Camporosso (IM): poco a valle del centro urbano |
Caprile Pietro “Bersaglio”. Bersagliere
Nato a Sanremo nel 1925. Dopo l’otto settembre 1943 viene forzatamente
arruolato dalla R.S.I. ed inviato in Francia a Hières a lavorare per
l’esercito tedesco. Dal gennaio del 1944 viene trasferito in Germania in
un campo di lavoro e addestramento ad Oliberg. Qui aderisce al gruppo
di addestramento della divisione Italia e con questa rientra in patria
nella stessa primavera. Di nuovo in Francia sotto comando operativo
tedesco (da ciò il successivo nome di battaglia “Bersaglio”), rientra in
Italia nell’estate del 1944 dopo lo sbarco alleato in Provenza. Fuggito
assieme a numerosi altri commilitoni nella zona di Salsomaggiore
(Parma) entrerà nella Resistenza con la Brigata “Beretta”, che opera tra
le provincie di Parma e Modena, dove resterà fino alla liberazione.
Redazione, Caprile Pietro, la corsa infinita
C. [Stefano Malatesta (Croce)] Bisagno [Aldo Gastaldi]
è venuto con Lesta il 10 o il 12 di giugno in val Trebbia, quando
abbiamo disarmato il gruppo dello Slavo [31]. Avevamo preso accordi con
Bisagno per iscritto. C’era questa banda… Bisagno mi aveva chiesto se
portare in appoggio un distaccamento dei nostri. Ma là c’era già Marco
[32] con i suoi, che erano venuti dalla val Borbéra dove stavano prima
che in val Borbéra arrivasse Scrivia; Scrivia in val Borbéra è arrivato
dopo il rastrellamento di agosto.
GB. [Giambattista Lazagna (Carlo)] In val Borbéra siamo arrivati il 24 agosto, il secondo giorno della battaglia di Pertuso.
C.
Noi eravamo sull’Antola, a Capanne di Carrega, e andando in giù, a
Cabella avevo trovato, insieme a Marco, un ragazzo col quale eravamo
stati militari insieme. Pensa che quando ci siamo incontrati, con questo
Caveggia…
GB. Ah! Eliseo Cavecchia, "Tullio” [33].
C. Ci siamo
parlati un quarto d’ora, venti minuti senza riconoscerci. Lui era
conciato male, proprio male. Noi bene o male avevamo almeno un paio di
scarpe; lui ne aveva un paio di gomma senza suola; il piede che gli
perdeva sangue di sotto, la barba lunga, i capelli lunghi. Poi, dopo un
po’ gli dico: "Sei Caveggia?”, e lui risponde: "E tu sei Malatesta?”.
M. [Manlio Calegari] Era carabiniere, Cavecchia?
C.
No. Carabiniere io sono passato dopo. A militare erano arrivate delle
richieste, secondo le quali avevano bisogno di carabinieri e chi faceva
la domanda poteva passare dall’esercito ai carabinieri. Io, tutte le
mattine - eravamo a Camporosso - andavo a Ventimiglia con uno di Riva
Trigoso, che aveva poi un negozio a Sestri Levante, e vedevo questo
manifesto per il passaggio nei carabinieri. Allora facciamo la domanda. A
lui, dopo un mese e mezzo, gli è arrivato l’ordine di tornare allo
stabilimento di Riva Trigoso [34] dove già lavorava prima di andare
sotto le armi. E così sono rimasto io. Avevo già fatto una richiesta di
avvicinamento a casa - avevo mio padre da solo in casa - quando mi è
arrivato l’ordine di trasferimento ai carabinieri. Il colonnello mi ha
chiamato e mi ha detto: "Non ci vuoi proprio più stare qui. Prima hai
fatto domanda per andare a Genova, e ora…”, e io rispondo: "E voi non me
n’avete concessa una”. "Adesso ti hanno richiesto alla Legione di
Genova, hai fatto una domanda…”, e mi ha mandato alla Legione di Genova.
Con
Caveggia eravamo militari insieme a Camporosso. Quando Bisagno mi dice:
"Vengo, che distaccamento ti porto?”, io gli ho risposto: "Guarda che
qui c’è già un distaccamento con un comandante, Marco, che è un
ufficiale dell’esercito, dell’aviazione, e ci conosco un amico, così
faccio venire questi coi quali ormai ci siamo conosciuti”. Quando
Bisagno è arrivato da noi, alla sera, con Lesta, io avevo il
distaccamento di Tullio e di Marco già in val Trebbia, a Gorreto.
M. È in quella occasione che Bisagno ha conosciuto Marco?
[NOTE]
[32]
Franco Anselmi (1915-1945); nato a Milano, ufficiale dell’Aeronautica
militare, all’armistizio si trovò all’aeroporto di Cameri, presso
Novara, dove si sottrasse alla cattura dopo che il comandante del campo,
tenente colonnello Alberto Ferrario (genovese, n. 1904), si tolse la
vita per non consegnarsi ai tedeschi. Anselmi raggiunse Dernice, in val
Curone, luogo di villeggiatura della sorella, dove organizzò uno dei
primi gruppi partigiani dell’alessandrino, poi inquadrato nella
divisione Cichéro nell’estate del 1944 con il nome di "battaglione
Casalini”; in settembre fu nominato vice-comandante della brigata
Oreste, in ottobre comandante della brigata Arzani, poi dispersa dal
rastrellamento di dicembre. Arrestato a Milano il 30 gennaio 1945 ai
funerali del padre, ritornò libero grazie ad uno scambio di prigionieri.
Trasferito in Oltrepò pavese, fu capo di stato maggiore della divisione
Gramsci, alla testa della quale il 26 aprile 1945 entrò a Casteggio,
dove rimase ucciso nel corso dei combattimenti.
[33] Eliseo Cavecchia (1914-1969), di San Quirico, in val Polcevera; comandante di un distaccamento della banda di "Marco”.
[34]
La militarizzazione della manodopera interessò numerosi stabilimenti
industriali liguri, fra cui il Cantiere Navale di Riva.
Manlio Calegari, Intervista a Stefano Malatesta “Croce” (realizzata nella sua abitazione di Arma di Taggia il 3 agosto 1995, presente Giambattista Lazagna “Carlo”), Archivio della Divisione Partigiana “Coduri”
I
repubblichini di Salò rientravano in fabbrica più rabbiosi ed arroganti
che mai e per molti lavoratori fu giocoforza allontanarsi anche dalle
loro case. Su consiglio di “Luigi” papà andò a lavorare per
l’organizzazione TODT che assumeva personale per costruire opere di
fortificazione sulla riviera e assieme a lui si trovava anche Ghirelli,
il marito della Gigia.
Lavorarono per un po’ di tempo a Ventimiglia
abbastanza tranquilli mentre a Genova l’organizzazione clandestina
aumentava. La polizia fascista e la squadra politica di Veneziani
cominciava ad infierire (infliggere) duri colpi, tutti i vecchi
antifascisti erano ricercati e sorvegliati. Temendo di essere
individuati dovettero quindi lasciare quel lavoro. Tornarono quindi a
Genova dove Ghirelli fu arrestato insieme alla Gigia e dovettero subire
violenze, processo e campo di concentramento.
Appena arrivato a
Genova papà si diresse verso la casa in corso Firenze dove mi ero
trasferita con la moglie di Scappini, in quel momento la Clara era già
nelle mani dei tedeschi e la nostra abitazione era piantonata da una
decina di giorni dai poliziotti che speravano operare di sorpresa
qualche altro arresto.
Manlio Calegari, Intervista alla partigiana Angela Berpi “Marietta”, div. Jori, VI Zona Liguria, Archivio della Divisione Partigiana “Coduri”