domenica 19 giugno 2022

L’illusione di far rimanere la Divisione Decima sul territorio della Venezia Giulia si infranse presto


Il ruolo di protagonista principale delle febbrili attività che si sarebbero svolte a Trieste nei giorni precedenti la fine di aprile del 1945, se lo autoassegnò Bruno Coceani, il rappresentante degli interessi, assieme al podestà, dell’alta borghesia industriale cittadina, che lo aveva scelto per essere tutelata di fronte alle autorità naziste <87, e, come questa, desideroso di assicurare legittimità alla sua azione di fronte ai rappresentanti dell’Esercito angloamericano <88. Il prefetto aveva già predisposto un piano per la difesa della città, che avrebbe dovuto essere attuato dai soldati italiani contro i partigiani jugoslavi in avvicinamento alla Venezia Giulia <89, con la collaborazione del comandante regionale Esposito <90. Per coinvolgere nel suo progetto gli esponenti del CLN (Comitato di liberazione nazionale) cittadino, Coceani si rivolse in particolare ad alcuni volontari del 1915-18 suoi conoscenti, come Ercole Miani, Antonio Fonda Savio e Biagio Marin <91, ai quali propose il suo programma, da attuare dopo la resa dei tedeschi, che comprendeva, tra l’altro, la garanzia per i fascisti di non essere incriminati.
I componenti del CLN rifiutarono, così come vennero rifiutati gli abboccamenti con il federale ed il generale Esposito <92. Ad Esposito, per il tramite di Italo Sauro, arrivò l’ordine da Mussolini di assumere il comando di tutte le forze armate presenti nella Venezia Giulia: a sua disposizione però riuscì ad avere solo i circa 600 uomini alle dipendenze del Comando regionale <93. Bruno Sambo, a sua volta, fece sapere di voler consegnare le armi in possesso dei fascisti al Corpo volontari della libertà (CVL), il braccio militare del CLN <94.
In quei giorni frenetici, dunque, si assisteva a decisioni confuse e improvvisate, oltre che inconcludenti. Pure i tentativi organizzati dal comandante della Decima Mas, Junio Valerio Borghese, per un intervento militare italiano in queste terre andarono a vuoto, anche per gli ostacoli posti dal Supremo commissario. Il servizio segreto della Decima Mas, che si dedicava alla redazione di documenti sull’attività nella Venezia Giulia di tedeschi, austriaci, sloveni, croati, serbi e russi <95, si servì della collaborazione di un’organizzazione chiamata «Movimento Giuliano». Questo, diretto secondo una fonte da Italo Sauro <96, secondo altre fonti da Nino Sauro <97, si occupava della diffusione nella Venezia Giulia di giornali clandestini a carattere nazionale. A Venezia fondò un Istituto per gli studi sulla Venezia Giulia, con il compito di tener desto l’interesse dell’opinione pubblica italiana sulla situazione in quel territorio, pubblicando articoli informativi e di propaganda sui giornali della RSI <98.
L’illusione di far rimanere la Divisione Decima sul territorio della Venezia Giulia si infranse presto. Alla fine della battaglia di Selva di Tarnova, nel gennaio 1945, il Supremo commissario Rainer ottenne dal generale Wolff, comandante delle forze armate tedesche in Italia, l’allontanamento della divisione dal confine orientale. In Istria rimasero alcuni presidii, che avrebbero difeso le loro postazioni fino alla fine della guerra, mentre la Divisione Decima si sarebbe attestata in Veneto, fra Thiene e Bassano, da dove Borghese sperava di farla arrivare nella Venezia Giulia non appena se ne fosse presentata l’occasione.
Verso la fine del marzo 1945 avvennero gli ultimi due, inconcludenti, incontri tra Borghese e gli emissari del Ministro della Marina del governo italiano del Sud; in particolare, il capitano Marceglia si recò anche a Trieste e venne messo in contatto con Italo Sauro, solo per venire a sapere che non esisteva nulla di organizzato <99.
Si sarebbe così arrivati con un nulla di fatto al 20 aprile 1945. Al castello di Miramare si celebrò il 56° compleanno di Hitler alla presenza delle autorità civili e militari tedesche ed italiane <100. Finita la cerimonia, Esposito e Sambo rivolsero a Rainer la richiesta di poter far affluire truppe della RSI nella Zona di operazioni Litorale adriatico, a difesa dei confini orientali della Venezia Giulia e stavolta il Supremo commissario non si oppose.
Sambo si mise immediatamente in contatto con il comando dei mezzi d’assalto dell’Alto Adriatico, agli ordini del triestino Aldo Lenzi, operante in città secondo le direttive di Borghese, per fargli sapere che la Decima Mas aveva via libera per rientrare nella Venezia Giulia. Ma Lenzi non riuscì a contattare Borghese, che solamente il 24 aprile avrebbe ricevuto da Mussolini l’incarico di assumere il comando di tutte le forze armate italiane che si trovavano oltre l’Isonzo e di procedere alla difesa ad oltranza della Venezia Giulia.
[NOTE]
87 C. Schiffrer, Trieste nazista, in «Trieste», n. 28, 1958 e Due vie e due costumi, in «Trieste», n. 31, 1959. D. De Castro, questione di Trieste. L’azione politica e diplomatica italiana dal 1943 al 1954, vol. I, Lint, Trieste 1981, p. 196. E. Apih, Trieste, cit., pp. 148-149.
88 C. Schiffrer, Trieste nazista, cit.
89 Il prefetto Coceani è definito da Sambo, nel memoriale del 2 maggio 1945, «capo spirituale del movimento di liberazione nazionale» [sic., N.d.A.]. Coceani, afferma ancora Sambo, aveva «predisposto ogni cosa per la fusione in un blocco unico di tutti gli italiani, senza distinzione di colore o di partito…..».
90 B. Coceani, Mussolini, Hitler, Tito, cit., pp. 222-279-280. L. Grassi, Trieste, cit., p. 86.
91 B. Coceani, Mussolini, Hitler, Tito, cit., p. 289. C. Schiffrer, Trieste nazista, cit.
92 Memoriale Sambo del 2 maggio 1945, cit.
93 G. Esposito, Trieste e la sua , cit., pp. 183-184-192.
94 Processo al gen. Giovanni Esposito, fascicolo in possesso dell’AIRSML-FVG. Memoriale Sambo 2 maggio 1945, cit.: le armi sarebbero state consegnate agli uomini del C.L.N. per il tramite del podestà Pagnini, che è l’unico a cui Sambo parlò di questo piano.
95 G. Bonvicini, Decima marinai! Decima comandante! La fanteria di marina 1943-1945, Mursia, Milano 1988-1989, p. 227. S. Nesi, Decima Flottiglia nostra…. I mezzi d’assalto della marina italiana al sud e al nord dopo l’armistizio, Mursia, Milano 1986-1987, p. 133. Junio Valerio Borghese e la X.a Flottiglia Mas. Dall’8 settembre 1943 al 26 aprile 1945, a c. di M Bordogna, Mursia, Milano 1995, p. 189.
96 R. Lazzero, La Decima Mas. La compagnia di ventura del «principe nero», Rizzoli, Milano 1984, p. 147, riporta il fatto che Italo Sauro collaborò, assieme a Maria Pasquinelli, con il servizio informazioni della Decima, ma l’organizzazione «Movimento giuliano» non viene nominata. G. Bonvicini, Decima marinai!, cit., p. 227, parla invece esplicitamente di Italo Sauro quale promotore e direttore del «Movimento giuliano».
97 S. Nesi, Decima Flottiglia nostra, cit., p. 133. L. Grassi, Trieste, cit., p. 127, dove si parla però di un «Movimento Istriano Clandestino». M. Bordogna, Junio Valerio Borghese, cit., p. 143 e p. 189.
98 G. Bonvicini, Decima Marinai!, cit., p. 227. M. Bordogna, Junio Valerio Borghese, cit., p. 189. È possibile che di iniziative del «Movimento giuliano» parli l’organo del PFR di Trieste, «Italia Repubblicana», nel suo ultimo numero, che porta la data del 25 aprile 1945, riferendosi all’indirizzo di cittadini della Venezia Giulia e della Dalmazia residenti a Venezia e Milano e riguardante l’inviolabilità dei confini della regione. I due testi citati riferiscono anche che una parte del materiale raccolto dal «Movimento giuliano», in particolare sul massacro degli italiani avvenuto in Istria dopo l’8 settembre 1943, si trovava nell’Ufficio stampa del Comando della Decima, situato proprio a Milano.
99 Su tale vicenda vedi: R. Pupo, L’Italia e la presa del potere jugoslava nella Venezia Giulia, in La crisi di Trieste. Maggio-giugno 1945. Una revisione storiografica, a c. di G. Valdevi, Irsml FVG, Trieste 1996. R. Lazzero, La Decima Mas, cit., p. 147. M. Bordogna, Junio Valerio Borghese, cit., pp. 156-157, p. 192.
100 «Il Piccolo», 21 aprile 1945. «Italia Repubblicana», 21 aprile 1945. L. Grassi, Trieste, cit., p. 110 sgg. B. Coceani, Mussolini, Hitler, Tito, cit., pp. 264-265.
Raffaella Scocchi, Il PFR a Trieste: premesse per una ricerca, Quale Storia, Rivista di storia contemporanea, Miscellanea adriatica, Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, Anno XLIV, N.ro 2, Dicembre 2016

L’ammiraglio Raffaele De Courten, Ministro e Capo di Stato Maggiore della Regia Marina, come scrive nelle sue memorie, incaricò Calosi di verificare cosa gli Alleati pensassero in merito ad una eventuale azione militare italiana che, al momento del crollo tedesco, avesse preceduto quella jugoslava nell’occupazione della Venezia Giulia. Il Sis avrebbe inoltre elaborato un progetto che prevedeva lo sbarco di reparti della Marina e dell’Aeronautica, il Reggimento San Marco e il Battaglione Azzurro, nelle vicinanze di Trieste. «Queste truppe sarebbero state trasportate da mezzi navali italiani, dato che l’intera operazione avrebbe dovuto essere di esclusiva esecuzione italiana, e gli Alleati, per non compromettersi con gli jugoslavi, avrebbero finto di non saperne nulla» <311. Era dunque necessario predisporre un’organizzazione militare clandestina composta di uomini affidabili e di sicura fede italiana e anticomunista <312. L'ambizioso piano del Sis tuttavia non riscontrò favori presso gli Alleati e la Marina fu costretta ad abbandonarlo nel settembre 1944 <313.
Fu in questo momento che, pertanto, entrarono in gioco i contatti con la Marina Repubblicana e con la Decima Mas in primis. Se le prime due missioni inviate al Nord non avevano come unico (o ufficiale) obiettivo la difesa di Trieste, quella affidata al Capitano del Genio Navale Antonio Marceglia era stata dichiaratamente ideata per quell'obiettivo e godeva inoltre dell'appoggio ufficiale dell'OSS. La missione infatti consisteva nel «prendere contatto con il Com.te J.V. Borghese della Xª MAS al fine di concretare un piano combinato di difesa della Venezia Giulia» <314. Marceglia, accompagnato fino al fronte da Angleton e Resio, attraversò le linee presso Viareggio ma venne arrestato il giorno dopo dai tedeschi. Riuscì tuttavia a far giungere un messaggio a Borghese il quale fece pressioni sul comando delle SS che aveva arrestato l'ufficiale italiano e lo fece scarcerare. Nel primo colloquio che Marceglia ebbe con Borghese, il 28 marzo, l'agente del Sis riferì lo scopo della sua missione e insistette «sulla necessità che ai confini orientali ci [fosse] una resistenza armata e organizzata della durata di due o tre giorni al fine di permettere l'occupazione esclusiva della regione da parte degli Alleati e non delle truppe di Tito» <315. Borghese si dimostrò scettico sulla fattibilità del piano, dato che anche il suo personale tentativo di inviare sul fronte 5000 marò della Decima era stato stoppato dalle autorità tedesche. Anche il suo accordo con gli industriali era fallito perché, secondo Borghese «l'interessamento degli industriali era solo a vantaggio personale e non nazionale» <316. Marceglia fu colpito in modo negativo da Borghese: «Trovo in genere -scrive nella relazione- che nel Comandante Borghese è avvenuta una profonda trasformazione. C'è in lui un senso di leggerezza e fatuità che non gli riconoscevo, si sono inoltre sviluppate delle tendenze megalomani veramente strane. Ho l'impressione che tutta la creazione di questa organizzazione non sia che frutto dell'ambizione personale» <317. Marceglia decise tuttavia di non demordere e in un secondo incontro provò a «invogliare il Comandante ad un'azione attiva ed efficace», dichiarando di poter equipaggiare i suoi reparti destinati alla Venezia-Giulia tramite un «falso lancio ai partigiani in territorio controllato invece dalle sue forze». Tuttavia, nemmeno il fatto che la Marina fosse decisa a sostenerlo «qualora egli [desse] l'appoggio a questi progetti e [fosse] decisa a sottrarlo alle ire popolari o partigiani», riuscì a «portare il Comandante ad una decisione definitiva o ad un impegno formale» <318.
Egli si dilunga a parlarmi dell'opera di propaganda da lui svolta della Venezia-Giulia mediante un apposito ufficio installato a Venezia sotto la direzione del Dottore Italo SAURO e di un certo DRAGHICCHIO. Parla dell'ingente materiale tipografico propagandistico distribuito nella regione da un sedicente comitato di azione italica da lui creato. Dichiara di aver creato pure una rete di informazioni sia nella regione che in Croazia ma che in quest'opera è fortemente ostacolato sia dal Ministero degli Interni tramite la questura che arresta i suoi informatori sia dal Partito Fascista. Dichiara inoltre di aver tentato prendere contatto con la Divisione Partigiana Osoppo e con le brigate Piave ma che ha trovato in questa opera notevoli ostacoli <319.
Sembra in effetti che Borghese, tramite il capitano Manlio Morelli del battaglione Valanga, avesse avuto dei contatti con il comandante Candido Grassi, alias Verdi, delle Brigate Osoppo. Secondo quanto riferirà nell'agosto 1945 lo stesso Morelli ad Angleton, una bozza di accordo sarebbe stata siglata con l'obiettivo comune di «combattere gli slavi» ma che incontrò resistenze all'interno della stessa Decima. Probabilmente, infatti, l'iniziativa fu stoppata dall'opposizione di Giuseppe Corrado e Rodolfo Scarelli, numero uno e numero due della Divisione Xª, impegnata direttamente sul fronte orientale prima di essere fermata dai tedeschi <320.
Marceglia provò a contattare personalmente anche altri ufficiali della Decima Mas prospettando loro la necessità di risolvere il problema giuliano. Anche in questo caso l'opinione sulla situazione e sul personale della Decima è molto netta e non lascia speranze sull'esito favorevole dell'operazione: «Ho l'impressione che nessuno di loro abbia sufficientemente chiaro a quale punto si sia della guerra e sulla situazione politica. Riscontro piuttosto diffuso un certo fanatismo parolaio che non ha certo intenzione di estrinsecarsi nell'azione» <321. Nonostante ciò, Marceglia decise di recarsi personalmente a Trieste i primi di aprile per vedere da vicino la situazione della città giuliana. Anche qui lo spettacolo era desolante, poiché notò, Marceglia, non esisteva «alcun serio tentativo per fronteggiare la minaccia Slava». Il CLN, escluso il partito comunista, era costretto a lavorare «quasi nel vuoto, fortemente ostacolato dalla miope politica fascista. Le forze armate italiane sono esigue, sparpagliate e non esiste alcun piano difensivo» <322. Il 17 aprile Marceglia ritornò a Venezia dove incontrò per la terza e ultima volta con il Comandante Borghese. Ancora una volta l'ufficiale della Marina tentò di convincere disperatamente Borghese ad intervenire. L'unica soluzione proposta dal Comandante fu quella di conferire pieni poteri al Comandante del Distretto militare di Trieste, il Generale Giovanni Esposito, «allo scopo di riunire tutti gli elementi italiani facenti parte delle forze armate italiane e dei gruppi ausiliari tedeschi sotto un'unica direzione e preparare con essi una difesa o rallentamento avanzata slava per due o tre giorni» <323. La debolezza del piano era evidente per Marceglia ma decise di comunicarlo comunque alle autorità del Sud.
[NOTE]
311 S. De Felice, La Decima Flottiglia MAS e la Venezia Giulia, p. 111; R. De Courten, Le memorie dell’Ammiraglio De Courten (1943-1946), Roma, U.S.M.M., 1993, p. 546.
312 Ibidem.
313 R. De Courten, Le memorie dell’Ammiraglio De Courten, p. 112.
314 CIA, FOIA, Relazione sulla missione eseguita nell'Italia occupata dal capitano G.N. Antonio Marceglia, 20 giugno 1945, p. 1. Consultabile al link: https://www.cia.gov/library/readingroom/docs/PLAN%20IVY_0078.pdf.
315 Ivi, p. 14.
316 Ivi, p. 15.
317 Ivi, pp. 15-16.
318 Ivi, p. 18.
319 Ivi, pp. 18-19.
320 NARA, rg. 226, e. 108A, b. 258, f. jzx-2080, Accordi intercorsi tra il comando della Decima e la divisione patriottica Osoppo, cit. in N. Tranfaglia, Come nasce la Repubblica, pp. 54-58. Sulla questione vedi anche G. Pacini, Le altre Gladio. La lotta segreta anticomunista in Italia. 1943-1991, Torino, Einaudi, 2014, pp. 43-45.
321 CIA, FOIA, Relazione sulla missione eseguita nell'Italia occupata dal capitano G.N. Antonio Marceglia, 20 giugno 1945, p. 20. Consultabile al link: https://www.cia.gov/library/readingroom/docs/PLAN%20IVY_0078.pdf.
322 Ivi, p. 22.
323 Ivi, p. 25.
Nicola Tonietto, La genesi del neofascismo in Italia. Dal periodo clandestino alle manifestazioni per Trieste italiana. 1943-1953, Tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno accademico 2016-2017