Gli eventi occorsi di fronte al cimitero di Massarosa erano soltanto il preludio di una stagione di violenza quale il comune e tutta la Versilia non avevano mai sperimentato.
Alla fine di giugno fu la volta di Valpromaro. Questo piccolo abitato sorge sulle boscose colline a nord-est del capoluogo e si trova esattamente sul confine tra Massarosa e Camaiore, tanto che il paese è letteralmente spartito tra i due comuni.
Il 28 giugno [1944] un distaccamento della formazione partigiana «Mulargia», da poco rifondata, si stava spostando nel Lucese in attesa di un aviolancio alleato <568. Attorno all’una e un quarto del mattino del 29 l’avanguardia si scontra però con due portaordini della 65ᵃ Divisione di fanteria della Wehrmacht, i quali vengono uccisi nei pressi di Piazzano, a circa due chilometri a sud-est di Valpromaro.
Il locale comando tedesco venne presto a conoscenza dell’accaduto e si adoperò per effettuare un rastrellamento della zona, che ebbe inizio già all’alba. Vennero catturati 25 uomini residenti a Valpromaro e due cittadini di Torre del Lago che si trovarono loro malgrado a passare per la zona dopo essersi recati a Lucca al mercato. Dieci prigionieri vennero lasciati a Valpromaro quale garanzia contro ulteriori attacchi partigiani, mentre gli altri furono incolonnati e scortati fino a San Macario; tre riuscirono a fuggire durante il percorso. Nel frattempo il parroco del paese, don Chelini, si offrì prigioniero insieme al professor Pizzi, docente di Lettere, riuscendo come contropartita a far liberare 10 prigionieri <569.
La situazione però era ancora molto tesa e precipitò quando un singolo soldato tedesco, risalito da solo fino all’abitato di Gombitelli, iniziò a perpetrare una serie di atti di violenza e di saccheggio. I suoi spari richiamarono un vicino distaccamento di cinque o sei uomini della banda «Ceragioli» che sceso in paese riuscì a catturare il soldato.
Il mattino successivo, 30 giugno, una pattuglia germanica si recò a Gombitelli, ma non fu in grado di trovare traccia né del commilitone né dei partigiani, che ormai si erano sganciati.
La rappresaglia scattò immediata. I militari tedeschi iniziarono bruciando alcune abitazioni del luogo e poi, tornati a Valpromaro, decisero di giustiziare i prigionieri, in tutto 17 persone.
Qui, dopo alcune confuse trattative cinque di essi vennero rilasciati: due parroci, il fratello e il cognato di un tenente della Milizia fascista e il professor Pizzi. I dodici rimasti, tutti di età compresa tra i 17 e i 52 anni, vengono giustiziati in via Piano del Rio <570.
L’azione punitiva di Valpromaro si inserisce appieno nella lotta sempre più aspra tra le formazioni partigiane e le forze nazifasciste; essa è un classico esempio di rappresaglia messa in atto a seguito di un’azione della Resistenza, in questo caso l’uccisione di due staffette della 65ᵃ Divisione e la cattura di un altro militare germanico.
Che però le forze tedesche, nell’effettuare queste azioni, spesso non provassero neppure a cercare eventuali veri fiancheggiatori delle bande partigiane, lo dimostra la vicenda di una delle dodici vittime di quel 30 giugno 1944. Si tratta di Guido Posi, l’unico massarosese ucciso quel giorno. Egli venne infatti catturato mentre si stava recando dal barbiere a farsi la barba. Il parroco di Massarosa, venuto a sapere dell’accaduto, pur temendo la reazione dei tedeschi si recò a Valpromaro con l’autoambulanza e riuscì ad ottenere la consegna del cadavere, che si trovava ancora sul luogo della fucilazione legato agli altri giustiziati. Poté quindi essere riportato nel capoluogo, dove la salma venne lavata e composta nella bara <571.
[NOTE]
568 Fulvetti, Uccidere i civili, cit., p. 203.
569 Ibid.
570 Ivi, pp. 203-204.
571 APM, Cronache 1938-1966 (B-F 65 372), Breve cronistoria della Parrocchia di Massarosa dall’anno 1938.
Jonathan Pieri, Massarosa in guerra (1940-1945), Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2013-2014
Alla fine di giugno fu la volta di Valpromaro. Questo piccolo abitato sorge sulle boscose colline a nord-est del capoluogo e si trova esattamente sul confine tra Massarosa e Camaiore, tanto che il paese è letteralmente spartito tra i due comuni.
Il 28 giugno [1944] un distaccamento della formazione partigiana «Mulargia», da poco rifondata, si stava spostando nel Lucese in attesa di un aviolancio alleato <568. Attorno all’una e un quarto del mattino del 29 l’avanguardia si scontra però con due portaordini della 65ᵃ Divisione di fanteria della Wehrmacht, i quali vengono uccisi nei pressi di Piazzano, a circa due chilometri a sud-est di Valpromaro.
Il locale comando tedesco venne presto a conoscenza dell’accaduto e si adoperò per effettuare un rastrellamento della zona, che ebbe inizio già all’alba. Vennero catturati 25 uomini residenti a Valpromaro e due cittadini di Torre del Lago che si trovarono loro malgrado a passare per la zona dopo essersi recati a Lucca al mercato. Dieci prigionieri vennero lasciati a Valpromaro quale garanzia contro ulteriori attacchi partigiani, mentre gli altri furono incolonnati e scortati fino a San Macario; tre riuscirono a fuggire durante il percorso. Nel frattempo il parroco del paese, don Chelini, si offrì prigioniero insieme al professor Pizzi, docente di Lettere, riuscendo come contropartita a far liberare 10 prigionieri <569.
La situazione però era ancora molto tesa e precipitò quando un singolo soldato tedesco, risalito da solo fino all’abitato di Gombitelli, iniziò a perpetrare una serie di atti di violenza e di saccheggio. I suoi spari richiamarono un vicino distaccamento di cinque o sei uomini della banda «Ceragioli» che sceso in paese riuscì a catturare il soldato.
Il mattino successivo, 30 giugno, una pattuglia germanica si recò a Gombitelli, ma non fu in grado di trovare traccia né del commilitone né dei partigiani, che ormai si erano sganciati.
La rappresaglia scattò immediata. I militari tedeschi iniziarono bruciando alcune abitazioni del luogo e poi, tornati a Valpromaro, decisero di giustiziare i prigionieri, in tutto 17 persone.
Qui, dopo alcune confuse trattative cinque di essi vennero rilasciati: due parroci, il fratello e il cognato di un tenente della Milizia fascista e il professor Pizzi. I dodici rimasti, tutti di età compresa tra i 17 e i 52 anni, vengono giustiziati in via Piano del Rio <570.
L’azione punitiva di Valpromaro si inserisce appieno nella lotta sempre più aspra tra le formazioni partigiane e le forze nazifasciste; essa è un classico esempio di rappresaglia messa in atto a seguito di un’azione della Resistenza, in questo caso l’uccisione di due staffette della 65ᵃ Divisione e la cattura di un altro militare germanico.
Che però le forze tedesche, nell’effettuare queste azioni, spesso non provassero neppure a cercare eventuali veri fiancheggiatori delle bande partigiane, lo dimostra la vicenda di una delle dodici vittime di quel 30 giugno 1944. Si tratta di Guido Posi, l’unico massarosese ucciso quel giorno. Egli venne infatti catturato mentre si stava recando dal barbiere a farsi la barba. Il parroco di Massarosa, venuto a sapere dell’accaduto, pur temendo la reazione dei tedeschi si recò a Valpromaro con l’autoambulanza e riuscì ad ottenere la consegna del cadavere, che si trovava ancora sul luogo della fucilazione legato agli altri giustiziati. Poté quindi essere riportato nel capoluogo, dove la salma venne lavata e composta nella bara <571.
[NOTE]
568 Fulvetti, Uccidere i civili, cit., p. 203.
569 Ibid.
570 Ivi, pp. 203-204.
571 APM, Cronache 1938-1966 (B-F 65 372), Breve cronistoria della Parrocchia di Massarosa dall’anno 1938.
Jonathan Pieri, Massarosa in guerra (1940-1945), Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2013-2014