La SEC ha avuto fino al 2015 sede a Venezia, da dove si è irradiata in numerosi Paesi. Tra i suoi aderenti storici si possono annoverare pensatori e artisti come Theodor Adorno, Benedetto Croce, Albert Camus, Marc Chagall, Jean-Paul Sartre, Arnold Toynbee, Gyorgy Lukács, Ilya Ehrenburg.
Conclusosi un ciclo storico e di fronti ai nuove sfide di un mondo ormai globalizzato e di un'Europa unita sì ma non senza travagli, l'Associazione ha intrapreso iniziative di ripensamento e riorganizzazione della propria attività. In questo quadro, la sede internazionale e la biblioteca sono state trasferite da Venezia a Collodi, dove sono temporaneamente ospitate presso la sede e della Fondazione Nazionale Carlo Collodi [...]
Redazione, La società europea di cultura prende sede a Collodi, tp tutto pistoia eventi
[...] Il compito politico proprio degli intellettuali sarebbe pertanto consistito nell’eliminare gli ostacoli posti al libero sviluppo della cultura secondo le sue esigenze e attitudini interne, e in questo scrittori, artisti e scienziati «seront solidaires malgré les divergences qui pourraient les diviser sur les autres points». <176 Secondo tale prospettiva, la Società appariva senza dubbio innovativa, e Campagnolo sottolineava la differenza rispetto ad altre istituzioni internazionali, tra le quali egli citava innanzitutto l’UNESCO. La SEC, infatti, «est une société d’hommes de culture, qui se sont unis non pas pour représenter des gouvernements, des partis ou d’autres collectivités, mais d’une façon individuelle». <177 È tuttavia significativo anche il fatto che subito dal primo appuntamento con la stampa internazionale Campagnolo specificasse anche le divergenze rispetto al Centre européen de la culture, la cui attività era a sua volta in corso di avviamento; le motivazioni avanzate erano dello stesso tenore rispetto a quelle fornite a proposito dell’UNESCO, ma insistevano in particolare sulla politicità di un’iniziativa alla quale il filosofo italiano non avrebbe mai potuto dare la sua approvazione. <178 L’inimicizia tra la SEC e il CEC era pertanto stabilita fin dal principio, perfino prima della costituzione ufficiale di entrambe le istituzioni, e ciò da parte dell’associazione veneziana era ufficialmente dovuto sia alla diversa impostazione formale, essendo il CEC considerato da Campagnolo come molto simile a un’organizzazione governativa, sia alla parzialità della rappresentazione geografica e soprattutto politica dell’istituzione diretta da Denis de Rougemont. Non erano tuttavia soltanto gli enti menzionati a risultare sgraditi al Segretario generale della Société européenne de culture, bensì anche un movimento di stampo comunista come quello sorto a Wroclaw nel 1948, proprio perché anche in quel caso si assisteva al sostegno neppure troppo celato di una linea politica specifica, mentre la SEC «ne peut avoir d’autre politique que celle de la culture, qui ne saurait être identifiée avec aucune politique internationale». <179 La conferenza stampa tenuta in terra svizzera a meno di due mesi dall’Assemblea costitutiva aveva dunque consentito a Campagnolo non soltanto di pubblicizzare l’iniziativa, ma soprattutto di mettere in evidenza gli elementi di assoluta novità della nascente SEC all’interno del panorama associativo e culturale europeo.
[...] Nel ricostruire il percorso svolto dalla Société européenne de culture nella fase che precedette la sua costituzione ufficiale, Umberto Campagnolo considerava positivamente il fatto che, affiancando decine di intellettuali nel corso di oltre tre anni di preparazione, nessuno avesse rifiutato di associarsi all’istituzione veneziana «en invoquant comme prétexte le droit ou l’intérêt pour l’homme de culture à demeurer étranger à la lutte». Se da nessuna parte il ritiro nella torre d’avorio era stato riconosciuto come una soluzione accettabile, <181 egli tuttavia non poteva negare di avere incontrato alcune «perplexités», ed era sulla scorta di tali resistenze che egli operava una suddivisione di buona parte delle adesioni che gli erano (o non gli erano) pervenute. In primo luogo vi era il gruppo di coloro che avevano avanzato motivazioni personali (ad esempio mancanza di tempo o condizioni precarie di salute) che probabilmente nascondevano un diverso ordine di ragioni, ma che in ogni modo era stato impossibile convincere. Il problema del numero di impegni, naturalmente, era condiviso da tutti, e per questo Eugenio Montale (1896-1981), membro del Comitato promotore, non dava per certo il successo della SEC, in quanto a suo dire molto sarebbe dipeso dall’effettiva volontà degli aderenti più in vista di far progredire la Società. <182 In secondo luogo, Campagnolo ricordava i rari casi nei quali ogni collaborazione era stata negata a causa di «une intolérance sans rémission envers les propres adversaires politiques». <183 Un terzo gruppo, molto numeroso, era invece composto dagli scettici, secondo i quali il clima politico era tale da implicare il rischio che ogni apertura di dialogo con l’avversario politico venisse considerata alla stregua di un tradimento. A una simile obiezione Campagnolo rispondeva che tali incomprensioni non facevano altro che giustificare proprio un’attività come quella della SEC a difesa di una cultura autonoma.
[...] Tra i primi ad aderire al progetto di Campagnolo vi furono diversi intellettuali italiani, a partire dalle personalità più vicine al filosofo veneto per provenienza geografica o colleganza. Tra questi, Stanislao Ceschi, uomo politico all’epoca in piena attività a Roma, e quindi non sempre presente alle riunioni, era forse l’esempio più significativo del tipo di intellettuale a cui Campagnolo si sentiva più vicino, non perché vi fosse affinità di credo o necessariamente di idee politiche, ma per le loro comuni origini. Entrambi erano infatti nati nel padovano e si frequentavano fin da ragazzi, avevano fatto le scuole insieme e avevano militato nel movimento federalista, in relazione al quale si è già detto della fedeltà di Ceschi alla contestata linea di Campagnolo nel momento dell’uscita del filosofo dal MFE. Ex giovane popolare, poi durante gli anni più duri della dittatura fascista membro dell’Azione Cattolica, della Fuci e della Gioventù Cattolica (sempre con compiti di responsabilità), Ceschi nel curriculum citava in realtà soltanto la sua attività culturale - aveva scritto di arte per le riviste “Studium”, “Ragguaglio”, “L’Avvenire d’Italia” - mentre (significativamente) non veniva fatta menzione della sua massiccia attività politica, <187 che lo aveva portato a essere Vicesegretario della DC dal 1946 al 1949, senatore dopo le elezioni del 10 aprile 1948 e Presidente del gruppo parlamentare democristiano. <188
Nel ricordo del conterraneo Luigi Gui, Ceschi veniva descritto come «un democratico rigoroso», che considerava «l’adesione alla libertà ed il rifiuto di ogni autoritarismo e totalitarismo quale condizione essenziale», un democristiano deciso a rifiutare sia le ingerenze del “partito romano”, sia i «compromessi politici con il PCI - salvi i rapporti personali […] sempre aperti e cordiali - per la medesima pregiudiziale democratica, che lo rese prudente anche verso il PSI fino a quando questo non mostrò di lasciar cadere a tal proposito le sue ambiguità». <189 In effetti Ceschi avrebbe mostrato diffidenza nei riguardi delle mosse comuniste, come si vedrà più oltre, molto più di Campagnolo, che dai documenti appariva non soltanto sicuro del fatto suo ma anche fiducioso nei suoi interlocutori di sinistra. I rapporti stretti di Ceschi con i vertici della DC e delle istituzioni, come visto, fecero del senatore una pedina importantissima per Campagnolo, che poteva contare sulla sincera adesione dell’amico alle idee fondanti della SEC. Ceschi fu infatti membro del Comitato esecutivo provvisorio fin dalla sua inaugurazione alla fine del 1948, in quanto «non poteva non essere colpito dall’individuazione di un agire concreto, di un atteggiamento responsabile verso la collettività ma indipendente e libero dall’assillo della decisione improrogabile e dalla necessità di successi immediati». <190
Dello storico dell’arte Umbro Apollonio, invece, la corrispondenza non rivela alcun tratto personale: non è dunque possibile risalire alle motivazioni che lo spinsero ad associarsi all’impresa di Campagnolo, al di là della sua già stretta collaborazione con la Biennale. La frequentazione con il Segretario generale, che doveva essere quasi quotidiana, rendeva inutile la comunicazione di concetti profondi in uno scambio di lettere, e infatti lo strumento epistolare veniva utilizzato solo quando strettamente necessario. Apollonio, come detto, giocò comunque l’importante ruolo di vice di Campagnolo durante il periodo che precedette l’Assemblea costitutiva, ma già tra il 1949 e il 1950 sarebbero iniziate le sue assenze (dovute in particolar modo a motivi di salute), che lo tennero lontano dagli sviluppi e dall’effettiva realizzazione del progetto a cui aveva inizialmente contribuito.
[...] Il tentativo di raggiungere Toscanini appare indicativo di come Campagnolo puntasse molto in alto, in quanto consapevole che certi “colpi” propagandistici valevano molto più di una serie di adesioni di intellettuali anonimi agli occhi del grande pubblico. È possibile notare questa stessa strategia, ad esempio, anche per Giuseppe Ungaretti, al quale il Segretario generale chiese di presentare la propria adesione alla Società, rassicurandolo comunque che il semplice consenso anche senza una partecipazione effettiva sarebbe stato di grande valore <194 - in realtà Ungaretti sarebbe stato tutt’altro che assente, forse anche per ragioni di prestigio, e ricoprì negli anni Sessanta il ruolo di Presidente dell’istituzione veneziana. Tra gli intellettuali italiani più in vista contattati da Campagnolo vi era anche Ignazio Silone (1900-1978), il quale avrebbe poi scritto al Segretario generale di invitare pure lo scrittore e germanista Bonaventura Tecchi (1896-1968). Quest’ultimo, venuto a conoscenza dell’iniziativa, avrebbe provato amarezza per non essere stato chiamato a partecipare, <195 anche se a dire il vero sembra che Campagnolo avesse in precedenza preso contatto proprio con Tecchi in occasione di un congresso del PEN Club, ma probabilmente il germanista era apparso scettico sulla proposta (nonostante purtroppo non sia possibile risalire a quali dubbi fossero stati avanzati). <196 Silone e Tecchi avrebbero avuto rapporti burrascosi (soprattutto il primo) con la SEC; è pertanto sintomatico che già in quei mesi di costituzione della Società essi facessero sorgere alcuni problemi, dimostrandosi sospettosi o comunque non perfettamente soddisfatti del lavoro di Campagnolo e degli uomini a lui vicini. Silone era stato avvicinato da Campagnolo nel mese di aprile del 1949, con una lettera nella quale venivano messi in primo piano i nomi di coloro che erano già stati contattati, anche se ancora non avevano aderito, vale a dire intellettuali come Frédéric Joliot-Curie, Marcel Prenant, T. S. Eliot, Gilbert Murray, Louis Aragon, alcuni dei quali notoriamente comunisti o compagnons de route (un aspetto che, conoscendo la storia dello scrittore abruzzese, non doveva necessariamente portare argomenti a favore dell’accoglimento dell’invito). <197 Citare i nominativi di personalità che in qualche modo avevano già mostrato interesse per la SEC era una ulteriore tattica per attrarre consenso, e la stessa cosa (con l’indicazione dei medesimi nomi) valeva ad esempio per Carlo Levi. <198 Campagnolo sapeva, da un lato, che il passaparola funzionava anche nel mondo intellettuale, dall’altro che la prospettiva di una convocazione in un consesso prestigioso avrebbe potuto difficilmente essere rifiutata. Il suo giocare anche con i nomi di chi non aveva ancora ufficialmente aderito alla SEC - e in realtà nessuno degli uomini di cultura da lui menzionati a Silone e Levi avrebbe fatto parte del Comitato promotore! - non rappresentava un inganno, bensì un rischio calcolato e un sapiente impiego delle carte a propria disposizione. Campagnolo era intanto riuscito anche a stringere importanti contatti anche con alcune personalità del comunismo italiano, in particolare con Antonio Banfi e Umberto Terracini. Con Banfi, il Segretario generale doveva avere già discusso fin dall’inaugurazione del piano di lavoro della SEC e averlo evidentemente inserito nel Comitato esecutivo o almeno nel Comitato promotore. Già alla fine del 1948, infatti, venne fornita a Banfi carta intestata della Società per inviare lettere di richiesta di adesioni a personalità (non nominate) i cui nomi erano stati concordati con il Segretario generale, <199 e il filosofo e senatore veniva sollecitato a fornire il suo imprimatur al documento di presentazione della SEC. <200 Quelle stesse bozze avrebbero ricevuto la tranquilla approvazione di Banfi, che doveva condividere il contenuto dei documenti, e mostrava di essere pienamente inserito nella Società, anche parlando in maniera estremamente amichevole degli altri uomini di cultura impegnati nella stesura dei materiali della SEC. <201 Per tutto il 1949 Banfi seguì dunque i lavori dell’associazione, cercando soprattutto di farsi tramite di nuove adesioni, per le quali, tuttavia, il lento procedere avrebbe a suo parere rappresentato il presupposto necessario per il successo dell’iniziativa. <202 Tra i comunisti attivi, a sua volta membro del Comitato esecutivo o del Comitato promotore, vi era anche Umberto Terracini, probabilmente incoraggiato a partecipare alla SEC dallo stesso Banfi, e che a sua volta dovette collaborare con Campagnolo già a partire dalla fine del 1948. <203 Terracini si era preso l’impegno di discutere della SEC con rappresentanti diplomatici all’ambasciata sovietica, <204 e dei suoi progressi teneva informato il Segretario generale anche tramite il sindaco comunista di Venezia Giovanni Battista Gianquinto. <205 L’autorevole uomo politico si era fatto tramite pure delle adesioni di Giuseppe Berti, Ambrogio Donini ed Emilio Sereni. <206 Non bisogna dimenticare che anche Concetto Marchesi, professore a Padova, aveva aderito alla Società, e probabilmente era stato il collega Campagnolo a contattarlo direttamente. Malgrado ciò, era proprio Terracini il comunista più attivo in quel periodo nel cercare nuove adesioni, sia tra i comunisti italiani, sia tra gli intellettuali marxisti d’oltrecortina, e questa fedeltà alla SEC si sarebbe confermata anche nei decenni successivi, sebbene costellata da una serie di (comprensibili) alti e bassi. La candidatura dell’artista Gabriele Mucchi, iscritto al PCI, non era invece passata attraverso le mani di Terracini.
Campagnolo, che, come visto, aveva già frequentato il pittore negli anni Trenta, gli propose personalmente di aderire alla Società, e Mucchi aveva accolto l’invito, in quanto «[i]nstaurare il dialogo nel clima di quegli anni, quando ci si insultava soltanto ed era in vigore la minaccia di scomunica religiosa a chi votava comunista, e gli intellettuali di sinistra erano più o meno sospetti di essere agenti sovietici, mi sembrò cosa del tutto raccomandabile». <207 Un discorso a parte lo merita Elio Vittorini, che aveva accettato di buon grado la proposta di Campagnolo per entrare a far parte del Comitato promotore della SEC. <208 Egli sarebbe stato persino scelto come membro del Consiglio esecutivo nel corso dell’Assemblea costitutiva <209 (alla quale comunque non aveva partecipato), tuttavia per lunghi mesi non vi furono contatti tra il Segretario generale e lo scrittore. Il nome di quest’ultimo, infatti, dava lustro alla Società – si consideri che Vittorini aveva preso parte come relatore alle RIG del 1948 – e la sua figura forniva pertanto ulteriore visibilità all’istituzione veneziana. Non si possono inoltre dimenticare tre personalità centrali nell’Italia del secondo dopoguerra come Adriano Olivetti, Piero Calamandrei e Arturo Carlo Jemolo. Se per gli ultimi due <210 non è strano constatare una scarsa partecipazione alle attività della SEC sulla scorta delle considerazioni svolte a proposito de “Il Ponte” dei primi anni, <211 benché Calamandrei avesse affermato di avere fiducia nell’associazione in quanto «elle ne veut pas cacher, sous un abri culturel, des prises de position dans un ou dans l’autre sens», <212 dal primo ci si sarebbe forse potuti attendere un’attenzione maggiormente costante che, invece, non vi fu. Sia i citati rapporti di collaborazione con Campagnolo, sia la presenza dell’ingegnere nell’ambito politico e dell’organizzazione sociale e della cultura ne facevano un candidato ideale per essere tra i sostenitori della SEC, tuttavia per una serie di fattori concomitanti, a partire dagli obblighi lavorativi e dalla responsabilità assunta all’interno del Movimento di Comunità, negli anni seguiti all’adesione <213 i rapporti si limitarono prevalentemente a richieste di tipo economico da parte di Campagnolo, fortunatamente favorito da Olivetti anche nel banale ma fondamentale acquisto di costosi macchinari per ufficio. In definitiva, nel Comitato promotore della SEC si sarebbero trovati anche, per fare solo alcuni nomi, Luciano Anceschi, Goffredo e Maria Bellonci, Norberto Bobbio, invitato a partecipare da Campagnolo nel gennaio del 1949, Massimo Bontempelli, Valentino Bompiani, Giuseppe Antonio Borgese, Guido Calogero, Giulio Einaudi, Emilio Cecchi, Benedetto Croce, Giansiro Ferrata, Francesco Flora, Guido Gonella, Silvio Guarnieri, Stefano Jacini, Giorgio La Pira, Roberto Longhi, Alberto Mondadori, Egidio Reale, Salvatore Quasimodo, Gaetano Salvemini, Luigi Salvatorelli, Elio Vittorini e molti altri. È innegabile che Campagnolo e i suoi collaboratori avessero già fatto un grande lavoro, e che la SEC avrebbe potuto giocare in prospettiva un ruolo di primo piano, se fosse stata in grado di vivere al meglio il passaggio dalla fase progettuale alla vita associativa e pubblica.
176 Conférence de presse tenue à Berne, cit., p. 77.
177 Ibid.
178 Ivi, pp. 77-78.
179 Ivi, p. 78.
181 CAMPAGNOLO, Origines de la Société européenne de culture, in “Comprendre”, cit., pp. 10-11.
182 MONTALE, “S.E.C.” nuova sigla veneziana, cit.
183 CAMPAGNOLO, Origines de la Société européenne de culture, cit., p. 11.
187 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Ceschi Stanislao, lettera di Stanislao Ceschi alla segreteria della SEC, 18 gennaio 1950. Cfr. GIOVANNI MORASSUTTI, Arte e professione in Stanislao Ceschi, in La lezione politica e umana di Stanislao Ceschi, cit., pp. 24-26.
188 LUIGI GUI, La lezione politica e umana di Stanislao Ceschi, in La lezione politica e umana di Stanislao Ceschi, cit., pp. 6-7.
189 Ivi, p. 8.
190 CAMPAGNOLO-BOUVIER, Il politico della cultura, cit., p. 14.
194 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Ungaretti Giuseppe, lettera di Umberto Campagnolo a Giuseppe Ungaretti, 14 aprile 1949.
195 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Silone Ignazio, lettera di Ignazio Silone a Umberto Campagnolo, 5 maggio 1950.
196 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Tecchi Bonaventura, lettera di Diego Valeri a Bonaventura Tecchi, 5 maggio 1950.
197 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Silone Ignazio, lettera di Umberto Campagnolo a Ignazio Silone, 23 aprile 1949.
198 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Levi Carlo, lettera di Umberto Campagnolo a Carlo Levi, 15 giugno 1949.
199 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Banfi Antonio, lettera di Rodolfo Pallucchini ad Antonio Banfi, 20 dicembre 1948.
200 Ivi, lettera di Rodolfo Pallucchini ad Antonio Banfi, 20 gennaio [1949].
201 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Banfi Antonio, lettera di Antonio Banfi [probabilmente indirizzata a Rodolfo Pallucchini], 27 gennaio 1949.
202 Ivi, lettera di Antonio Banfi a Umberto Campagnolo, 9 [giugno 1949].
203 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Terracini Umberto, lettera di Umberto Terracini a Umberto Campagnolo, 11 gennaio 1949.
204 Cfr. ivi, lettera della segreteria di Pallucchini a Umberto Terracini, 28 febbraio 1949.
205 Ivi, lettera di Umberto Campagnolo a Umberto Terracini, 23 maggio 1949.
206 Ivi, lettera di Umberto Campagnolo a Umberto Terracini, 23 maggio 1949. Cfr. anche ivi, lettera di Umberto Terracini a Umberto Campagnolo, 10 giugno 1949.
207 MUCCHI, Le occasioni perdute, cit., pp. 244-245. Nella sua ricostruzione, Mucchi riporta l’avvenimento al 1951, ma è certo che la visita o almeno la proposta di Campagnolo sono precedenti al giugno 1950. 208 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Vittorini Elio, lettera di Elio Vittorini a Umberto Campagnolo, 4 maggio 1949.
209 Ivi, telegramma di Antony Babel e Umberto Campagnolo a Elio Vittorini, 2 giugno [1950].
210 Cfr. ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Calamandrei Piero, lettera di Piero Calamandrei a Diego Valeri, 4 febbraio 1949. Si noti che il rapporto tra la SEC e Calamandrei non fu mediato dal Segretario generale Campagnolo, segno che forse tra alcuni dei principali sostenitori del Movimento federalista europeo rimanevano tensioni. In ogni modo dopo l’Assemblea costitutiva Campagnolo si mise direttamente in contatto con Calamandrei per domandargli una recensione (non ottenuta) per il primo numero di “Comprendre” (cfr. ivi, lettera di Umberto Campagnolo a Piero Calamandrei, 21 giugno 1950). Jemolo fu invece contattato dal Segretario generale alcuni mesi più tardi rispetto all’invito rivolto da Valeri a Calamandrei (cfr. ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Jemolo Arturo Carlo, lettera di Umberto Campagnolo ad Arturo Carlo Jemolo, 3 maggio 1949) e collaborò a “Comprendre” con diversi saggi, tuttavia si mantenne a distanza rispetto all’effettiva attività della SEC, come da lui stesso indicato fin dalla sua lettera di adesione (cfr. ivi, lettera di Arturo Carlo Jemolo a Umberto Campagnolo, 7 giugno 1949).
211 Cfr. supra, capitolo II.
212 Quelques jugements sur la Société européenne de culture, in “Comprendre”, n° 1, p. 65, tradotto dalla citata lettera di Calamandrei a Valeri del 4 febbraio 1949.
213 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Olivetti Adriano, lettera di Umberto Campagnolo ad Adriano Olivetti, 3 maggio 1949 e lettera di Adriano Olivetti a Umberto Campagnolo, 11 maggio 1949.
Fabio Guidali, Uomini di cultura e Associazioni intellettuali nel dopoguerra tra Francia, Italia e Germania Occidentale (1945-1956), zur Erlangung des Doktorgrades eingereicht am Fachbereich Geschichts-und Kulturwissenschaften der Freien Universität Berlin, Tesi consegnata per l’ottenimento del titolo di dottorato presso il Dipartimento di Studi storici dell’Università degli Studi di Milano, presentata nel luglio 2013, pp. 356-364