lunedì 24 giugno 2024

Con Caveggia eravamo militari insieme a Camporosso

Camporosso (IM): poco a valle del centro urbano

Caprile Pietro “Bersaglio”. Bersagliere
Nato a Sanremo nel 1925. Dopo l’otto settembre 1943 viene forzatamente arruolato dalla R.S.I. ed inviato in Francia a Hières a lavorare per l’esercito tedesco. Dal gennaio del 1944 viene trasferito in Germania in un campo di lavoro e addestramento ad Oliberg. Qui aderisce al gruppo di addestramento della divisione Italia e con questa rientra in patria nella stessa primavera. Di nuovo in Francia sotto comando operativo tedesco (da ciò il successivo nome di battaglia “Bersaglio”), rientra in Italia nell’estate del 1944 dopo lo sbarco alleato in Provenza. Fuggito assieme a numerosi altri commilitoni nella zona di Salsomaggiore (Parma) entrerà nella Resistenza con la Brigata “Beretta”, che opera tra le provincie di Parma e Modena, dove resterà fino alla liberazione.
Redazione, Caprile Pietro, la corsa infinita

C. [Stefano Malatesta (Croce)] Bisagno [Aldo Gastaldi] è venuto con Lesta il 10 o il 12 di giugno in val Trebbia, quando abbiamo disarmato il gruppo dello Slavo [31]. Avevamo preso accordi con Bisagno per iscritto. C’era questa banda… Bisagno mi aveva chiesto se portare in appoggio un distaccamento dei nostri. Ma là c’era già Marco [32] con i suoi, che erano venuti dalla val Borbéra dove stavano prima che in val Borbéra arrivasse Scrivia; Scrivia in val Borbéra è arrivato dopo il rastrellamento di agosto.
GB. [Giambattista Lazagna (Carlo)] In val Borbéra siamo arrivati il 24 agosto, il secondo giorno della battaglia di Pertuso.
C. Noi eravamo sull’Antola, a Capanne di Carrega, e andando in giù, a Cabella avevo trovato, insieme a Marco, un ragazzo col quale eravamo stati militari insieme. Pensa che quando ci siamo incontrati, con questo Caveggia…
GB. Ah! Eliseo Cavecchia, "Tullio” [33].
C. Ci siamo parlati un quarto d’ora, venti minuti senza riconoscerci. Lui era conciato male, proprio male. Noi bene o male avevamo almeno un paio di scarpe; lui ne aveva un paio di gomma senza suola; il piede che gli perdeva sangue di sotto, la barba lunga, i capelli lunghi. Poi, dopo un po’ gli dico: "Sei Caveggia?”, e lui risponde: "E tu sei Malatesta?”.
M.  [Manlio Calegari] Era carabiniere, Cavecchia?
C. No. Carabiniere io sono passato dopo. A militare erano arrivate delle richieste, secondo le quali avevano bisogno di carabinieri e chi faceva la domanda poteva passare dall’esercito ai carabinieri. Io, tutte le mattine - eravamo a Camporosso - andavo a Ventimiglia con uno di Riva Trigoso, che aveva poi un negozio a Sestri Levante, e vedevo questo manifesto per il passaggio nei carabinieri. Allora facciamo la domanda. A lui, dopo un mese e mezzo, gli è arrivato l’ordine di tornare allo stabilimento di Riva Trigoso [34] dove già lavorava prima di andare sotto le armi. E così sono rimasto io. Avevo già fatto una richiesta di avvicinamento a casa - avevo mio padre da solo in casa - quando mi è arrivato l’ordine di trasferimento ai carabinieri. Il colonnello mi ha chiamato e mi ha detto: "Non ci vuoi proprio più stare qui. Prima hai fatto domanda per andare a Genova, e ora…”, e io rispondo: "E voi non me n’avete concessa una”. "Adesso ti hanno richiesto alla Legione di Genova, hai fatto una domanda…”, e mi ha mandato alla Legione di Genova.
Con Caveggia eravamo militari insieme a Camporosso. Quando Bisagno mi dice: "Vengo, che distaccamento ti porto?”, io gli ho risposto: "Guarda che qui c’è già un distaccamento con un comandante, Marco, che è un ufficiale dell’esercito, dell’aviazione, e ci conosco un amico, così faccio venire questi coi quali ormai ci siamo conosciuti”. Quando Bisagno è arrivato da noi, alla sera, con Lesta, io avevo il distaccamento di Tullio e di Marco già in val Trebbia, a Gorreto.
M. È in quella occasione che Bisagno ha conosciuto Marco?
[NOTE]
[32] Franco Anselmi (1915-1945); nato a Milano, ufficiale dell’Aeronautica militare, all’armistizio si trovò all’aeroporto di Cameri, presso Novara, dove si sottrasse alla cattura dopo che il comandante del campo, tenente colonnello Alberto Ferrario (genovese, n. 1904), si tolse la vita per non consegnarsi ai tedeschi. Anselmi raggiunse Dernice, in val Curone, luogo di villeggiatura della sorella, dove or­ganizzò uno dei primi gruppi partigiani dell’alessandrino, poi inquadrato nella divisione Cichéro nell’estate del 1944 con il nome di "battaglione Casalini”; in settembre fu nominato vice-comandante della brigata Oreste, in ottobre comandante della brigata Arzani, poi dispersa dal rastrellamento di dicembre. Arrestato a Milano il 30 gennaio 1945 ai funerali del padre, ritornò libero grazie ad uno scambio di prigionieri. Trasferito in Oltrepò pavese, fu capo di stato maggiore della divisione Gramsci, alla testa della quale il 26 aprile 1945 entrò a Casteggio, dove rimase ucciso nel corso dei combattimenti.
[33] Eliseo Cavecchia (1914-1969), di San Quirico, in val Polcevera; comandante di un distaccamento della banda di "Marco”.
[34] La militarizzazione della manodopera interessò numerosi stabilimenti industriali liguri, fra cui il Cantiere Navale di Riva.

Manlio Calegari, Intervista a Stefano Malatesta “Croce” (realizzata nella sua abitazione di Arma di Taggia il 3 agosto 1995, presente Giambattista Lazagna “Carlo”), Archivio della Divisione Partigiana “Coduri”

I repubblichini di Salò rientravano in fabbrica più rabbiosi ed arroganti che mai e per molti lavoratori fu giocoforza allontanarsi anche dalle loro case. Su consiglio di “Luigi” papà andò a lavorare per l’organizzazione TODT che assumeva personale per costruire opere di fortificazione sulla riviera e assieme a lui si trovava anche Ghirelli, il marito della Gigia.
Lavorarono per un po’ di tempo a Ventimiglia abbastanza tranquilli mentre a Genova l’organizzazione clandestina aumentava. La polizia fascista e la squadra politica di Veneziani cominciava ad infierire (infliggere) duri colpi, tutti i vecchi antifascisti erano ricercati e sorvegliati. Temendo di essere individuati dovettero quindi lasciare quel lavoro. Tornarono quindi a Genova dove Ghirelli fu arrestato insieme alla Gigia e dovettero subire violenze, processo e campo di concentramento.
Appena arrivato a Genova papà si diresse verso la casa in corso Firenze dove mi ero trasferita con la moglie di Scappini, in quel momento la Clara era già nelle mani dei tedeschi e la nostra abitazione era piantonata da una decina di giorni dai poliziotti che speravano operare di sorpresa qualche altro arresto.
Manlio Calegari, Intervista alla partigiana Angela Berpi “Marietta”, div. Jori, VI Zona Liguria, Archivio della Divisione Partigiana “Coduri”