[NOTE]
31 Dizionario Biografico degli Italiani, cit.
32 Giovanni De Luna, Storia del Partito d’Azione, 1942-1947, Editori Riuniti, Roma, 1997, p. 296
Sergio Grom, Coerenza e attualità della vita e del pensiero di Riccardo Lombardi, Tesi di Laurea, Università degli Studi Roma Tre, Anno Accademico 2006-2007
Il Partito Repubblicano Italiano (PRI), come anche quello socialista, vide nel 1947 un anno che lo portò a ridefinire i propri equilibri interni. In gennaio la dirigenza del partito indisse il XIX congresso nel quale si discusse la linea che il gruppo parlamentare avrebbe dovuto tenere alla luce anche della crisi di governo che si prospettava. Alla riunione del partito emersero due linee principali, una incline ad una compartecipazione governativa con il PCI e una più tendente verso un distaccamento dallo stesso. Un sostegno al PCI avrebbe significato dare fiducia al tripartito nonostante le grosse incompatibilità di visioni tra la sinistra e la DC, specialmente sugli aspetti economici. Prospettiva che trovava in forte disaccordo una buona parte del partito repubblicano, la quale credeva che la mancanza di un vero programma politico economico delle sinistre fosse la causa principale dell’inefficienza del III ministero De Gasperi.
Il PRI credeva che in quel periodo il governo italiano dovesse affrontare gravi problemi che scaturivano dall'esigenza di rimettere in sesto il sistema produttivo e limitare il dilagare dell’inflazione postbellica. Proprio il PRI, attraverso uno dei suoi massimi esponenti, Ugo la Malfa, <26 fu tra i primi a portare all’attenzione dell’Assemblea costituente i preoccupanti problemi di politica economico finanziaria che dovevano assolutamente essere affrontati per poter garantire lo sviluppo e l’integrità della repubblica. L’ideale fondante dello stesso partito era proprio quello di mantenere al sicuro la Repubblica Italiana. In questo senso, il partito si riallacciava alle tradizioni della democrazia repubblicana del Risorgimento quando era stato espressione della ragione. La divisione del mondo tra oriente e occidente rendeva necessaria una scelta di campo, altrimenti si sarebbe messa in pericolo la stessa sopravvivenza della repubblica. L’Italia non si era ancora schierata e con la particolare situazione in cui al governo vi era ancora una coalizione antifascista che raggruppava partiti differenti sia di centro che di sinistra, rischiava di rompere l’unità nazionale e aprire a scenari incerti e pericolosi. Il PRI si rifiutava di dividere il mondo, piuttosto avrebbe voluto cercare di ricucire gli strappi che potevano porre in pericolo la democrazia italiana, proponendo di creare una cosiddetta zona di equilibrio che cercasse di evitare lo scontro ideologico e conservare uno sguardo pragmatico. Il fatto che le elezioni politiche del 2 giugno 1946 non avessero dato all’Italia una maggioranza per il governo e una minoranza per l’opposizione, creò il presupposto per la creazione di un governo di coalizione poiché nessuno era abbastanza forte per governare da solo. Di fatto, determinando da parte della DC e delle sinistre una cristallizzazione delle proprie ideologie. La DC si allontanò sempre di più dall’ala sinistra del proprio partito, segnando uno scivolamento delle proprie politiche verso la destra. Il PRI era convinto che questo scivolamento fosse una necessità, che fosse una risposta dettata dalle circostanze critiche in cui versava il paese. Per forza di cose la risposta ai bisogni determinati dai problemi finanziari, economici, politici e sociali e i programmi politici doveva prendere una posizione, se non di destra, quantomeno avversa alle idee delle sinistre, troppo carenti per poter rispondere prontamente alle difficoltà. Dopo il congresso di gennaio le conclusioni a cui giunse la direzione del PRI furono all’insegna del garantismo con l’intento di tutelare la sopravvivenza della repubblica. La linea che decise il partito fu divisa in due fasi: una prima negativa seguita da una positiva. Vista l’impossibilità del governo tripartito di proseguire il proprio mandato perché rifletteva due ideologie che non riuscivano a lavorare per il bene del paese, i repubblicani si espressero con la contrarietà a questo governo, ma manifestando anche la propria disponibilità alla costruzione di un nuovo governo. Un nuovo governo che comprendesse oltre alla DC una cosiddetta piccola intesa composta dal PRI, PSLI e altri piccoli partiti che facessero l’interesse del paese.
26 Ugo La Malfa (Palermo, 16 maggio 1903 - Roma, 26 marzo 1979) è stato un politico italiano. Con un passato antifascista, fu tra i fondatori del Partito d'Azione nel 1942 e ministro dei trasporti sotto Ferruccio Parri. Eletto nel 1946 all’Assemblea costituente nelle file della Concentrazione Democratica Repubblicana, da lui fondata con lo stesso Parri, portò il partito a confluire nel Partito Repubblicano Italiano nel medesimo anno.
Tommaso Cortivo, Politiche ufficiali ed ufficiose condotte dall’Italia nel biennio 1947/1948 al confine orientale, Tesi di Laurea, Università Ca' Foscari Venezia, Anno Accademico 2019/2020
«A partire dalla seconda metà del 1947, De Gasperi avrebbe dato vita a un modello politico e istituzionale basato proprio sulla esatta corrispondenza tra i rapporti di forza esterni e la configurazione interna al partito dei cattolici» <86. Tale modello politico aveva una struttura tripolare: la governabilità veniva costruita e bloccata al centro in assenza di alternanza. Al di fuori di quest’area si trovavano le forze politiche su cui pesava la conventio ad excludendum: Pci e Psi da un lato, Pnm (Partito nazionale monarchico) e Msi (Movimento sociale italiano) dall’altro. Sebbene questi partiti fossero stati ideologicamente delegittimati, essi mantenevano comunque un legame con la maggioranza. Dal momento che ogni tendenza politica presente nel sistema italiano veniva riprodotta all’interno della Dc, anche le forze politiche escluse dall’area di governo avevano la possibilità di essere rappresentate, sebbene in maniera indiretta. Infatti, la presenza all’interno della compagine governativa di due mezze ali di sinistra (Psdi e Pri) e della mezza ala di destra (Pli), garantiva un collegamento sia verso l’opposizione socialista e comunista che verso la destra monarchica e missina. La Dc invece, collocata al centro, assicurava un lavoro continuo di mediazioni per soddisfare le diverse istanze. «L’appoggio della sinistra repubblicana e socialdemocratica e della destra liberale permetteva a De Gasperi di avviare la stabilizzazione recuperando tanto il riferimento all’anticomunismo quanto il riferimento all’antifascismo ma privandoli delle loro tinte rivoluzionarie o reazionarie» <87.
In questo perfetto gioco di equilibri, dove la pluralità di istanze e tendenze rappresentavano un punto di forza, l’affermazione di progetti politici alternativi sarebbe risultata residuale.
[NOTE]
86 V. Capperucci, La «destra» democristiana, in G. Orsina (a cura di), Storia delle destre nell’Italia repubblicana, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2014, pag. 51.
87 Ivi, pag. 52.
Veronica Murgia, La politica come missione. Alcide De Gasperi, uomo e politico, Tesi di laurea, Università LUISS "Guido Carli", Anno accademico 2014/2015