mercoledì 30 agosto 2023

Negli anni Novanta il settimanale più letto è il «Tv Sorrisi e canzoni»



Negli anni Novanta i profondi stravolgimenti che hanno coinvolto la società italiana (dal terrorismo alla crisi economica e politica, dalla riforma televisiva all'affermarsi delle radio libere, dalla continua ascesa delle tv private alla nascita di numerosi nuovi mensili e modi di comunicare), non hanno intaccato il numero degli acquirenti dei settimanali, che oltre a rimanere numericamente più cospicui rispetto a quelli dei quotidiani <40, sono rimasti fedeli alle loro testate, alle immagini e alle firme più importanti che li caratterizzano <41.
La stampa settimanale degli anni Novanta si presenta come un panorama stabile, nonostante qualche cambiamento <42. La spiegazione di questa «fissità» è insita nella struttura stessa dell'offerta dei settimanali di questi anni: «un mercato pervaso da coppie di antagonisti, sufficientemente differenziati fra loro per dare il senso della varietà, ma abbastanza analoghi per imporre al lettore un'agenda uniforme, da cui non è possibile evadere, e che è difficile soddisfare meglio» <43.
Le diverse coppie («Panorama» contro «L'Espresso», «Grazia» contro «Amica», «Gente» contro «Oggi») si rivolgono a settori di pubblico ben distinti, ovvero parlano a «un lettore ben conosciuto e sostanzialmente stabile» <44. Si può pertanto parlare di una «segmentazione del pubblico» <45: gli acquirenti de «L'Espresso» e di «Panorama» è difficile che siano gli stessi di «Sorrisi», «Grazia», «Gente» e viceversa.
Questa struttura commerciale a due poli è legata a sua volta da scelte giornalistiche e culturali. Il settimanale, più del quotidiano e della televisione, individua un suo pubblico sulla base di determinate ipotesi di gusto, classe, tendenza politica, età, sesso, interessi e «si modella su queste ipotesi, cercando di assomigliare al lettore su cui scommette; ma tentando anche con pazienza di plasmarlo a propria immagine e somiglianza» <46.
Le notizie che un settimanale può fornire, se sono importanti, in linea generale sono già state ricevute prima dalla televisione e poi dai quotidiani. Non si apprende da un settimanale né lo scoppio di una guerra, né il programma di un cinema, né la propria identità sociale. Quella dei settimanali è, come si è detto, una «terza lettura» <47 che trova la sua giustificazione solo con un «taglio particolare, con una identificazione forte di valori e di interessi» <48.
I settimanali d'altronde non possono specializzarsi su argomenti particolari perché raggiungerebbero un pubblico altrettanto limitato, anche se fedele e identificato, come fanno i mensili. La forza dei settimanali è, dunque, nell'avere la possibilità di «rileggere la cronaca, più o meno tutta, stabilendo una peculiare gerarchia di notizie, proponendo al proprio lettore un'agenda <49 di argomenti e di interessi, selezionando per conto suo un numero limitato di informazioni nel vastissimo campo delle notizie disponibili ogni settimana, allestendo una griglia di leggibilità e una gerarchia di importanza fra questi elementi scelti» <50.
Ciò che determina «il contratto di lettura della redazione con l'acquirente di un settimanale»51 ruota intorno alla specifica immagine della realtà, alla gerarchia di valori e di importanza che viene fornita.
Una volta realizzata questa «omogeneità fra giornale e lettore» <52 è difficile spezzare l'implicita fedeltà che ne deriva. Anche le imitazioni o la concorrenza ravvicinata di una testata che punta sugli stessi valori, rafforza questo sodalizio <53.
Negli ultimi anni si sono verificati alcuni cambiamenti nel settore dell'informazione settimanale. Si constata, infatti, la cessata pubblicazione di testate storiche come «L'Europeo» ed «Epoca» che tra gli anni Settanta e Novanta hanno esercitato un'importante influenza d'immagine e di opinione <54; e vi è stato un «rimescolamento di carte nel settore più popolare dell'informazione» <55 con la nascita di nuove testate.
Il decennio decorrente dalla seconda metà degli anni Novanta ha inciso in maniera significativa sul mercato dei settimanali. In generale, infatti, sono diminuiti in numero e di influenza, subendo la concorrenza dei quotidiani, dei loro supplementi, dei prodotti editoriali da essi veicolati, dell'informazione televisiva e dei mensili specializzati, ma anche degli approfondimenti informativi disponibili su Internet (Volli 2008: 382)
Il rapporto Audipress, prodotto in comune dai maggiori istituti di ricerca di mercato (Demoscopera, Doxa, Ipsos Explorer) censisce per l'anno 1999 trentaquattro settimanali ed otto supplementi dei quotidiani di periodicità settimanale, che possiamo suddividere nella seguente maniera: fra i primi, sette, sono femminili, (due fra i supplementi), cinque sono centrati sulla televisione(più un supplemento per intero e la maggior parte degli altri in buona parte), tre riguardano il mondo dei motori, sette, a vario titolo, si occupano del mondo delle celebrità, del gossip, delle narrazioni sentimentali, tre sono settimanali -familiari - generalisti (a cui si accostano quattro supplementi), uno riguarda la salute, uno l'economia, uno i ragazzi, uno lo sport (con annesso supplemento). (Volli 2008: 385)
Solo due, infine, i newsmagazine tradizionali, esempi italiani di una formula che comprende, nel mondo occidentale tra gli altri, «Time», «Newsweek», «The Economis»,«Der Spiegel»,«L'Express» e «Le Nouvel Observateur».
Il settimanale più letto è il «Tv Sorrisi e canzoni», che raggiunge circa il 16% della popolazione adulta, con quasi otto milioni di lettori. Seguono «Famiglia Cristiana»  con quasi cinque milioni di lettori, vale a dire, il 10% della popolazione, ed «Oggi» con quattro milioni e mezzo, cioè il 9% dei lettori.
A seguire «Donna Moderna»  e «Gente» con 3,8 milioni(poco meno dell'8%) «Panorama» con 3,6 milioni, «Il Venerdì di Repubblica» con 3,4 milioni, «Sette» del «Corriere della Sera» con 2,4 milioni ed infine, «L'Espresso» con 2,1 milioni.
Le cifre di cui sopra mostrano con chiarezza la difficoltà attuale dei settimanali.
La funzione più diffusa, per quantità di lettori e numero di testate, è l'informazione sulle trasmissioni televisive e sui personaggi che le popolano. L'intrattenimento, a vari titolo, è anche l'argomento principale delle testate familiari e dei settimanali di gossip, che insieme vengono al secondo posto per diffusione e numero.
I newsmagazine hanno subito un notevole ridimensionamento, sia per l'uscita di scena di testate storiche come «Epoca» e «Europeo», sia perché sono falliti tutti i tentativi di fondarne degli altri di diverso orientamento politico.
Anche i supplementi dei quotidiani di prestigio come la «Repubblica», « Il Corriere della Sera» e « La Stampa», si sono collocati definitivamente sul versante dei familiari piuttosto che su quello dei newsmagazine: una scelta dovuta, in parte, ad esigenze tecniche - il prezzo sotto il livello di costo non giustifica l'uso intensivo di macchine per la stampa all'ultimo minuto, sicchè difficilmente vi si possono affrontare «temi caldi» sul piano informativo - ed, in altra parte, per la scelta di un mercato più vasto di lettori, interessati si ad approfondimenti ed alla storia, ma anche a servizi più leggeri. Lo stesso fenomeno, del resto, si può notare, entro certi limiti, anche per gli stessi newsmagazine (Volli 2008: 384).
Altro punto di attenzione è in riferimento ai settimanali femminili che, se non eliminati dalla concorrenza dei supplementi specializzati dei quotidiani, hanno certamente trovato un limite importante alla loro diffusione.
Il fenomeno più interessante in questo ambito, è la crescita di «Donna Moderna» che è riuscito a farsi leggere da un pubblico più del doppio delle testate concorrenti, tutte, inclusi i due supplementi, raggruppate fra il milione ed il milione e mezzo dei lettori.
Certamente questo successo va messo in relazione alla formula del periodico, molto pratica e concreta, più di servizio che di moda.
Va notato come sia influente anche la concorrenza dei mensili.
Molte delle testate più prestigiose compaiono una volta al mese, e, a questa periodicità, fanno riferimento anche i nuovi periodici maschili, che accostano moda, costume, immagini erotiche ed interessi motoristici.
Una riproduzione settimanale da parte dei supplementi dei quotidiani di questa formula, che in Italia, comunque, non ha la medesima risonanza ottenuta nei paesi anglosassoni, è stata ripetutamente ipotizzata e studiata, ma mai realizzata concretamente.
Come si è accennato, dunque, le trasformazioni significative sono avvenute nel campo dei newsmagazine ed i settimanali di maggior prestigio politico e culturale.
Sul piano degli schieramenti, non solo le testate si sono ridotte da quattro a due, ma si sono polarizzate secondo le due aree politiche presenti nel Paese.
Mentre nel corso degli anni Ottanta e Novanta tutti e quattro i settimanali di informazione erano appartenuti con diverse accentuazioni, ad un'area genericamente laico-progressista, ora il riferimento dell'«Espresso» è rimasto nel centro sinistra, mentre su «Panorama» ha preso peso progressivamente la proprietà berlusconiana, fino a farne uno degli organi più autorevoli ed importanti che fiancheggiano lo schieramento del centro-destra.
Questo progressivo slittamento politico ha conosciuto il momento più esplicito sotto la direzione di Giuliano Ferrara, già ministro del governo Berlusconi nel 1994 e direttore del «Foglio».
Anche dopo le sue dimissioni, il settimanale è rimasto saldamente ancorato allo schieramento del centro-destra, condividendo molti collaboratori con il «Giornale», col «Foglio» e con «Libero», vale a dire un'area di giornalismo schierato con il Polo.
Un altro aspetto interessante è stata la trasformazione degli allegati ai settimanali. Nella stessa riga di quanto è accaduto ai quotidiani, ma in misura ancora maggiore, i settimanali di informazione sono passati dalla logica dell'allegato come gadget promozionale a quella dell'allegato come prodotto da vendere e da cui ricavare profitto. Il settimanale vero e proprio si trova fisicamente circondato da una serie di altri prodotti, quali cd-rom di lunghe serie enciclopediche, cd audio ed altri prodotti editoriali, tanto da apparire soprattutto come un veicolo commerciale, una specie di negozio editoriale mobile e periodico. Da questo punto di vista anche i supplementi tematici gratuiti che, ogni tanto, appaiono con i settimanali, ed i loro siti internet, sono da considerare come elementi di una strategia commerciale complessa, in cui l'identità formativa lascia spazio ad un marketing editoriale che spesso è concepito e realizzato a livello di gruppo. Ciò comporta, talvolta, un certo rischio per l'identità culturale delle testate, ma probabilmente è la condizione economica della loro sopravvivenza.
Questo, dunque, il tema che si è imposto nella seconda metà degli anni Novanta per il giornalismo dei settimanali in Italia: si tratta dei prodotti editoriali più difficili e costosi, che solo grandi gruppi, con una gestione molto accorta, possono permettersi.
Mentre esistono, infatti, mensili di nicchia o altri che tentano strategie e contenuti innovativi, mentre i quotidiani - leggeri - di opinione si sono moltiplicati, mentre in Internet e nel mercato librario è possibile a chiunque esprimere i propri punti di vista, il mercato dei settimanali è sicuramente il più chiuso, il più difficile ed il più concentrato.
[NOTE]
40 «Il rotocalco copre un particolare settore di esigenze dei lettori che sono diverse e, in un certo senso complementari, rispetto a quelle soddisfatte dal quotidiano. Si può dire che il quotidiano fotografa l'attualità mentre il periodico la passa ai raggi infrarossi» (Mauri 1993:186).
41 Volli 2008: 348-349.
42 Ibidem.
43 Volli 2008: 349
44 Ibidem
45 Ibidem.
46 Ivi, 351.
47 Volli 2008: 351.
48 Ibidem.
49 Per un'esposizione delle teorie dell'«agenda setting» dei media cfr. Wolf 1990.
50 Volli 2008: 351-352
51 U. Volli, I settimanali, in La stampa italiana nell‟età della TV, Bari, Laterza, p. 352.
52 Ibidem.
53 Un esempio chiarificatore di questo processo è quello dei settimanali familiari: «Oggi» e «Gente». Il primo nasce nel 1945 e si rivela subito un successo economico. Nel 1957 vendeva circa 650 mila copie, tale numero si è mantenuto costante nei decenni successivi, passando a 613 mila copie negli anni Novanta. Il suo antagonista «Gente» vende 331 mila copie nel 1964 e raggiunge le 775 mila copie nel 1990. Il sorpasso finale di «Gente» non ha danneggiato affatto la formula di «Oggi» che ha mantenuto in comune col suo concorrente, una formula rimasta sostanzialmente inalterata in quarant'anni, a metà tra newsmagazine e gossip. Cfr. Idem, I settimanali…, pp. 352-353.
54 Idem, I settimanali…, p. 347.
55 Ivi, 350.
Milena Elisa Romano, La "popolarizzazione" di lingua e cultura nell'Italia del Novecento. Il rotocalco dagli anni Cinquanta a oggi, tra editoria cartacea ed editoria multimediale, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Catania, Anno accademico 2012-2013