Pietra d'inciampo in memoria di Olga Blumenthal, posata il 22 gennaio 2018 nel cortile dell'Università Ca' Foscari di Venezia. Fonte: Wikipedia |
Tornò [Olga Blumenthal] a Venezia solo il 4 dicembre 1943, quando si sentiva probabilmente al sicuro o sollecitata dalle forze dell’ordine che la tenevano sotto controllo.
Un’ordinanza della Questura ai Commissariati di P.S. ordinava che gli ebrei, diffidati dall’allontanarsi dalla loro residenza, fossero obbligati a presentarsi ogni giorno all’Ufficio di Pubblica Sicurezza o al Comando dei Carabinieri.
La rete intorno a Olga e a chi come lei aveva scelto di rimanere si stava stringendo senza lasciare alcun margine di scampo. “Gli ebrei più influenti et più pericolosi dovranno essere piantonate (sic.) nelle loro abitazioni.” <369
Olga Blumenthal era controllata dalla Polizia. Già nota per la sua insistente richiesta di riavere il proprio apparecchio radio, forse non era a conoscenza che la sua attività, come quella di altri professionisti ebrei, era seguita con attenzione dalla Questura e dalla Prefettura di Venezia. Già prima dell’8 settembre Olga faceva parte di un ristretto numero di persone, soprattutto medici, ai quali si stava tentando di vietare ulteriormente ogni tipo di lavoro. La Questura aveva avuto una segnalazione “sulle insegnanti ebree” ancora attive a Venezia e aveva chiesto notizie al Provveditore agli studi per “conoscere se anche alle insegnanti private ebree sia inibito l’esercizio professionale.” Per i medici e altri professionisti la cancellazione dall’albo inibiva l’esercizio della professione, ma per quando riguarda le lezioni private, individuali e sporadiche, il controllo risultava più difficile. Tanto da meritare una menzione particolare:
"Per quanto gli ebrei siano stati esclusi dall’insegnamento, privatamente si hanno ancora persone di questa razza che insegnano ad ariani. Vi è infatti la prof. Calimani Geltrude e la Prof. Blummental Secretal (sic.) che imperturbate insegnano la lingua tedesca a prezzi di concorrenza a persone ariane". <370
Infatti due mesi dopo, il Questore scriveva nuovamente al Prefetto per il caso delle due professoresse di tedesco, evidenziando un vuoto normativo che impediva alle autorità di intervenire:
"A seguito di precedente comunicazione in merito all’esposto presentato all’Ecc. Il Primo Presidente della Corte di Appello […] sulle attività professionale abusiva di elementi ebrei, comunico che per quanto riguarda l’esercizio dell’insegnamento privato da parte degli ebrei vige la circolare del 27-2-928 n. 22 del Ministero dell’Educazione Nazionale, con la quale si sottopone l’esercizio delle lezioni private a vigilanza e controllo della pubblica autorità, solo allorquando le lezioni private diventino qualcosa di pubblico e consuetudinario, organizzate con un corso regolare continuativo di istruzione, come in una specie di istituto, ciò non avviene nel caso delle segnalate professoresse Calimani Geltrude e prof.ssa Blumenthal Secretant, delle quali peraltro, la Calimani non impartisce lezioni ad elementi ariani, ma solamente ad ebrei". <371
Poiché mancavano appunto gli strumenti giuridici per intervenire nei confronti delle professoresse, la Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti, scrisse al prefetto: “Se la posizione professionale delle insegnanti Galimani e Blumenthal Secretant è come nella vostra lettera definita, nulla in merito ha da aggiungere questa Unione. VINCERE!” <372
Possiamo immaginare come Olga abbia vissuto il suo ultimo periodo veneziano, dal ritorno in città da Maniago, il 4 dicembre del ’43 al 29 ottobre 1944, giorno della sua cattura. Undici mesi di terrore in cui si saranno alternati momenti di flebile speranza di venir risparmiata perché anziana, ad una impotente rassegnazione di fronte ad eventi che si susseguivano senza logica apparente.
La politica fascista nei confronti degli ebrei perseguitati era nuovamente cambiata. Due condizioni avevano reso possibile l’aggravarsi della politica antiebraica: la Repubblica Sociale e il nuovo patto con l’esercito tedesco che aveva di fatto assunto il controllo del nord. Nella caccia all’ebreo la polizia procedeva in accordo con il comando tedesco.
“Prendere accordi con autorità locali germaniche alle quali vanno spiegate le disposizioni impartite per ordine del Duce. Conseguentemente fate affluire campo concentramento tutti gli ebrei anche se discriminati et comunicate accordi raggiunti alt.” <373
La cattura dei “ventuno ultrasettantenni prelevati il 17 agosto del 1944 dalla Casa di ricovero di Venezia insieme al rabbino capo della comunità, Adolfo Ottolenghi, che aveva voluto condividere la loro sorte” <374, tolse ad Olga ogni speranza di salvezza.
Non è dato sapere chi Olga frequentasse nel periodo immediatamente vicino al suo arresto, a parte la sua domestica e i custodi di Palazzo di Robilant, adiacente alla sua abitazione, che vedremo saranno i depositari dei suoi ultimi averi. <375 Dalla corrispondenza tra la Querini Stampalia e il Presidente della Comunità israelitica risulta che Olga avesse mantenuto i rapporti con la Comunità e, in particolare, “Mi consta che la signora Secrétant era legata da vincoli di amicizia con la famiglia del dott. Bombardella, abitante in Campo Santo Stefano, e con la quale ebbe rapporti fino a poche ora prima dell’arresto”. <376
Alcuni mesi dopo toccò a lei. Fu catturata su iniziativa della polizia tedesca. Dalla fredda comunicazione tra le autorità italiane, irrispettosa anche del genere, è evidente il livello di indifferenza e di spersonalizzazione raggiunto nei confronti di una anziana donna ebrea:
“Per doverosa notizia informo che l’ebreo ultrasettantenne Blumenthal Olga, nato a Venezia il 26/4/1873, abitante a S. Marco 3347, il giorno 29 ottobre u.s. venne tratto in arresto dalla Polizia Germanica. Tanto è stato riferito dalla di lei domestica.” <377
Nei giorni immediatamente successivi all’arresto, nella casa e per gli averi di Olga si attuò il macabro rituale previsto dalla procedura di sequestro dei beni ebraici da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria. Tre persone: un funzionario di pubblica sicurezza e due brigadieri lavorarono due giorni, il 10 e 11 Novembre per compilare l’inventario dei mobili e degli oggetti esistenti nell’appartamento di Olga. Un elenco lungo sei fitte pagine dattiloscritte dove tutto era stato elencato apparentemente senza ordine, categorie, valore. Banalmente gli oggetti erano divisi secondo le stanze dove si trovavano. Questo ci permette di leggerli come elementi che contrassegnavano gli ambienti dove Olga viveva ed assegnare loro la dignità degli oggetti e dei ricordi che racchiudevano la storia personale di Olga e della sua famiglia.
La stanza più importante della casa, quella dell’accoglienza degli ospiti, che viene denominata “salotto e libreria”, è arredato da un divano e quattro poltroncine, di cui una damascata a fiori; ancora fiori sui vivaci tappeti colorati che definiscono le zone della grande stanza, caratterizzata dai quattro grandi armadi con le ante a vetro pieni di libri e da ben nove librerie a muro, zeppe di libri in varie lingue. La stanza fungeva anche da studio di Olga perché in un angolo c’era un grande tavolo scrittoio con cassetti laterali e accanto un tavolino con una macchina da scrivere. Le pareti erano coperte di quadri di varie dimensioni e da una specchiera rettangolare. Con altri più piccoli oggetti d’arredo: tavoli con soprammobili, lampade, candelieri, Olga aveva completato l’arredamento della stanza di rappresentanza della sua casa. Un’ultima libreria a vetri, anch’essa piena di libri, separava dalla sala da pranzo. Secondo il consueto arredamento delle case borghesi del secolo scorso, un grande buffet in stile antico insieme al suo contro-buffet caratterizzavano la sala da pranzo; al centro della stanza c’era un grande tavolo ovale con sei grandi sedie coperte di pelle scura. Completava l’inventario della stanza un elenco minuzioso di tutte le stoviglie, piatti e bicchieri, numerate e descritte una per una, nel consueto indifferente disordine; ma questo elenco rappresenta anche con l’accumularsi di eredità familiari e di ricordi la storia di una famiglia. Tuttavia si tratta pur sempre della casa di un’intellettuale e anche qui, in sala da pranzo, c’è ancora lo spazio per un tavolo scrittoio a cassetti, con poltroncine rivestite di stoffa rossa e una poltroncina con alto schienale, accanto ad un’altra libreria a quattro scomparti. Ai muri le testimonianze più care: cinque quadri ovali con ritratti di famiglia e due con ritratti femminili. E ancora nove diversi telai a incorniciare fotografie di famiglia: alle pareti della casa di Olga era rappresentata tutta la vicenda familiare. Nella sua camera, come in tutte le altre stanze, pendeva al muro un grande orologio; tre angoliere incorniciavano il suo perimetro che deve essere stato piuttosto grande poiché conteneva diversi armadi, porta abiti, poltroncine e il letto di Olga. In un’altra camera aveva raccolto i libri e gli oggetti a cui teneva di più, conservati in due armadi libreria in legno sigillati con ceralacca e in una cristalliera che conteneva ancora libri, insieme ad oggetti in cristallo, anche questa sigillata con ceralacca; ai muri, anche qui, numerosi quadri con fotografie della famiglia e un quadro a olio del capofamiglia. Nei due cassoni contenenti “uno, tutta corrispondenza e documenti e nell’altro oggetti vari, bicchieri e vasi di vetro” sigillati con ceralacca, c’era in realtà l’archivio di Olga che sarà poi disperso a causa dei successivi eventi. <378 Questi contenitori che Olga aveva fatto per tempo sigillare dimostrano forse quanto fosse consapevole della precarietà della sua esistenza e, contemporaneamente, danno indicazioni di dove si trovassero la sua corrispondenza e le carte di casa, le testimonianze più utili per ricostruire la sua vita e quella della sua famiglia.
Olga sembra essersi spogliata di tutto al momento dell’arresto. Raccolse i suoi gioielli: anelli, collane e spilloni ma anche gli orologi di famiglia e forse quello a lei più caro, un medaglione in onice con ritratti e li consegnò affinché se ne prendesse cura a Luigi Rigo, persona con la quale lei era sicuramente in confidenza. Rigo e la moglie erano i custodi di Palazzo di Robilant, parte del complesso dei palazzi Mocenigo, quello prospicente la corte interna della casa di Olga. Subito dopo l’arresto, Vittoria Roman, la cameriera di Olga raccolse in fretta i suoi effetti di vestiario, prima che i tedeschi tornassero per mettere i sigilli all’appartamento, e tenne presso di sé il baule per riconsegnarlo ad Olga, quando fosse tornata. <379
Un’ordinanza della Questura ai Commissariati di P.S. ordinava che gli ebrei, diffidati dall’allontanarsi dalla loro residenza, fossero obbligati a presentarsi ogni giorno all’Ufficio di Pubblica Sicurezza o al Comando dei Carabinieri.
La rete intorno a Olga e a chi come lei aveva scelto di rimanere si stava stringendo senza lasciare alcun margine di scampo. “Gli ebrei più influenti et più pericolosi dovranno essere piantonate (sic.) nelle loro abitazioni.” <369
Olga Blumenthal era controllata dalla Polizia. Già nota per la sua insistente richiesta di riavere il proprio apparecchio radio, forse non era a conoscenza che la sua attività, come quella di altri professionisti ebrei, era seguita con attenzione dalla Questura e dalla Prefettura di Venezia. Già prima dell’8 settembre Olga faceva parte di un ristretto numero di persone, soprattutto medici, ai quali si stava tentando di vietare ulteriormente ogni tipo di lavoro. La Questura aveva avuto una segnalazione “sulle insegnanti ebree” ancora attive a Venezia e aveva chiesto notizie al Provveditore agli studi per “conoscere se anche alle insegnanti private ebree sia inibito l’esercizio professionale.” Per i medici e altri professionisti la cancellazione dall’albo inibiva l’esercizio della professione, ma per quando riguarda le lezioni private, individuali e sporadiche, il controllo risultava più difficile. Tanto da meritare una menzione particolare:
"Per quanto gli ebrei siano stati esclusi dall’insegnamento, privatamente si hanno ancora persone di questa razza che insegnano ad ariani. Vi è infatti la prof. Calimani Geltrude e la Prof. Blummental Secretal (sic.) che imperturbate insegnano la lingua tedesca a prezzi di concorrenza a persone ariane". <370
Infatti due mesi dopo, il Questore scriveva nuovamente al Prefetto per il caso delle due professoresse di tedesco, evidenziando un vuoto normativo che impediva alle autorità di intervenire:
"A seguito di precedente comunicazione in merito all’esposto presentato all’Ecc. Il Primo Presidente della Corte di Appello […] sulle attività professionale abusiva di elementi ebrei, comunico che per quanto riguarda l’esercizio dell’insegnamento privato da parte degli ebrei vige la circolare del 27-2-928 n. 22 del Ministero dell’Educazione Nazionale, con la quale si sottopone l’esercizio delle lezioni private a vigilanza e controllo della pubblica autorità, solo allorquando le lezioni private diventino qualcosa di pubblico e consuetudinario, organizzate con un corso regolare continuativo di istruzione, come in una specie di istituto, ciò non avviene nel caso delle segnalate professoresse Calimani Geltrude e prof.ssa Blumenthal Secretant, delle quali peraltro, la Calimani non impartisce lezioni ad elementi ariani, ma solamente ad ebrei". <371
Poiché mancavano appunto gli strumenti giuridici per intervenire nei confronti delle professoresse, la Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti, scrisse al prefetto: “Se la posizione professionale delle insegnanti Galimani e Blumenthal Secretant è come nella vostra lettera definita, nulla in merito ha da aggiungere questa Unione. VINCERE!” <372
Possiamo immaginare come Olga abbia vissuto il suo ultimo periodo veneziano, dal ritorno in città da Maniago, il 4 dicembre del ’43 al 29 ottobre 1944, giorno della sua cattura. Undici mesi di terrore in cui si saranno alternati momenti di flebile speranza di venir risparmiata perché anziana, ad una impotente rassegnazione di fronte ad eventi che si susseguivano senza logica apparente.
La politica fascista nei confronti degli ebrei perseguitati era nuovamente cambiata. Due condizioni avevano reso possibile l’aggravarsi della politica antiebraica: la Repubblica Sociale e il nuovo patto con l’esercito tedesco che aveva di fatto assunto il controllo del nord. Nella caccia all’ebreo la polizia procedeva in accordo con il comando tedesco.
“Prendere accordi con autorità locali germaniche alle quali vanno spiegate le disposizioni impartite per ordine del Duce. Conseguentemente fate affluire campo concentramento tutti gli ebrei anche se discriminati et comunicate accordi raggiunti alt.” <373
La cattura dei “ventuno ultrasettantenni prelevati il 17 agosto del 1944 dalla Casa di ricovero di Venezia insieme al rabbino capo della comunità, Adolfo Ottolenghi, che aveva voluto condividere la loro sorte” <374, tolse ad Olga ogni speranza di salvezza.
Non è dato sapere chi Olga frequentasse nel periodo immediatamente vicino al suo arresto, a parte la sua domestica e i custodi di Palazzo di Robilant, adiacente alla sua abitazione, che vedremo saranno i depositari dei suoi ultimi averi. <375 Dalla corrispondenza tra la Querini Stampalia e il Presidente della Comunità israelitica risulta che Olga avesse mantenuto i rapporti con la Comunità e, in particolare, “Mi consta che la signora Secrétant era legata da vincoli di amicizia con la famiglia del dott. Bombardella, abitante in Campo Santo Stefano, e con la quale ebbe rapporti fino a poche ora prima dell’arresto”. <376
Alcuni mesi dopo toccò a lei. Fu catturata su iniziativa della polizia tedesca. Dalla fredda comunicazione tra le autorità italiane, irrispettosa anche del genere, è evidente il livello di indifferenza e di spersonalizzazione raggiunto nei confronti di una anziana donna ebrea:
“Per doverosa notizia informo che l’ebreo ultrasettantenne Blumenthal Olga, nato a Venezia il 26/4/1873, abitante a S. Marco 3347, il giorno 29 ottobre u.s. venne tratto in arresto dalla Polizia Germanica. Tanto è stato riferito dalla di lei domestica.” <377
Nei giorni immediatamente successivi all’arresto, nella casa e per gli averi di Olga si attuò il macabro rituale previsto dalla procedura di sequestro dei beni ebraici da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria. Tre persone: un funzionario di pubblica sicurezza e due brigadieri lavorarono due giorni, il 10 e 11 Novembre per compilare l’inventario dei mobili e degli oggetti esistenti nell’appartamento di Olga. Un elenco lungo sei fitte pagine dattiloscritte dove tutto era stato elencato apparentemente senza ordine, categorie, valore. Banalmente gli oggetti erano divisi secondo le stanze dove si trovavano. Questo ci permette di leggerli come elementi che contrassegnavano gli ambienti dove Olga viveva ed assegnare loro la dignità degli oggetti e dei ricordi che racchiudevano la storia personale di Olga e della sua famiglia.
La stanza più importante della casa, quella dell’accoglienza degli ospiti, che viene denominata “salotto e libreria”, è arredato da un divano e quattro poltroncine, di cui una damascata a fiori; ancora fiori sui vivaci tappeti colorati che definiscono le zone della grande stanza, caratterizzata dai quattro grandi armadi con le ante a vetro pieni di libri e da ben nove librerie a muro, zeppe di libri in varie lingue. La stanza fungeva anche da studio di Olga perché in un angolo c’era un grande tavolo scrittoio con cassetti laterali e accanto un tavolino con una macchina da scrivere. Le pareti erano coperte di quadri di varie dimensioni e da una specchiera rettangolare. Con altri più piccoli oggetti d’arredo: tavoli con soprammobili, lampade, candelieri, Olga aveva completato l’arredamento della stanza di rappresentanza della sua casa. Un’ultima libreria a vetri, anch’essa piena di libri, separava dalla sala da pranzo. Secondo il consueto arredamento delle case borghesi del secolo scorso, un grande buffet in stile antico insieme al suo contro-buffet caratterizzavano la sala da pranzo; al centro della stanza c’era un grande tavolo ovale con sei grandi sedie coperte di pelle scura. Completava l’inventario della stanza un elenco minuzioso di tutte le stoviglie, piatti e bicchieri, numerate e descritte una per una, nel consueto indifferente disordine; ma questo elenco rappresenta anche con l’accumularsi di eredità familiari e di ricordi la storia di una famiglia. Tuttavia si tratta pur sempre della casa di un’intellettuale e anche qui, in sala da pranzo, c’è ancora lo spazio per un tavolo scrittoio a cassetti, con poltroncine rivestite di stoffa rossa e una poltroncina con alto schienale, accanto ad un’altra libreria a quattro scomparti. Ai muri le testimonianze più care: cinque quadri ovali con ritratti di famiglia e due con ritratti femminili. E ancora nove diversi telai a incorniciare fotografie di famiglia: alle pareti della casa di Olga era rappresentata tutta la vicenda familiare. Nella sua camera, come in tutte le altre stanze, pendeva al muro un grande orologio; tre angoliere incorniciavano il suo perimetro che deve essere stato piuttosto grande poiché conteneva diversi armadi, porta abiti, poltroncine e il letto di Olga. In un’altra camera aveva raccolto i libri e gli oggetti a cui teneva di più, conservati in due armadi libreria in legno sigillati con ceralacca e in una cristalliera che conteneva ancora libri, insieme ad oggetti in cristallo, anche questa sigillata con ceralacca; ai muri, anche qui, numerosi quadri con fotografie della famiglia e un quadro a olio del capofamiglia. Nei due cassoni contenenti “uno, tutta corrispondenza e documenti e nell’altro oggetti vari, bicchieri e vasi di vetro” sigillati con ceralacca, c’era in realtà l’archivio di Olga che sarà poi disperso a causa dei successivi eventi. <378 Questi contenitori che Olga aveva fatto per tempo sigillare dimostrano forse quanto fosse consapevole della precarietà della sua esistenza e, contemporaneamente, danno indicazioni di dove si trovassero la sua corrispondenza e le carte di casa, le testimonianze più utili per ricostruire la sua vita e quella della sua famiglia.
Olga sembra essersi spogliata di tutto al momento dell’arresto. Raccolse i suoi gioielli: anelli, collane e spilloni ma anche gli orologi di famiglia e forse quello a lei più caro, un medaglione in onice con ritratti e li consegnò affinché se ne prendesse cura a Luigi Rigo, persona con la quale lei era sicuramente in confidenza. Rigo e la moglie erano i custodi di Palazzo di Robilant, parte del complesso dei palazzi Mocenigo, quello prospicente la corte interna della casa di Olga. Subito dopo l’arresto, Vittoria Roman, la cameriera di Olga raccolse in fretta i suoi effetti di vestiario, prima che i tedeschi tornassero per mettere i sigilli all’appartamento, e tenne presso di sé il baule per riconsegnarlo ad Olga, quando fosse tornata. <379
[NOTE]
369 ASVe, Gabinetto della Prefettura, b.7, f.4099, Ebrei. Invio in appositi campi di concentramento e sequestro beni. Circolare n. 023266, Venezia 1.12.1943.
370 ASVe, Fondo Gabinetto della Prefettura, b. 7, fascicolo 1500, Attività professionali ebrei. Lettera riservata alla persona Vaccari Marcello - Gli ebrei nel campo dell’insegnamento -, Prefetto di Venezia dal Questore, Venezia, 27 marzo 1942.
371 ASVe, Fondo Gabinetto della Prefettura, b. 7, fascicolo 1500, Attività professionali ebrei. Lettera al Prefetto di Venezia dal Questore, Venezia, 27 marzo 1942.
372 ASVe, Fondo Gabinetto della Prefettura, b. 7, fascicolo 1500, Lettera, Presidente dell’Unione Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti al Prefetto, Venezia 16 maggio 1942.
373ASVe, Gabinetto della Prefettura, b.7, f.4099, Ebrei. Invio in appositi campi di concentramento e sequestro beni. Telegramma del Capo Provincia Cagetti al Questore di Venezia 26.I. 1944.
374 R. Segre, Gli ebrei a Venezia, cit. p. 160.
375 Palazzo di Robilant è una parte del complesso dei Palazzi Mocenigo, compresi tra le calli Ca’ vecchie e Ca’ nuova, prospicenti il Canal Grande e limitrofi con la grande residenza dei Blumenthal. I de Robillant avevano acquistato parte del complesso alla fine dell’Ottocento. Nei documenti del Recupero beni ebraici del 1945, viene nominato Palazzo Robillant e non più Mocenigo.
376 ACEV, busta 442, lettera del presidente della Comunità Israelitica, Vittorio Fano, al prof. Manlio Dozzi, direttore della Biblioteca Querini Stampalia, 15 novembre 1945.
377 ASVe, Gabinetto della Questura, Ebrei, fascicoli personali, b. 3, f. 113, Olga Blumenthal, Fonogramma in copia il Commissario di P.S. alla Questura.
378 ASVe, Gabinetto della Questura, Ebrei, fascicoli personali, b. 3, f. 113, Olga Blumenthal, Inventario della mobilia e degli oggetti esistenti nell’appartamento già occupato dall’ebrea Blumenthal Olga vedova Secrétant, San Marco 3347.
379 Il 28 maggio 1945, appena pochi giorni dalla fine della guerra, l’Avv. Giuseppe Dalla Torre di S. Marco 3716, chiese conto all’Ufficio Recupero Beni Ebraici della Questura di Venezia dei mobili, degli effetti di vestiario e dei gioielli, “di ingente valore”, di proprietà di Olga Blumenthal, indicando nei coniugi Rigo, custodi dei Palazzo de Robillant, e in Valeria Roman, domestica di Olga, i depositari temporanei dei beni. L’avvocato pare voglia rappresentare Olga Blumenthal o eventuali eredi, “Poiché da varie fonti mi vien riferito che detta cameriera (Valeria Roman) va, con alquanta leggerezza, parlando di detti gioielli con persone diverse, in modo da render non troppo sicuro il deposito suddetto, tanto più che la sig. Blumenthal, di cui non si hanno più notizie, tarda a darne, io sottoscritto ritengo mio dovere civico render noto a codesto Ufficio quanto sopra perché provveda al più presto al sequestro sia dei mobili che degli oggetti di vestiario, sia dei gioielli della predetta Sig. Blumenthal, presso chiunque si trovino, nominando un legale sequestratario che eriga un regolare inventario e ne risponda verso la legittima proprietaria (od eventuali eredi). L’Ufficio Recupero Beni Ebraici, provvede con sollecitudine: il 6 giugno, la cameriera dichiara “Per circa sei anni sono stata al servizio in qualità di cameriera presso la sig. Blumenthal Olga ved. Secrétant, di razza ebraica, la quale all’atto del suo allontanamento da Venezia per le note persecuzioni razziali, lasciò ogni cosa (gioielli e altra roba trasportabile) ai sig. Rigo Giuseppe e signora, mentre alcuni oggetti di vestiario sono stati da me recuperati nello spazio di tempo che la sig, Blumenthal fu arrestata dai tedeschi e quello in cui i tedeschi sono venuti a apporre i sigilli all’appartamento. Detti capi di vestiario li tengo tuttora a disposizione della sig. Blumenthal. Il giorno seguente comparve per essere interrogato anche il sig, Luigi Rigo: “All’atto in cui la signora Blumenthal venne arrestata dai tedeschi, dalla stessa, prima che fosse arrestata, mi fu consegnato un pacchettino dentro il quale la medesima vi aveva custodito i suoi gioielli personali. Tali gioielli sono tuttora presso la mia abitazione […]. Il giorno 18 gli agenti di Pubblica Sicurezza si recarono nell’appartamento di Luigi Rigo per controllare il pacchetto dei gioielli, se ci fossero tutti secondo la lista che Olga aveva lasciato all’interno. Anche in questo caso, i gioielli furono lasciati in custodia del sig. Rigo, secondo le volontà di Olga Blumenthal. Lo stesso giorno, gli agenti controllarono anche il baule del vestiario provvedendo ad un inventario. Si tratta del tipico corredo di una donna anziana e vedova: tutti gli abiti, in seta, sono neri come pure i guanti e i boleri. L’elenco comprende fin i più intimi indumenti di vestiario. Come i gioielli, il baule fu affidato al sig. Rigo. Il carteggio tra l’avv. Dalla Torre e la Questura-Ufficio Recupero Beni Ebraici di maggio e giugno 1945, in ASVe, Gabinetto della Questura, Ebrei, fascicoli personali, b. 3, f. 113, Olga Blumenthal.
369 ASVe, Gabinetto della Prefettura, b.7, f.4099, Ebrei. Invio in appositi campi di concentramento e sequestro beni. Circolare n. 023266, Venezia 1.12.1943.
370 ASVe, Fondo Gabinetto della Prefettura, b. 7, fascicolo 1500, Attività professionali ebrei. Lettera riservata alla persona Vaccari Marcello - Gli ebrei nel campo dell’insegnamento -, Prefetto di Venezia dal Questore, Venezia, 27 marzo 1942.
371 ASVe, Fondo Gabinetto della Prefettura, b. 7, fascicolo 1500, Attività professionali ebrei. Lettera al Prefetto di Venezia dal Questore, Venezia, 27 marzo 1942.
372 ASVe, Fondo Gabinetto della Prefettura, b. 7, fascicolo 1500, Lettera, Presidente dell’Unione Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti al Prefetto, Venezia 16 maggio 1942.
373ASVe, Gabinetto della Prefettura, b.7, f.4099, Ebrei. Invio in appositi campi di concentramento e sequestro beni. Telegramma del Capo Provincia Cagetti al Questore di Venezia 26.I. 1944.
374 R. Segre, Gli ebrei a Venezia, cit. p. 160.
375 Palazzo di Robilant è una parte del complesso dei Palazzi Mocenigo, compresi tra le calli Ca’ vecchie e Ca’ nuova, prospicenti il Canal Grande e limitrofi con la grande residenza dei Blumenthal. I de Robillant avevano acquistato parte del complesso alla fine dell’Ottocento. Nei documenti del Recupero beni ebraici del 1945, viene nominato Palazzo Robillant e non più Mocenigo.
376 ACEV, busta 442, lettera del presidente della Comunità Israelitica, Vittorio Fano, al prof. Manlio Dozzi, direttore della Biblioteca Querini Stampalia, 15 novembre 1945.
377 ASVe, Gabinetto della Questura, Ebrei, fascicoli personali, b. 3, f. 113, Olga Blumenthal, Fonogramma in copia il Commissario di P.S. alla Questura.
378 ASVe, Gabinetto della Questura, Ebrei, fascicoli personali, b. 3, f. 113, Olga Blumenthal, Inventario della mobilia e degli oggetti esistenti nell’appartamento già occupato dall’ebrea Blumenthal Olga vedova Secrétant, San Marco 3347.
379 Il 28 maggio 1945, appena pochi giorni dalla fine della guerra, l’Avv. Giuseppe Dalla Torre di S. Marco 3716, chiese conto all’Ufficio Recupero Beni Ebraici della Questura di Venezia dei mobili, degli effetti di vestiario e dei gioielli, “di ingente valore”, di proprietà di Olga Blumenthal, indicando nei coniugi Rigo, custodi dei Palazzo de Robillant, e in Valeria Roman, domestica di Olga, i depositari temporanei dei beni. L’avvocato pare voglia rappresentare Olga Blumenthal o eventuali eredi, “Poiché da varie fonti mi vien riferito che detta cameriera (Valeria Roman) va, con alquanta leggerezza, parlando di detti gioielli con persone diverse, in modo da render non troppo sicuro il deposito suddetto, tanto più che la sig. Blumenthal, di cui non si hanno più notizie, tarda a darne, io sottoscritto ritengo mio dovere civico render noto a codesto Ufficio quanto sopra perché provveda al più presto al sequestro sia dei mobili che degli oggetti di vestiario, sia dei gioielli della predetta Sig. Blumenthal, presso chiunque si trovino, nominando un legale sequestratario che eriga un regolare inventario e ne risponda verso la legittima proprietaria (od eventuali eredi). L’Ufficio Recupero Beni Ebraici, provvede con sollecitudine: il 6 giugno, la cameriera dichiara “Per circa sei anni sono stata al servizio in qualità di cameriera presso la sig. Blumenthal Olga ved. Secrétant, di razza ebraica, la quale all’atto del suo allontanamento da Venezia per le note persecuzioni razziali, lasciò ogni cosa (gioielli e altra roba trasportabile) ai sig. Rigo Giuseppe e signora, mentre alcuni oggetti di vestiario sono stati da me recuperati nello spazio di tempo che la sig, Blumenthal fu arrestata dai tedeschi e quello in cui i tedeschi sono venuti a apporre i sigilli all’appartamento. Detti capi di vestiario li tengo tuttora a disposizione della sig. Blumenthal. Il giorno seguente comparve per essere interrogato anche il sig, Luigi Rigo: “All’atto in cui la signora Blumenthal venne arrestata dai tedeschi, dalla stessa, prima che fosse arrestata, mi fu consegnato un pacchettino dentro il quale la medesima vi aveva custodito i suoi gioielli personali. Tali gioielli sono tuttora presso la mia abitazione […]. Il giorno 18 gli agenti di Pubblica Sicurezza si recarono nell’appartamento di Luigi Rigo per controllare il pacchetto dei gioielli, se ci fossero tutti secondo la lista che Olga aveva lasciato all’interno. Anche in questo caso, i gioielli furono lasciati in custodia del sig. Rigo, secondo le volontà di Olga Blumenthal. Lo stesso giorno, gli agenti controllarono anche il baule del vestiario provvedendo ad un inventario. Si tratta del tipico corredo di una donna anziana e vedova: tutti gli abiti, in seta, sono neri come pure i guanti e i boleri. L’elenco comprende fin i più intimi indumenti di vestiario. Come i gioielli, il baule fu affidato al sig. Rigo. Il carteggio tra l’avv. Dalla Torre e la Questura-Ufficio Recupero Beni Ebraici di maggio e giugno 1945, in ASVe, Gabinetto della Questura, Ebrei, fascicoli personali, b. 3, f. 113, Olga Blumenthal.