martedì 7 novembre 2023

Emerse però l’esistenza di un ufficio ancora più segreto dell’Uspa


La questione riguardante i servizi di «sicurezza» della NATO <104, è la più delicata e difficile, ma è anche la più importante, perché è proprio in base agli accordi bilaterali nell’ambito dell’Alleanza Atlantica, che i servizi segreti dei paesi membri (e in particolare quelli delle nazioni «di frontiera» come l’Italia) hanno molteplici obblighi nei confronti dei servizi informativi statunitensi. La liberalizzazione degli archivi del governo americano, ha permesso di conoscere l’esistenza del Piano di intervento anticomunista chiamato «Demagnetize», che il capo del Sifar sottoscrisse ufficialmente negli anni cinquanta, senza informare i membri del governo italiano. <105
Il Piano Demagnetize fu un accordo segreto di intelligence, stipulato fra i servizi segreti degli Stati Uniti d’America e dell’Italia, che si proponeva di depotenziare l’influenza sulla società italiana e francese (in Francia, il Piano Demagnetize, prese il nome di Piano Cloven) delle forze di orientamento comunista, attraverso una stretta collaborazione tra i rispettivi servizi segreti. Il nome del Piano, esprimeva l’intento di ridurre quella sorta di «attrazione magnetica» che le idee comuniste andavano esercitando sulle popolazioni di alcuni paesi, in particolare Italia e Francia e, la «smagnetizzazione» ne era il «top priority objective», ovvero l’obiettivo di assoluta priorità.
Accordi di questo tipo, hanno la loro origine in protocolli aggiuntivi segreti, stipulati nel 1949 contestualmente alla firma del Patto Atlantico. Essi prevedono l’istituzione di un organismo non ufficiale, anzi giuridicamente inesistente, preposto a garantire con ogni mezzo la collocazione internazionale dell’Italia all’interno dello schieramento Atlantico, anche nel caso che l’elettorato si mostri orientato in maniera difforme. È evidente, che proprio per il loro carattere di segretezza e di illegalità, questi accordi sono destinati a lasciare tracce molto labili negli archivi ufficiali. <106 Una loro applicazione più o meno estensiva, può dipendere dalla personale disponibilità del capo del
servizio segreto nei confronti delle ingerenze dei colleghi statunitensi. Da qui l’evidente interesse americano ad avere interlocutori molto fidati. Esistono, anzitutto, uffici con mansioni legali, che hanno il compito di selezionare e schedare il personale che viene ammesso a determinati posti di responsabilità.
Fu lo stesso generale De Lorenzo, che deponendo davanti alla Commissione Parlamentare d’Inchiesta, non ebbe difficoltà a confermare l’esistenza di un ufficio con compiti particolari, sorto in seguito agli impegni presi con la firma del Patto Atlantico: «esiste presso lo Stato Maggiore della Difesa, accanto al Sifar, l’ufficio di sicurezza del Patto Atlantico, che garantisce la sicurezza e la segretezza dei funzionari, cioè di tutti coloro che vogliono svolgere un certo lavoro. Questo ufficio, è incaricato di raccogliere le informazioni che poi danno vita a questi fascicoli. Questi elementi, che sono al di fuori della struttura del Sifar, attingono le notizie direttamente dall’Arma dei Carabinieri.
Questo numero enorme di fascicoli quindi, è istituito e sviluppato da questi uffici, con il concorso dell’Arma. La questione dei fascicoli quindi, è una questione di sicurezza del Patto Atlantico <107».
Come è ovvio, De Lorenzo ne dava una visione strettamente tecnica e assolutamente legalitaria, e cercò persino di utilizzare questi obblighi per giustificare l’enorme mole di fascicoli da lui istituiti in quegli anni.
Le rivelazioni del generale suscitarono molto scalpore. In realtà questi uffici - che si chiamano segreterie speciali, e che esistono in tutti i ministeri che hanno contatti NATO, e cioè Difesa, Interni, Esteri, Trasporti, Agricoltura, Industria e Commercio con l’estero - hanno un’importanza relativa.
Ben più importanti e con carattere di massima segretezza, sono gli uffici sicurezza Patto Atlantico (Uspa), che esistono soltanto presso i ministeri degli Interni e della Difesa: essi sono in stretto collegamento con un centro che ha sede a Bruxelles, il quale è in contatto con gli analoghi uffici dei paesi dell’Alleanza. <108
Chi nei nostri servizi segreti mantiene i contatti con i gangli vitali del comando NATO? Fino al 1974 l’Uspa del ministero degli Interni fu retto da Umberto D’Amato, che conservò l’incarico anche quando, nella primavera del 1972, divenne capo dell’intera Divisione affari riservati. Dal giugno 1974, cioè dallo scioglimento dell’Ufficio affari riservati, con la costituzione dell’Ispettorato per la lotta contro il terrorismo (poi ribattezzato successivamente, Servizio di sicurezza), fino al gennaio 1978, cioè alla data di scioglimento di quest’organismo, l’ufficio fu retto dal questore Antonio Carlino.
Con la costituzione del Sisde (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica), la direzione dell’ufficio fu assunta dal vice capo del servizio, Silvano Russomanno.
Il discorso è più complesso per quanto riguarda il ministero della Difesa. Esiste l’Uspa per così dire ufficiale, che per statuto è retto dalla «Autorità Nazionale per la Sicurezza», cioè dal capo del servizio segreto. Questi però, ha sempre delegato l’incarico ad un colonnello, che negli anni della Strategia della tensione fu Antonio Alemanno. Questo ufficio, è preposto soprattutto a rilasciare i «nulla osta per la sicurezza», che hanno vari gradi, corrispondenti ai livelli di segretezza dei documenti NATO cui danno accesso: riservato, riservatissimo, segreto e segretissimo. I quattro livelli di segretezza sono «NATO restricted, NATO confidential, NATO secret e COSMIC top secret». <109
Dagli interrogatori di Spiazzi e di Cavallaro, svolti dal giudice Tamburino, emerse però l’esistenza di un ufficio ancora più segreto dell’Uspa. Nelle prime disposizioni dinanzi ai magistrati di Padova e poi di Roma, Miceli affermò subito di non aver mai svolto attività antiistituzionali, perché le sue azioni andavano inquadrate all’interno di «uno speciale segretissimo organismo esistente nell’ambito del servizio». Alla richiesta di ulteriori delucidazioni, il generale si rifugiò dietro il segreto politico-militare, e si appellò agli uomini di governo che soli, a suo dire, lo avrebbero potuto sciogliere dal segreto. A questo punto i giudici si rivolsero a Moro, che negò l’esistenza di un’organizzazione «parallela» all’interno o all’esterno del servizio segreto. Egli specificò di poter escludere, che esistesse o fosse esistita un’organizzazione occulta composta di militari e civili per fini non istituzionali. La situazione era ormai di stallo. Improvvisamente però, nell’udienza del 14 dicembre 1977 al processo sul tentato golpe di Valerio Borghese, Miceli aprì uno spiraglio nel muro di omertà che circondava l’argomento.
A convincere il generale al grande passo, fu probabilmente la constatazione che, se avesse continuato a tacere e a negare, si sarebbe assunto responsabilità ancora maggiori.
L’occasione gli fu offerta da una precisa domanda del giudice Antonio Abbate: «il giudice Tamburino a suo tempo le chiese se esisteva all’interno del Sid una struttura «parallela», che si affiancasse a quella ufficiale, con i suoi organismi occulti. Io le chiedo: è possibile che, nell’ambito del Sid, si sia instaurato un doppio organismo che si muovesse parallelamente a quello ufficiale?». La risposta di Miceli fu la seguente: «lei in sostanza vuole sapere se esiste un organismo segretissimo nell’ambito del Sid? Io finora ho parlato delle dodici branche in cui si divide. Ognuna di esse ha come appendici altri organismi, altre organizzazioni operative, sempre con scopi istituzionali. C’è, ed è sempre esistita, una particolare organizzazione segretissima, che è a conoscenza anche delle massime autorità dello Stato. Vista dall’esterno, da un profano, questa organizzazione può essere interpretata in senso non corretto, potrebbe apparire come qualcosa di estraneo alla linea ufficiale. Si tratta di un organismo inserito nell’ambito del Sid, comunque svincolato dalla catena di ufficiali appartenenti al servizio “I”, che assolve compiti pienamente istituzionali, anche se si tratta di attività ben lontana dalla ricerca informativa. Se mi chiedete dettagli particolareggiati, dico: non posso rispondere. Chiedeteli alle massime autorità dello Stato, in modo che possa esservi un chiarimento definitivo». <110
Come si evince, la dichiarazione, contiene molte autorevoli conferme, di quanto aveva a suo tempo ipotizzato il giudice Tamburino. Sollecitato poi dal giudice Abbate, Miceli precisò ancora meglio i rapporti tra mondo politico e servizio «super segreto». Alla domanda se il Ministro della Difesa fosse in grado di rendersi conto della reale struttura dell’organizzazione segretissima o veniva informato solo genericamente, il generale rispose in maniera inequivocabile: «per quanto riguarda l’organismo segretissimo, posso dire per scienza diretta, che il Ministro Tanassi ne era perfettamente a conoscenza. Lo stesso vale per gli altri due Ministri che si sono succeduti alla Difesa, mentre io ero a capo del Sid. Con Tanassi in particolare, ne parlai diffusamente». <111
Un organismo legale, che però opera nella più assoluta clandestinità: totalmente al di fuori dunque, dal controllo non solo parlamentare ma anche dall’esecutivo. Miceli, rifugiandosi dietro il segreto politico, non spiegò in cosa consistessero i compiti dell’«organismo segretissimo», e quali ne fossero i componenti; ma a quel punto aveva fatto un’ammissione di capitale importanza: il «Super Sid» non aveva «compiti di ricerca informativa», cioè aveva compiti non coincidenti con quelli dell’istituto.
Il Sid «parallelo» dunque, esiste, anche se non figura in nessun atto ufficiale. Coloro che per motivi professionali, sono al corrente dei compiti dell’organismo, lasciano intendere che le sue mansioni sarebbero di natura operativa, volte cioè ad intervenire direttamente nella realtà della nazione, per arginare eventuali moti insurrezionali. In questa prospettiva, verrebbero approntati elenchi di persone sicuramente fedeli alle istituzioni e sulle quali, lo Stato, potrebbe fare pieno affidamento e da utilizzare in caso di emergenza. Gli elenchi comprenderebbero persone che esercitano le più svariate attività con prevalenza per quelle, come medici o infermieri, che in un caso del genere diventano assolutamente indispensabili. La grande maggioranza di esse, non sarebbero nemmeno poste al corrente di essere in questi elenchi, e continuerebbero ad ignorarlo per tutta la vita, tranne in caso di convocazione. I piani di emergenza sarebbero completi fin nei minimi particolari, compresi persino speciali distintivi che verrebbero consegnati alle persone prescelte, in caso di necessità. <112 Viene così confermata l’esistenza di programmi di intervento che nessun governo ha varato, nessun parlamento ha esaminato, e che scavalcano gli stessi organismi preposti, cioè prefetti, questori e comandi militari territoriali.
[NOTE]
104 NATO: North Atlantic Treaty Organization. L’Organizzazione del Trattato Atlantico del Nord.
105 G. DE LUTIIS, Storia dei servizi segreti in Italia, Riuniti, 1993, ivi, p. 128.
106 G. DE LUTIIS, Storia dei servizi segreti in Italia, Riuniti, 1993, p. 128. Ibidem.
107 G. DE LUTIIS, Storia dei servizi segreti in Italia, Riuniti, 1993, ivi, p. 129.
108 G. DE LUTIIS, Storia dei servizi segreti in Italia, Riuniti, 1993, p. 129. Ibidem.
109 G. DE LUTIIS, Storia dei servizi segreti in Italia, Riuniti, 1993, ivi, p. 130.
110 G. DE LUTIIS, Storia dei servizi segreti in Italia, Riuniti 2013, ivi, p. 131.
111 G. DE LUTIIS, Storia dei servizi segreti in Italia, Riuniti, 2013, ivi, p.132.
112 G. DE LUTIIS, Storia dei servizi segreti in Italia, Riuniti, 1993, ivi, p. 133.
Alexander Di Ianni, La strategia della tensione e la teoria del doppio stato, Tesi di laurea, Università Luiss "Guido Carli", Anno Accademico 2016-2017
 
Ufficio Affari Riservati, già dal nome, come nebbia in un cimitero, un’aura di mistero si avvolge attorno all’acronimo UAR, struttura che eredita la sua forma dall’Ovra e dal suo tentacolo, la PolPol - solo formalmente disciolte nel 1943 - restaurate ad hoc per la Repubblica costituzionale, da Romita a Scelba. La continuità di questo organismo con l’Ovra fascista consistette non già solamente in analogie funzionali, bensì anche in termini di personale come ad esempio Guido Leto, Gesualdo Barletta, ma anche Federico Umberto D’Amato, giovane ufficiale di polizia appena ventenne, in contatto con gli Oss americani di Angleton sin dall’infanzia, abilissimo e precoce agente in grado, a partire dagli anni prossimi alla fine della Guerra, di portare agli arresti centinaia di spie dell’Abwher, guadagnandosi “più medaglie e stelline di quante ne potesse vantare Ferruccio Parri, che all’epoca aveva settant’anni”.
Dalle ceneri dell’Ovra, la fenice Uar, accompagnerà sotto diversi acronimi, sino al suo ufficiale discioglimento nel’74, la Repubblica Italiana come un angelo oscuro che tutto vede e tutto sente. Uar e D’Amato divengono negli anni una cosa sola. Nei verbali e nei documenti, “Uar” significa “Federico Umberto D’Amato”, la spia intoccabile, temuta a tal punto da non essere mai, salvo alcuni casi isolati, attaccata da giornali o televisioni per il timore di eventuali rivelazioni scomode. Dopo il “confino” che Tambroni impone a D’Amato, con la fine di tale governo, Federico rientra in gioco sotto la protezione di Taviani, quando l’Uar aveva già assunto in seguito ai suoi precedenti vertici, le competenze tecnologiche triestine, disponendo di un organo di polizia parallela in grado di filtrare indagini e infiltrare partiti politici, giornali, circoli missini, ordinovali, comunisti, socialisti, anarchici, grazie ad attività economiche simulate e basi d’appoggio per gli agenti sotto falsa identità grazie ad una rete di possedimenti patrimoniali nel cuore della Capitale e in tutto il Paese.
Gianmarco Serino, La spia intoccabile, Dissipatio, 21 marzo 2021