sabato 29 maggio 2021

Marilyn (di Pier Paolo Pasolini)

Pier Paolo Pasolini - Fonte: Wikipedia

Marilyn


Del mondo antico e del mondo futuro
era rimasta solo la bellezza, e tu,
povera sorellina minore,
quella che corre dietro i fratelli più grandi,
e ride e piange con loro, per imitarli,
tu sorellina più piccola,
quella bellezza l'avevi addosso umilmente,
e la tua anima di figlia di piccola gente,
non ha mai saputo di averla,
perché altrimenti non sarebbe stata bellezza.
Il mondo te l'ha insegnata,
Così la tua bellezza divenne sua.
Del pauroso mondo antico e del pauroso mondo futuro
era rimasta sola la bellezza, e tu
te la sei portata dietro come un sorriso obbediente.
L'obbedienza richiede troppe lacrime inghiottite,
il darsi agli altri, troppi allegri sguardi
che chiedono la loro pietà! Così
ti sei portata via la tua bellezza.
Sparì come un pulviscolo d'oro.
Dello stupido mondo antico
e del feroce mondo futuro
era rimasta una bellezza che non si vergognava
di alludere ai piccoli seni di sorellina,
al piccolo ventre così facilmente nudo.
E per questo era bellezza, la stessa
che hanno le dolci ragazze del tuo mondo...
le figlie dei commercianti
vincitrici ai concorsi a Miami o a Londra.
Sparì come una colombella d'oro.
Il mondo te l'ha insegnata,
e così la tua bellezza non fu più bellezza.
Ma tu continuavi a essere bambina,
sciocca come l'antichità, crudele come il futuro,
e fra te e la tua bellezza posseduta dal Potere
si mise tutta la stupidità e la crudeltà del presente.
La portavi sempre dietro come un sorriso tra le lacrime,
impudica per passività, indecente per obbedienza.
Sparì come una bianca colomba d'oro.
La tua bellezza sopravvissuta dal mondo antico,
richiesta dal mondo futuro, posseduta
dal mondo presente, divenne un male mortale.
Ora i fratelli maggiori, finalmente, si voltano,
smettono per un momento i loro maledetti giochi,
escono dalla loro inesorabile distrazione,
e si chiedono: «È possibile che Marilyn,
la piccola Marilyn, ci abbia indicato la strada?»
Ora sei tu,
quella che non conta nulla, poverina, col suo sorriso,
sei tu la prima oltre le porte del mondo
abbandonato al suo destino di morte.

Pier Paolo Pasolini

Razionale e insieme passionale, anticonformista e piccoloborghese, decadente e al tempo stesso realista, Pasolini ha sempre vissuto nel segno della contraddizione, senza mai venir meno ai suoi ideali, proponendosi spesso con la sua «disperata vitalità» come coscienza critica di una società che ha mostrato di non saperlo accettare né capire fino in fondo. Incomprensione e rifiuto di cui in qualche modo la sua morte (1975) è tragica metafora.
Il suo esordio avviene a vent’anni, nel 1942, con la pubblicazione a Bologna, dove era nato nel 1922 e allora viveva, delle Poesie a Casarsa, quattordici componimenti in dialetto casarsese che mostrano già una maturità e una pienezza espressiva straordinarie, all’altezza della grande poesia in dialetto otto/novecentesca dei Tessa - Delio Tessa (1886-1939) poeta dialettale milanese -, dei Giotti - Virgilio Giotti (1885-1957) poeta dialettale triestino -, dei Firpo - Edoardo Firpo (1889-1957) poeta dialettale genovese -.
Casarsa è il paese della madre, e Pasolini sceglie il suo dialetto perché lo considera una lingua vergine in grado di evitare il degrado che quella italiana stava subendo, una lingua capace di esprimere sentimenti assoluti, di celebrare realtà e valori ormai persi nella «società dei consumi».
I paesaggi friulani che fanno da sfondo ai testi sono pertanto imbevuti di disperata nostalgia per un mondo arcaico fatalmente destinato a dissolversi, per l’innocenza primigenia che la modernità non salvaguarda.
Nel 1954 queste poesie entreranno a far parte di una nuova silloge in friulano, intitolata La meglio gioventù, ripresa vent’anni dopo nella raccolta La nuova gioventù (1974), dove negli ultimi componimenti al friulano si sostituisce l’italiano.
D’altronde sempre negli anni quaranta Pasolini aveva iniziato a comporre testi in lingua, che verranno però raccolti soltanto nel 1958 nella silloge L’usignolo della Chiesa Cattolica: qui al tema del rimpianto per la fine del mondo contadino il poeta accosta le prime rivelazioni sulle proprie scelte sessuali e sul travaglio che lo porta dal cristianesimo al marxismo.
Questa scelta di campo risulta ancora più evidente nel volume Le ceneri di Gramsci (1957) che comprende undici poemetti, per lo più in terzine, dove è protagonista il sottoproletariato romano (che avrà ancor più rilievo nei romanzi Ragazzi di vita (1955), Una vita violenta (1959) e nei film coevi Accattone (1961), Mamma Roma (1962), La ricotta (1963).
La produzione poetica prosegue con La religione del mio tempo (1961) e Poesia in forma di rosa (1964), dove con crescente asprezza Pasolini condanna l’ipocrisia e i falsi valori del mondo borghese, cui fu sempre ostile, ma da cui fu anche affascinato e inesorabilmente attratto.
L’ultima raccolta è Trasumanar e organizzar, edita nel 1971, che segna il definitivo rifiuto di ogni convenzione letteraria, nella convinzione che non vi sia ormai più posto per un pensiero che voglia «spiegare il mondo», perché la realtà può solo essere vissuta e mai interpretata razionalmente.
Pietro Sarzana in “Il Gallo” A. XL (LXX), n. 763, gennaio 2016, pp. 10-11