La poetica di Ivano Fossati tra viaggi e naufragi, incanti e disincanti, tra amore e disamore.
Presentiamo una lunga conversazione con [Paolo Jiachia] l’autore del volume “Ivano Fossati. Una vita controvento” (Zona, 2004), che propone una interessante, articolata e appassionata riflessione sui temi fondamentali toccati dai brani del 64enne cantautore genovese. Un percorso interpretativo sviluppato attraverso i testi di dodici canzoni tra le più significative del suo repertorio. In coda una testimonianza di Patty Pravo che incise il suo famoso pezzo “Pensiero stupendo”.
“Ho preferito impostare questa ‘conversazione intervista’ su Fossati (nato nel 1951, a Sanremo con Jesahel nel 1972 che possiamo considerare, all’incirca, il suo debutto artistico) come una riflessione sui grandi temi che attraversano la poetica di Fossati, ovvero sul ‘modo’ di scrivere e fare musica di uno dei più importanti cantautori contemporanei italiani e di cui, detto affettuosamente, non voglio credere sia finita la carriera (recentemente Fossati ha annunciato il suo ritiro dalle scene). Vedremo in questo rapidissimo percorso alcuni temi costanti delle canzoni di Fossati e cercheremo di approfondirli. In particolare vedremo il viaggio come metafora esistenziale; il viaggio come riflessione sull’‘etica del viaggio’ e poi la guerra come rappresentazione della desolazione contemporanea e poi, ancora, la musica come forma di resistenza all’orrore di oggi, ma preferisco cominciare da un’immagine e da una canzone che ci offre una sintesi di quanto ora accennato, ossia la Canzone Popolare del 1992. Infatti, nascosta in versi brechtianamente didascalici quali ‘Alzati che si sta alzando la canzone popolare / se c’è qualcosa da dire ancora / ce lo dirà / se c’è qualcosa da imparare ancora / ce lo dirà’, troviamo una coppia di parole (sostantivo ed aggettivo) quali ‘esistenza tremante’ che non solo definisce la nostra cifra umana ultima ma ci dà anche l’oggetto ultimo complessivo dell’intero corpus delle canzoni del cantautore genovese e la tensione etica che attraversa tutto il suo lavoro artistico:
La canzone popolare / 1 / ‘Alzati che si sta alzando la canzone popolare / se c’è qualcosa da dire ancora, se c’è qualcosa da fare / alzati che si sta alzando la canzone popolare / se c’è qualcosa da dire ancora, ce lo dirà / se c’è qualcosa da imparare ancora, ce lo dirà. / Sono io oppure sei tu, che hanno mandato più lontano / per poi giocargli il ritorno sempre all’ultima mano / e sono io oppure sei tu, chi ha sbagliato più forte / che per avere tutto il mondo fra le braccia / ci si è trovato anche la morte / sono io oppure sei tu, ma sono io oppure sei tu / Alzati che si sta alzando la canzone popolare / se c’è qualcosa da dire ancora, se c’è qualcosa da fare / alzati che si sta alzando la canzone popolare / se c’è qualcosa da capire ancora, ce lo dirà / se c’è qualcosa da imparare ancora, ce lo dirà / Sono io oppure sei tu la donna che ha lottato tanto / perché il brillare naturale dei suoi occhi / non lo scambiassero per pianto / e invece io lo vedi da te, arrivo sempre l’indomani / e ti busso alla porta ancora e poi ti cerco con le mani / sono io, lo vedi da te, mi riconosci, lo vedi da te / Alzati che sta passando la canzone popolare / sono io, sono proprio io, che non mi guardo più allo specchio / per non vedere le mie mani più veloci, né il mio vestito più vecchio / e prendiamola fra le braccia questa vita danzante / questi pezzi di amore caro, quest’esistenza tremante / che sono io e che sei anche tu, che sono io e che sei anche tu / Alzati che sta passando la canzone popolare / alzati che si sta alzando la canzone popolare / se c’è qualcosa da dire ancora, ce lo dirà / se c’è qualcosa da capire ancora, ce lo dirà / se c’è qualcosa da chiarire ancora, ce lo dirà / se c’è qualcosa da cantare ancora, ce lo dirà”.
Ecco è proprio questa ‘idea progetto’ di qualcosa da fare INSIEME che ora vorrei approfondire richiamando un ragionamento importante che fa Fossati in un suo importante libro biografico Per niente facile scritto in collaborazione con il giornalista Massimo Cotto nel 1994. Dice Fossati ‒ commentando in particolare Non è facile danzare del 1986, ma il discorso vale più in generale ed anche per la canzone appena sentita ‒ ‘nessuno di noi è il solista. Balliamo come in uno stage. Ci sembra di essere da soli, ma siamo sempre in compagnia, in mezzo agli altri, su di un palcoscenico immenso. ... E non è una contraddizione. La nostra danza ha senso solo con gli altri’. Se questo è vero in generale, vale poi anche per la musica (come metafora esistenziale e in senso diretto) dove valgono le stesse regole di abnegazione e di impegno etico.
[...] Il tema del viaggio, del racconto del viaggio (tipico di uno dei grandi miti artistici ed esistenziali di Fossati il romanziere primonovecentesco Joseph Conrad) è dunque in Fossati occasione e pretesto per gettare lo sguardo dentro noi stessi, scoprendo, senza pietà e con asciutto rigore, limiti d’egoismo e slanci di generosità. È poi da notare che questa scabra tecnica di narrazione di Fossati (parlare dell’altrove per parlare di noi stessi, una caratteristica molto ligure ma tipica più di De Andrè che di Gino Paoli o Tenco) si lega a qualcosa di estremamente importante in Fossati e che riguarda non tanto il viaggio come metafora esistenziale (il viaggio come metafora della vita) quanto ‘il tema dell’etica del viaggio’: non si ‘viaggia’ infatti, per Fossati, per commercio o come avventurieri, ma per una ricerca interiore: Il senso del grande viaggiare è in realtà ‒ interpretando questa canzone del 1988 ‒ oltre che di ‘guardarsi nel cuore’, di acquisire il rispetto delle piccole cose e del loro essere preziose: ‘ha ben piccole foglie la pianta del tè’ che vorrei ora riascoltassimo:
La Pianta Del Tè / 9 / Come cambia le cose / la luce della luna / come cambia i colori qui / la luce della luna / come ci rende solitari e ci tocca / come ci impastano la bocca / queste piste di polvere / per vent’anni o per cento / e come cambia poco una sola voce / nel coro del vento / ci si inginocchia su questo / sagrato immenso / dell'altipiano barocco d'oriente / per orizzonte stelle basse / per orizzonte stelle basse / oppure niente. / / E non è rosa che cerchiamo non è rosa / e non è rosa o denaro, non è rosa / e non è amore o fortuna / non è amore / che la fortuna è appesa al cielo / e non è amore / / Chi si guarda nel cuore / sa bene quello che vuole / e prende quello che c’è / / Ha ben piccole foglie / ha ben piccole foglie / ha ben piccole foglie / la pianta del tè.
Fuori di metafora, l’individualismo esasperato di Fossati contiene al suo interno un fortissimo senso della solidarietà (il rispetto e l’amore per le piccole grandi cose), ma è questo, ancora in Fossati ligure, un valore d’ascendenza anche marinaresca e da ‘viaggiatore’.
C’è però qualcosa di cui finora non ho parlato e che è stato uno dei grandi motivi di successo di Fossati, un successo (posso permettermi di dirlo senza che questo sia pettegolezzo o gossip come ora si preferisce dire?) davvero artistico prima che meramente ‘sentimentale’: insomma Fossati è (ops... è stato?) un grande cantore di donne e un grande complice delle donne (Mimi Martini, Loredana Bertè, Patty Pravo, Mannoia, con la quale recentemente ha scritto una bellissima canzone, ecc.): e credo che la canzone che andremo ad ascoltare ci mostri come sia delicato e profondo il suo modo di parlare di donne:
Il Talento Delle Donne (Time and silence) / 10 / Om Mani Padme Hum. / / Guarda l’orologio amore mio / ricordati questo tempo / guarda l’orologio dovunque sei / da qualunque sentimento / qui è mezzanotte da un minuto / tutta la strada è accesa / ma è fin troppo diritta / perché mi porti a casa. / / Che gusto di selvatico / di nessun pentimento / mi trovo sulla bocca, sulle mani / di tempo in tempo / l’amore ha i suoi fastidi / io ne sto al riparo / meglio un ergastolo sentimentale / che la vita innaturale senza te. / / Time and silence. / / Così il tempo che è già stato / l’ho traslocato ieri / io che sognavo e ti sognavo / credendo di pensare / oggi è la corsa delle cose / che mi lascia senza fiato. / / Il talento delle donne / è così naturale / il talento delle donne / sperdutamente amate. / / Time and silence. / / L’innocenza con cui puniscono / per le cose non avverate / allo scadere di un giorno / senza un miracolo da invocare / né un fazzoletto piccolo per salutare / ma il coraggio certe volte / è così naturale. / / Time and silence. / / Om Mani Padme Hum. / / Guarda l’orologio amore mio / ricordati questo tempo / guarda l’orologio dovunque sei / da qualunque sentimento / qui è mezzanotte da un minuto / tutta la strada è accesa / ma ci vorrebbe un miracolo / per riportarci a casa / noi due. / / Time and silence. / / Om Mani Padme Hum.
Se ci rimane un po’ di tempo vorrei parlavi di una strana canzone che presenta uno strano personaggio che, se l’osservate bene, deve essere, come spesso nell’arte contemporanea, un Cristo travestito (e alla ‘leggenda cristica’ rimandano l’addio nella notte, il chiedere che la prova possa passare, l’aceto e l’amore, il bacio... e la violenza del potere)
Treno di ferro / / (Ai ragazzi che partono in pace e in guerra) / 11 / Buonanotte / buonanotte che vado / vado e non c’è appello / e nemmeno l’ombrello trovo questa notte / così vado anche se piove / anche se dietro le nuvole è tutta luna nuova / vado senza di te / vado senza di te. / / Coraggio fratelli miei / il cappotto che vado / che vado avanti / vado senza di lei / tu stai in gamba che vado / come dicono di là dal mare / abbi cura / abbi cura di te. / / Che anche quest’ora passerà / come una notte di campagna / quest’ora passerà / se vorrò bene al mio sogno / come a un abito di fiamma / quest’ora passerà. / / Sono i mesi del vento / l’uomo che sogna / l’asino che vola / e tutto il resto che va. / / È che là fuori / c’è un treno di ferro / con il cuore di calce / il soffio di acido e veleno / una valanga d’amore contro un bicchiere d’aceto / dopo l’ultimo bacio / prima del fischio del treno. / / Tu non confondere il sapere col sospetto / e quest’ora passerà / come una notte di campagna / o come il tempo tutto / quest’ora passerà. / / Sono i mesi del vento / l’uomo che sogna / l’asino che vola / e il tempo tutto che va. / / È che là fuori / c’è un treno di ferro / con il cuore di calce / il soffio di acido e veleno / una valanga d'amore contro un bicchiere d’aceto / dopo l’ultimo bacio / prima del fischio del treno.
E come congedo davvero ultimo un’altra citazione ancora dalla Bibbia e il ricordo che la Bibbia è stato, in alcune sue pagine e intenzioni, un testo di resistenza, di speranza, di rivolta... il segno per usare le parole di Fossati di ‘una stagione ribelle’.
C’è Tempo / 12 / Dicono che c’è un tempo per seminare / e uno che hai voglia ad aspettare / un tempo sognato che viene di notte / e un altro di giorno teso / come un lino a sventolare. / / C’è un tempo negato e uno segreto / un tempo distante che è roba degli altri / un momento che era meglio partire / e quella volta che noi due era meglio parlarci. / / C’è un tempo perfetto per fare silenzio / guardare il passaggio del sole d’estate / e saper raccontare ai nostri bambini quando / è l’ora muta delle fate. / / C’è un giorno che ci siamo perduti / come smarrire un anello in un prato / e c’era tutto un programma futuro / che non abbiamo avverato. / / È tempo che sfugge, niente paura / che prima o poi ci riprende / perché c’è tempo, c’è tempo c’è tempo, c’è tempo / per questo mare infinito di gente. / / Dio, è proprio tanto che piove / e da un anno non torno / da mezz’ora sono qui arruffato / dentro una sala d’aspetto / di un tram che non viene / non essere gelosa di me / della mia vita / non essere gelosa di me / non essere mai gelosa di me. / / C’è un tempo d’aspetto come dicevo / qualcosa di buono che verrà / un attimo fotografato, dipinto, segnato / e quello dopo perduto via / senza nemmeno voler sapere come sarebbe stata / la sua fotografia. / / C’è un tempo bellissimo tutto sudato / una stagione ribelle / l’istante in cui scocca l’unica freccia / che arriva alla volta celeste / e trafigge le stelle / è un giorno che tutta la gente / si tende la mano / è il medesimo istante per tutti / che sarà benedetto, io credo / da molto lontano / è il tempo che è finalmente / o quando ci si capisce / un tempo in cui mi vedrai / accanto a te nuovamente / mano alla mano / che buffi saremo / se non ci avranno nemmeno / avvisato. / / Dicono che c’è un tempo per seminare / e uno più lungo per aspettare / io dico che c’era un tempo sognato / che bisognava sognare.”
Chiudiamo questo pezzo con il contributo di Patty Pravo: “Il primo incontro con Ivano è avvenuto alla RCA in occasione di Pensiero stupendo: Ennio Melis, l’allora direttore generale decise che la canzone era perfetta per me e così la cantai subito in uno studio della RCA in fase di ristrutturazione. Ma c’era quanto bastava e feci dei take: il primo fu giudicato perfetto da tutti, anche da Ivano. Penso che con questa canzone ci siamo fatti un regalo reciproco: io ho avuto il piacere di inciderla e ancora oggi la propongo nei miei concerti, lui la soddisfazione di vedere una sua creatura in classifica a lungo nel 1978 e tutt’ora molto celebre.
La nostra collaborazione si è ripetuta nel 1998 con Angelus, una canzone che ha scritto su misura per me, un abitino perfetto.
Non lo conosco bene al punto di poterlo giudicare come uomo, al cantautore invece do un bel 10 perché ha scritto alcune delle più belle pagine della musica italiana”.
Alessandro Ticozzi (a cura di) in Le Reti di Dedalus, Anno X - Luglio 2015