domenica 7 gennaio 2024

In Italia, il secondo mandato Eisenhower non comportò modifiche sostanziali dal punto di vista delle politiche contro il comunismo


Il secondo mandato Eisenhower (1956-1960) corrispose ad un periodo della politica estera americana caratterizzato dall’esigenza di fronteggiare alcuni mutamenti di carattere internazionale emersi sul finire degli anni Cinquanta: dalla crescita del potenziale nucleare sovietico alla necessità di inaugurare una fase di coesistenza pacifica tra i blocchi, dallo sviluppo economico dei paesi terzi al miglioramento dei rapporti con gli alleati europei. In questo periodo Usa e Urss avviarono i primi tentativi di dialogo, testimoniati dal vertice sul disarmo di Ginevra del 1955 <588. Allo stesso tempo la competizione bipolare continuò a manifestarsi secondo formule e in scenari sempre nuovi e differenziati. L’esigenza di combattere il movimento comunista internazionale rendeva necessario trovare nuovi strumenti, non più improntati esclusivamente sul piano della competizione militare o della demonizzazione dell’avversario <589.
Grazie ai successi riportati dall’Urss in ambito tecnologico e militare, simboleggiati dal lancio dello Sputnik (1957) e dal primo test di un missile intercontinentale sovietico (Icbm), i russi acquisivano la tecnologia necessaria per raggiungere e colpire qualsiasi parte del territorio americano attraverso l’impiego di vettori. Le cause dell’incremento dell’arsenale nucleare sovietico erano attribuite principalmente al conservatorismo fiscale di Eisenhower e alla tendenza a ridurre le spese militari durante il suo primo mandato. Questa situazione, pur non intaccando la superiorità nucleare statunitense, relegava gli Stati Uniti in una condizione di vulnerabilità dal punto di vista missilistico <590. Per colmare il missile gap, gli Stati Uniti potenziarono l’arsenale nucleare statunitense ed europeo, e avviarono l’allestimento di testate nucleari Thor e Jupiter in Inghilterra, Italia e Turchia, allo scopo di rafforzare il senso di protezione degli alleati in un momento di forte crisi della credibilità statunitense <591. Il rafforzamento degli arsenali nucleari di entrambi i blocchi contribuì a consolidare una condizione di “equilibrio del terrore”. In altre parole, diventava altamente improbabile ricorrere alle armi atomiche, sempre più tecnologicamente avanzate, in quanto i loro effetti distruttivi le rendevano inutilizzabili: scatenando infatti un attacco nucleare contro il territorio sovietico, gli Stati Uniti avrebbero provocato la loro stessa distruzione <592. La minaccia dell’impiego di armi nucleari assunse una funzione puramente deterrente per la sproporzione tra i danni dell’atomica e i suoi effetti strategici <593. Se infatti era poco credibile che un qualsiasi presidente americano fosse disposto a sacrificare New York per salvare Parigi o Berlino, il rischio di un’escalation dovuta ad errori di calcolo o a fraintendimenti reciproci rimaneva inestinguibile e sarebbe stato sufficiente a trattenere Mosca dallo sfidare la deterrenza americana.
L’uso dell’arma atomica fu scongiurato per i suoi effetti devastanti anche in momenti di grandi crisi internazionali. Ciò avvenne, ad esempio, durante la seconda crisi di Berlino del novembre 1958, quando il governo sovietico inviò un ultimatum alle potenze occidentali per costringerle a ritirare entro sei mesi le loro truppe da Berlino Ovest. L’intera capitale tedesca avrebbe dovuto essere trasformata in città libera sotto il controllo delle Nazioni Unite. In caso contrario, il governo sovietico avrebbe trasferito alla Repubblica democratica tedescale funzioni amministrative e di controllo della zona sovietica di Berlino. Il netto rifiuto delle potenze occidentali, e il timore che il ricorso alle truppe del Patto di Varsavia sfociasse in uno scontro diretto tra i due blocchi spinsero i sovietici a ritirare l’ultimatum. Lo stesso scenario si ripresentò durante l’incidente dell’U2-14 americano, abbattuto da un missile sovietico nel maggio 1960. Il pilota, Gary Powers, riuscì a salvarsi ma fu catturato dai sovietici. In risposta all’incidente, Chruščëv ritirò l’invito a Eisenhower a visitare l’Urss, e chiese al presidente americano di presentare le scuse per l’incidente, punire i responsabili e dare garanzie per il futuro che i voli non si sarebbero ripetuti. Eisenhower si dichiarò disposto ad assicurare che durante la sua presidenza le ricognizioni aeree sarebbero state sospese, ma rifiutò di esaudire le altre richieste. Anche in questo caso, i toni estremamente minacciosi assunti dal confronto tra le potenze rischiarono di generare un conflitto, scongiurato anche grazie alla consapevolezza che il ricorso alle armi nucleari avrebbe portato le potenze alla distruzione reciproca.
Oltre che a manifestarsi sul fronte del rafforzamento nucleare, la competizione bipolare si spostò al di fuori dell’Europa, in aree geografiche di recente indipendenza ed economicamente sottosviluppate. La grande capacità attrattiva esercitata dal modello di sviluppo sovietico in queste zone rispondeva meglio della strategia americana alle esigenze poste dalle trasformazioni in atto. Per essere maggiormente in grado di rispondere alla sfida del comunismo internazionale e per preservare un equilibrio di potenza globale favorevole all’Occidente, Eisenhower si propose di adottare un approccio più liberal e progressista che in America Latina, dove si espresse meglio la tendenza degli Stati Uniti ad abbandonare la linea precedente, passò attraverso l’adozione di un piano di aiuti finalizzato a promuovere lo sviluppo e l’appoggio a leader di loro gradimento <594. Anche nei confronti dell’Europa, un continente ormai avviato sulla strada dello sviluppo e della stabilità economica, era necessario stabilire una strategia completamente nuova, caratterizzata tra l’altro dall’accettazione delle forze progressiste e socialiste in continua crescita che sembravano le uniche in grado di garantire il bisogno di riforme e di stabilità dei paesi europei, e si prefiguravano inevitabilmente come i futuri interlocutori politici degli Stati Uniti <595. Infine, per completare il quadro dei maggiori avvenimenti che caratterizzarono il secondo mandato Eisenhower, bisogna ricordare che a partire dal 1959 si verificò un progressivo riavvicinamento tra Stati Uniti e Urss, testimoniato dal viaggio del vicepresidente Nixon in Unione Sovietica, e da quello di Chruščëv negli Stati Uniti. Nonostante i contrasti tra i due - negli Stati Uniti Chruščëv pronunciò un celebre discorso in cui ammoniva gli ascoltatori con la frase “Your children will live under communism” - il dialogo tra i due politici fu un primo e importante segnale dell’apertura reciproca e del cambiamento dei tempi in atto <596.
In Italia, il secondo mandato Eisenhower non comportò modifiche sostanziali dal punto di vista delle politiche contro il comunismo. Ci fu, invece, un consolidamento della linea inaugurata nel 1956, fondata su metodi di influenza meno vistosi e diretti che nel passato. Se da un lato questa tendenza rende più difficile interpretare le interferenze statunitensi durante il secondo mandato Eisenhower, non vi sono dubbi in merito al fatto che i problemi legati alla lotta al comunismo e alla necessità di ricercare alleati di sicura fedeltà atlantica rimangano costanti e assumano un rilievo tutto peculiare in un periodo della storia italiana caratterizzato da un grande fermento politico e sociale <597. I problemi principali che Eisenhower e Zellerbach si trovarono ad affrontare in Italia erano di due ordini principali. Il primo di questi era legato all’organizzazione delle elezioni politiche previste per il 1958 e alla predisposizione delle attività necessarie per influenzarne i risultati. Il secondo era invece relativo alla necessità di ostacolare le nuove tendenze che, dopo la crisi di Suez, la politica estera italiana sembrava assumere principalmente attraverso la politica espansionistica incarnata dall’Eni. In merito alla questione delle elezioni del 1958, in questa fase per gli Stati Uniti era importante monitorare gli sviluppi del processo di unificazione tra Psi e Psdi, che avrebbe facilitato l’apertura a sinistra del governo italiano permettendo al Psi, dalle posizioni molto vicine a quelle dei comunisti, di entrare a far parte del governo598. Allo stesso modo, era importante fissare quanto prima la data delle elezioni, al fine di cogliere l’ondata di sdegno generale suscitato dalla rivoluzione ungherese del 1956 che, si credeva, alle urne avrebbe sottratto consensi al Pci. A questo proposito, gli Stati Uniti osservarono le vicende legate al XXXII Congresso nazionale del Psi, svoltosi a Venezia dal 6 al 10 febbraio 1957, che avrebbe dovuto porre le basi per l’unificazione socialista ma che si chiuse con un risultato giudicato insoddisfacente dalle componenti politiche che speravano in una rottura netta con il Pci <599. Se da un lato Nenni sottolineò le differenze ideologiche con il Pci e la condanna all’Urss per l’atteggiamento tenuto in occasione della rivoluzione ungherese, impegnandosi ad accettare senza riserve i principi democratici sanciti nella Costituzione, dall’altro si pronunciò in favore di una “fascia di paesi neutrali”, e parlò di accettazione del Patto atlantico a scopo meramente difensivo: un’interpretazione che lo svuotava di ogni significato in quanto proponeva contemporaneamente il ritiro delle truppe americane dai paesi del blocco occidentale, seppure accompagnato da un simultaneo ritiro delle truppe sovietiche dai paesi del Patto di Varsavia. Inoltre, contribuì a conferire una certa ambiguità ai risultati del Congresso anche l’attribuzione di posizioni chiave ad alcuni esponenti della sinistra del Psi, che riducevano il margine di manovra di Nenni nel dialogo con i partiti di centro <600. Le vicende legate al Congresso di Venezia vennero trattate da un Progress Report dell’Ocb nel quale gli Stati Uniti, pur constatando le difficoltà fronteggiate dal Pci dopo la duplice crisi del 1956, rinnovavano le loro preoccupazioni circa la possibilità di interpretare in maniera univoca i risultati del Congresso e di fare delle previsioni sul futuro della situazione politica italiana e sugli effetti che un’eventuale riunificazione socialista avrebbe prodotto. Nonostante le rassicurazioni di Nenni, il Psi manteneva forti legami con il Pci nell’ambito delle attività sindacali. La linea di neutralismo in ambito internazionale e l’attribuzione di organi direttivi ad esponenti della sinistra del Psi facevano dubitare della reale capacità di Nenni di esercitare un controllo diretto sul partito e di assicurare la realizzazione dei principi esposti nella mozione approvata dal Congresso <601. Nonostante le aspettative statunitensi, il boom economico in cui l’economia italiana era entrata rendeva più che mai necessario coinvolgere il Psi nell’esecutivo. Il partito di Nenni rappresentava infatti una parte dei lavoratori delle industrie, consapevoli di essere stati i principali artefici della crescita economica e industriale del paese, che pertanto chiedevano un riconoscimento in termini di coinvolgimento e di rappresentanza nella vita politica del paese. In merito agli strumenti di lotta al comunismo, il Report dell’Ocb confidava nella continuazione di vecchie politiche e si esprimeva in senso favorevole nei confronti delle attività intraprese dal governo italiano attraverso le normali procedure legali ed amministrative. Scongiurava invece l’adozione di misure dirette da parte degli Usa e di iniziative speciali del governo italiano, in quanto avrebbero potuto essere controproducenti e avvantaggiare la propaganda di sinistra. Negli stessi giorni in cui il rapporto veniva divulgato, il 28 febbraio, il Pri si ritirò dalla maggioranza. Qualche settimana più tardi, Saragat attaccò pubblicamente il ministero di cui faceva parte il suo partito, uscendo dalla maggioranza al fine di allentare la pressione interna per la riunificazione con il Psi. Reduce da queste perdite, nel maggio 1957 il ministero Segni, che si era andato spostando sempre più a destra, cadde sulla questione dei patti agrari. Gli succedette un monocolore a guida Zoli (16 maggio 1957-19 maggio 1958) che fu appoggiato dai voti determinanti del Msi e si limitò in sostanza a preparare le elezioni politiche.
[NOTE]
588 E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. pp. 841 e ss.
589 United States Senate, United States Foreign Policy, Hearings before the Committee on Foreign Relations, S. Res. 336, 85th Cong., and S. Res. 31, 86th Cong., Washington, U.S. Government. Printing Office, 1961, vol. II, pp. 1074-1075.
590 G. Mammarella, Storia degli Stati Uniti dal 1945 a oggi, cit. p. 142.
591 E. Ortona, Anni d’America, cit. pp. 261-62.
592 La cosiddetta mutua distruzione assicurata, o Mad (MutualAssuredDestruction).
593 Si tratta di quello che Gaddis ha chiamato il “dilemma della sproporzione”. J. L. Gaddis, The Long Peace. Inquiries into the History of the Cold War, Oxford, Oxford University Press, 1987, p. 146.
594 A. F. Lowenthal, United States Policy Toward Latin America: "Liberal," "Radical," and "Bureaucratic" Perspectives, in “Latin American Research Review”, 8, 3 (1973): pp. 3-25; J. R. Benjamin, The Framework of U.S. Relations with Latin America in the Twentieth Century: An Interpretive Essay, in “Diplomatic History”, 11, 2 (1987): pp. 91-112; M. Gilderhus, An Emerging Synthesis? U.S.-Latin American Relations since the Second World War, in “Diplomatic History”, 16, 3 (1992): pp. 429-452; L. Bethell (a cura di), Latin America. Economy and society since 1930, New York, Cambridge University Press, 1998; R. Nocera Raffaele, Stati Uniti e America latina dal 1945 a oggi, Roma, Carocci, 2005.
595 United States Senate, United States Foreign Policy, Hearings before the Committee on Foreign Relations, S. Res. 336, 85th Cong., and S. Res. 31, 86th Cong., Washington, U.S. Government. Printing Office, 1961, vol. II, pp. 1074-1075; 1401.
596 W. Safire, The Cold War’s Hot Kitchen, in “The New York Times”, 24 luglio 2009; Better to See Once, Time, August 3, 1959; J. L. Gaddis, La guerrafredda, cit. pp. 80-81.
597 L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit. p. 196; U. Gentiloni Silveri, L’Italia e la nuova frontiera. Stati Uniti e centro-sinistra 1958-1965, Bologna, Il Mulino, 1998, p. 33.
598 L. Wollemborg, Stelle, strisce e tricolore. Trent’anni di vicende politiche tra Roma e Washington, Milano, Mondadori, 1983, cit. p. 72.
599 A. Nardelli, Il XXXII Congresso del PSI e i presupposti dell'unificazione socialista (Venezia, 6-10 febbraio 1957), in “Aggiornamenti sociali”, 4/8 (aprile 1957): pp. 229-244.
600 Aa. Vv., Atti del XXXII Congresso nazionale del Psi, Edizioni Avanti!, 1957; M. Degli Innocenti, Storia del Psi, vol. III, Dal dopoguerra ad oggi, Roma-Bari, Laterza, 1993, p. 225.
601 Frus, 1955-57, vol. XXVII, Ocb, Progress Report on “United States Policy towars Italy”(NSC 5411/2), 13 febbraio, 1957, pp. 400-404, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1955-57v27/pg_400.
Letizia Marini, Resistenza antisovietica e guerra al comunismo in Italia. Il ruolo degli Stati Uniti. 1949-1974, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2020