sabato 5 agosto 2023

Philip Lacroix, l’ultimo degli eroi


Lo stile paratattico abbiamo detto essere funzionale anche al tono epico del romanzo [Wu Ming, "Manituana"]. Scrive Piga che «lo stile paratattico, la descrizione delle battaglie, insieme all’uso di similitudini e metafore costituiscono la dimensione mitopoietica del racconto». <583 Il respiro epico del romanzo risiede in particolar modo in un personaggio, Philip Lacroix, Ronaterihonte, l’unico tra i protagonisti a non essere storicamente mai esistito, e dunque personaggio di pura invenzione. Philip fin da subito appare come un personaggio misterioso, dal passato sfuocato e incerto, un uomo che incute timore e rispetto a chiunque. Il suo legame con Molly è molto forte, in quanto è proprio lui il ragazzino dell’esercito francese che lei salva nel prologo sopra citato. Da quel giorno, Philip era cresciuto insieme ai Mohawk, diventando un guerriero. Si era sposato e aveva avuto una figlia, ma entrambe a un certo punto erano state uccise da indiani sbandati. Così viene presentato dal narratore la prima volta che appare nel romanzo, dopo il prologo:
"Philip invece aveva preso moglie, gli era nata una figlia. Una breve stagione di serenità. Dopo la tragedia, aveva compiuto atti terribili. Da allora Huron e Abenaki lo chiamavano le Grand Diable. Un giorno si era presentato da Molly e, senza una parola, le aveva consegnato il bracciale di wampum, rinunciando alla vita che gli era stata donata. Si era trasferito lì. Tornava a Canajoharie un paio di volte all’anno, per vendere pellicce, guardato con timore da chi aveva conosciuto la guerra e con reverenza dai giovani, attratti dalla leggenda". <584
Più avanti nel romanzo si scoprirà che il suo soprannome lo aveva guadagnato inseguendo e uccidendo tutti e ventidue gli assassini della moglie e della figlia.
Philip è il vero eroe guerriero del romanzo, un uomo quasi imbattibile, che si sottrae all’isolamento a cui si era obbligato per anni per entrare nella trama da protagonista. Philip morirà alla fine del romanzo, unico tra i protagonisti, ucciso da un ribelle, e la sua morte è chiaramente metafora della fine di un’epoca:
"Dovevi tornare al mondo, Ronaterihonte, per poter morire, per illuminare il destino della Lunga Casa.
Philip parlò.
Io, privo di madre, non si più quante volte sono nato.
Tu sei la prima e l’ultima levatrice, hai fatto di me un Mohawk e mi hai richiamato per l’ultima volta.
Adesso sei la morte.
Molly parlò.
Il mondo si è sbloccato.
Molly parlò.
Un cerchio si chiude, un cerchio si apre.
Molly parlò.
Le Sei nazioni vivranno.
[…]
Philip era pronto.
Torno all’utero del mondo, madre, mia origine, mia narrazione.
Al buio tiepido e accogliente della terra". <585
Philip muore come potrebbe morire un eroe omerico, una volta conclusa la sua missione. La struttura quasi a versi di questa descrizione dona proprio una tragicità epica alla sua morte, che non viene nominata chiaramente, ma evocata attraverso figure appartenenti alla cultura indiana, attraverso la raffigurazione di un mondo vivo in cui ogni cosa ha un senso. La sua morte è la morte di un mondo che ha accompagnato il lettore per 600 pagine, un mondo tanto magico quanto reale, che gioca con l’immaginario sugli indiani da film western, smontandolo e ricostruendolo in continuazione. Piga ben sintetizza il mondo epico che ruota intorno a Philip e che con lui muore:
"Se il romanzo ha un respiro epico, si sente che tuttavia il tempo degli eroi, il tempo dei Philippe Lacroix è al termine. Non per nulla è l’unico, tra i protagonisti, a essere un personaggio di finzione. Philippe è l’eroe romantico, capace di gesta eccezionali, che muore drammaticamente colpito alle spalle gettando il lettore nella costernazione. Egli stesso sembra consapevole di questa impossibilità, di una sorta di sfaldamento ineluttabile percepito nei momenti in cui è lontano dall’azione. Emergono i contorni del personaggio sia nei frangenti in cui diventa terrifica macchina fa guerra, le Gran Diable. I protagonisti attraversano un cammino che sanno essere segnato dal macello ma dal quale non possono allontanarsi". <586
In Philip, accanto all’eroe guerriero, al combattente quasi invincibile capace di compiere azioni anche molto violente e sanguinarie, troviamo un uomo profondamente sensibile e attento alle persone che vivono attorno a lui. In particolare questo suo lato lo si nota nel rapporto con la giovane Esther Johnson, figlia di Guy Johnson, ragazza che durante il romanzo affronta il passaggio dall’infanzia alla pubertà, e in questo passaggio scopre sé stessa e la sua personalità. Esther è quasi una “piccola Molly”, in quanto dotata anche lei di poteri soprannaturali con i quali spesso appare in sogno a Philip e ha delle visioni. Philip e Esther si legano molto durante il romanzo. La sensazione è quella che Philip veda in Esther una sostituta della figlia assassinata, e Esther in Philip il padre spesso assente. Il loro legame è un esempio di come i personaggi in Manituana abbiano delle personalità complesse, e queste personalità vengono sviluppate lungo tutto il romanzo senza mai venir meno. Philip è sì l’eroe che raffigura la fine dell’epoca degli eroi, ma è anche un uomo che ha amato, ha sofferto e ha reimparato ad amare, un uomo in tutte le sue sfaccettature, che portandosi costantemente dietro un’ombra di cui è impossibile liberarsi riesce, attraverso le relazioni con Esther, Molly e Joseph, a ritrovare la forza non solo di vivere, ma di avere uno scopo per cui valga la pena vivere dopo anni passati in isolamento. In un mondo che sempre più conduce uomini e donne a cercare il successo e le ragioni della propria vita nell’individualismo, Ronaterihonte ci insegna proprio il contrario, mostrandoci la necessità dell’uomo di vivere insieme agli altri relazioni vere e profonde, e forse proprio per questo è inevitabile che lui muoia, per lasciare spazio all’avanzata dell’individualismo occidentale.
[NOTE]
583 Piga, La lotta e il negativo, op. cit., p. 119.
584 Wu Ming, Manituana, op. cit., pp. 74-75.
585 Ivi pp. 595-596.
586 Piga, La lotta e il negativo, op. cit., p. 119.
Simone Santini, Il conflitto sommerso. La narrazione della storia nel collettivo Wu Ming, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Padova, Anno accademico 2018-2019

Manituana, pubblicato nel 2007, si apre presentando la comunità irochese che, nel 1775, è investita dalle divisioni e dai contrasti che stanno dando vita alla guerra d’indipendenza americana. La popolazione di Canajoharie, nella valle del fiume Mohawk, è divisa: alcuni degli abitanti innalzano il Palo della Libertà in segno di solidarietà ai ribelli, mentre gli uomini del Dipartimento per gli Affari indiani sono fedeli alla corona britannica. Le tensioni attive a livello nazionale esasperano rapidamente tali rivalità. La notizia della presa di Fort Ticonderoga da parte dei ribelli mobilita la popolazione: John Johnson, il delegato della corona sul territorio, e i suoi uomini convocano a consiglio i sachem delle tribù indiane per chiedere loro appoggio nella sfida che si profila. Gli indiani Mohawk, dichiaratisi fedeli alla monarchia, accettano di seguire gli uomini del Dipartimento fino ad Oswego, in vista di un concilio fra tutte le tribù della Grande Casa irochese, in cui ribadire apertamente la posizione comune. Quello che i nativi non sanno è che quella destinazione è stata scelta da Guy Johnson, fratello di John, con l’obiettivo di procedere da lì verso Montreal con un’armata indiana.
In questo difficile frangente si assiepano dei “sogni” che vanno interpretati. Riesce a farlo Molly Brant, vedova del rappresentante per gli affari indiani William Johnson e sorella dell’interprete del Dipartimento. A suo fratello, Joseph Brant, Molly confida il significato del proprio sogno più ricorrente e la necessità che questo mette in luce: prima della partenza per Oswego è necessario che Philip Lacroix, che da anni conduce una vita isolata, si riunisca alla tribù e ne condivida il destino. Joseph si spinge nei boschi per ritrovare il vecchio compagno d’armi e chiedergli di rinunciare alla scelta di solitudine che aveva fatto dopo la morte di moglie e figlia e dopo l’adempimento della sua personale vendetta. Per convincerlo, per comunicargli la necessità impellente, Joseph gli consegna il bracciale di wampum con cui la tribù lo aveva adottato salvandogli la vita quando era un ragazzo; bracciale che Philip Lacroix aveva restituito al momento di allontanarsi dai Mohawk.
Compiuto il ricongiungimento, la spedizione di indiani e uomini del Dipartimento per gli Affari indiani compie il viaggio per fiume e a piedi fino a Osewgo. Vi partecipa anche Peter Johnson, il figlio di William e di Molly Brant. In occasione del concilio Guy Johnson svela il vero obiettivo della spedizione: Oswego non è il termine, ma una semplice tappa del viaggio, preludio allo scontro armato. Per chi, come Joseph Brant, era da sempre stato fedele al Dipartimento, seguirlo è l’unico modo per dimostrare la propria credibilità. Guy Johnson, disponendosi a guidare l’armata indiana a Montreal, oltre al peso della missione incerta, deve affrontare quello di un lutto familiare. Infatti sua moglie Mary muore dando alla luce l’atteso erede maschio. Il mondo vacilla intorno all’uomo di stato rimasto vedovo, così come intorno alla sua figlia maggiore, Esther. Ma il viaggio continua [...]
Letizia Giugliarelli, Al cospetto di un mondo aperto, eterogeneo, incompleto. Testi e contesti nei romanzi dei Wu Ming, Tesi di Dottorato, Université Côte d’Azur - Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2020