Roberto Lopez, collaboratore di "Oggi" da New York nel 1947, lamentava che la libertà americana fosse concessa a tutti, indipendentemente dal colore della pelle, «purché non fosse nera», ma concludeva ricordando che l’aumento della criminalità da parte della comunità di colore non costituiva un contributo positivo alla completa emancipazione dei “negri” <1720. Pochi anni dopo, Gullace provò a ridimensionare ulteriormente le preoccupazioni per la vita dei neri d’America, raccontando delle loro nuove opportunità di arricchimento che ormai parevano non limitarsi alla boxe ed al jazz, ma andavano dal mercato dei cosmetici, alle banche orientate verso i clienti di colore, al business dei predicatori battisti.
"Ciò significa che nell’America di oggi a tutti è riconosciuto il diritto di arricchire e, indipendentemente dal colore della pelle, vengono ammirati e rispettati coloro che hanno saputo esercitare questo diritto". <1721
Dal canto suo Piovene, in un articolo del suo reportage dedicato al problema, mostrò che l’atteggiamento della cultura italiana verso i temi razziali non era affatto scevro di pregiudizi. Secondo lui «il negro», soprattutto se arricchito, «era poco democratico», e «per istinto la maggior parte della gente di colore era […] favorevole a una netta segregazione da cui finiva per ricavare una quantità di vantaggi»; tra essi, in particolare, era ricordato l’accesso ad università riservate a loro, dove i pochi neri che avevano un’intelligenza superiore alla media, a differenza della maggioranza che aveva un «cervello infantile, come dimostravano le prove scolastiche», potevano istruirsi e «fare casta» <1722.
Lo stesso autore si mostrava convinto che certi “vizi” particolarmente diffusi negli States fossero, in realtà, interpretabili come il rovescio della medaglia di quegli stessi tratti culturali che avevano permesso agli americani di conseguire i risultati per cui erano ammirati in tutto il mondo. La diffusione del gioco d’azzardo era da un lato preoccupante, soprattutto per il ruolo che nella sua organizzazione giocava la malavita organizzata, ma dall’altro era un’espressione di quello spirito avventuroso e amante del rischio che caratterizzava la cultura della frontiera <1723. Non era nascosto neppure il problema della dilagante criminalità: Mario Drusiani di "Oggi", in particolare, all’inizio degli anni Cinquanta si occupò con frequenza degli episodi di criminalità minorile <1724. Persino il fenomeno dei gangster, considerato per tutto il Novecento l’esempio più chiaro delle tare sociali americane per quanto riguardava la legalità e la sicurezza, era percepito come l’esplosione violenta di una vitalità fisica, di un’energia pulsante che pervadeva la vita sociale. In un tale contesto, Piovene poteva coniugare gli «aspetti mostruosi» di cui si aveva notizia in alcuni quartieri di Chicago, e l’«impressione complessiva di buon senso vitale, di equilibrio fisico, di tranquillità e chiarezza intellettuale» che la città forniva al visitatore fin dalla prima impressione <1725. Nel tentativo di chiarire i fattori socio-culturali che avevano portato al rigoglio della criminalità organizzata italo-americana, l’autore giungeva ad accenti di comprensione che raramente erano stati usati per i corrispettivi fenomeni avvenuti in Italia:
"Gli italiani […] erano allora oggetti d’obbrobrio razziale, dello sfruttamento industriale, della persecuzione dei rivali irlandesi. Colosimo [l’uomo alla cui scuola si formò Al Capone] fu tra quelli che seppero organizzarli, difenderli […]". <1726
L’ambito di discussione in cui era più chiara la tendenza ad affrontare le differenze degli USA dal modello culturale italiano senza nasconderle, ma moderando il giudizio, era quello delle abitudini sentimentali e sessuali. Nel 1948 furono pubblicate, negli Stati Uniti, le prime parti del celebre “Rapporto Kinsey”, indagine statistica sui comportamenti sessuali; il quadro che ne usciva, e che fu fatto conoscere dai rotocalchi italiani al loro pubblico tra il 1948 ed il 1950, era lontano dai modelli di comportamento accettati dai lettori per il loro contesto sociale; gli italiani, del resto, erano da tempo consci del fatto che romanzi e film d’oltreoceano rappresentassero atteggiamenti verso il sesso inaccettabili nelle “buone famiglie” italiane. La tendenza dei giornalisti che trattavano della vita americana era quella di sdrammatizzare l’indubbio contrasto tra le convinzioni diffuse in Italia e la pratica di vita statunitense.
Sempre Piovene, in uno dei suoi molti articoli del 1951, invitava a non giudicare il comportamento delle ragazze americane secondo canoni di comportamento che sarebbero stati validi in Italia; esse potevano pure «fare qualcosa» con un ragazzo (con cui magari in seguito si sarebbero sposate), ma una simile esperienza non era traumatica come avrebbe potuto essere per le adolescenti italiane, e non a caso avveniva spesso il venerdì sera, dopo che le ragazze erano ubriache e non erano pienamente consapevoli delle loro azioni <1727.
I segnali più chiari di questa tendenza si potevano trovare sulle pagine dei rotocalchi: su Epoca, la didascalia alla fotografia di due ragazzi che si baciavano era significativa:
"Non è un fidanzato, ma è più di un amico […]. Il successo mondano di una fanciulla americana si misura dal numero dei “boy-friends” e dei “dates”, o appuntamenti, che colleziona. Non è un indice di immoralità: solo un maggior cameratismo tra i due sessi". <1728
Il rifiuto della comprensibile (nell’Italia del 1951) accusa di “immoralità” rivelava l’invito ai lettori alla comprensione per un ruolo sociale così distante dalle loro abitudini, che doveva essere introdotto con una parafrasi, senza possibilità di traduzione diretta.
Erano soprattutto gli articoli di "Oggi" a mostrare esplicitamente una profonda differenza nei giudizi morali su quanto accadeva oltreoceano. Il settimanale si rivolgeva ad un pubblico eminentemente conservatore, e negli interventi relativi alla società italiana rispecchiava un’opinione contraria ad ogni forma di comprensione della sessualità “illecita” e ad ogni apertura sul divorzio. La rubrica delle lettere al direttore, curata personalmente da Edilio Rusconi, costituiva l’osservatorio privilegiato di tale rigidità di giudizi. Quando però si parlava degli Stati Uniti, comportamenti simili a quelli condannati senza appello in Italia erano interpretati come un elemento si curiosità esotica per una società lontana, la cui vivacità intellettuale comportava sbavature morali che in tale contesto erano tollerabili.
Con un approccio simile furono accolte le notizie delle indagini sociali sul comportamento sessuale, sebbene si trattasse di argomenti che i giornalisti erano imbarazzati persino a tradurre. Nel 1948, ad esempio, si seppe che negli USA il 62% delle donne non arrivava vergine al matrimonio, e la notizia fu presentata da Amerigo Ruggiero con il titolo “Le ragazze americane scivolano sempre di più”, in cui il verbo scivolare pur essendo chiaramente metaforico non era neppure messo tra virgolette; una simile tendenza, però, non era presentata come sintomo di decadenza morale, ma come normale effetto di dinamiche socio-economiche che stavano conducendo ad una sostanziale indipendenza economica delle donne, e quindi ad una loro maggiore intraprendenza <1729. Un intervento di Maugeri del 1950 tornava su questi argomenti piuttosto scabrosi, riprendendo alcuni dettagli delle rilevazioni statistiche e mostrando ancora più chiaramente la difficoltà a tradurre in maniera esplicita temi che la società riteneva assolutamente estranei: la diffusione di inclinazioni omosessuali tra le donne americane era presentata come diffusione di «amicizie particolari», mentre la pratica del petting, assai comune tra i ragazzi prima del matrimonio, era tradotta in italiano con un eufemistico quanto incomprensibile «civetteria» <1730.
Era però già importante il fatto che si tentasse, per quanto goffamente, di illustrare senza aperti toni di condanna aspetti della vita statunitense che non sarebbe stato neppure lecito nominare se riferiti all’Italia: era il caso pure degli articoli di costume che cercavano di spiegare al pubblico la pratica tipicamente statunitense del dating, che vedeva coinvolti ragazzi e ragazze di dodici-tredici anni, una età in cui da noi sarebbe stato impensabile ogni rapporto con l’altro sesso, specialmente per le fanciulle. Gli appuntamenti erano descritti in termini leggeri, come «curiosi miscugli d’amicizia, amore, sesso», che «non avevano né la gravità di un convegno d’amore, né l’innocenza di un incontro tra bambini»: il ragazzo doveva cercare di ottenere il più possibile al fine di potersene vantare con gli amici, mentre la ragazza doveva imparare a dosare sapientemente le proprie concessioni, per non apparire né troppo severa, né eccessivamente “facile”. Pure in questo caso, il giudizio morale che per un caso italiano sarebbe stato assai allarmato era messo tra parentesi; gli appuntamenti erano innanzi tutto presentati come un utile esercizio attraverso cui tutti potevano imparare il proprio ruolo sociale, in una comunità in cui i bambini passavano troppo tempo con la madre e tendevano ad una femminilizzazione dei loro comportamenti <1731.
[NOTE]
1720 “Libertà della pelle, purché non sia nera”, Oggi, III, 31, 3/VIII/1947, p. 10.
1721 G. Gullace, “La fede e le creme di bellezza procurano milioni ai negri d’America”, Oggi, VIII, 49, 4/XII/1952, p. 9.
1722 G. Piovene, “Sono buoni col negro se ammette la sua inferiorità”, Corriere della Sera, 29/V/1951, p. 3.
1723 Id., “Nell’incredibile Texas i miliardi sono nell’aria”, Corriere della Sera, 12/VI/1951, p. 3.
1724 L’argomento fu ripreso anche sulle pagine di Epoca (III, 69, 2/II/1952, pp. 42-47), con M. Monicelli, “Kids con il mitra. Il parco è jungla”.
1725 Id., “Nell’iperbolica Chicago ‘città di terrore e di luce’”, Corriere della Sera, 10/IV/1951, p. 3.
1726 Id., “Ma chi sono i ‘gangsters’?”, Corriere della Sera, 15/IV/1951, p. 3.
1727 Id., “Alcool e amore le sere del venerdì”, Corriere della Sera, 20/XII/1950, p. 3.
1728 Epoca, II, 30, 5/V/1951, p. 28.
1729 Oggi, IV, 9, 29/II/1948, p. 15. Un intervento di argomento affine apparve, due anni dopo, su Selezione dal Reader’s Digest (III, 16, Gennaio 1950, pp. 24-26), con il titolo “Critica all’uomo americano”. L’autrice, R. Barth, era una delle capofila della cultura femminista statunitense, e criticava i suoi connazionali maschi proprio per l’eccessiva arrendevolezza nei confronti delle loro donne.
1730 G. Maugeri, “In America entro il 1960 superflui i fiori d’arancio”, Oggi, VI, 12, 23/III/1950, p. 6.
1731 G. Gullace, “Cominciano a dieci anni a dare appuntamenti alle ragazze”, Oggi, VII, 45, 8/XI/1951, pp. 8-9.
Andrea Mariuzzo, Comunismo e anticomunismo in Italia (1945-1953). Strategie comunicative e conflitto politico, Tesi di Perfezionamento, Scuola Normale Superiore - Pisa, 2006