giovedì 17 agosto 2023

Il 2 settembre 1981 la sezione feriale della corte di Cassazione spostava a Roma tutto ciò che riguardava la vicenda P2


La scoperta della Loggia P2 aveva portato ad un'aspra polemica tra magistratura e classe politica. Protagonisti di questo contrasto erano stati soprattutto gli esponenti del Partito socialista come Francesco Forte, responsabile economico del partito, ma anche Dino Felisetti e Rino Formica. Federico Mancini, membro in carica del Csm, aveva definito irresponsabili e politicizzati i magistrati milanesi che avevano scoperto lo scandalo P2, introducendo nel dibattito parlamentare il tema della responsabilizzazione politica del pubblico ministero <320.
Il Consiglio superiore della magistratura il 23 luglio 1981 aveva dedicato una delle sue prime sedute al tema dell'indipendenza della magistratura. Il presidente Pertini, nel suo intervento iniziale, aveva letto un testo nel quale venivano indicati i principi fondamentali del rapporto tra libertà di critica e tutela dell'indipendente esercizio dell'attività giudiziaria <321: nessuno spazio a chiusure corporative ma anche un monito a chi pensava al Csm come stanza di raffreddamento delle iniziative che investivano settori del potere <322.
Le accuse di politicizzazione mosse contro la magistratura erano tuttavia cessate quando tutti gli atti riguardanti la P2 erano stati sottratti alla Procura milanese. Con un documento di 9 pagine, il 20 giugno 1981 il sostituto procuratore di Roma Domenico Sica si era proclamato "competente" anche per i procedimenti della Procura di Milano e di Brescia, e ordinava ai suoi colleghi la riunione di tutti i processi nelle sue mani. <323
L'ordine riguardava le istruttorie su Gelli in corso a Milano e l'inchiesta di Brescia relativa ad interferenze e alle deviazioni per salvare il banchiere Roberto Calvi dalle conseguenze della colossale esportazione di capitali. Nell'inchiesta erano coinvolti l'ex vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura, Ugo Zilletti e il Procuratore capo della Repubblica di Milano, Mauro Gresti.
Il documento di Sica partiva dall'inchiesta sull'assassinio Pecorelli del marzo 1979 per rammentare che documenti relativi a Licio Gelli e alla P2 erano stati ritrovati fin da allora. Pecorelli aveva infatti un appunto da cui risultava che "Gelli era stato officiato per interferire nella nomina del comandante generale dell'Arma dei Carabinieri e che la massoneria voleva il processo a carico di Vito Miceli per consentirgli di attaccare pubblicamente l'on. Giulio Andreotti". <324
L'azione della Procura romana aveva portato ad un vigoroso attacco mediatico. Domenico Sica nel suo documento aveva omesso di spiegare perché tali documenti erano rimasti a riposare per anni saltando fuori solamente dopo che i giudici milanesi Giuliano Turone e Gherardo Colombo avevano sequestrato parte dell'archivio di Gelli <325. Franco Scottoni, su "Repubblica" commentava: "Gallucci ha ricordato soltanto che in caso di conflitti di competenza l'ultima decisione spetta alla suprema Corte di Cassazione. Purtroppo l'esperienza fatta in passato, in particolare per alcune inchieste scottanti lascia presagire che quando vengono sollevati conflitti di competenza c'è qualcosa che cova sotto il fuoco. Il più delle volte i conflitti preannunciano affossamenti e depistaggi. Sarà così anche per la P2?" <326.
Il 2 settembre 1981 la sezione feriale della corte di Cassazione, presieduta da Giovanni Cusani <327, spostava a Roma tutto ciò che riguardava la vicenda P2, pronunciando sentenza con la quale riconosceva interamente "la validità delle ragioni tratte a fondamento della denuncia di conflitto sollevata da quest'Ufficio", rivelando "la odiosa strumentalità della speculazione polemica che ha scandito i vari momenti della procedura di conflitto e conferma come il puntuale rispetto della legge processuale da parte di tutti, fuori da ogni pur generoso attivismo, è condizione non soltanto dell'ordinato svolgersi della ricerca probatoria ma anche "della credibilità dei risultati che ad essa debbono conseguire". <328
Anche il "Corriere della Sera" faceva rilevare che "per la terza volta nelle ultime 4 estati la sezione feriale della Cassazione si pronuncia su importanti inchieste giungendo a conclusioni diverse da quelle sostenute dalla Procura generale che si era opposta a trasferimenti nella capitale dalle procure titolari delle indagini. È accaduto nel '78 per Caltagirone, lo scorso anno per la revoca dei mandati di cattura sullo scandalo dei "fondi bianchi" dell'Italcasse, e ieri per la P2. L'osservazione, puramente statistica, può avere tuttavia un significato perché è assai raro che la Suprema Corte decida in contrasto con il parere della procura generale".
Dopo uno scambio di lettere avvenuto nell'estate del 1982, il presidente della Commissione P2 Tina Anselmi definiva avvilenti le indagini della Procura romana, censurando il procuratore capo Gallucci per la sua "scarsa collaborazione" <329. Del caso discusse anche il Consiglio Superiore della magistratura riunitosi in assemblea plenaria il 26 ottobre. <330
A partire da tali critiche iniziava una campagna di attacchi al Csm, soprattutto di natura parlamentare: il 12 novembre 1982 il liberale Alfredo Biondi con interrogazione a risposta orale chiedeva al governo di chiarire i motivi dei "numerosi attacchi nei confronti della magistratura romana con particolare riferimento al procuratore capo della repubblica dottor Gallucci <331; il socialdemocratico Dante Cioce nello stesso giorno voleva avere lumi "sulle provocazioni effettuate da alcuni componenti del Consiglio superiore della magistratura a danno degli uffici giudiziari romani <332. Il 14 ottobre 1982 il senatore Vitalone aveva presentato una denuncia scritta contro ignoti per la delibera con cui il Consiglio non lo ha promosso a magistrato di Cassazione; il giudice istruttore di Roma, Francesco Amato, il 29 gennaio 1983 comunica a sei componenti del Csm che essi sono imputati di interesse privato in atto d'ufficio <333.
Esponendosi in prima persona, il presidente Pertini bloccò la crepa che stava aprendosi nelle fondamenta di Palazzo dei Marescialli. L'organo di governo dei giudici veniva difeso dal capo dello Stato il quale, nell'ordine del giorno 3 febbraio 1983, stabiliva che i giudizi espressi dal Csm sull'operato della procura romana "attenevano a comportamenti che sono comunque espressione di convincimento liberamente formatosi all'interno del Consiglio in ampio ed articolato dibattito sui necessari elementi di giudizio". <334
Ma fu soprattutto da una interpellanza del radicale Franco De Cataldo che derivarono conseguenze importanti. De Cataldo al punto 7 della propria interpellanza denunciava l'uso abnorme del caffè da parte del Consiglio superiore della magistratura. <335 Sebbene per consuetudine nell'anticamera della sala del plenum del Csm, durante i giorni di seduta venissero posti su un tavolo un thermos con caffè, un bricco di latte freddo e bustine di zucchero, la Procura di Roma dava comunicazione a tutti i componenti elettivi del consiglio che il suo ufficio procedeva nei loro confronti per peculato aggravato. <336
Respingendo forti pressioni esterne, venti sostituti procuratori della capitale chiesero di aprire una inchiesta sulla procura stessa e lo fecero con una lettera aperta al Presidente della Repubblica Pertini nella sua veste di Presidente del Consiglio superiore della Magistratura. I sostituti procuratori, nel prendere atto che "alcune iniziative degli uffici giudiziari romani continuano a provocare tensioni istituzionali e ad accrescere un generalizzato senso di sfiducia nell'attività degli uffici stessi", sollecitavano il capo dello stato affinché intervenisse perché fossero adottate tempestivamente "nelle sedi competenti le iniziative ritenute più opportune per ricondurre nell'alveo della massima trasparenza i criteri di gestione di questo ufficio". <337
Il 21 marzo 1983 l'ufficio di presidenza della Commissione parlamentare P2 stilava un ordine del giorno che preventivava la possibile audizione del procuratore capo di Roma Achille Gallucci. Mentre i giornali titolavano: "Tra Commissione parlamentare sulla loggia massonica P2 e magistratura romana ormai è guerra aperta", una convocazione di questo genere rischiava di inserirsi fin troppo chiaramente nel clima di "guerra" tra Commissione parlamentare d'inchiesta e Procura romana.
In un editoriale dal titolo "Una ferita allo Stato", pubblicato su "La Repubblica" del 16 marzo si leggeva: "Non è escluso che il procuratore voglia spingere la sua azione ancora più a fondo emettendo una raffica di mandati di cattura che di fatto obbligherebbe Pertini a sciogliere l'organo da lui presieduto (...). E' impensabile che Pertini, ove ciò avvenisse, possa assistere passivamente; vi sarebbero infatti gli estremi di una denuncia nei confronti del procuratore della Repubblica per attentato contro la personalità dello Stato" <338.
Nonostante "l'esemplare comportamento di un capo dello Stato nella sua veste di Presidente del Csm, che tutelava in ogni modo e ad ogni costo l'indipendenza di questo organo" <339 , le frizioni in atto non erano soltanto frutto di una dicotomia giudiziaria e politica, ma soprattutto il sintomo di visioni contrapposte in cui l'indipendenza giudiziaria sul controllo della legalità diventava strumento di rivendicazione politica. Quasi come a porre un punto, di inizio o di fine, al grande rumore sollevato dal procedimento sulla P2 attratto a Roma, la contestazione di grave delitto di cospirazione politica mediante associazione si concludeva il 18 marzo 1983 con la sentenza di proscioglimento generale pronunciata dal consigliere istruttore Ernesto Cudillo: "Allo stato deve essere presa in considerazione la posizione di coloro che hanno aderito in buona fede alla loggia P2 per diversi motivi: per ideali massonici; per beneficiare lecitamente del principio della reciproca assistenza; per spirito di conformismo e di compiacenza nei confronti dei superiori gerarchici in particolare, qualora pubblici dipendenti; per acquisire prestigio, essendo la P2 considerata una loggia per persone importanti; per essersi fatti semplicemente convincere da conoscenti o amici ad iscriversi alla loggia P2, trattandosi di loggia riservata senza l'obbligo di partecipare a lavori massonici" <340.
Ciò che stava avvenendo era che la magistratura romana non riscontrava violazione della norma scritta nell'attività della loggia P2, nello stesso momento in cui la commissione parlamentare di inchiesta la considerava una gravissima distorsione delle regole del gioco democratico, con sacche di corruzione estese e radicate.
[NOTE]
320 V. Zagrebelsky, La polemica sul Pm e il nuovo Csm, in "Quaderni costituzionali", 1981, p. 391; L. Pepino, Il pubblico ministero tra indipendenza e controllo, in "Questione giustizia, 1983, n. 5 p. 588.
321 "Notiziario Csm", 1981, n. 14, p. 3.
322 Ved. Zagrebelgky, Tendenze e problemi del Csm, in "Quaderni costituzionali", 1983, p. 124; nello stesso S. Senese, Il Consiglio Superiore della magistratura, p. 484.
323 CP2, Documentazione raccolta dalla Commissione, Documenti citati nelle relazioni, 2-quarter/3, Tom. V, Vol. III, Documenti inerenti il conflitto di competenza tra la Procura della Repubblica di Roma e la Procura della Repubblica di Milano, in ordine al procedimento penale a carico di L. Gelli ed altri, pp. 309 e ss.
324 Ibid. p. 312.
325 I giudici di Milano: No all'avocazione per la P2, «L'Unità», 24 giugno 1981.
326 F. Scottoni, «La Repubblica», 25 giugno 1981.
327 Descritto da Gherardo Colombo "non un esempio di terzietà, ossia di equidistanza rispetto alle parti" poichè "fonde nella propria persona le qualità di giudice e di difensore, in quanto nella prima veste è chiamato a giudicare quale ufficio debba occuparsi dei reati legati alla P2, e nella seconda veste assiste un collega iscritto alla loggia", in G. Colombo, Il vizio della memoria, op. cit., p. 98.
328 CP2, Documenti citati nelle relazioni, 2-ter/5/III, pp. 343 e ss, Requisitoria del procuratore della Repubblica di Roma del 29 maggio 1982, dott. A. Gallucci, procedimento a carico Licio Gelli.
329 Lo scambio di lettere tra l'Ufficio di Presidenza e la Procura della Repubblica romana si trova su CP2, 2-quater/3 Tomo V, parte III, pp. 499-507.
330 «La Repubblica», 15 febbraio 1983, Il Csm spaccato per Gallucci.
331 Camera dei Deputati, Leg. VIII, Interrogazione a risposta orale, presentatore A. Biondi, Atto. N. 3/06962, seduta n. 583, 12 novembre 1982.
332 Camera dei Deputati, Leg. VIII, Interrogazione a risposta orale, presentatore D. Cioce, Atto. N. 4/03343, seduta n. 583, 12 novembre 1982; nella stessa data il senatore Dante Cioce; Ferdinando Reggiani; Matteo Matteotti.
333 Bruti Liberati op. cit.
334 "Notiziario Csm", febbraio 1983, n. 2, p. 3, e il numero straordinario del luglio 1983, con i verbali completi della seduta.
335 Camera dei Deputati, Atti parlamentari, Discussioni, Seduta pomeridiana del 18 marzo 1983, Interpellanza di F. De Cataldo n. 2-02442.
336 G. Zaccari, Tutti i giudici del Csm messi sotto inchiesta per peculato, «La Stampa», 12 marzo 1983.
337 «La stampa», 22 marzo 1983.
338 «La Repubblica», 16 marzo 1983.
339 A. Baldassarre - C. Mezzanotte, Gli uomini del Quirinale, Da De Nicola a Pertini, Bari, Laterza, 1985.
340 CP2, Documenti allegati alle relazioni, 2-ter/V TRIS., p. 507, Tribunale Penale di Roma, Giudice Istruttore E. Cudillo, Sentenza istruttoria di proscioglimento e decreto di impromuovibilità dell'azione penale, 18 marzo 1983.
Lorenzo Tombaresi, Una crepa nel muro. Storia politica della Commissione d'inchiesta P2 (1981-1984), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo", Anno Accademico 2014-2015