mercoledì 12 maggio 2021

A Bordighera ha trovato il suo Nordafrica

Uno scorcio della galleria del Beodo di Bordighera (IM)

Per anni mi sono chiesto chi fosse quell’uomo uscito dalla galleria del Beodo [di Bordighera (IM)] [...]
L’uomo portava un berretto da marinaio blu del tipo indossato negli ultimi tempi da Francesco Biamonti, avete presente?
Aveva una faccia tagliente, le labbra piccole ed il corpo piuttosto concavo. Lei era giovane i capelli castano chiari tirati indietro e racchiusi in una coda di cavallo; il suo viso contrassegnato da un evidente acne. Lui la portava in braccio (per farvi capire), nella posizione della Pietà di Michelangelo. Non mi disse nulla, passò imperterrito, serio, piuttosto tranquillo. Quel tale lo si vedeva spesso in Paese, era una di quelle persone che “nun ti capisci mai cose belin i fase” ed automaticamente venivano classificati nella categoria “d’i pelandrui”.
C’è voluta la inaugurazione di una mostra, la sera dell’8 agosto scorso, per scoprire che quella persona era una importante figura di intellettuale: scrittore, poeta, pittore.
Ha passato molto tempo della sua vita a Bordighera animandone le attività culturali assieme a “tuti i autri pelandrui de cheli tempi”.
Nell’ambito della serata hanno proiettato un video e lì mi si è aperto un mondo. Ne parlo con Giorgio Loreti, il quale mi dà qualche ulteriore informazione. Ma la conferma a tutte le mie sensazioni le assumo quando Sergio Biancheri (il nostro “Ciacio”) legge una memoria che racconta della sua amicizia e dei suoi legami artistico-culturali con Seborga.
 
Laura Hess con il padre Guido Seborga - Fonte: Laura Hess

Chiedere a Ciacio di farmi avere copia del documento è risultato - a questo punto - inevitabile e la sua cortesia non si è fatta attendere. Pubblichiamo a puntate questi ricordi, queste storie, i molti aneddoti, che ci riportano a quei tempi e ci illuminano un poco su tutti quei personaggi che nella nostra ingenua ma vivida memoria, “i nu fava in belin tutu u giurnu”.
G.C. Pignatta
Guido Seborga conosceva la vita, era l’istinto per eccellenza.
Riconosceva il valore delle cose belle; aveva fantasia e creava fantasia. Il fuoco, la lama, il fulmine erano i suoi elementi di prodigio, al cui contatto il suo spirito si animava. Anelava alla vita come un essere immortale.
Avrebbe voluto la sua immagine di uomo-Dio scritta in grande nel cosmo come un arcobaleno. Essere amato e amare era il suo sogno. Della vita e dell’amore conosceva i confini, cogliendone gli istanti felici come dono degli dei. I quali a volte, benigni, corrispondono solo ai fortunati dalla sorte. Il suo mondo era fatto di eroi, di belle donne, di un incanto perenne. Non c’era posto nel suo cuore per una brutta realtà. Aveva dispregio per i nati male, “gli increati”, come li chiamava.
Con la pittura e la poesia cercava amici e incontri stimolanti, per un lavoro di esaltazione-creazione. Queste proiezioni del sogno sono state da lui scritte, dipinte, vissute. Solo nella Riviera e nella Costa Azzurra poteva nascere la sua arte.
 
Guido Seborga in spiaggia Bordighera (IM) - Fonte: Laura Hess

A Bordighera ha trovato il suo Nordafrica.
Guido era alto, magro, leggermente curvo, sempre in movimento con le sue gambe lunghe, come l’uomo che cammina di Giacometti. Un volto tagliente come la sua parola. Sicuro, intelligente. Lo avevo sempre visto con la sua falcata sul lungomare bordigotto.
L’ho conosciuto meglio al premio “5 bettole” a Bordighera Alta nel 1955.
 
Alba Galleano, moglie di Guido Seborga, ritratta con i figli ancora piccoli - Fonte: Laura Hess

Poi conosco anche la moglie Alba.
 
Sempre Alba Galleano, moglie di Guido Seborga, ritratta con i figli ancora piccoli - Fonte: Laura Hess

Alba Galleano, moglie di Guido Seborga, ritratta con i figli ormai più grandi davanti alla loro casa di Bordighera - Fonte: Laura Hess

I loro due figli, Vittorio e Laura, mi diventeranno familiari in seguito.
Nel periodo invernale, Guido scendeva da Torino da solo alloggiando all’hotel Vittoria o all’hotel Aurora. Andavo a trovarlo direttamente in albergo.
 
Da sinistra, Giuseppe Balbo e Guido Seborga sul lungomare di Bordighera - Fonte: Laura Hess

Durante le nostre passeggiate sul lungomare Argentina ricordava frequentemente il periodo bellico, i rocamboleschi viaggi con documenti falsi, i lunghi periodi nascosto nella sua casa di Bordighera.
Seborga vestiva come i pescatori: maglione, sciarpa e cappellaccio.
Al bar Atù sulla passeggiata a mare facevamo piccole pause al sole, così al bar Centrale, nel piazzale della stazione, dove incontrai per la prima volta Ennio Morlotti nel 1959. Seborga e Morlotti si erano conosciuti a Parigi.
Al principio degli anni Sessanta vado nella sua casa di Torino, dove mi fa leggere alcune poesie, mi chiede degli amici, ricorda il mare, mio padre, il suo volto bruciato dalla salsedine.
“Tuo padre - mi dice - sembra uno dei miei personaggi di mare. Anche Jonny il passeur aveva la stessa rara prestanza fisica di tuo padre. Anche lui viveva nella notte. Non in mare ma fra i dirupi. L’ho inserito più volte nei miei romanzi”. Jonny viveva a Bordighera Alta, sempre da solo, benché da giovane avesse avuto degli amori con donne straniere. Forse aveva anche un figlio in Norvegia.
Evitava il passo della morte, alla frontiera, che conosceva benissimo, per sentieri più sicuri. Conoscevo anch’io Jonny. Nei periodi di riposo lo ricordo coricato a Sant’Ampelio fra gli scogli, a raccogliere più sole che poteva. Faceva lunghe nuotate al largo con una cadenza di braccia riconoscibile da lontano. Solo un’altra persona sapeva nuotare così a lungo: il padre di Lilly, un capitano di lungo corso che abitava in Arziglia e faceva un paio di volte Punta Migliarese-Sant’Ampelio al largo e in linea retta.
“Ho deciso - mi dice Seborga - di andare nei porti di Savona e Genova e scrivere un romanzo. Frequentare gli ambienti portuali. Rimanere un po’ di tempo con i marinai, con gli operai del porto e con gli scaricatori. Alloggerò in qualche pensioncina nei vecchi quartieri.”
Guido Seborga partirà.
A Bordighera, dopo averlo incontrato in Corso Italia o sulla passeggiata a mare, l’accompagnavo a casa, dove mi accoglieva a volte in giardino, a volte in salotto. Mi parla di Parigi di Berlino.
“Devi leggere questi versi di Lautreamont”, mi consiglia.
Ricorda Savinio, il fratello di De Chirico, Gris che aveva inventato il cubismo ispirandosi al blocco di case di Sasso, Picasso. Mi legge sue poesie, mi regala dei disegni.
I miei incontri con lui avvengono anche al bar Giglio e quasi sempre con il mio maestro Giuseppe Balbo.
Guido entra, si ferma poco, il tempo di salutarci, dire due parole e poi, con la stessa sveltezza, uscire. La baronessa Tilla Flugge e il pittore Gian Antonio Porcheddu a volte sono con noi.
Guido Seborga e Gian Antonio sono cugini, ma non c’è stima tra di loro e non lo nascondono.
Sono i tempi della “Buca” e Seborga inizia a dipingere. I colori dei suoi quadri sono intensi: rossi, blu, gialli, turchesi. La sintesi che adopera nelle sue poesie la impiega anche nelle composizioni pittoriche.
1. continua
Sergio Biancheri (Ciacio), Il sogno nel sogno. La lunga amicizia con Guido Seborga
Redazione, Guido Hess detto "Seborga", Paize Autu, Periodico dell’Associazione “U Risveiu Burdigotu”, Anno 2, n. 10, ottobre 2009