sabato 26 novembre 2022

La Resistenza umbra risente del significativo contributo degli ex prigionieri

Perugia. Fonte: Mapio.net

La guerra ed i bombardamenti rendono anche Perugia una città surreale. Ugo Baduel, futuro membro dell’entourage di Berlinguer, all’epoca bambino fanaticamente attratto dal fascino marziale del fascismo e, soprattutto, del nazismo, dedito alle imitazioni di Mussolini e al gioco della “tattica”, ammiratore di Rodolfo Graziani, Nicolas Contarini ed Alessandro Oddi Baglioni <55 , ricorda così i mutamenti del capoluogo: «Fin dall’inizio della guerra, le grandi scritte sui muri in via Orazio Antinori, alla svolta di Piazza Grimana: “zona di silenzio. Vietato suonare”. Erano scritte in caratteri “bastoni” di vernice nera su un rettangolo di vernice bianca. Poi le indicazioni “rifugio antiaereo”. In Piazza IV Novembre la fontana del Pisano era stata soffocata da una massa di sabbia poi rivestita di un cono di alluminio argenteo alla cui base stava una massicciata in legno. Sembrava una scultura astratta e io, che prima non avevo mai guardato quella fontana, credetti a lungo che quello fosse il suo normale status» <56.
La città è costretta ad adattarsi alle necessità, alle assurdità e alle ristrettezze imposte dalla guerra. Il tennis club, considerato luogo di imboscati e “traditori della patria”, viene fatto chiudere manu militari; le radio sono fatte bloccare, con decreto prefettizio, tra le frequenze delle stazioni di Monaco e Roma; gli oscuramenti si intensificano fino ad assumere un’angosciante regolarità; la storica Rocca Paolina è adattata a rifugio antiaereo, così come palazzo dei Priori, palazzo Donini e la galleria sotto il parco di Monterone; la scuola del Littorio, vanto del fascismo perugino, viene destinata ad ospedale di riserva; si diffondono gli orti di guerra; le lezioni, quando si tengono, vengono continuamente interrotte dagli allarmi aerei; si propone, senza successo, di introdurre il tedesco come seconda lingua per alcuni servizi pubblici in “omaggio” alle truppe naziste; si ipotizza una improponibile ondata revanchista nella toponomastica cittadina, destinata a culminare nella dedica di “Largo XXVIII ottobre” ad Ettore Muti e nella soppressione della lapide a Felice Cavallotti <57.
La delegittimazione e la debolezza del potere fascista repubblicano sono marcatamente evidenti nella diffusione della renitenza alla leva. Dopo lo sfascio del regio esercito, in molti fanno ritorno alle proprie case, generando un rilevante fenomeno di massa che coinvolge migliaia di persone senza distinzione di gruppi sociali. Per Rocchi «il grave fenomeno della renitenza alla chiamata alle armi e della diserzione trova le sue ragioni, oltre che nell’abbrutimento morale subentrato negli italiani dopo la nefasta data dell’8 settembre, anche nelle condizioni di disagio in cui erano costretti a vivere i giovani chiamati alle armi per le difficoltà in parte superate in cui si dibattono gli enti militari a causa della mancanza di materiali di casermaggio e di equipaggiamento e vestiario» <58.
La grande maggioranza dei giovani chiamati il 9 novembre 1943 non risponde, ed hanno scarsi effetti sia i bandi di reclutamento volontario che prevedono consistenti indennità di guerra, sia le misure coercitive che stabiliscono la pena di morte per i disertori. Hanno poca presa anche gli articoli polemici contro i «giovani restii e impudenti», «tarati moralmente», che compaiono su 'La Riscossa' <59. Solo i rastrellamenti dei familiari ottengono, in qualche caso, i risultati sperati dai fascisti repubblicani <60. Significative, comunque, le eccezioni. La nota dominante tra i membri della Gnr - «uomini fantocci dei tedeschi», secondo un manifesto partigiano <61 - è il fanatismo.
Baduel ricorda, infatti, come tra gli arruolati spontanei figurassero anche fanciulli di appena 14 anni <62, ammaliati da un’immagine eroica e romantica della guerra, considerata alla stregua di un balocco, solo più tardi rivelatosi foriero di distruzioni reali.
I fascisti repubblicani, sempre più lontani dalla società civile, cercano di colmare questo divario con promesse di laute ricompense per la ricattura di prigionieri di guerra anglosassoni o, comunque, di persone evase dalle carceri e dai campi di concentramento, approfittando della confusione istituzionale seguita al 25 luglio. Previsti premi anche per il recupero e la denuncia di armi. Ma nonostante gli “incentivi” non sono pochi coloro, anche nel capoluogo, che contravvengono al perentorio divieto di “alloggio, vitto e assistenza” nei confronti dei fuggitivi emanato da Rocchi. I rari episodi di “collaborazione” vengono ampiamente propagandati ed additati ad esempio <63.
Una parte dei renitenti compie una scelta di campo precisa, andando ad alimentare l’azione partigiana. L’organizzazione di bande armate contro i nazifascisti non è sempre tempestiva, anzi, nella maggior parte dei casi, le forme organizzative sono - come ha scritto Covino - «scarsamente formalizzate, frutto più di scelte sanzionate a posteriori che della realtà concreta maturata nel corso dell’attività combattente» <64.
La Resistenza umbra, soprattutto quando assume la forma della guerriglia, risente del significativo contributo - militare, tattico e logistico - degli ex prigionieri, soprattutto slavi, evasi dai diversi luoghi di reclusione <65. Inizialmente si tratta solo di poche centinaia di uomini che si organizzano faticosamente nascondendosi nelle zone montuose della regione. Le prime azioni sono costituite da sabotaggi alle linee telefoniche o telegrafiche, aggressioni a militi - preferibilmente fascisti <66 perché male armati e facilmente riconoscibili - o carabinieri isolati, e furti (soprattutto di generi alimentari di prima necessità) <67. Il peso militare dell’antifascismo, causa anche la brevità dell’occupazione tedesca, non è particolarmente rilevante: spesso produce solo atti a scopo dimostrativo-intimidatorio. In alcuni casi, tuttavia, violenze e razzie degenerano in delitti di cui sono vittime sia esponenti della Gnr che semplici civili <68.
Le iniziative resistenziali s’intensificano nell’inverno del 1943, beneficiando delle abbondanti nevicate. Le tre maggiori formazioni partigiane, la brigata Gramsci, la brigata Garibaldi e la brigata S. Faustino-Proletaria d’urto, svolgono la loro attività lontano dal capoluogo, nelle zone meno accessibili (monte Subasio, monti Martani, Valnerina, entroterra appenninico, area del Lago Trasimeno) <69.
La Gnr, coadiuvata  dalle forze tedesche, ricorre a frequenti rastrellamenti. In non pochi casi, i “ribelli” catturati vengono trucemente «passati per le armi sul posto» <70. Il 25 aprile 1944, con sadica soddisfazione, il capitano dei carabinieri Francesco Fusco riferisce a Rocchi di una vasta azione antipartigiana condotta dalle truppe tedesche nella zona di Norcia.
«L’iniziativa militare», scrive, «è valsa a disorganizzare le bande partigiane che numerose si aggiravano nella zona montana. Detta azione per la sua violenza e per la distruzione di interi villaggi ha molto influito sullo spirito delle popolazioni tanto da indurre numerose famiglie a far presentare alle armi i propri congiunti in conformità al manifesto di chiamata» <71.
[NOTE]
55 La figura del cugino, Alessandro Oddi Baglioni, era per Baduel la più importante. Campione di sci e di tennis, promotore a soli 13 anni del primo nucleo di balilla perugini, il giovane fascista si era arruolato allo scoppio della guerra come volontario. Caduto in Africa (2 novembre 1942) per errore del fuoco “amico”, Alessandro Baglioni era diventato un’icona del martirio fascista per la patria.
56 U. Baduel, L’elmetto inglese, op. cit., pp. 228-229.
57 La proposta è contenuta in La Riscossa n. 17 del 27 novembre 1943. Alcuni giorni prima il federale Narducci aveva anche annunciato la sistemazione della sfregiata lapide commemorativa della marcia su Roma. Sui ricoveri antiaerei di Perugia si veda R. Sottani, Vita quotidiana nella seconda guerra mondiale, in R. Rossi (a cura di), Perugia. Storia illustrata delle città dell’Umbria, op. cit., p. 838.
58 ASP, Gabinetto della Prefettura, b. 91. Relazione prefettizia del 5 aprile 1944.
59 Cfr., ad esempio, Questi giovani di Corso Vannucci, in La Riscossa n. 20, 4 dicembre 1943; Giovani in poltrona, in La Riscossa, n. 21, 6 dicembre 1943.
60 Cfr. B. Pilati, La renitenza alla chiamata dell’esercito di Salò in provincia di Perugia, in L. Brunelli e G. Canali (a cura di), L’Umbria dalla guerra alla resistenza, op. cit., pp. 95-103.
61 Così gli esponenti del Pfr vengono definiti in un interessante manifesto comunista rinvenuto a Spoleto nel marzo 1944. Il messaggio è rivolto «ai giovani»: «Il vostro periodo della gioventù nel ventennio del fascismo fu fra i più infausti che la storia ricordi nel prepararvi l’avvenire. Il fascismo fra canti e parate militari vi tenne lontani dalla realtà della vita e della preparazione del vostro domani. Vi allevò nel clima militare senza che nessuno potesse farvi conoscere il baratro dove il fascismo portava la nazione impegnandovi a vostra insaputa ad essere protagonisti della distruzione dell’Italia (…). La conseguenza della politica del fascismo portò la nazione nella guerra che dal 1939 imperversa sul mondo. (…) La nazione attende l’opera dei giovani per risorgere. Un gruppo di uomini fantocci dei tedeschi, veri padroni dell’Italia, vogliono riportarvi alla guerra. (…) Nessuno si arruoli né con i fascisti repubblicani né con i tedeschi (…). Ma ciò non basta. Questa vostra resistenza passiva è buona. Ma occorre che si entri ora nella fase attiva. Occorre scacciare al più presto i tedeschi dall’Italia (…) occorre scacciare il fascismo repubblicano loro servo, che li aiuta nell’opera di distruzione e schiavitù del nostro popolo. (…) I partigiani della montagna vi aspettano. Raggiungeteli. Il vostro posto di combattimento è da quella parte. Arruolatevi. I comunisti» (ASP, Gabinetto della Prefettura, b. 91, dalla relazione del 25 marzo 1944 del comandante della Gnr Emilio Ortolani).
62 U. Baduel, L’elmetto inglese, op. cit., p. 179.
63 Su La Riscossa n. 94 del 29 maggio 1944 compare, ad esempio, un articolo (Un parroco in gamba. Fa catturare due prigionieri inglesi ed ottiene il rientro dalla Germania di due suoi parrocchiani) che esalta la riconsegna di evasi inglesi da parte di un «italianissimo» sacerdote di Colombella. Da rilevare che nello stesso numero del periodico del Pfr compare un ampio servizio su 'I delitti del comunismo'. La documentazione delle “foibe” istriane.
64 Cfr. la premessa di R. Covino a L. Brunelli e G. Canali (a cura di), L’Umbria dalla guerra alla resistenza, op. cit., p. XII.
65 Il 31 gennaio 1944, il questore di Perugia, Scaminaci, si scaglia contro «l’imbelle governo badogliano», reo di aver svuotato le carceri dopo l’8 settembre. «Dopo l’armistizio - scrive - tutti i prigionieri di guerra ed internati comunisti di altre nazioni (in prevalenza sloveni, croati e montenegrini) rimasero liberi per abbandono dei presidi militari posti a guardia»: da questi elementi - sostiene il questore - è partita l’iniziativa di formare bande armate. Si tratta di individui che «hanno molta pratica della guerriglia partigiana» e cercano di «far comprendere alle popolazioni dei piccoli centri rurali, dove si annidano, che nulla hanno da temere dalla loro azione e che essi anzi li
proteggono contro le angherie della milizia fascista, della polizia e dei militari germanici. Con tale sistema si formano alle spalle una muraglia di protezione che rende difficile il controllo delle loro mosse, e l’accertamento preciso dell’entità, armamento e capacità bellica di tali bande» (ASP, Gabinetto della Prefettura, b. 91).
66 Don Luigi Moriconi ricorda, ad esempio, l’aggressione subita dal segretario del Fascio di Fratticiola - un «pessimo soggetto» pluripregiudicato - ad opera di alcuni partigiani: nei primi mesi del 1944 viene colpito in casa dell’amante riportando gravi ferite (cfr. R. Bistoni, Una Chiesa presente, op. cit., pp. 92-93).
67 Nelle relazioni repubblicane il riferimento ai «delitti» dei “ribelli” è continuo. Il 25 marzo 1944, ad esempio, l’ispettore regionale della Gnr, Roberto Gloria, scrive: «Le segnalazioni dei delitti sono ormai continue e numerose. Le estorsioni, rapine, furti, sequestri di persone, violenze private sono l’opera nefasta di questi banditi, composta di esosi politici, evasi dalle carceri, ex prigionieri di guerra di varie nazionalità, giovani datisi alla macchia i quali vivono tutti di brigantaggio. I distaccamenti della Guardia vengono molto frequentemente attaccati con risultati a volte dolorosi per noi. Campello sul Clitunno, Gualdo Tadino, Costacciaro sono i distaccamenti recentemente attaccati». Quindi conclude: «Si spera tanto dalla popolazione delle zone in una rapida ripresa delle nostre azioni di rastrellamento». Ancora il 5 maggio 1944, nella relazione al comando tedesco, Rocchi scrive: «le bande di ribelli più che attuare un piano di azione a carattere politico-militare, si sono date al brigantaggio, compiendo estorsioni, rapine, furti e violenze di ogni genere a danno della inerme popolazione… gli abitanti, per la maggior parte rurali, non sono in condizioni di poter reagire e spesso sono costretti a concedere ospitalità e aiuti ai partigiani, per non subire le loro rappresaglie. Ad evitare errori di valutazione nelle colpe sarebbe opportuno che i comandi dei reparti germanici operanti prendessero contatto con le Autorità locali prima di dare inizio alle azioni di rastrellamento» (ASP, Gabinetto della Prefettura, b. 91).
68 Si vedano, in proposito, i dettagliati episodi narrati nella relazione del 10 maggio 1944 redatta dal capitano dei carabinieri Francesco Fusco. In frazione Pigge di Trevi, ad esempio, una donna viene «freddata con tre colpi di rivoltella» dopo aver riconosciuto due “ribelli” intenti a rapinare il marito (ASP, Gabinetto della Prefettura, b. 91)
69 Sulla Resistenza in Umbria è disponibile un’articolata bibliografia, spesso basata sulle memorie partigiane. Si rinvia, in particolare, ai saggi (di A. Mencarelli, G. Pellegrini e P. Bottaccioli) e alle testimonianze contenuti in A. Monticone (a cura di), Cattolici e fascisti in Umbria (1922-1945), op. cit., pp. 343-405, 445-469; al saggio di E. Santarelli e alle comunicazioni (di C. Ghini, R. Cruccu, F. Frascarelli, G. Verni, G. Pellegrini, F. Bracco e G. Della Croce) contenute in G. Nenci (a cura di), Politica e società in Italia dal fascismo alla Resistenza, op. cit., pp. 319-334, 337-469. Si segnalano, inoltre, alcune delle pubblicazioni promosse dall’Istituto per la storia dell’Umbria contemporanea (Isuc): E. Mirri e L. Conti (a cura di), Filosofi nel dissenso. Il “Reale Istituto di Studi Filosofici” a Perugia dal 1941 al 1943, Editoriale Umbra, Foligno, 1986; F. Barroccini (a cura di), Candida (Candiola) Cavalletti, Lettere a un marito in guerra. Dalle campagne di Marsciano 1943-44, Editoriale Umbra, Foligno, 1989; G. Gubitosi, Il diario di Alfredo Filipponi, comandante partigiano, Editoriale Umbra, Foligno, 1991; R. Covino (a cura di), B. Zenoni, La memoria come arma. Scritti sul periodo clandestino e sulla Resistenza, Editoriale Umbra, Foligno, 1996; R. Covino (a cura di), L’Umbria verso la ricostruzione, atti del convegno “Dal conflitto alla libertà” (Perugia, 28-29 marzo 1996), Editoriale Umbra, Foligno, 1999; O. Lucchi, Dall’internamento alla libertà. Il campo di concentramento di Colfiorito, Editoriale Umbra, Foligno, 2004; Dragutin-Drago V. Ivanovic, Memorie di un internato montenegrino. Colfiorito 1943, Editoriale Umbra, Foligno, 2004; L. Brunelli, Quando saltarono i ponti. Bevagna 1943-44, Editoriale Umbra, Foligno, 2004; T. Rossi, Il difficile cammino verso la democrazia. Perugia 1944-48, Editoriale Umbra, Foligno, 2005. Sulle bande partigiane, specificamente, si rinvia ai saggi (di S. Gambuli, A. Bitti e G. Guerrini, G. Granocchia e C. Spogli, M. Hanke, G. Pesca e G. Ruggiero) contenuti in L. Brunelli e G. Canali (a cura di), L’Umbria dalla guerra alla resistenza, op. cit., pp. 263-337.
70 Si veda, ad esempio, quanto riferisce il comandante dei carabinieri Ercole D’Ercole nella relazione del 10 aprile 1944.
71 ASP, Gabinetto della Prefettura, b. 91. Rappresaglie analoghe vengono condotte anche nel ternano: cfr. V. Pirro, La Repubblica sociale, in M. Giorgini (a cura di), Terni. Storia illustrata delle città dell’Umbria, op. cit., pp. 706-707.
Leonardo Varasano, "La prima regione fascista d'Italia". L'Umbria e il fascismo (1919-1944), Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2007