Gli attori milanesi Dario Fo e Franca Rame, sensibili ai problemi della realtà operaia, nel corso della conduzione del varietà canoro del sabato sera Canzonissima (Programma Nazionale, 1958-1963) nel 1962, scrivono uno sketch su un costruttore edile che si rifiuta di dotare di misure di sicurezza la sua impresa. Giocata su battute semplici, la satira fa però emergere con evidenza la drammaticità della condizione lavorativa. La commissione di censura non ne coglie - o, al contrario, la coglie fin troppo bene - la forza dirompente; tuttavia le notizie sulla gag scatenano le proteste della parte più reazionaria dell’Italia e il plauso di quella progressista. Dario Fo e Franca Rame abbandonano la trasmissione e l’opinione pubblica si divide, con numerose prese di posizione sui giornali per l’una come per l’altra parte. Vi sono anche interrogazioni parlamentari sulla funzione di servizio pubblico della televisione.
Nella prima monografia (del 1977) della collana “Il Castoro” dedicata a Dario Fo, Lanfranco Binni non manca, con parole piuttosto esplicite, di soffermarsi, all’interno di un’attività per lo più teatrale, sulla collaborazione televisiva di Fo. A creare dissenso all’interno della festosità rassicurante della trasmissione è già la sigla, dove la società italiana si presenta per gruppi e cori, reggendo in mano cartelli: sono disoccupati, emigrati, operai in sciopero, carcerati, giovani che intonano la gioiosa "Su cantiam":
"Nell’Italia che ancora non ha ben compreso la portata reale del primo centro-sinistra, già la sigla della trasmissione opera un’azione di rottura, provocando simpatie a sinistra e attacchi da destra. Per gli spettatori di una televisione caratterizzata dal più squallido conformismo e dalla più servile osservanza nei confronti del potere politico ed economico, è senz’altro singolare ascoltare una sigla che allegramente dice, su sottofondo di musica da circo: «Popolo del miracolo / miracolo economico / oh popolo magnifico / campion di libertà» […] Attraverso il gioco ironico fra serio e non serio, attraverso le battute sulla stessa televisione, su industriali che amano i «loro» operai, trasmissione dopo trasmissione passano frecciate sempre più caustiche ed esplicite (che incontrano il favore del grande pubblico popolare) finché la censura televisiva non interviene pesantemente sul testo di una trasmissione: proprio mentre nel paese è in corso una dura lotta degli edili (che vede duri scontri con la polizia a Roma), Fo sottopone alla commissione televisiva uno sketch sulle speculazioni degli impresari edili. Il copione viene fatto a pezzi. Dario Fo e Franca Rame respingono il ricatto, e denunciano la repressione dell’ente di stato nei loro confronti <21.
Da notare, inoltre, come lo stesso Binni sottolinea che, nello stesso anno della vicenda, il 1962, Fo comincia la collaborazione con il «Nuovo Canzoniere Italiano», sorto su iniziativa di un gruppo di intellettuali, fra cui Gianni Bosio, già animatore della rivista Movimento operaio, «proprio mentre a Torino Raniero Panzieri organizza la rivista Quaderni rossi». Sono ancora una volta i riferimenti culturali dell’operaismo impegnato a contrapporre alla politica culturale interclassista della sinistra italiana un’azione provocatoria e a contribuire alla costruzione di un’egemonia culturale di classe del movimento operaio. E, come già abbiamo accennato nel capitolo precedente, la strategia utilizzata sarà quella dell’esplorazione e della riscoperta della tradizione musicale popolare.
Tornando a Canzonissima, Chiara Valentini ricostruisce così i fatti inerenti l’episodio: "Due giorni dopo, il 26 novembre, mentre sta facendo gli ultimi preparativi per andare in onda, Fo riceve una singolare richiesta da Roma: trasmettere in bassa frequenza le prove dello sketch. È una pretesa abbastanza curiosa, visto che le scenette previste per la serata sono già state discusse e ritoccate fino alla nausea. Delle tre che dovevano andare in onda una, sulle ragazze che arrivano in città a far le cameriere e finiscono nelle mani di brutti tipi, è stata addirittura abolita. È passata la seconda, su una coppia di svitati. E la terza, la più sostanziosa, è già stata manipolata. Racconta di un imprenditore edile che quando viene a sapere che un suo operaio è caduto da un’impalcatura si dispera, elenca tutte le misure di sicurezza mai rispettate, promette di cambiare. Ma appena arriva la notizia che l’incidente è stato piccolo si rimangia tutto. Fo non ha ancora finito di esibirsi nelle smorfie e nelle piroette del padrone di cattiva coscienza, che il telefono sta già squillando. Anche se rimaneggiata la scenetta non può essere trasmessa: è in corso nel paese uno sciopero degli edili, è stata anche la mediazione del governo, un ente pubblico come la RAI non può interferire occupandosi dell’argomento. Minacce, preghiere, insistenze di Fo, che convoca anche i suoi avvocati, sono inutili <22.
La puntata prevista (l’ottava) di Canzonissima andrà in onda in forma ridotta (mezz’ora) e incompleta, ossia mantenendo esclusivamente le canzoni già registrate; così per le puntate successive, salvo la finale del 6 gennaio condotta da Corrado. Successivamente, si scatena una piccola bagarre nazionale, fatta di interrogazioni parlamentari, di convocazioni urgenti della commissione di vigilanza Rai (da parte del comunista Davide Lajolo), di cause e denunce; Fo e Rame citano la Rai per danni, la televisione a sua volta fa loro causa, buona parte dell’opinione pubblica nazionale è loro favorevole, buona parte dei giornali dedica al caso editoriali e commenti; il trambusto che ne segue è tale che il premier Amintore Fanfani sostituisce il ministro delle Comunicazioni Guido Corbellini con Carlo Russo. L’episodio marca definitivamente la carriera dei due attori che da quel momento diventano non solo popolari presso ampie masse di pubblico, ma soprattutto acquisiscono quella simbolicità contestataria (l’apice della quale è raggiunto a partire dal Sessantotto) che li caratterizzerà fino alla fine delle loro carriere.
Un articolo di Aldo Grasso <23 ha riportato il canovaccio dello sketch (scritto con Leo Chiosso e il regista Vito Molinari) mai andato in onda:
«IMPIEGATO: Ecco il preventivo delle strutture di protezione per gli operai. Sono sei milioni compresa la rete. Facciamo l’ordinazione?
INGEGNERE: L’ordinazione di sei milioni, ma dico siamo rinscemiti. Ma come io sto qui che ho una faccia un po’ giù che avrei bisogno di riposarmi per far funzionare ’sta baracca... e tu mi vuoi far buttar via sei milioni. Per chi poi? Ma dico, da quando in qua si usano i poggiamano, le balaustre?
IMPIEGATO: Ma veramente le altre imprese...
INGEGNERE: Le altre imprese, le altre imprese. Basta con ’ste ciance.
IMPIEGATO: Allora non se ne fa niente... nemmeno della rete?
INGEGNERE: La rete? Ma uè, e che, siamo al circo equestre... con la rete e senza rete? Ma cosa vuoi che ci metta, anche la banda, il trapezio e le ballerine sul filo? Così, tanto per fare un po’ di scena? Ma basta, andiamo! Siamo seri.
RAGAZZA: Antonio io sono ancora qui.
INGEGNERE: Bel stellin... Guarda lei. Scusa di prima sai... ma ecco è stato un momento di debolezza. Ma adesso guardami, sono ritornato un uomo. Vieni vieni che ti porto dal ciafferaio.
RAGAZZA: Da chi?
INGEGNERE: Dal gioielliere a riprenderti un bell’anellino e che crepi la miseria... per la miseria.
RAGAZZA: Oh caro!
INGEGNERE: Ehi, fai avvertire gli operai che il primo che casca gli spacco il muso.»
Al di là dell’eco che la vicenda ha riverberato e del mero valore di caso storico, è di nostro interesse rilevare come la questione delle morti sul lavoro e della sicurezza per prevenirle - già presente in filigrana, come abbiamo visto, nelle prime inchieste paleotelevisive - costituisca un oggetto di discorso spinoso se non tabù, persino sottoforma di accenno all’interno di uno sketch teatrale.
Quando, nel 1975, Dario Fo si ripresenterà negli studi Rai per presenziare nel corso di una Tribuna elettorale, in quanto candidato di Democrazia Proletaria, comincerà il proprio intervento proprio partendo dai 13 anni di forzata assenza dalla televisione per una vicenda che non mancherà di riassumere ai telespettatori, entrando nel merito delle motivazioni e dei temi.
Un’ultima notazione è necessaria a proposito di un altro contesto, quello radiofonico. Nel 1953, nel corso del varietà radiofonico Chicchirichì, l’esordiente Fo aveva interpretato, su testi di Umberto Simonetta, il personaggio dell’impiegato Gorgogliati, ponendosi in controtendenza rispetto alle raffigurazioni offerte dal settore dell’entertainment; è infatti, quella dell’impiegato, una figura sociale e professionale che, come in parte abbiamo potuto notare, risulta pressoché assente dalle produzioni Rai.
[NOTE]
21 L. Binni, Dario Fo, La Nuova Italia, Firenze, 1977, pp. 28-29.
22 C. Valentini, La storia di Dario Fo, Milano, Feltrinelli, 1977, Seconda edizione riveduta e ampliata 1997, p. 82.
23 A. Grasso, Dario Fo e «Canzonissima 62», censura che meriterebbe una fiction, in «Corriere della Sera» del 14 ottobre 2016.
Matteo Macaluso, Forme e narrazioni del lavoro nelle produzioni Rai, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, 2025
Nella prima monografia (del 1977) della collana “Il Castoro” dedicata a Dario Fo, Lanfranco Binni non manca, con parole piuttosto esplicite, di soffermarsi, all’interno di un’attività per lo più teatrale, sulla collaborazione televisiva di Fo. A creare dissenso all’interno della festosità rassicurante della trasmissione è già la sigla, dove la società italiana si presenta per gruppi e cori, reggendo in mano cartelli: sono disoccupati, emigrati, operai in sciopero, carcerati, giovani che intonano la gioiosa "Su cantiam":
"Nell’Italia che ancora non ha ben compreso la portata reale del primo centro-sinistra, già la sigla della trasmissione opera un’azione di rottura, provocando simpatie a sinistra e attacchi da destra. Per gli spettatori di una televisione caratterizzata dal più squallido conformismo e dalla più servile osservanza nei confronti del potere politico ed economico, è senz’altro singolare ascoltare una sigla che allegramente dice, su sottofondo di musica da circo: «Popolo del miracolo / miracolo economico / oh popolo magnifico / campion di libertà» […] Attraverso il gioco ironico fra serio e non serio, attraverso le battute sulla stessa televisione, su industriali che amano i «loro» operai, trasmissione dopo trasmissione passano frecciate sempre più caustiche ed esplicite (che incontrano il favore del grande pubblico popolare) finché la censura televisiva non interviene pesantemente sul testo di una trasmissione: proprio mentre nel paese è in corso una dura lotta degli edili (che vede duri scontri con la polizia a Roma), Fo sottopone alla commissione televisiva uno sketch sulle speculazioni degli impresari edili. Il copione viene fatto a pezzi. Dario Fo e Franca Rame respingono il ricatto, e denunciano la repressione dell’ente di stato nei loro confronti <21.
Da notare, inoltre, come lo stesso Binni sottolinea che, nello stesso anno della vicenda, il 1962, Fo comincia la collaborazione con il «Nuovo Canzoniere Italiano», sorto su iniziativa di un gruppo di intellettuali, fra cui Gianni Bosio, già animatore della rivista Movimento operaio, «proprio mentre a Torino Raniero Panzieri organizza la rivista Quaderni rossi». Sono ancora una volta i riferimenti culturali dell’operaismo impegnato a contrapporre alla politica culturale interclassista della sinistra italiana un’azione provocatoria e a contribuire alla costruzione di un’egemonia culturale di classe del movimento operaio. E, come già abbiamo accennato nel capitolo precedente, la strategia utilizzata sarà quella dell’esplorazione e della riscoperta della tradizione musicale popolare.
Tornando a Canzonissima, Chiara Valentini ricostruisce così i fatti inerenti l’episodio: "Due giorni dopo, il 26 novembre, mentre sta facendo gli ultimi preparativi per andare in onda, Fo riceve una singolare richiesta da Roma: trasmettere in bassa frequenza le prove dello sketch. È una pretesa abbastanza curiosa, visto che le scenette previste per la serata sono già state discusse e ritoccate fino alla nausea. Delle tre che dovevano andare in onda una, sulle ragazze che arrivano in città a far le cameriere e finiscono nelle mani di brutti tipi, è stata addirittura abolita. È passata la seconda, su una coppia di svitati. E la terza, la più sostanziosa, è già stata manipolata. Racconta di un imprenditore edile che quando viene a sapere che un suo operaio è caduto da un’impalcatura si dispera, elenca tutte le misure di sicurezza mai rispettate, promette di cambiare. Ma appena arriva la notizia che l’incidente è stato piccolo si rimangia tutto. Fo non ha ancora finito di esibirsi nelle smorfie e nelle piroette del padrone di cattiva coscienza, che il telefono sta già squillando. Anche se rimaneggiata la scenetta non può essere trasmessa: è in corso nel paese uno sciopero degli edili, è stata anche la mediazione del governo, un ente pubblico come la RAI non può interferire occupandosi dell’argomento. Minacce, preghiere, insistenze di Fo, che convoca anche i suoi avvocati, sono inutili <22.
La puntata prevista (l’ottava) di Canzonissima andrà in onda in forma ridotta (mezz’ora) e incompleta, ossia mantenendo esclusivamente le canzoni già registrate; così per le puntate successive, salvo la finale del 6 gennaio condotta da Corrado. Successivamente, si scatena una piccola bagarre nazionale, fatta di interrogazioni parlamentari, di convocazioni urgenti della commissione di vigilanza Rai (da parte del comunista Davide Lajolo), di cause e denunce; Fo e Rame citano la Rai per danni, la televisione a sua volta fa loro causa, buona parte dell’opinione pubblica nazionale è loro favorevole, buona parte dei giornali dedica al caso editoriali e commenti; il trambusto che ne segue è tale che il premier Amintore Fanfani sostituisce il ministro delle Comunicazioni Guido Corbellini con Carlo Russo. L’episodio marca definitivamente la carriera dei due attori che da quel momento diventano non solo popolari presso ampie masse di pubblico, ma soprattutto acquisiscono quella simbolicità contestataria (l’apice della quale è raggiunto a partire dal Sessantotto) che li caratterizzerà fino alla fine delle loro carriere.
Un articolo di Aldo Grasso <23 ha riportato il canovaccio dello sketch (scritto con Leo Chiosso e il regista Vito Molinari) mai andato in onda:
«IMPIEGATO: Ecco il preventivo delle strutture di protezione per gli operai. Sono sei milioni compresa la rete. Facciamo l’ordinazione?
INGEGNERE: L’ordinazione di sei milioni, ma dico siamo rinscemiti. Ma come io sto qui che ho una faccia un po’ giù che avrei bisogno di riposarmi per far funzionare ’sta baracca... e tu mi vuoi far buttar via sei milioni. Per chi poi? Ma dico, da quando in qua si usano i poggiamano, le balaustre?
IMPIEGATO: Ma veramente le altre imprese...
INGEGNERE: Le altre imprese, le altre imprese. Basta con ’ste ciance.
IMPIEGATO: Allora non se ne fa niente... nemmeno della rete?
INGEGNERE: La rete? Ma uè, e che, siamo al circo equestre... con la rete e senza rete? Ma cosa vuoi che ci metta, anche la banda, il trapezio e le ballerine sul filo? Così, tanto per fare un po’ di scena? Ma basta, andiamo! Siamo seri.
RAGAZZA: Antonio io sono ancora qui.
INGEGNERE: Bel stellin... Guarda lei. Scusa di prima sai... ma ecco è stato un momento di debolezza. Ma adesso guardami, sono ritornato un uomo. Vieni vieni che ti porto dal ciafferaio.
RAGAZZA: Da chi?
INGEGNERE: Dal gioielliere a riprenderti un bell’anellino e che crepi la miseria... per la miseria.
RAGAZZA: Oh caro!
INGEGNERE: Ehi, fai avvertire gli operai che il primo che casca gli spacco il muso.»
Al di là dell’eco che la vicenda ha riverberato e del mero valore di caso storico, è di nostro interesse rilevare come la questione delle morti sul lavoro e della sicurezza per prevenirle - già presente in filigrana, come abbiamo visto, nelle prime inchieste paleotelevisive - costituisca un oggetto di discorso spinoso se non tabù, persino sottoforma di accenno all’interno di uno sketch teatrale.
Quando, nel 1975, Dario Fo si ripresenterà negli studi Rai per presenziare nel corso di una Tribuna elettorale, in quanto candidato di Democrazia Proletaria, comincerà il proprio intervento proprio partendo dai 13 anni di forzata assenza dalla televisione per una vicenda che non mancherà di riassumere ai telespettatori, entrando nel merito delle motivazioni e dei temi.
Un’ultima notazione è necessaria a proposito di un altro contesto, quello radiofonico. Nel 1953, nel corso del varietà radiofonico Chicchirichì, l’esordiente Fo aveva interpretato, su testi di Umberto Simonetta, il personaggio dell’impiegato Gorgogliati, ponendosi in controtendenza rispetto alle raffigurazioni offerte dal settore dell’entertainment; è infatti, quella dell’impiegato, una figura sociale e professionale che, come in parte abbiamo potuto notare, risulta pressoché assente dalle produzioni Rai.
[NOTE]
21 L. Binni, Dario Fo, La Nuova Italia, Firenze, 1977, pp. 28-29.
22 C. Valentini, La storia di Dario Fo, Milano, Feltrinelli, 1977, Seconda edizione riveduta e ampliata 1997, p. 82.
23 A. Grasso, Dario Fo e «Canzonissima 62», censura che meriterebbe una fiction, in «Corriere della Sera» del 14 ottobre 2016.
Matteo Macaluso, Forme e narrazioni del lavoro nelle produzioni Rai, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, 2025