In un rapporto politico del 15 novembre 1940 al Ministero affari esteri redatto dall'osservatore sociale Gino Manfredi, egli sottolinea che “(...) le disposizioni repressive contro il comunismo, emanate dopo lo scoppio della guerra, nel 1939, rimangono pienamente in vigore e quindi ogni manifestazione del partito deve considerarsi illegale e clandestina; pur tuttavia le autorità tedesche, all'inizio dell'occupazione, non soltanto non hanno ostacolato la propaganda comunista, ma l'hanno tacitamente favorita, permettendo anche il ritorno in Francia di Thorez e Duclos che erano stati condannati in contumacia dai tribunali militari francesi. Poiché il partito aveva una rispondenza innegabile fra le masse operaie, si sperava probabilmente che la sua attività si sarebbe inquadrata nelle direttive germaniche (…); si è cercato inutilmente di orientare gli operai verso la lettura del nuovo quotidiano 'France au travail' a carattere estremista e sovversivo; ma strettamente controllato dai tedeschi. All'inizio ha funzionato e le masse operaie si sono avvicinate al movimento verso il quale andavano le proprie simpatie e 'France au travail' ha raggiunto una tiratura di oltre 250.000 copie. Senonché ben presto l'attività comunista è sfuggita dalle mani dell'autorità d'occupazione e la sua propaganda si è orientata in senso assolutamente contrario a quello desiderato; a questo punto le autorità tedesche hanno tolto non soltanto ogni appoggio, ma hanno escluso tra l'altro tutti i militanti o simpatizzanti comunisti dalla stampa della zona occupata, hanno cominciato a reprimere in forma sempre più severa ogni tipo di manifestazione marxista. Gli arresti si sono susseguiti agli arresti, la polizia tedesca ha coordinato la propria azione con quella francese e particolari accordi sono stati presi anche con la zona libera per provvedere sempre più efficacemente all'azione repressiva del comunismo. Malgrado ciò l'influenza del partito comunista continua ad esercitare saldamente, soprattutto nelle masse industriali della zona occupata; manifesti, opuscoli, copie dell'Humanité, stampate alla macchia, vengono distribuite ad onta degli arresti e delle severe repressioni.” <190
Dal 20 giugno 1940 a Parigi, la direzione del PCF si ricostituisce con Duclos, Tréand, responsabile dei quadri, e Jean Catelas, deputato nella zona della Somme, e si intraprendono a Parigi, col mandato dell'Internazionale Comunista, delle trattative con i tedeschi, nella persona di Otto Abetz, l'ambasciatore tedesco a Parigi, per ottenere la comparsa legale del giornale l'Humanité. Il PCF non adottò alcun atteggiamento ostile verso l'occupante e durante tutto il periodo delle trattative, fino alla fine di agosto 1940, non vi è nessun attacco nemmeno nei numeri clandestini de l'Humanité. In cambio Otto Abetz libera più di 300 comunisti arrestati sotto la III Repubblica morente. Parallelamente nei comuni limitrofi alla capitale vengono organizzate delle manifestazioni per esigere il reinsediamento dei sindaci decaduti e il riconoscimento degli ex leader sindacali comunisti. Abetz afferma in una nota del 7 luglio 1940 che l'intento dei tedeschi è quello di accattivarsi la fiducia delle masse intrise di marxismo e di far assumere ai comunisti la responsabilità della gestione municipale nei loro vecchi comuni. Tali intenti non furono condivisi da molti militari tedeschi e le trattative alla fine furono un fallimento. Da parte della direzione comunista, gli obiettivi erano quelli di sfruttare tutte la vie legali, nell'illusione di intravedere alcune prospettive offerte dal vuoto politico consecutivo alla sconfitta, e nella visione di una interpretazione ampia del patto Molotov-Ribbentrop. <191
Il testo de “l'Appel du 10 juillet 1940” diffuso dal PCF e firmato da Jacques Duclos e Maurice Thorez (allora a Mosca, dove arrivò nel novembre 1939) oltre a non comprendere nessun attacco contro i tedeschi non precisa che debbano essere sviluppate delle azioni contro le forze di occupazione. Il partito sul momento si occupò della propria ricostruzione, e della difficile situazione economica e della sofferenza degli operai parigini. Paradossalmente il PCF si pose sulla stessa linea politica di Vichy: accetta quindi la sconfitta e si occupa della ripresa economica.
Fino al giugno 1941 il PCF avrebbe definito la guerra come guerra imperialista dalla quale le forze rivoluzionarie dovevano astenersi, la principale lotta da portare avanti era quella contro il capitale e contro la sua classe borghese responsabile del disastro che si è abbattuto sulla Francia.
L'atteggiamento verso i tedeschi a partire dalla fine di agosto 1940 cambia, si rompe definitivamente ogni contatto con l'ambasciata del Reich e da ottobre i tedeschi danno il loro consenso all'operazione lanciata dalla polizia francese contro i comunisti della Senna: più di 300 persone furono arrestate nelle proprie case, per lo più vecchi eletti e militanti sindacalisti, alcune settimane più tardi l'incontro di Pétain con Hitler a Montoire, il 24 ottobre 1940, sancì la collaborazione franco-tedesca.
L’impatto dei comunisti sulla popolazione parigina è stato notevole negli anni dell'occupazione: hanno saputo parlare delle difficoltà insormontabili dei cittadini e hanno dato prova, nell’apatia generale dei primi mesi di occupazione, di una sorprendente attività. I volantini comunisti denunciano le insufficienze di vettovagliamento, reclamano dei sussidi più alti per i disoccupati e per le mogli dei prigionieri, preconizzano la distribuzione di zuppe popolari, protestano contro l’aumento dei prezzi e il blocco dei salari; di fronte al silenzio della stampa autorizzata, la stampa clandestina comunista, la sola importante fino al ’42, esprime e sostiene le rivendicazioni popolari.
Inoltre il partito cerca di inquadrare la popolazione parigina, creando dei “comitati di disoccupati”, oppure a lato dei sindacati legali istituisce dei “comitati di fabbrica”, organizza poi buona parte degli emigrati, in primo luogo gli antifascisti. <192
Promuove le azioni di resistenza: sabotaggi, manifestazioni, attentati, scioperi. In un rapporto politico dell'Ambasciata italiana del novembre 1940 riguardo al partito comunista si riporta che nel settembre 1940, all'inizio delle restrizioni alimentari, in alcuni quartieri popolari (Montmartre, Mouffetard) e nei comuni di Gennevillier, Pantin, la Plaine Saint-Denis, si sono avute delle agitazioni. <193
Per riuscire a sopravvivere sotto l’occupazione occorreva possedere numerose carte rivestite di un timbro ufficiale: la carta d’identità, la carta di alimentazione nonché i documenti ordinari dello stato civile, dei certificati di smobilitazione, di residenza e di lavoro, delle autorizzazioni per potere circolare (la notte, in macchina, in bicicletta). In quanto ai documenti tedeschi, essi erano vantaggiosi in caso di controllo, ma per essere imitati, dovevano essere redatti in carattere gotico. I gruppi della resistenza si dotarono quindi di numerosi atelier per la fabbricazione di tali documenti. Una delle maggiori operazioni della resistenza fu la fabbricazione e l’attribuzione di documenti falsi per coloro che erano perseguitati dall’occupante: ebrei, prigionieri di guerra evasi, spagnoli repubblicani, tedeschi antinazisti e altri stranieri in situazione irregolare, resistenti braccati. Il loro numero andava crescendo di giorno in giorno così che una vera industria di falsificazione nacque e prosperò a Parigi.
I comunisti organizzarono delle manifestazioni per sfruttare i numerosi motivi di scontento, e volendo coinvolgere tutta la popolazione invitarono le mamme e le casalinghe a reclamare con forza e quotidianamente: pane, latte, scarpe, vestiti e a protestare contro l’aumento dei prezzi; gli operai ad esigere migliori condizioni di lavoro e un aumento dei salari. Il partito, per la Commemorazione di Valmy, il 20 settembre 1942 distribuì decine di migliaia di volantini contenenti parole d’ordine destinate alla folla. Il 13 giugno 1943 più manifestazioni hanno luogo, ad intervalli ravvicinati, in alcuni paesi della periferia parigina nonché in città. Il 13 agosto del ’41 a Saint-Lazare sfilò un corteo che sfociò in un conflitto a fuoco con la polizia, ci furono numerosi arresti e cinque persone furono fucilate.
Un’azione di massa contro i nazisti è lo sciopero, proibito sia dall’occupante che dal governo collaborazionista di Vichy, era doppiamente illegale e pericoloso, inoltre era difficile da organizzare poiché il sindacato ufficiale si opponeva. I comunisti, per convincere gli operai a scioperare pongono l’accento sul fatto che i nemici da combattere non erano solo Vichy ed i tedeschi ma anche il capitalista, il padrone che con loro faceva buonissimi affari. La stampa comunista clandestina ripete con fervore che: “Lo sciopero è un atto patriottico che ogni francese degno di questo nome non può che approvare”. <194 Il partito, che ha ben presente l’esperienza dell’occupazione delle fabbriche del 1936, si prefigge come obiettivo finale lo sciopero generale ma questo andava preparato attraverso la ripetizione di scioperi più piccoli e brevi. Gli scioperi hanno delle valide motivazioni come ad esempio il rifiuto dell’obbligo di andare a lavorare in Germania, ma vi furono anche scioperi in giorni simbolici come il primo maggio, il 14 luglio, l’11 novembre. Gli arresti sul lavoro da parte della polizia tedesca furono numerosi soprattutto a partire dal ’42. Gli scioperi furono una pratica di resistenza usata soprattutto dai comunisti. Nel maggio '41, in un rapporto politico il Console [d'Italia] Orlandini parla della preoccupazione delle autorità tedesche verso il movimento comunista che è forte e violento forse più in provincia che a Parigi, nel nord e sulle coste dove organizza scioperi e atti di sabotaggio. <195
Con l'attacco del giugno 1941 all'Unione Sovietica, la propaganda riprende ancora più forza e vigore e l'organizzazione comunista in Francia, disciolta ma mai scomparsa, è la sola vivente e attiva, così si esprimerà sempre Orlandini parlando della situazione politica dopo l'inizio della campagna di Russia. <196 Dopo l’attacco della Wehrmacht all’URSS, divenne ancora più evidente l'importanza di sabotare i nazisti e l'economia di guerra, era quindi necessario ridurre le fabbricazioni francesi a beneficio dei tedeschi, paralizzare il lavoro delle industrie francesi, deteriorare le macchine, frenando i trasporti verso la Germania, creare agitazione sui cantieri. Ogni sabotatore preso sul fatto, rischiava la fucilata, la deportazione e la tortura. Per i comunisti, a differenza di altri movimenti resistenziali, il sabotaggio contro la macchina da guerra tedesca deve interessare chiunque e deve avvenire in ogni momento. Ognuno nel suo ambiente deve passare all’azione, “lavorare significava produrre con coscienza del materiale difettoso”. <197 Il numero di sabotaggi, durante l’occupazione tedesca fu enorme, una buona parte furono effettuati dai tre gruppi comunisti raggruppati nell'Organisation Spéciale', le OS francesi, direttamente collegate al PCF, gli OS che provenivano dagli stranieri legati al PCF tramite la MOI, le OS-MOI, e le giovani formazioni comuniste denominate dopo la guerra, Bataillons de la jeunesse. <198 In seguito i gruppi dell'OS sarebbero diventati i Franc-tireurs e partisans francesi, FTPF, e stranieri, FTP-MOI.
[NOTE]
190 MAE, Affari Politici 1931-1945, Rapporti politici dalla CIAF, b. 48 Rapporto redatto dall'osservatore sociale Gino Manfredi, pp. 6-7.
191 D. Peschanski, Les avatars du communisme français, de 1939 à 1941, in J.P. Azéma, F. Bédarida, La France des années noires, Paris, Seuil, 2000, pp. 418-420.
192 H. Michel, Paris résistant, Editions Albin Michel, Paris, 1982, pp. 34-35.
193 MAE, Affari Politici 1931-1945, Rapporti politici, Politica interna ed estera 1940, b. 46.
194 H. Michel, op. cit., p. 173.
195 MAE, Affari politici 1931-1945, Rapporti politici dalla CIAF, b. 48, 13 maggio 1941.
196 Ivi.
197 H. Michel, Paris résistant, op. cit., p. 160.
198 D. Peschanski, La confrontation radicale Résistants communistes parisiens vs Brigades spéciales, in F. Marcot e D. Musiedlak (a cura di), Les Résistances, miroir des régimes d’oppression. Allemagne, France, Italie, 2006, p. 7 actes du colloque international de Besançon organisé du 24 au 26 septembre 2003 par le Musée de la Résistance et de la Déportation de Besançon, l'Université de Franche-Comté et l'Université de Paris X, Besançon: Presses universitaires de Franche-Comté, 2006, p. 341.
Eva Pavone, Gli emigrati antifascisti italiani a Parigi, tra lotta di Liberazione e memoria della Resistenza, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2013
Dal 20 giugno 1940 a Parigi, la direzione del PCF si ricostituisce con Duclos, Tréand, responsabile dei quadri, e Jean Catelas, deputato nella zona della Somme, e si intraprendono a Parigi, col mandato dell'Internazionale Comunista, delle trattative con i tedeschi, nella persona di Otto Abetz, l'ambasciatore tedesco a Parigi, per ottenere la comparsa legale del giornale l'Humanité. Il PCF non adottò alcun atteggiamento ostile verso l'occupante e durante tutto il periodo delle trattative, fino alla fine di agosto 1940, non vi è nessun attacco nemmeno nei numeri clandestini de l'Humanité. In cambio Otto Abetz libera più di 300 comunisti arrestati sotto la III Repubblica morente. Parallelamente nei comuni limitrofi alla capitale vengono organizzate delle manifestazioni per esigere il reinsediamento dei sindaci decaduti e il riconoscimento degli ex leader sindacali comunisti. Abetz afferma in una nota del 7 luglio 1940 che l'intento dei tedeschi è quello di accattivarsi la fiducia delle masse intrise di marxismo e di far assumere ai comunisti la responsabilità della gestione municipale nei loro vecchi comuni. Tali intenti non furono condivisi da molti militari tedeschi e le trattative alla fine furono un fallimento. Da parte della direzione comunista, gli obiettivi erano quelli di sfruttare tutte la vie legali, nell'illusione di intravedere alcune prospettive offerte dal vuoto politico consecutivo alla sconfitta, e nella visione di una interpretazione ampia del patto Molotov-Ribbentrop. <191
Il testo de “l'Appel du 10 juillet 1940” diffuso dal PCF e firmato da Jacques Duclos e Maurice Thorez (allora a Mosca, dove arrivò nel novembre 1939) oltre a non comprendere nessun attacco contro i tedeschi non precisa che debbano essere sviluppate delle azioni contro le forze di occupazione. Il partito sul momento si occupò della propria ricostruzione, e della difficile situazione economica e della sofferenza degli operai parigini. Paradossalmente il PCF si pose sulla stessa linea politica di Vichy: accetta quindi la sconfitta e si occupa della ripresa economica.
Fino al giugno 1941 il PCF avrebbe definito la guerra come guerra imperialista dalla quale le forze rivoluzionarie dovevano astenersi, la principale lotta da portare avanti era quella contro il capitale e contro la sua classe borghese responsabile del disastro che si è abbattuto sulla Francia.
L'atteggiamento verso i tedeschi a partire dalla fine di agosto 1940 cambia, si rompe definitivamente ogni contatto con l'ambasciata del Reich e da ottobre i tedeschi danno il loro consenso all'operazione lanciata dalla polizia francese contro i comunisti della Senna: più di 300 persone furono arrestate nelle proprie case, per lo più vecchi eletti e militanti sindacalisti, alcune settimane più tardi l'incontro di Pétain con Hitler a Montoire, il 24 ottobre 1940, sancì la collaborazione franco-tedesca.
L’impatto dei comunisti sulla popolazione parigina è stato notevole negli anni dell'occupazione: hanno saputo parlare delle difficoltà insormontabili dei cittadini e hanno dato prova, nell’apatia generale dei primi mesi di occupazione, di una sorprendente attività. I volantini comunisti denunciano le insufficienze di vettovagliamento, reclamano dei sussidi più alti per i disoccupati e per le mogli dei prigionieri, preconizzano la distribuzione di zuppe popolari, protestano contro l’aumento dei prezzi e il blocco dei salari; di fronte al silenzio della stampa autorizzata, la stampa clandestina comunista, la sola importante fino al ’42, esprime e sostiene le rivendicazioni popolari.
Inoltre il partito cerca di inquadrare la popolazione parigina, creando dei “comitati di disoccupati”, oppure a lato dei sindacati legali istituisce dei “comitati di fabbrica”, organizza poi buona parte degli emigrati, in primo luogo gli antifascisti. <192
Promuove le azioni di resistenza: sabotaggi, manifestazioni, attentati, scioperi. In un rapporto politico dell'Ambasciata italiana del novembre 1940 riguardo al partito comunista si riporta che nel settembre 1940, all'inizio delle restrizioni alimentari, in alcuni quartieri popolari (Montmartre, Mouffetard) e nei comuni di Gennevillier, Pantin, la Plaine Saint-Denis, si sono avute delle agitazioni. <193
Per riuscire a sopravvivere sotto l’occupazione occorreva possedere numerose carte rivestite di un timbro ufficiale: la carta d’identità, la carta di alimentazione nonché i documenti ordinari dello stato civile, dei certificati di smobilitazione, di residenza e di lavoro, delle autorizzazioni per potere circolare (la notte, in macchina, in bicicletta). In quanto ai documenti tedeschi, essi erano vantaggiosi in caso di controllo, ma per essere imitati, dovevano essere redatti in carattere gotico. I gruppi della resistenza si dotarono quindi di numerosi atelier per la fabbricazione di tali documenti. Una delle maggiori operazioni della resistenza fu la fabbricazione e l’attribuzione di documenti falsi per coloro che erano perseguitati dall’occupante: ebrei, prigionieri di guerra evasi, spagnoli repubblicani, tedeschi antinazisti e altri stranieri in situazione irregolare, resistenti braccati. Il loro numero andava crescendo di giorno in giorno così che una vera industria di falsificazione nacque e prosperò a Parigi.
I comunisti organizzarono delle manifestazioni per sfruttare i numerosi motivi di scontento, e volendo coinvolgere tutta la popolazione invitarono le mamme e le casalinghe a reclamare con forza e quotidianamente: pane, latte, scarpe, vestiti e a protestare contro l’aumento dei prezzi; gli operai ad esigere migliori condizioni di lavoro e un aumento dei salari. Il partito, per la Commemorazione di Valmy, il 20 settembre 1942 distribuì decine di migliaia di volantini contenenti parole d’ordine destinate alla folla. Il 13 giugno 1943 più manifestazioni hanno luogo, ad intervalli ravvicinati, in alcuni paesi della periferia parigina nonché in città. Il 13 agosto del ’41 a Saint-Lazare sfilò un corteo che sfociò in un conflitto a fuoco con la polizia, ci furono numerosi arresti e cinque persone furono fucilate.
Un’azione di massa contro i nazisti è lo sciopero, proibito sia dall’occupante che dal governo collaborazionista di Vichy, era doppiamente illegale e pericoloso, inoltre era difficile da organizzare poiché il sindacato ufficiale si opponeva. I comunisti, per convincere gli operai a scioperare pongono l’accento sul fatto che i nemici da combattere non erano solo Vichy ed i tedeschi ma anche il capitalista, il padrone che con loro faceva buonissimi affari. La stampa comunista clandestina ripete con fervore che: “Lo sciopero è un atto patriottico che ogni francese degno di questo nome non può che approvare”. <194 Il partito, che ha ben presente l’esperienza dell’occupazione delle fabbriche del 1936, si prefigge come obiettivo finale lo sciopero generale ma questo andava preparato attraverso la ripetizione di scioperi più piccoli e brevi. Gli scioperi hanno delle valide motivazioni come ad esempio il rifiuto dell’obbligo di andare a lavorare in Germania, ma vi furono anche scioperi in giorni simbolici come il primo maggio, il 14 luglio, l’11 novembre. Gli arresti sul lavoro da parte della polizia tedesca furono numerosi soprattutto a partire dal ’42. Gli scioperi furono una pratica di resistenza usata soprattutto dai comunisti. Nel maggio '41, in un rapporto politico il Console [d'Italia] Orlandini parla della preoccupazione delle autorità tedesche verso il movimento comunista che è forte e violento forse più in provincia che a Parigi, nel nord e sulle coste dove organizza scioperi e atti di sabotaggio. <195
Con l'attacco del giugno 1941 all'Unione Sovietica, la propaganda riprende ancora più forza e vigore e l'organizzazione comunista in Francia, disciolta ma mai scomparsa, è la sola vivente e attiva, così si esprimerà sempre Orlandini parlando della situazione politica dopo l'inizio della campagna di Russia. <196 Dopo l’attacco della Wehrmacht all’URSS, divenne ancora più evidente l'importanza di sabotare i nazisti e l'economia di guerra, era quindi necessario ridurre le fabbricazioni francesi a beneficio dei tedeschi, paralizzare il lavoro delle industrie francesi, deteriorare le macchine, frenando i trasporti verso la Germania, creare agitazione sui cantieri. Ogni sabotatore preso sul fatto, rischiava la fucilata, la deportazione e la tortura. Per i comunisti, a differenza di altri movimenti resistenziali, il sabotaggio contro la macchina da guerra tedesca deve interessare chiunque e deve avvenire in ogni momento. Ognuno nel suo ambiente deve passare all’azione, “lavorare significava produrre con coscienza del materiale difettoso”. <197 Il numero di sabotaggi, durante l’occupazione tedesca fu enorme, una buona parte furono effettuati dai tre gruppi comunisti raggruppati nell'Organisation Spéciale', le OS francesi, direttamente collegate al PCF, gli OS che provenivano dagli stranieri legati al PCF tramite la MOI, le OS-MOI, e le giovani formazioni comuniste denominate dopo la guerra, Bataillons de la jeunesse. <198 In seguito i gruppi dell'OS sarebbero diventati i Franc-tireurs e partisans francesi, FTPF, e stranieri, FTP-MOI.
[NOTE]
190 MAE, Affari Politici 1931-1945, Rapporti politici dalla CIAF, b. 48 Rapporto redatto dall'osservatore sociale Gino Manfredi, pp. 6-7.
191 D. Peschanski, Les avatars du communisme français, de 1939 à 1941, in J.P. Azéma, F. Bédarida, La France des années noires, Paris, Seuil, 2000, pp. 418-420.
192 H. Michel, Paris résistant, Editions Albin Michel, Paris, 1982, pp. 34-35.
193 MAE, Affari Politici 1931-1945, Rapporti politici, Politica interna ed estera 1940, b. 46.
194 H. Michel, op. cit., p. 173.
195 MAE, Affari politici 1931-1945, Rapporti politici dalla CIAF, b. 48, 13 maggio 1941.
196 Ivi.
197 H. Michel, Paris résistant, op. cit., p. 160.
198 D. Peschanski, La confrontation radicale Résistants communistes parisiens vs Brigades spéciales, in F. Marcot e D. Musiedlak (a cura di), Les Résistances, miroir des régimes d’oppression. Allemagne, France, Italie, 2006, p. 7 actes du colloque international de Besançon organisé du 24 au 26 septembre 2003 par le Musée de la Résistance et de la Déportation de Besançon, l'Université de Franche-Comté et l'Université de Paris X, Besançon: Presses universitaires de Franche-Comté, 2006, p. 341.
Eva Pavone, Gli emigrati antifascisti italiani a Parigi, tra lotta di Liberazione e memoria della Resistenza, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2013