domenica 11 dicembre 2022

Un avvocato di Rovereto, martire della Resistenza

Rovereto (TN). Fonte: Wikipedia

«L’“eccezionale normalità” di Angelo Bettini, avvocato e socialista - scrivono Mario Cossali e Mara Rossi per l’Anpi -, si sposava con la consapevolezza di aver capito presto dove stavano le ragioni e i torti. L’avvocato Bettini pagò con la vita l’essersi schierato dalla parte della giustizia e della libertà con continuità nella sua vita. Come consigliere comunale socialista prima dell’avvento del fascismo impegnandosi per la tutela, “non solo degli interessi della classe operaia, sempre negletti, ma anche di quelli generali di tutta la cittadinanza in armonia al concetto vasto e profondo della fratellanza universale dei popoli, alla quale tendono gli sforzi dei socialisti di tutto il mondo, e ciò senza negare quei valori nazionali che all’infuori degli interessi particolaristici, propri della classe al potere, mirano alla più alta e più umana educazione ed evoluzione del popolo.” Come avvocato, prima e durante la dittatura, restando vicino agli strati più deboli della società fino a far parte dall’estate del 1943 del Cln clandestino del Trentino. Venne freddato con un colpo di pistola alla testa (pare da Willi Völker, maresciallo delle SS) su ordine del colonnello Thyrolf il 28 giugno del 1944. Bettini era un personaggio di primo piano della Resistenza, anche se defilato e silenzioso. Non a caso il suo ruolo è stato lumeggiato solo anni dopo la morte. Da un po’ di anni la sua figura Bettini è commemorata il 28 giugno, nell’atrio del tribunale dagli avvocati, dai giudici, dall’amministrazione comunale, dall’Anpi e dalla cittadinanza. Negli anni è sempre stato sottolineato da tutti l’esempio attuale della sua vita e della sua coerenza. Per Angelo Bettini «non c’è nulla di meno spontaneo della libertà», quella libertà che va costruita giorno per giorno nel rispetto dei diritti di tutti e di ciascuno».
Redazione, Angelo Bettini, un esempio di vita anche dopo 75 anni, Il nuovo Trentino, 28 giugno 2019

Era il 28 giugno 1944 quando Angelo Bettini, avvocato roveretano antifascista, venne assassinato dai nazisti nel suo studio legale a due passi da piazza Rosmini. Da allora questa data viene sempre ricordata dagli avvocati ma pure dai semplici cittadini. Perché è un monito a non abbassare la guardia sui diritti civili, minacciati allora come oggi. Ieri il legale trucidato durante la Seconda guerra mondiale è stato commemorato a palazzo di giustizia. E per la prima è stata scelta l’aula delle udienze del gup che è intitolata proprio a Bettini. Il suo valore, le sue idee, sono state ricordate dai massimi vertici istituzionali [...]
Redazione, Angelo Bettini, il tribunale si ferma per un tributo, l'Adige.it, 28 giugno 2018

Una sepoltura quasi senza cerimonia, alla presenza di qualche decina di persone sgomente. La voce della sorella dell’ucciso che urla piangendo “vendetta” e quella di Antonio Piscel, il suo vecchio maestro di socialismo, che esorta cristianamente al perdono: così un testimone (il nipote Luciano) ricorda il funerale di Angelo Bettini, trucidato nel suo studio di avvocato nel pomeriggio del 28 giugno 1944 <1. Per Rovereto come per tutto il Trentino quella data rappresentò una svolta decisiva. I dieci morti della caccia selvaggia di Riva e di Arco, l’esecuzione di Bettini, l’arresto dei capi di una Resistenza ancora in formazione infransero ogni alibi alla collaborazione con i nuovi padroni e le residue illusioni di un’occupazione morbida.
Gli uomini che dovevano catturare Bettini erano arrivati da Trento all’alba, sul torpedone che avrebbe poi portato a Riva una ventina di manovali occasionali della morte, raccattati in buona parte il giorno prima a Bolzano tra gli arruolati nella SOD, il corpo di polizia sudtirolese al servizio dei tedeschi <2. Nessuno dei tre “ausiliari” scesi a Rovereto quella mattina poté essere condannato nei processi del dopoguerra. Cosa ne sapevano il negoziante di generi misti Enrico Weis, nientemeno che podestà di Laives, l’arrotino di Gries Costantino Giovanazzi, l’impiegato Lorenzo Berger, anche lui di Laives? Andavano a svolgere un servizio d’ordine, da bravi cittadini, qualcuno di loro non seppe nemmeno che Bettini poi fosse stato ucciso, o almeno così dichiarò al processo. Un’idea del programma della mattiniera escursione, invero, dovevano pur essersela fatta, sulla base delle istruzioni ricevute la sera prima, nella palazzina delle SS in via Acqui a Trento.
"Qui il comandante, che non conosco, ci tenne un discorsetto dicendoci che si rendeva necessario un servizio per stroncare sul nascere l’attività di un partito italiano di nuova creazione e che a tale scopo si doveva arrestare le persone che ci sarebbero state indicate e precisando che in caso di resistenza o di fuga bisognava far uso delle armi" raccontò nel suo primo interrogatorio il Giovanazzi <3. Il piano esposto ai responsabili dal maggiore Thyrolf era preciso e spietato, spiegò nel suo interrogatorio il capitano Heinz Winkler, di Dresda, incaricato dell’azione di Rovereto: "Chiamò a sé i capi dei singoli gruppi e consegnò loro le liste e i biglietti con le generalità e l’indirizzo di coloro che
dovevano essere arrestati. Thyrolf già nell’impartire a noi le istruzioni specificò che le persone i cui nomi erano contrassegnati sul biglietto con una croce non dovevano essere arrestati ma uccisi. [...] Al mio gruppo furono assegnati il maresciallo delle SS Völker e il maresciallo SS e interprete Stimpfl e 3 borghesi tedeschi a me sconosciuti. [...] Thyrolf mi raccomandò caldamente l’arresto di un certo avvocato dottor Ferrandi che doveva essere eseguito a tutti i costi trattandosi di uomo di eccezionale importanza. Tra i biglietti consegnatimi ve n’era uno segnato con la croce rossa; il titolare doveva per tanto essere ucciso. Il Thyrolf mi spiegò che proprio per questo mi aveva assegnato uno dei più validi esecutori, cioè il Völker. Partii nelle prime ore del mattino per Rovereto con la mia vettura prendendo con me Völker e Stimpfl, mentre i tre borghesi vi si trasferirono con un autobus" <4.
I dati che emergono dalle carte del processo consentirebbero un racconto analitico di quella giornata, cui qui dobbiamo rinunciare. Notiamo solo che Bettini doveva avere la coscienza così tranquilla (o una così grande sollecitudine per l’incolumità dei famigliari) da presentarsi spontaneamente senza pensare ad una facilissima fuga, una volta saputo dalla moglie di essere ricercato. Quando fu portato nella sede della gendarmeria, all’inizio del corso che ora porta il suo nome, non erano ancora le 11; poi gli interrogatori condotti da Stimpfl, il trasferimento nello studio, l’esecuzione con un colpo di pistola alla testa (per mano di Völker, secondo la testimonianza di Winkler e le altre risultanze del processo) <5.
In quella stessa giornata furono arrestati a Trento Giannantonio Manci, a Rovereto Giuseppe Ferrandi (oltre al maestro Santini e ad un carabiniere in pensione, Palmieri, anch’essi accusati di attività di opposizione), a Riva Gastone Franchetti e alcuni altri aderenti ad una cospirazione generosa stroncata sul nascere. Ferrandi, pure avvocato, principale collaboratore di Manci e protagonista insieme a lui della fase di costruzione politica e organizzativa della resistenza trentina, fu tradotto a Bolzano dove fu poi condannato dal tribunale speciale tedesco a sei anni di carcere duro. Alle carceri di Trento venne portato il fratello di Bettini, Silvio, più noto col suo nome di volontario nella prima guerra mondiale, Schettini. Era ritornato a Rovereto nell’ottobre ‘42 dopo quattordici anni di emigrazione politica in Francia, quasi un anno di lager in Germania, un periodo di carcere e di confino in Italia. Privato di alcuni degli uomini di maggiore esperienza e qualità politica, segnato dalla brutalità degli eccidi, il movimento resistenziale locale subiva un colpo particolarmente duro, in particolare nella città.
[NOTE]
1 Intervista a Luciano Bettini. A Luciano, recentemente scomparso, cultore della memoria storica e uomo gentile, dedico la nuova edizione di questo lavoro, che fu anche l’occasione da cui partì la reciproca conoscenza e amicizia. La prima versione di queste pagine fa parte del volume Rovereto 1940-45. Frammenti di un’autobiografia della città, a cura di Diego Leoni e Fabrizio Rasera, Osiride - Materiali di lavoro, Rovereto 1993. Tanto il volume che questo specifico lavoro, ivi pubblicato alle pp. 366-382 con il titolo La porta chiusa. La persecuzione dei prigionieri politici nel carcere di Rovereto, fanno parte di un percorso collettivo svolto nel Laboratorio di storia di Rovereto. Vi parteciparono, in quella fase, Luciano Bettini, Gianni Canepel, Lidia Lestani Canepel, Giovanna Cimonetti, Ada Debortoli, Benito Franceschini, Riccarda Fedriga Giordani, Pierangelo Gallina, Ilda Giordani Bertolini, Ferdinando Manfredi, Maria Marzani Prosser, Mario Seber, Livia Tomasi Salvetti. Da allora la ricerca a livello locale su quel periodo non ha fatto passi avanti tali da mettermi in condizione di scrivere qualcosa di davvero nuovo. Ripropongo dunque in questo volume il testo di allora, emendato di alcune sviste, rielaborato in qualche passaggio marginale, irrobustito e aggiornato nelle note.
2 “Questo servizio d’ordine era un’associazione costituitasi illegalmente per l’autodifesa degli optanti sudtirolesi; al momento dell’ingresso delle truppe tedesche nel Sudtirolo si era messa a disposizione dei Tedeschi”: K. Stuhlpfarrer, Le zone d'operazione Prealpi e Litorale adriatico 1943-45, Libreria Adamo, Gorizia 1979, p. 113.
3 Il verbale dell'interrogatorio (27 giugno 1945 presso la Questura di Trento) è nel fascicolo del processo a Lorenzo Berger, Enrico Weis e Costantino Giovanazzi presso la Corte d'Assise Straordinaria di Trento, concluso nell'aprile 1946 con l'assoluzione degli imputati. Gli atti sono nell'archivio della Corte d'Appello di Trento, come quelli di tutti gli altri processi per collaborazionismo svolti in Trentino nel periodo 1945-6, che costituiscono nell'insieme una straordinaria fonte storica sul periodo. Noi qui non ci occupiamo dei processi in sé, come pure sarebbe importante fare, ma attingiamo alle testimonianze raccolte in quella sede usandole come documenti autobiografici. Sappiamo che il contesto del processo orienta quei racconti, che in mezzo c'è il filtro di chi interroga e di chi verbalizza, che anche questi documenti vanno
interpretati, piuttosto che assunti nella loro assolutezza. Eppure anche in questo caso, come in innumerevoli altri della storia lontana e recente, senza carte di questo tipo poco sapremmo dell’esperienza vissuta dai testimoni e dalle vittime. Sull'istituzione delle Corti straordinarie di Assise per i reati di collaborazione con i tedeschi (prevista dal Decreto Legislativo Luogotenenziale 22 aprile 1945, n. 142) e sull'evoluzione successiva delle norme in materia cfr. C. Saonara, Le sanzioni contro il fascismo dai decreti del CLNAI alle Corti straordinarie d'Assise, introduzione a Fascisti e collaborazionisti nel Polesine durante l'occupazione tedesca. I processi della Corte d'Assise Straordinaria di Rovigo, a cura di Gianni Sparapan, Marsilio, Venezia 1991, pp. 9-24.
4 Estratto dal verbale dell'interrogatorio assunto il 25 luglio 1945 nei locali della Questura di Bolzano, contenuto negli atti processuali.
5 A Bettini non è stata dedicata ancora una ricerca biografica di adeguato spessore, come la nobiltà della sua figura umana e politica richiederebbero. Consigliere comunale socialista alle elezioni del '22, antifascista da sempre, egli era stato oggetto di un'aggressione squadristica nel 1925 e di ricorrenti, tenaci persecuzioni poliziesche. Fu arrestato il 26 luglio 1943 per essersi recato, con un gruppo di giovani, a levare i ritratti di Mussolini dagli edifici pubblici. Legato a Manci e Ferrandi, aveva collaborato con loro nel 1943 alla costituzione del Movimento socialista trentino. Anche nell'attività professionale - secondo quanto emerge dalle testimonianze sulla sua figura - si esprimeva l’adesione ad un socialismo umanitario quasi ottocentesco, che lo faceva essere il paterno consigliere “della umile gente”, “l’avvocato che difende pagando di borsa, per i più umili, anche le spese”, si legge in Angelo Bettini, “Terra nostra”, organo del Cln di Rovereto, 28 giugno 1945 n. 5. In “Terra nostra” si veda anche l'interessante antologia dai documenti della questura Sfogliando il "fascicolo dei sovversivi" della P. S., 13 luglio 1945, n. 7. [Aggiornamento per la pubblicazione in academia.edu: l’assenza di una biografia del personaggio è stata sanata attraverso il lavoro di F. Rasera, Angelo Bettini. Documenti sulla vita e sulla morte, Osiride, Rovereto 2004 e 2010. L’edizione del 2010 rivede in profondità la prima, anche grazie alla riemersione di documenti d’archivio in precedenza non accessibili]

Fabrizio Rasera, Aspetti della Resistenza a Rovereto e Vallagarina, 10 dicembre 2022, academia.edu