Comune di Bologna della lista Due Torri, S.T.E.B., Bologna 1951.
496 Per il verbale, le conclusioni (affidate a Luigi Longo), le risoluzioni e le mozioni del congresso, cfr. IG, APC, mf. 325, ff. 1986-2241; I problemi e le esigenze di tutta la popolazione base del settimo Congresso dei comunisti bolognesi, in «La Lotta», 14 dicembre 1950; Tracciata la via per la salvezza della Patria a fianco di ogni cittadino amante della pace, in ivi, numero speciale, 18 dicembre 1950. In generale, per la campagna elettorale nelle regioni settentrionali, cfr. Appunti per il piano di Propaganda per le elezioni amministrative, 13 gennaio 1951 (IG, APC, m. 332, ff. 873-878).
497 Per la campagna elettorale e i risultati cfr. Baldissara, Per una città più bella e più grande cit., pp. 132-146.
498 ACS, MI, Gab., Relazioni dei prefetti e dei carabinieri 1944-46/1950-52 [d’ora in avanti: Relazioni], b. 205, f. 13010. Si tratta della relazione del primo giugno 1951. Ad Arezzo, invece, l’8 maggio del 1951 il prefetto chiede il rinforzo di 100 uomini perché «attesa la particolare situazione politica di questa provincia, in cui quasi tutte le amministrazioni comunali sono rette da socialcomunisti, si prevede una lotta particolarmente accesa» e si vogliono «prevenire eventuali incidenti»; ACS, MI, PS, AA.GG.RR., 1951, b. 103.
499 Per i manifesti, entrambi delle dimensioni 100per70, cfr. www.manifestipolitici.it. Anche il secondo è disegnato da Bruno Canova.
500 Baldissara, Per una città più bella e più grande cit., p. 169
501 IG, APC, mf. 301, ff. 1811-1834, qui ff. 1811-1812.
502 IG, APC, 323, 517A-B; il documento è del 30 dicembre 1950.
503 Per un esempio, cfr. Per un Comune che chieda con più equità e distribuisca con più giustizia, 25 ottobre 1953 Elezioni amministrative a Vercelli. Programma e lista dei comunisti, Sateb, Biella 1953. Nel 1951, il Pci a Venezia utilizza un mezzo «economico e facile», le scritte sui muri, non «vaghe, inutili o sgrammaticate» ma «brevi, esteticamente ben formate, di facile e pronta intellegibilità, piazzate in punti strategici e ben frequentati. Mai offendere, mai volgarità (“Scelba assassino” non è la verità)». A Cremona bisogna «contrastare il passo ai democristiani nelle visite familiari. Il parroco si sa accede facilmente in tutte le case. Occorre trovare un compagno adatto che faccia lo stesso con qualsiasi motivo (perché esattore, controllore della luce o dell'acqua, perché richiamato a riparare un mobile ecc.)»; ACS, MI, Gab., Partiti politici, 1944-1966, b. 42, f. 161 P/11/1.
504 IG, APC, mf. 332, ff. 879- 902.
505 Come incominciare per realizzare la “svolta” in Abruzzo (destinato agli attivisti di federazione), (firmato: allievo G. Alessandrini), 13 novembre 1952; IG, APC, mf. 347, ff. 1569-1603. La segreteria regionale, il 12 giugno 1952, ha già sostenuto come la «debolezza» dei quadri rende l’azione del partito «discontinua […] limitata e convulsa» e per cui propone di seguire il corso regionale quadri organizzato a Bologna e di creare scuole nelle federazione abruzzese; IG, APC, mf. 347, ff. 1556-1557. Il 10 gennaio 1952, il comitato dell’Aquila afferma l’importanza di creare nel sud un partito a immagine e somiglianza del settentrione, «un partito d’avanguardia formato da uomini coscienti, consapevoli della loro funzione […] smetterla con le sezioni che aprono solo per le elezioni»; IG, APC, mf. 347, ff. 1627-1648, qui 1635.
506 IG, APC, mf. 347, ff. 2343-2386; è una riunione sull’esito elettorale.
Rosario Forlenza, L'Italia dei comuni. Politica e propaganda nelle elezioni amministrative del secondo dopoguerra (1946-1956), Tesi di dottorato, Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, 2008