lunedì 22 agosto 2022

Il film di culto per eccellenza di questo periodo è "Un americano a Roma"



4.2.3. Anni '50: Il cibo nel genere comico napoletano e Sordi e il modello americano
In questo periodo si sviluppa la comicità cinematografica di Totò a Napoli, che vuole rappresentare un'Italia nuova, che con la fame può permettersi il lusso di giocare e di far sorridere il pubblico e una delle scene che meglio rappresenta l'uso del cibo nei sui film è quella di "Miseria e nobiltà" dove lo scrivano pubblico don Felice, e don Pasquale fotografo ambulante, vivono con le loro famiglia nello stesso povero quartiere alle prese con la miseria ma un giorno ricevono la visita del marchesino Eugenio, che innamorato della figlia di un arricchito un ex-cuoco, propone a don Felice e a don Pasquale di fingersi suoi parenti e di accompagnarlo travestiti, dal padre della fanciulla per chiederne la mano. I due compari accettano con entusiasmo di accompagnare il marchesino dall'ex-cuoco, che fa loro la più sontuosa accoglienza. Scoperto l'inganno a metter le cose a posto arriva il vero padre del marchesino, che è costretto a dare il suo consenso al matrimonio del figlio. Don Felice ritrova la moglie, dalla quale era separato e il figlioletto, e può ricostruire la propria famiglia.
In questa comica trama resta memorabile la scena dell'abbuffata di spaghetti (Figura 1.3) presi da Totò con le mani, mentre balla sul tavolo, e infilati nelle tasche della giacca come a volerne fare scorta. Molte altre sono le scene all'interno del film dove il cibo come il decennio precedente assume sempre il significato di elemento di nutrizione che scarseggia in quegli anni.

Figura 1.3, don Felice balla sulla tavola mangiando spaghetti, scena tratta dal film “Miseria e nobiltà”. Fonte: Eleonora Zanni, Op. cit. infra

Ma gli anni '50 sono anche gli anni del boom economico, in cui l'Italia industrializzata ed, inizia cosi una fase fatta di mezzi di locomozione, di vacanze al mare, di elettrodomestici che aiutano nel cambiamento della condizione femminile, di bibite gassate, di chewingum, di carni in scatola, di locali notturni.
Molti sono i film trovati durante la mia ricerca, che evidenziano questo nuovo modo di interpretare la società ed il cibo di quegli anni, come ad esempio "Il sorpasso" (Figura 1.4) in cui Gasmann percorre mezza Italia con la sua automobile sportiva, passando da un pasto consumato in motoscafo ad una colazione sulla spiaggia, qui il cibo non ha importanza in quanto tale ma a seconda del modo e del luogo in cui viene consumato, diventando uno status symbol.

Figura 1.4, tratta dal film “Il sorpasso”. Fonte: Eleonora Zanni, Op. cit. infra

Anche Fellini fotografa questa nuova Italia nel film "I vitelloni" (Figura 1.5) in cui Sordi e gli amici si aggirano tra caffè alla moda e feste mondane.

Figura 1.5, scena tratta dal film “I vitelloni”. Fonte: Eleonora Zanni, Op. cit. infra

Ma il film di culto per eccellenza di questo periodo è "Un americano a Roma" (Figura 1.6) in cui Alberto Sordi interpreta il ruolo di un giovane aspirante artista rapito dall'importazione dei modelli e dei miti americani di comportamento e tanta di "mangiare come gli americani" rinnegando gli spaghetti lasciati in caldo dalla madre ma alla fine della scena in cui Sordi dialoga con gli spaghetti, butta il cibo americano e torna agli spaghetti preparati dalla mamma, mettendo in scena una sorta di inno gastronomico all'italianità e alla famiglia.

Figura 1.6, la scena ritrae Alberto Sordi che si abbandona ad un piatto di maccheroni, tratta dal film “Un americano a Roma”. Fonte: Eleonora Zanni, Op. cit. infra

4.2.4. Gli anni '60: La dolce vita
Gli anni '60 sono uno spartiacque tra il boom economico degli anni '50 e la crisi sociale che arriverà negli anni '70 e nascono in questo periodo i film di denuncia sociale, sebbene ancora non espliciti come "La dolce vita" di Fellini (Figura 1.7), in cui dietro al titolo allegro vi è invece un film tragico in cui per volere del regista il cibo è volutamente assente e l'unica eccezione è lo champagne cioè un non-cibo, quindi inconsistente come la vita dei personaggi che animano le feste romane descritte nel film. L'assenza del cibo sembra voler avvisare che se si abbandonano i valori familiari e morali, di cui il cibo è portavoce (significato dato al cibo in quegli anni), si andrà a finire male.

Figura 1.7, scena tratta dal film “La dolce vita”. Fonte: Eleonora Zanni, Op. cit. infra

Fellini pochi anni dopo torna con "8 e ½" (Figura 1.8), dove un uomo sui quarantacinque anni trascorre un periodo di riposo in una stazione climatica di cura e la forzata pausa si risolve in una specie di bilancio generale della sua esistenza fatto di rapporti con personaggi reali e di fantasticherie, ricordi, sogni, che si inseriscono all'improvviso negli avvenimenti concreti delle sue giornate e delle sue notti. La paura della vecchiaia e della morte, gli si rivelano attraverso immagini in cui egli vede se stesso morto, mentre intorno, la vita continua senza di lui. E tutto questo non fa che rendere consapevole quello smarrimento che egli si portava dietro da anni e che le cure della esistenza quotidiana e del lavoro avevano in parte mascherato.

Figura 1.8, scena tratta dal film “8 e mezzo” in cui Sandra Milo mangia il pollo con le mani. Fonte: Eleonora Zanni, Op. cit. infra

Qui Fellini compie una diversa operazione gastronomica, infatti ad essere assente volutamente è solamente la pasta perché simbolo secondo lui, del convivio familiare, della trasmissione dei valori morali cattolici, ed è esclusa per far spazio al pollo arrosto. Il nuovo cibo felliniano è dunque il cibo proibito, che rimanda al peccato, alla tentazione, un cibo laico e pagano che può sfamare la voglia di libertà e di libertinaggio degli anni '60.
4.2.5. Gli anni '70: La crisi dei valori sociali
Sono gli anni della crisi economica, sociale, dei valori e della famiglia. Chi meglio rappresenta questo periodo cosi buio è Marco Ferreri definito il regista del cibo, che nei suoi film non manca mai ed anzi è sempre al centro dei suoi film.
L'accoppiata cibo/morte e l'ossessione per il cibo, nelle sue infinite sfaccettature, è onnipresente. Nei suoi film il cibo non è più né cibo, né nutrimento, né sintomo di benessere o ricchezza ma è assunto come il simbolo del disagio, dell'aggressività, sia dell'uomo in quanto tale, sia del decennio in cui vivono i suoi personaggi.
Il cibo in questi anni è portatore di significati negativi, di eccesso e disagio ed infatti molti dei film prodotti in questi anni rientrano nella categoria “Parlare” dove il cibo rappresenta un mezzo di comunicazione per comunicare un disagio sociale generale in cui la società si trova nuovamente.
Ferreri arriva nel 1973 con il capolavoro "La grande abbuffata" in cui mette in scena una lotta tra il cibo e l'uomo, in cui l'uomo soccomberà tristemente [...]
Eleonora Zanni, Il ruolo del cibo nella rappresentazione cinematografica: tra cucinare e mangiare, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Pisa,  Anno Accademico 2014-2015