La genesi della disciplina dei partiti politici in Costituzione ha rappresentato un passaggio particolarmente significativo nella composizione del quadro istituzionale della costruenda Repubblica.
L’esplicita menzione della figura del partito nella Carta costituzionale1 è stata, da più parti, celebrata <2 per la sua primogenitura nel contesto giuridico comparato europeo <3. Questa scelta, in realtà, rappresentava lo sbocco naturale dell’esperienza istituzionale del Comitato di Liberazione Nazionale <4 che il Paese aveva conosciuto all’indomani della caduta del regime fascista: erano stati i partiti, riuniti all’interno del CLN <5 in posizione paritetica <6, a guidare quella delicata fase di transizione e ad assicurare una stabilità dell’assetto istituzionale tale da fargli guadagnare il riconoscimento di «autentici “padri della Costituzione”» <7.
Il comune sostrato antifascista ha continuato a fornire anche nella fase costituente una spinta propulsiva per addivenire ad una disciplina condivisa sul tema dei partiti. I vari schieramenti, che pure restavano aspramente contrapposti sul piano ideologico, trovarono un punto di incontro che, tenendo nella dovuta considerazione quella virtù originale, li spinse ad adottare una complessiva regolamentazione costituzionale dal carattere marcatamente garantista.
La discussione sulle libertà politiche, entro le quali rientrava la prima formulazione dell’art. 49 <8, fu incardinata da Merlin e Mancini <9 sulla base di un assunto fattuale dal quale il futuro dato giuridico non avrebbe potuto prescindere: posto che «i partiti sono una realtà che è inutile fingere di ignorare», «non è affatto vero che costituiscano un male, per quanto necessario», anzi «costituiscono un bene, che va riconosciuto e protetto» <10. La Repubblica di cui si stavano gettando le basi aveva bisogno dei partiti e, in particolare, di un sistema pluralistico, in contrapposizione al modello fascista del partito unico «che non deve avere giammai diritto di cittadinanza nell’Italia democratica» <11.
Le considerazioni - pur sintetiche - dei relatori facevano affiorare una più profonda e significativa evoluzione che era ormai maturata nel rapporto fra Stato e partito, e che comportava una netta preferenza per un modello di Legalisierung.
La formulazione presentata in sede di prima sottocommissione conteneva, pertanto, un’enunciazione a livello costituzionale del diritto dei cittadini a organizzarsi in partiti formati con metodo democratico, che veniva temperata, però, da una forma di controllo interno a maglie larghe, nonché dall’apposizione di una riserva di legge ordinaria non rinforzata <12.
Ad essa si contrappose la proposta sostitutiva di Basso <13, di matrice organicistica, nella quale si introduceva per la prima volta il concetto del “concorso” nella determinazione della politica nazionale e si avanzava la possibilità di assegnare «attribuzioni di carattere costituzionale» ai partiti maggiormente rappresentativi del corpo elettorale.
Nel dibattito sorto fra le due impostazioni si inserì l’intervento di Togliatti, il quale, sostenendo che, in forza della prima proposta, un futuro Governo avrebbe potuto colpire le minoranze tramite legge ordinaria <14, suggerì di rendere manifesta una sola limitazione: quella nei confronti del partito fascista <15, «perché si deve escludere dalla democrazia chi ha manifestato di essere il suo nemico» <16.
Attraverso questo stratagemma l’esponente comunista non solo ottenne la circoscrizione delle possibili limitazioni in materia partitica ad un fatto storicamente determinato <17, non suscettibile di interpretazioni faziose, ma riuscì anche a far cadere la possibilità di un successivo intervento del legislatore ordinario <18: una norma “chiusa” a livello costituzionale <19 rappresentava, infatti, la migliore garanzia per il suo partito <20. Tale proposta venne favorevolmente accolta in primis da Basso <21 e, poi, da tutti gli altri esponenti, come hanno dimostrato sia la sua approvazione all’unanimità in Sottocommissione che la successiva pedissequa trasposizione nella XII disposizione finale, comma 1, della Costituzione <22.
Minore fortuna, invece, incontrò il secondo articolo proposto da Basso sulle attribuzioni costituzionali dei partiti: dopo un acceso dibattito in sede di commissione - che si era positivamente espressa sulla sua adozione - la trattazione venne rinviata ad un esame congiunto con la seconda sottocommissione <23 che, però, non avvenne mai <24.
All’attenzione del plenum della Costituente, pertanto, fu sottoposta una formulazione della norma <25 che, su un piano strettamente linguistico, rispecchiava quasi integralmente quella attualmente vigente; il tratto percorso fra la disposizione proposta e quella approvata è stato, però, solo apparentemente di breve respiro.
La deliberazione finale ha rappresentato, infatti, il frutto di una seria discussione, nella quale emersero istanze di primario rilievo che, pur essendo state allora accantonate, hanno continuato ad alimentare il dibattito dottrinario e si sono riaffacciate con pressante urgenza nel quadro istituzionale contemporaneo.
[NOTE]
2 U. MERLIN in ASSEMBLEA COSTITUENTE, Seduta del 22 maggio 1947, 4162, sottolinea che «è la prima volta che in una Carta statutaria entrano i partiti con una propria fisionomia, con una propria organizzazione e quindi con la possibilità domani che a questi partiti si affidino dei compiti costituzionali»; dello stesso avviso anche A. PREDIERI, I partiti politici, in P. CALAMANDREI - A. LEVI (a cura di), Commentario sistematico alla Costituzione italiana, Firenze 1950, 197 e G.D. FERRI, Studi sui partiti politici, Roma 1950, 128, che evidenzia come «l’art. 49 è un fatto nuovo nella storia costituzionale. Per la prima volta il partito politico viene considerato da una Costituzione in senso formale, direttamente e unitariamente, ossia in quanto organizzazione e per la sua specifica funzione»; v., ancora, E. CHELI, Intorno al problema della regolazione dei partiti politici, in Studi senesi, n. 2/1958, 235.
3 La Costituzione della quarta repubblica francese del 1946, nonostante la proposta avanzata da Sognel (sulla quale v. supra nell’introduzione, nota 16) non conteneva riferimenti ai partiti, a differenza di quella della quinta repubblica che li richiama all’art. 4. Il testo costituzionale tedesco, che se ne occupa diffusamente, è entrato in vigore nel 1949.
4 V., fra gli altri, C. LAVAGNA, Comitati di liberazione, in Enc. dir., VII (1960), 779 ss.; V. CRISAFULLI, I partiti nella Costituzione, in Jus, 1969, 14; P. RIDOLA, Partiti politici, in Enc. dir., XXXII (1982), 76; C.E. TRAVERSO, Partito politico e ordinamento costituzionale: contributo alla determinazione della natura giuridica del partito politico, Milano 1983, 120; A. CARDINI, I partiti e la costituente, in Studi senesi, n. 3/2008, 381 ss.; S. MERLINI, I partiti politici, il metodo democratico e la politica nazionale, in AA.VV., Partiti politici e società civile a sessant’anni dall’entrata in vigore della Costituzione, Annuario AIC 2008, Napoli 2009, 52 ss.
5 A. PREDIERI, op. cit., 193 sottolinea che la particolare composizione del CLN, i cui membri erano i partiti in prima persona, che designavano e sostituivano ad nutum i membri, ricorda da vicino la nota proposta di H. KELSEN, Das Problem des Parlamentarismus, Vienna-Lipsia 1924, in trad. it. di B. Fleury, Il problema del parlamentarismo, in La democrazia, Bologna 2010, 167, il quale avanzava l’ipotesi di «lasciare al partito la facoltà di delegare, scegliendoli dal proprio seno, secondo il bisogno, per la discussione e la deliberazione delle diverse leggi, i competenti di cui esso dispone, i quali parteciperebbero ogni volta alla deliberazione con quel numero dei voti che spetta al partito in base alla proporzionale» (enfasi testuale).
6 Secondo la ricostruzione offerta da P. RESCIGNO, Sindacati e partiti nel diritto privato, in Jus, n. 1/1956, 12, il CLN è stato un «organo di fatto dello Stato» fino a quando i poteri non
sono stati assunti dal governo militare alleato (1 giugno 1945) per divenire, da quel momento in avanti, «un’associazione di fatto […] con lo scopo di consulenza della pubblica amministrazione».
7 V. CRISAFULLI, op. et loc. ult. cit.
8 Che era stato originariamente rubricato come art. 47. La ricostruzione dei lavori dell’Assemblea Costituente sui partiti politici è stata già condotta da amplissima dottrina; nel presente scritto, pertanto, si cercheranno di valorizzare solo i profili più importanti emersi dalle varie proposte e gli interventi in Aula maggiormente significativi. V. ex multis: v. A. PREDIERI, op. cit., 195 ss.; C. ESPOSITO, I partiti nella Costituzione italiana, in Arch. giur. Filippo Serafini, fasc. n. 1-2/1951, 3 ss., ora in ID., La Costituzione italiana. Saggi, Padova 1954 (la presente e le successive citazioni devono intendersi riferite alla prima pubblicazione); L. BASSO, Il partito nell’ordinamento democratico moderno, in ISLE, Indagine sul partito politico, tomo 1, Milano 1966, 64 ss.; ID., Considerazioni sull’art. 49 della Costituzione, in ISLE, Indagine sul partito politico, tomo 1, Milano 1966, 141 ss.; C.E. TRAVERSO, La genesi storico-politica della disciplina dei partiti nella costituzione italiana, in Il Politico, n. 1/1968, 282 ss.; ID., Partito politico, cit., 135 ss.; P. RIDOLA, op. cit., 72 ss.; F. LANCHESTER, Il problema del partito politico: regolare gli sregolati, in Quad. cost., n. 3/1988, 442 ss.; G. PASQUINO, op. cit., 7 ss.; P. SCOPPOLA, La repubblica dei partiti, evoluzione e crisi di un sistema politico (1945-1996), Bologna 1997, 212 ss.; G. RIZZONI, sub art. 49, in R. BIFULCO - A. CELOTTO - M. OLIVETTI (a cura di), Commentario alla Costituzione, vol. I, Torino 2006, 981 ss.; G.E. VIGEVANI, sub art. 49, in S. BARTOLE - R. BIN (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, fondato da V. Crisafulli - L. Paladin, Padova 2008, 497 ss.; L. ELIA, A quando una legge sui partiti?, in S. MERLINI (a cura di), La democrazia dei partiti e la democrazia nei partiti, Firenze 2009, 51 ss.; S. MERLINI, op. cit., 62 ss.; P. MARSOCCI, Sulla funzione costituzionale dei partiti e delle altre formazioni politiche, Napoli 2012, 111 ss.; F. SCUTO, La democrazia interna dei partiti: profili costituzionali di una transizione, Torino 2017, 12 ss. V., poi, i resoconti dell’Assemblea Costituente reperibili sul sito internet della Camera dei Deputati, ai quali si fa riferimento nelle note, e in particolare quelli delle sedute della prima sottocommissione del 19-20 novembre 1946 e del plenum del 22 maggio 1947.
9 I quali furono relatori sull’argomento in seno alla prima sottocommissione.
10 P. MANCINI - U. MERLIN, Relazione su Le libertà politiche, in ASSEMBLEA COSTITUENTE, Atti della Commissione per la Costituzione, vol. II, 30.
11 Ivi, 31.
12 «I cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici che si formino con metodo democratico e rispettino la dignità e la personalità umana, secondo i principi di libertà ed eguaglianza. Le norme per tale organizzazione saranno dettate con legge particolare».
13 La proposta constava di due articoli: «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente e democraticamente in partito politico, allo scopo di concorrere alla determinazione della politica del Paese»; «Ai partiti politici che nelle votazioni pubbliche abbiano raccolto non meno di cinquecentomila voti, sono riconosciute, fino a nuove votazioni, attribuzioni di carattere costituzionale a norma di questa Costituzione, delle leggi elettorali e sulla stampa, e di altre leggi». Sulle finalità della proposta e sul dibattito sorto su di essa si vedano, in particolare, le riflessioni di interpretazione autentica contenute in L. BASSO, Il partito, loc. cit., e ID., Considerazioni sull’art. 49, loc. cit.
14 «Un Governo con basi democratiche potrebbe, servendosi dell’articolo in esame, mettere senz’altro il partito comunista fuori legge» in ASSEMBLEA COSTITUENTE, Seduta del 19 novembre 1946 della prima sottocommissione, 403.
15 La proposta recitava: «È proibita, in qualsiasi forma, la riorganizzazione di un partito fascista», ibid.
16 Ibid.
17 Come ebbe modo di precisare ulteriormente nel prosieguo del dibattito in commissione e segnatamente con la modifica della sua proposta in favore della locuzione «…riorganizzazione del partito fascista», op. ult. cit., 404.
18 Secondo C.E. TRAVERSO, Partito, cit., 147 «le minoranze pretesero la condanna formale di un pericolo conclamato ma fittizio, per allontanare l’eventualità di un pericolo sottaciuto ma possibile».
19 «Non la legge deve dettare queste norme, ma solo la Costituzione deve fissare lo sviluppo pacifico della lotta nel Paese», in ASSEMBLEA COSTITUENTE, Seduta del 19 novembre 1946, 405.
20 C.E. TRAVERSO, La genesi, cit., 288.
21 Il quale affermò apertamente che non si doveva «lasciar passare l’occasione per fare una delle poche affermazioni concrete e innovatrici della Costituzione […] finora, in Italia, ci si è preoccupati di assicurare la continuità giuridica dello Stato, evitando ogni aperta condanna del fascismo […] è necessario quindi che nella Costituzione ci sia finalmente un’affermazione concreta e precisa per cui si sappia che tutto ciò che è stato fascista è condannato», ASSEMBLEA COSTITUENTE, Seduta del 19 novembre 1946, 404.
22 La scelta delle norme transitorie e finali come sedes materiae di una norma di tale rilevanza pare che sia stata dovuta a mere esigenze organizzative; sul tema v. amplius nel capitolo III.
23 In particolare, venne approvato un ordine del giorno presentato da Dossetti sulla scorta del quale: «La prima Sottocommissione ritiene necessario che la Costituzione affermi il principio del riconoscimento giuridico dei partiti politici e dell’attribuzione ad essi di compiti costituzionali. Rinvia ad un esame comune con la seconda Sottocommissione la determinazione delle condizioni e delle modalità» in ASSEMBLEA COSTITUENTE, Seduta del 20 novembre 1946 della prima sottocommissione, 415.
24 Lo stesso L. BASSO, Il partito, cit., 67, non seppe dire se la riunione non ebbe luogo per inerzia o per una precisa scelta.
25 «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».
26 V. P. MARSOCCI, op. cit., 115 ss. Secondo A. PREDIERI, op. cit., 195 «I lavori preparatori della Costituzione non fecero che riprodurre, e in sede di lavori della prima sottocommissione e in sede di discussioni generali, il contrasto fra l’esigenza del riconoscimento e della regolamentazione dei partiti e la riluttanza ad ammetterli, dissidio malamente superato con l’introduzione di una formula imprecisa ed elastica, anzi diremmo sempre più imprecisa ed elastica man mano che i lavori proseguivano».
Giuseppe Donato, La funzione costituzionale dei partiti e il sindacato del potere giudiziario, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Messina, 2021
L’esplicita menzione della figura del partito nella Carta costituzionale1 è stata, da più parti, celebrata <2 per la sua primogenitura nel contesto giuridico comparato europeo <3. Questa scelta, in realtà, rappresentava lo sbocco naturale dell’esperienza istituzionale del Comitato di Liberazione Nazionale <4 che il Paese aveva conosciuto all’indomani della caduta del regime fascista: erano stati i partiti, riuniti all’interno del CLN <5 in posizione paritetica <6, a guidare quella delicata fase di transizione e ad assicurare una stabilità dell’assetto istituzionale tale da fargli guadagnare il riconoscimento di «autentici “padri della Costituzione”» <7.
Il comune sostrato antifascista ha continuato a fornire anche nella fase costituente una spinta propulsiva per addivenire ad una disciplina condivisa sul tema dei partiti. I vari schieramenti, che pure restavano aspramente contrapposti sul piano ideologico, trovarono un punto di incontro che, tenendo nella dovuta considerazione quella virtù originale, li spinse ad adottare una complessiva regolamentazione costituzionale dal carattere marcatamente garantista.
La discussione sulle libertà politiche, entro le quali rientrava la prima formulazione dell’art. 49 <8, fu incardinata da Merlin e Mancini <9 sulla base di un assunto fattuale dal quale il futuro dato giuridico non avrebbe potuto prescindere: posto che «i partiti sono una realtà che è inutile fingere di ignorare», «non è affatto vero che costituiscano un male, per quanto necessario», anzi «costituiscono un bene, che va riconosciuto e protetto» <10. La Repubblica di cui si stavano gettando le basi aveva bisogno dei partiti e, in particolare, di un sistema pluralistico, in contrapposizione al modello fascista del partito unico «che non deve avere giammai diritto di cittadinanza nell’Italia democratica» <11.
Le considerazioni - pur sintetiche - dei relatori facevano affiorare una più profonda e significativa evoluzione che era ormai maturata nel rapporto fra Stato e partito, e che comportava una netta preferenza per un modello di Legalisierung.
La formulazione presentata in sede di prima sottocommissione conteneva, pertanto, un’enunciazione a livello costituzionale del diritto dei cittadini a organizzarsi in partiti formati con metodo democratico, che veniva temperata, però, da una forma di controllo interno a maglie larghe, nonché dall’apposizione di una riserva di legge ordinaria non rinforzata <12.
Ad essa si contrappose la proposta sostitutiva di Basso <13, di matrice organicistica, nella quale si introduceva per la prima volta il concetto del “concorso” nella determinazione della politica nazionale e si avanzava la possibilità di assegnare «attribuzioni di carattere costituzionale» ai partiti maggiormente rappresentativi del corpo elettorale.
Nel dibattito sorto fra le due impostazioni si inserì l’intervento di Togliatti, il quale, sostenendo che, in forza della prima proposta, un futuro Governo avrebbe potuto colpire le minoranze tramite legge ordinaria <14, suggerì di rendere manifesta una sola limitazione: quella nei confronti del partito fascista <15, «perché si deve escludere dalla democrazia chi ha manifestato di essere il suo nemico» <16.
Attraverso questo stratagemma l’esponente comunista non solo ottenne la circoscrizione delle possibili limitazioni in materia partitica ad un fatto storicamente determinato <17, non suscettibile di interpretazioni faziose, ma riuscì anche a far cadere la possibilità di un successivo intervento del legislatore ordinario <18: una norma “chiusa” a livello costituzionale <19 rappresentava, infatti, la migliore garanzia per il suo partito <20. Tale proposta venne favorevolmente accolta in primis da Basso <21 e, poi, da tutti gli altri esponenti, come hanno dimostrato sia la sua approvazione all’unanimità in Sottocommissione che la successiva pedissequa trasposizione nella XII disposizione finale, comma 1, della Costituzione <22.
Minore fortuna, invece, incontrò il secondo articolo proposto da Basso sulle attribuzioni costituzionali dei partiti: dopo un acceso dibattito in sede di commissione - che si era positivamente espressa sulla sua adozione - la trattazione venne rinviata ad un esame congiunto con la seconda sottocommissione <23 che, però, non avvenne mai <24.
All’attenzione del plenum della Costituente, pertanto, fu sottoposta una formulazione della norma <25 che, su un piano strettamente linguistico, rispecchiava quasi integralmente quella attualmente vigente; il tratto percorso fra la disposizione proposta e quella approvata è stato, però, solo apparentemente di breve respiro.
La deliberazione finale ha rappresentato, infatti, il frutto di una seria discussione, nella quale emersero istanze di primario rilievo che, pur essendo state allora accantonate, hanno continuato ad alimentare il dibattito dottrinario e si sono riaffacciate con pressante urgenza nel quadro istituzionale contemporaneo.
[NOTE]
2 U. MERLIN in ASSEMBLEA COSTITUENTE, Seduta del 22 maggio 1947, 4162, sottolinea che «è la prima volta che in una Carta statutaria entrano i partiti con una propria fisionomia, con una propria organizzazione e quindi con la possibilità domani che a questi partiti si affidino dei compiti costituzionali»; dello stesso avviso anche A. PREDIERI, I partiti politici, in P. CALAMANDREI - A. LEVI (a cura di), Commentario sistematico alla Costituzione italiana, Firenze 1950, 197 e G.D. FERRI, Studi sui partiti politici, Roma 1950, 128, che evidenzia come «l’art. 49 è un fatto nuovo nella storia costituzionale. Per la prima volta il partito politico viene considerato da una Costituzione in senso formale, direttamente e unitariamente, ossia in quanto organizzazione e per la sua specifica funzione»; v., ancora, E. CHELI, Intorno al problema della regolazione dei partiti politici, in Studi senesi, n. 2/1958, 235.
3 La Costituzione della quarta repubblica francese del 1946, nonostante la proposta avanzata da Sognel (sulla quale v. supra nell’introduzione, nota 16) non conteneva riferimenti ai partiti, a differenza di quella della quinta repubblica che li richiama all’art. 4. Il testo costituzionale tedesco, che se ne occupa diffusamente, è entrato in vigore nel 1949.
4 V., fra gli altri, C. LAVAGNA, Comitati di liberazione, in Enc. dir., VII (1960), 779 ss.; V. CRISAFULLI, I partiti nella Costituzione, in Jus, 1969, 14; P. RIDOLA, Partiti politici, in Enc. dir., XXXII (1982), 76; C.E. TRAVERSO, Partito politico e ordinamento costituzionale: contributo alla determinazione della natura giuridica del partito politico, Milano 1983, 120; A. CARDINI, I partiti e la costituente, in Studi senesi, n. 3/2008, 381 ss.; S. MERLINI, I partiti politici, il metodo democratico e la politica nazionale, in AA.VV., Partiti politici e società civile a sessant’anni dall’entrata in vigore della Costituzione, Annuario AIC 2008, Napoli 2009, 52 ss.
5 A. PREDIERI, op. cit., 193 sottolinea che la particolare composizione del CLN, i cui membri erano i partiti in prima persona, che designavano e sostituivano ad nutum i membri, ricorda da vicino la nota proposta di H. KELSEN, Das Problem des Parlamentarismus, Vienna-Lipsia 1924, in trad. it. di B. Fleury, Il problema del parlamentarismo, in La democrazia, Bologna 2010, 167, il quale avanzava l’ipotesi di «lasciare al partito la facoltà di delegare, scegliendoli dal proprio seno, secondo il bisogno, per la discussione e la deliberazione delle diverse leggi, i competenti di cui esso dispone, i quali parteciperebbero ogni volta alla deliberazione con quel numero dei voti che spetta al partito in base alla proporzionale» (enfasi testuale).
6 Secondo la ricostruzione offerta da P. RESCIGNO, Sindacati e partiti nel diritto privato, in Jus, n. 1/1956, 12, il CLN è stato un «organo di fatto dello Stato» fino a quando i poteri non
sono stati assunti dal governo militare alleato (1 giugno 1945) per divenire, da quel momento in avanti, «un’associazione di fatto […] con lo scopo di consulenza della pubblica amministrazione».
7 V. CRISAFULLI, op. et loc. ult. cit.
8 Che era stato originariamente rubricato come art. 47. La ricostruzione dei lavori dell’Assemblea Costituente sui partiti politici è stata già condotta da amplissima dottrina; nel presente scritto, pertanto, si cercheranno di valorizzare solo i profili più importanti emersi dalle varie proposte e gli interventi in Aula maggiormente significativi. V. ex multis: v. A. PREDIERI, op. cit., 195 ss.; C. ESPOSITO, I partiti nella Costituzione italiana, in Arch. giur. Filippo Serafini, fasc. n. 1-2/1951, 3 ss., ora in ID., La Costituzione italiana. Saggi, Padova 1954 (la presente e le successive citazioni devono intendersi riferite alla prima pubblicazione); L. BASSO, Il partito nell’ordinamento democratico moderno, in ISLE, Indagine sul partito politico, tomo 1, Milano 1966, 64 ss.; ID., Considerazioni sull’art. 49 della Costituzione, in ISLE, Indagine sul partito politico, tomo 1, Milano 1966, 141 ss.; C.E. TRAVERSO, La genesi storico-politica della disciplina dei partiti nella costituzione italiana, in Il Politico, n. 1/1968, 282 ss.; ID., Partito politico, cit., 135 ss.; P. RIDOLA, op. cit., 72 ss.; F. LANCHESTER, Il problema del partito politico: regolare gli sregolati, in Quad. cost., n. 3/1988, 442 ss.; G. PASQUINO, op. cit., 7 ss.; P. SCOPPOLA, La repubblica dei partiti, evoluzione e crisi di un sistema politico (1945-1996), Bologna 1997, 212 ss.; G. RIZZONI, sub art. 49, in R. BIFULCO - A. CELOTTO - M. OLIVETTI (a cura di), Commentario alla Costituzione, vol. I, Torino 2006, 981 ss.; G.E. VIGEVANI, sub art. 49, in S. BARTOLE - R. BIN (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, fondato da V. Crisafulli - L. Paladin, Padova 2008, 497 ss.; L. ELIA, A quando una legge sui partiti?, in S. MERLINI (a cura di), La democrazia dei partiti e la democrazia nei partiti, Firenze 2009, 51 ss.; S. MERLINI, op. cit., 62 ss.; P. MARSOCCI, Sulla funzione costituzionale dei partiti e delle altre formazioni politiche, Napoli 2012, 111 ss.; F. SCUTO, La democrazia interna dei partiti: profili costituzionali di una transizione, Torino 2017, 12 ss. V., poi, i resoconti dell’Assemblea Costituente reperibili sul sito internet della Camera dei Deputati, ai quali si fa riferimento nelle note, e in particolare quelli delle sedute della prima sottocommissione del 19-20 novembre 1946 e del plenum del 22 maggio 1947.
9 I quali furono relatori sull’argomento in seno alla prima sottocommissione.
10 P. MANCINI - U. MERLIN, Relazione su Le libertà politiche, in ASSEMBLEA COSTITUENTE, Atti della Commissione per la Costituzione, vol. II, 30.
11 Ivi, 31.
12 «I cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici che si formino con metodo democratico e rispettino la dignità e la personalità umana, secondo i principi di libertà ed eguaglianza. Le norme per tale organizzazione saranno dettate con legge particolare».
13 La proposta constava di due articoli: «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente e democraticamente in partito politico, allo scopo di concorrere alla determinazione della politica del Paese»; «Ai partiti politici che nelle votazioni pubbliche abbiano raccolto non meno di cinquecentomila voti, sono riconosciute, fino a nuove votazioni, attribuzioni di carattere costituzionale a norma di questa Costituzione, delle leggi elettorali e sulla stampa, e di altre leggi». Sulle finalità della proposta e sul dibattito sorto su di essa si vedano, in particolare, le riflessioni di interpretazione autentica contenute in L. BASSO, Il partito, loc. cit., e ID., Considerazioni sull’art. 49, loc. cit.
14 «Un Governo con basi democratiche potrebbe, servendosi dell’articolo in esame, mettere senz’altro il partito comunista fuori legge» in ASSEMBLEA COSTITUENTE, Seduta del 19 novembre 1946 della prima sottocommissione, 403.
15 La proposta recitava: «È proibita, in qualsiasi forma, la riorganizzazione di un partito fascista», ibid.
16 Ibid.
17 Come ebbe modo di precisare ulteriormente nel prosieguo del dibattito in commissione e segnatamente con la modifica della sua proposta in favore della locuzione «…riorganizzazione del partito fascista», op. ult. cit., 404.
18 Secondo C.E. TRAVERSO, Partito, cit., 147 «le minoranze pretesero la condanna formale di un pericolo conclamato ma fittizio, per allontanare l’eventualità di un pericolo sottaciuto ma possibile».
19 «Non la legge deve dettare queste norme, ma solo la Costituzione deve fissare lo sviluppo pacifico della lotta nel Paese», in ASSEMBLEA COSTITUENTE, Seduta del 19 novembre 1946, 405.
20 C.E. TRAVERSO, La genesi, cit., 288.
21 Il quale affermò apertamente che non si doveva «lasciar passare l’occasione per fare una delle poche affermazioni concrete e innovatrici della Costituzione […] finora, in Italia, ci si è preoccupati di assicurare la continuità giuridica dello Stato, evitando ogni aperta condanna del fascismo […] è necessario quindi che nella Costituzione ci sia finalmente un’affermazione concreta e precisa per cui si sappia che tutto ciò che è stato fascista è condannato», ASSEMBLEA COSTITUENTE, Seduta del 19 novembre 1946, 404.
22 La scelta delle norme transitorie e finali come sedes materiae di una norma di tale rilevanza pare che sia stata dovuta a mere esigenze organizzative; sul tema v. amplius nel capitolo III.
23 In particolare, venne approvato un ordine del giorno presentato da Dossetti sulla scorta del quale: «La prima Sottocommissione ritiene necessario che la Costituzione affermi il principio del riconoscimento giuridico dei partiti politici e dell’attribuzione ad essi di compiti costituzionali. Rinvia ad un esame comune con la seconda Sottocommissione la determinazione delle condizioni e delle modalità» in ASSEMBLEA COSTITUENTE, Seduta del 20 novembre 1946 della prima sottocommissione, 415.
24 Lo stesso L. BASSO, Il partito, cit., 67, non seppe dire se la riunione non ebbe luogo per inerzia o per una precisa scelta.
25 «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».
26 V. P. MARSOCCI, op. cit., 115 ss. Secondo A. PREDIERI, op. cit., 195 «I lavori preparatori della Costituzione non fecero che riprodurre, e in sede di lavori della prima sottocommissione e in sede di discussioni generali, il contrasto fra l’esigenza del riconoscimento e della regolamentazione dei partiti e la riluttanza ad ammetterli, dissidio malamente superato con l’introduzione di una formula imprecisa ed elastica, anzi diremmo sempre più imprecisa ed elastica man mano che i lavori proseguivano».
Giuseppe Donato, La funzione costituzionale dei partiti e il sindacato del potere giudiziario, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Messina, 2021