martedì 16 agosto 2022

Questi croati vanno avanti e indietro dal Vaticano varie volte la settimana


[...] Giudicata dallo stesso Hudal come la tappa principale del canale di fuga italoargentino, la “via di Genova” era gestita dall’Arcivescovo dell’omonima città Giuseppe Siri <21, fondatore di altri due enti che si occupavano dei fuggiaschi: il Comitato Nazionale per l’Emigrazione in Argentina, nato nel 1946 e quello diocesano Auxilium, nato nel 1931. Originariamente ente di assistenza, umanità e beneficienza per i poveri, a partire dal 1946, l’Auxilium allargò il proprio campo d’azione all’assistenza di profughi e emigranti italiani e stranieri. Siri ne aprì una nuova sede vicino alla Chiesa di San Teodoro, non a caso collegata alle banchine del porto tramite corridoi sotterranei. A conferma delle attività clandestine svoltesi presso la parrocchia di San Teodoro, è da citare la testimonianza di don Bruno Venturelli, rilasciata a Giovanni Maria Pace, autore di “La via dei demoni”. Fiduciario dell’allora vescovo Giuseppe Siri e parroco della già citata Chiesa, egli fu, per sua stessa ammissione, traghettatore di nazisti verso il Nuovo Mondo e si rese protagonista di altre iniziative “umanitarie” non proprio ortodosse, il tutto con il beneplacito del Monsignore. Ad avvalorare le dichiarazioni di Venturelli è da ricordare l’intervista televisiva del 1994 al francese William Guyendan de Roussel, ministro della Cultura nel governo di Vichy. Fu proprio grazie all’aiutante di Siri che questi riuscì a fuggire in Argentina. <22 Nella struttura di San Teodoro, tra il 1946 e il 1951, operarono altri cinque sacerdoti, tra cui il prete croato Petranovic, elemento di contatto tra gli ecclesiastici di Genova e l’organizzazione salva-nazisti di Peròn.
[NOTE]
21 G.M. PACE, La via dei demoni, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2000, pp. 1-32; A. CASAZZA, La fuga dei nazisti: Mengele, Eichmann, Priebke, Pavelic da Genova all’impunità, Il Melangolo, Genova, 2007, pp. 127-144.
22 G.M. PACE, op.cit., pp. 33-52.
Livia Zampolini, Operazione ODESSA: la svastica e la croce. Complicità nella fuga dei criminali nazisti verso il santuario argentino, Tesi di Laurea, Università LUISS “Guido Carli”, Anno Accademico 2012-2013

L’organizzazione Odessa come tale fu una struttura molto complicata in quanto, sebbene fosse stata creata come un’idea univoca, ebbe poi talmente tante ramificazioni che si poté parlare di diverse Odessa a seconda dei Paesi che maggiormente usufruiranno delle sue vie: sicuramente quella creata da alcuni esponenti della Chiesa è stata quella che ha creato le basi in chiave anti-comunista, ma poi gli eventi portarono l’Argentina, la Russia, gli Stati Uniti e l’Inghilterra ad utilizzarle e a diversificarle.
Si può dire che il Vaticano fu il primo Paese ad entrare in contato con l’Odessa originale (quella creata a Strasburgo presso la Maison Rouge dai principali esponenti del Partito Nazista), ne abbia raccolto l’eredità e l’abbia messa in pratica. Con il passare del tempo questa si ampliò ed inizio a ramificarsi ed a costituire altre Odessa che, nonostante avevano per forza di cose dei legami strettissimi con l’Odessa del Vaticano, avevano degli obbiettivi precisi e diversi da quelli originali (fuga e creazione di un nuovo Reich).
Quindi, la mia idea (comprovata da un minuzioso studio dei documenti) è quella che ci sia stata 1) un’Odessa originale (stabilita sulla carta ed in linea più teorica a Strasburgo), 2) un’erede diretta di essa, quella del Vaticano, che ne ha messo in pratica i principi modificandoli in parte ed è evoluta creando una 3) proliferazione di altre Odessa, generando nuove sub organizzazioni che hanno sempre mantenuto un contatto con la prima Odessa soprattutto a livello strutturale.
Come vedremo, successivamente, mi soffermerò soprattutto su quella di Perón e su quella che, a mio avviso, è stata l’ultima erede dell’Odessa originale ossia l’Operazione Paperclip degli Stati Uniti (anche se ha usato canali tutti suoi è accomunabile ad Odessa per alcune caratteristiche peculiari simili. Va, però, sottolineato che è sorta e si è sviluppata in chiave anti Odessa allo scopo di sottrarre i migliori scienziati all’Argentina ed URSS).
Intanto, vorrei continuare a mostrare la struttura della rete del Vaticano da cui tutte le ramificazioni derivano, ripercorrendo e mostrando anche come l’URSS abbia utilizzato tale Organizzazione per i propri fini e che, per un'altra faccia della medaglia, costituisce l’Odessa russa, a mio avviso.
[...] Lo stesso storico della Chiesa, padre Graham, ammise i collegamenti di Draganović con il brutale regime fascista croato: “Non ho dubbi sul fatto che Draganović si desse moltissimo da fare per aiutare i suoi amici croati ustascia a fuggire <169”.
Era molto importante, così come per tutta la struttura di Odessa nel suo insieme, il collegamento del prete croato con il sottosegretario di Stato, il cardinal Montini. Costui, così come avvenne con Hudal, diede la possibilità a Draganović di visitare i campi profughi e di prigionia in cui erano presenti persone bisognose di aiuto: infatti, il suo Comitato Centrale della Confraternita di San Girolamo venne riconosciuto dalla PCA come organismo di aiuto ed assistenza dei profughi. Il tutto, fu, però coadiuvato dagli importanti contatti che il prete croato aveva tessuto fino a quel momento in Germania, Austria ed Italia. In quest’ultimo Paese, il prete croato strinse un importante accordo con il funzionario del Ministero degli Interni e Capo del Servizio Segreto Italiano, Migliore, che fu funzionale per l’accesso a certi campi rifugiati e di prigionieri. I componenti del suo Comitato di assistenza erano dei veri e propri agenti ed i principali erano: il presidente e rettore dell’Istituto, Juraj Magjerec, il vicepresidente e tesoriere, padre Dominik Mandić, oltre ad altri monsignori che risiedevano a San Girolamo <170.
Oltre ad essi c’erano anche altri importanti collaboratori. Uno di essi era padre Vilim Cecelja che fungeva da ponte di collegamento tra Austria e Roma. Fu viceparroco militare degli Ustascia dove ricoprì il ruolo di tenente colonnello e celebrò la cerimonia del giuramento di Pavelić impartendo la benedizione della Chiesa. Solo nel 1944 abbandonò la sua carica per raggiungere Vienna, dove in via ufficiale, avrebbe dovuto occuparsi dei soldati croati feriti. Realmente, il suo ruolo fu quello di preparare una via di fuga sicura in modo da poter, nell’eventualità di una quasi certa sconfitta, garantire un rifugio sicuro ai suoi commilitoni. Fu così che fondò il Comitato locale della Croce Rossa Croata come copertura ideale alle sue attività: “Avevo il compito di fornire documenti alle persone che avevano perduto i propri. Disponevo di moduli di domanda della Croce Rossa a pacchi <171”, attraverso i quali forniva una nuova identità, un nuovo nome e storia da presentare in modo da essere più credibile per ottenere i documenti falsi.
Il 19 ottobre del 1945, padre Cecelja fu arrestato dal CIC ed il Vice Capo di Stato Maggiore del Servizio Segreto dell’Esercito USA disse di lui: “Ha messo a repentaglio la sicurezza delle forze di occupazione, come pure gli obbiettivi del governo militare. È il capo ustascia nella regione e protegge i membri del movimento ustascia a Salisburgo [dove nel frattempo si era trasferito e catturato]” <172.
Il Governo Jugoslavo ne chiedeva l’estradizione ma, alla fine, grazie anche all’arcivescovo Stepinac fu addirittura rilasciato. Gli Alleati capirono, anche a partire da questo momento, che figure come Cecelja potevano servire al loro scopo: fronteggiare il sempre più forte comunismo.
Anche gli inglesi sapevano della rete di Draganović come si può leggere in una lettera ufficiale: “Il nucleo di tutta l’attività ustascia è la Confraternità di S.Girolamo a Roma <173”. Infatti, Cecelja ammise come il suo ruolo nella Ratline di Draganović fosse funzionale a tutta l’organizzazione che partiva da San Girolamo, quando affermò che operava “registrandoli ed offrendo loro cibo, alloggio e documenti di immigrazione, nonché l’opportunità di spostarsi per il mondo fino in Argentina, in Australia e in Sudamerica. Ricevevo i documenti dalla Croce Rossa <174”.
È importante sottolineare, così come vedremo più approfonditamente in seguito, che Draganović amministrava i fondi di Odessa. Il servizio segreto degli USA stabilì che era un “fidato seguace di Pavelić. […] Gli venivano affidati […] tutti i valori […] introdotti di contrabbando dagli Ustascia <175”.
Il Servizio Segreto Inglese appurò che:
"Nell’estate del 1945, Draganović fece personalmente un giro dei campi in cui erano stati degli ex-componenti delle forze armate e delle organizzazioni politiche ustascia. Avviò ben presto un’intensa attività politica e prese contatto con i principali rappresentanti ustascia. In questo era assistito da altri sacerdoti croati, con l’aiuto dei quali si mantennero stretti rapporti tra la Confraternita di San Girolamo e i gruppi ustascia in tutta Italia e anche Austria. Ciò condusse alla formazione di un servizio di spionaggio politico che permise alla Confraternita di raccogliere resoconti e dati sulle tendenze politiche tra gli emigrati. È altresì probabile che le informazioni apprese da questi rapporti venissero poi trasmesse al Vaticano" <176.
Un altro personaggio importante nella squadra croata fu padre Dragutin Kamber, brutale responsabile di alcuni dei peggiori omicidi di massa attuati dalla Croazia Ustascia. È estremamente significativo il documento del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti che elencando gli appartenenti al Comitato per la Salvezza del Professore Draganović (creatosi dopo la sua cattura da parte del Governo jugoslavo nel 1967), nomini proprio padre Kamber: il legame nato durante e, soprattutto, dopo la Seconda Guerra Mondiale fu talmente forte che a distanza di venti anni, Kamber voleva ancora aiutare il suo strettissimo collaboratore <177.
La carriera violenta di Kamber iniziò dopo l’invasione dell’Asse, quando fu posto a capo dell’amministrazione ustascia nella città di Doboj ed uno dei primi provvedimenti che mise in atto fu la creazione di un campo di concentramento. Inoltre, istituì delle leggi simili a quelle razziali dei governi filo nazisti come quella che obbligava gli ebrei di portare una fascia gialle e i serbi una bianca.
Successivamente “proclamò che i serbi e gli ebrei dovessero essere sterminati, in quanto dannosi per lo Stato Ustascia178”. A Doboj compì arresti in massa e mandò i serbi nei vari campi di concentramento creati sotto Pavelić. Molti altri, soprattutto sacerdoti e maestri serbi, vennero brutalmente uccisi.
Il Console inglese a Zagabria concluse che Kamber aveva “stretti contatti con la Confraternita di San Girolamo” e che forniva informazioni direttamente dalla Croazia al centro operativo di San Girolamo <179.
Dominik Mandić, rappresentante ufficiale del Vaticano presso San Girolamo, era il membro della Confraternita e di Odessa e si occupava del rilascio delle carte d’identità false che venivano stampate in una tipografia francescana grazie anche alla stretta collaborazione di alcuni membri del servizio segreto italiano <180. Rispetto a ciò il servizio segreto inglese che stava indagando sulle attività illecite disse: “Esistono prove incontrovertibili che, in questo modo, sono state rilasciate, sotto nomi completamente falsi, carte d’identità della Confraternita di San Girolamo ad alcuni dei più famigerati criminali di guerra, permettendo loro di ottenere permessi di residenza italiani, visti e altri documenti allo scopo, quindi, di fuggire all’estero <181”.
Molto rocambolesca fu la missione dell’agente del CIC, Robert Mudd, che riuscì a far penetrare all’interno della Confraternita un suo agente in incognito nel 1947.
"Per poter entrare in questo monastero, bisogna sottoporsi ad una perquisizione personale per verificare se si è in possesso di armi o di documenti, si deve rispondere a domande sulla propria provenienza, sulla propria identità, su chi si conosce, su quale sia lo scopo della propria visita e come si sia venuti a sapere della presenza di croati all’interno del monastero. Tutte le porte che mettono in comunicazione stanze diverse sono chiuse e quelle che non lo sono hanno di fronte una guardia armata e c’è bisogno di una parola d’ordine per andare da una stanza all’altra. Tutta la zona è sorvegliata da giovani ustascia armati in abiti civili e ci si scambia continuamente il saluto ustascia" <182.
All’interno del monastero-rifugio, l’agente del CIC riuscì ad identificare molteplici criminali di guerra croati latitanti come il tenente colonnello Ivan Devčić, il vice ministro degli Affari Esteri Vjekoslav Vrančic, il ministro del Tesoro dello Stato Croato Dragutin Toth, il ministro delle Corporazioni Lovro Sušić, il ministro dell’Educazione Mile Starčevic, il generale dell’aviazione Dragutin Rupčić, il generale ustascia Vilko Pečnikar, il ministro dei Trasporti Josip Marković ed il comandante capo dell’aviazione Vladimir Kren <183.
Fu scoperto proprio, attraverso questa missione, che Pavelić si stesse nascondendo a Roma in via Giacomo Venezian 17c e che Draganović avesse assegnato dei nomi falsi con relativi documenti a tutti coloro che cercavano una via di fuga con la complicità del Vaticano; infatti si legge in una descrizione di Mudd:
"Questi croati vanno avanti e indietro dal Vaticano varie volte la settimana, a bordo di un’automobile con autista la cui targa reca le iniziali CD, Corpo Diplomatico. Questa automobile esce dal Vaticano e scarica i suoi passeggeri all’interno del monastero di San Girolamo. A causa dell’immunità diplomatica, è impossibile fermare l’automobile e scoprirne i passeggeri. La protezione offerta da Draganović a questi croati collaborazionisti fa sì che lo si ricolleghi decisamente all’intento, da parte del Vaticano, di tutelare i nazionalisti ustascia finché non siano in grado di procurarsi i documenti necessari per andarsene in Sudamerica" <184.
Nel quadro della rete del Vaticano è stata fondamentale la città di Genova (anche se lo sarà, allo stesso modo, per l’Odessa di Perón e lo fu anche per i Nazisti riuniti alla Maison Rouge).
Nel capoluogo ligure un altro prete croato era alla base dei contatti: monsignor Karlo Petranović.
Durante un’intervista nel 1989 con gli autori del libro Ratlines, Aarons e Loftus, il prete ha ripercorso momenti della sua vita quando per esempio si trovava a Topusko (a sud di Zagabria), durante tutta la durata del Conflitto, come cappellano dell’esercito e disse di “non ricordare le atrocità avvenute in quel distretto. [Avevo] udito voci relative al fatto che stavano morendo delle persone; c’erano un paio di ebrei a Ogulin, ma non so cosa sia accaduto loro, semplicemente scomparvero <185”.
Tuttavia, il programma di sterminio di ebrei e serbi da parte del regime Ustascia era, comunque, pubblico e le vicende legate ai luoghi dove lavorava il prete erano ben conosciute, tant’è che la Jugoslavia, nel 1947, chiese la sua estradizione agli inglesi.
Egli divenne un fattore molto importante nella politica locale del regime ustascia, in quanto era incaricato di decidere della vita e della morte dei serbi di Ogulin e del distretto circostante. Come dimostrano le prove, tale politica consisteva nel seminare terrore tra la popolazione serba completamente innocente e si risolse nello sterminio di circa duemila serbi locali. In aggiunta a questi crimini, il comitato ustascia di Ogulin, di cui Petranović era funzionario, fu responsabile dell’invio di centinaia di serbi e croati ai campi di concentramento degli ustascia, cosa che si concluse con lo sterminio della maggior parte di queste persone <186.
Inoltre, è lo stesso giornale ufficiale ustascia, Novi List, a comunicare la nomina del prete croato “alla carica di pobočnik [aiutante militare] del campo di distretto di Ogulin <187”.
Sempre durante l’intervista, Petranović ammise e spiegò il suo ruolo all’interno dell’Organizzazione Odessa [...]
[NOTE]
169 Intervista a padre Graham, 15 aprile 1985, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratline, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 98
170 Father Krunoslav Draganović. Past Background and Present Activity, 12 febbraio 1947, NARA, RG 319, 631/31/52-54/1-4, schedario 107, Goñi, U. op. cit
171 Intervista a Vilim Cecelja, Maria Pline, 23 maggio 1989, Goñi, U. op. cit
172 Nota del 26 febbraio 1947, NARA, RG 319, Deposito di documenti investigativi, dossier su Cecelja, XE 006538, Goñi, U. op. cit
173 Memorandum on the Ustasa Organisation in Italy, accluso in una lettera di Maclean a Wallinger, 17 ottobre 1947, PRO FO 371 67398, Goñi, U. op. cit
174 Intervista a Vilim Cecelja, Maria Pline, 23 maggio 1989, Goñi, U. op. cit
175 Memorandum on the Ustasa Organisation in Italy, accluso in una lettera di Maclean a Wallinger, 17 ottobre 1947, PRO FO 371 67398, Goñi, U. op. cit
176 Nota jugoslava del 23 aprile 1947, PRO FO 371 67376, Goñi, U. op. citù
177 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116fd, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 21 maggio 1968
178 Nota jugoslavia del 23 aprile 1947, PRO FO 371 67376, Goñi, U. op. cit
179 Allegato alla lettera della Commissione Speciale per i Profughi al Foreign Office del 23 ottobre 1947, PRO FO 371 67398, Goñi, U. op. cit
180 Nota del Ministero degli Affari Esteri del 2 novembre 1945, Archivio del Ministero per gli Affari Esteri, Affari politici (Iugoslavia), 1946, Busta 1, fascicolo 3, Esponenti del cessato regime ustascia in Italia; rapporto del Ministero dell’Interno (polizia di Roma) del 9 luglio 1946, accluso alla nota del Ministero per gli Affari Esteri del 30 luglio 1946, Archivio del Ministero per gli Affari Esteri, Affari politici (Iugoslavia), 1948, Busta 33, fascicolo 3, Attività di iugoslavi contrari al regime di Tito in Italia
181 Memorandum on the Ustasa Organisation in Italy, accluso in una lettera di Maclean a Wallinger, 17 ottobre 1947, PRO FO 371 67398, Goñi, U. op. cit
182 Nota del 12 febbraio 1947, tratta dal dossier su Draganović e Pečnikar in possesso del CIC ed ottenuta a seguito dello US FOIA, pp. 38-40, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 110
183 Nota del 12 febbraio 1947, tratta dal dossier su Draganović e Pečnikar in possesso del CIC ed ottenuta a seguito dello US FOIA, pp. 38-40, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 111
184 Nota del 12 febbraio 1947, tratta dal dossier su Draganović e Pečnikar in possesso del CIC ed ottenuta a seguito dello US FOIA, pp. 38-40, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 111

Luca Mershed, L'Operazione Odessa e la diffusione del nazismo in Argentina e nelle Americhe, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Roma La Sapienza, Anno Accademico 2018-2019