domenica 24 marzo 2024

Il nemico rosso viene additato come responsabile dalla destra ancor prima che le indagini abbiano inizio


«Vorrei dirle… che gh’è, che la xè una… una machina che ga due
buchi, eh… sul parabressa, no? fra la strada… da Poggio Terza Armata a
Savogna… la xè una cinquecento da Poggio Terza Armata per venire giù
a Savogna… una cinquecento bianca e la ga due busi, due, due busi,
sembra de palotola…» <235
Sono le 22 e 35 della sera del 31 maggio 1972 quando giunge presso il pronto intervento dei carabinieri di Gorizia una chiamata, in forma anonima, che segnala la presenza, nei dintorni della località di Peteano di Sagrado, di una vettura, una Fiat 500 bianca, con due fori di proiettile sul parabrezza.
Tre pattuglie dei carabinieri accorrono sul posto, immaginando di dover ispezionare ciò che resta di un ipotetico conflitto a fuoco. Una volta individuato e identificato il veicolo in questione i carabinieri procedono con l’apertura del cofano anteriore, facendo però scattare il meccanismo a strappo di un ordigno collocato al posto della ruota di scorta. <236
L’esplosione dell’ordigno provoca la morte del brigadiere Antonio Ferraro, e dei due carabinieri Donato Poveromo e Franco Dongiovanni, tutti e tre situati vicino al portabagagli della vettura, ed il ferimento, per gravi ustioni, del tenente Tagliari e, per le schegge seguenti all’esplosione, del brigadiere Zazzaro. <237
Ad accorrere sul luogo dell’esplosione sono il comandante della legione di Udine Dino Mingarelli, il comandante del gruppo di Udine Vinicio Ferrari, il comandante del nucleo investigativo del gruppo di Udine Antonino Chirico, il prefetto di Gorizia Vincenzo Molinari ed il questore di Gorizia Domenico De Focatiis. <238
La vicenda investigativa e processuale che prende avvio dalle ore immediatamente successive alla strage risulta essere tra le più complesse e singolari all’interno del quadro stragista italiano, per una serie di ragioni:
- la strage ha come obiettivo quello di non coinvolgere civili, ma esclusivamente forze dello Stato;
- la strage, come si vedrà approfonditamente più avanti, seppur commessa da uomini appartenenti a gruppi eversivi dell’estrema destra, non rientra nel disegno della strategia della tensione, bensì è in rottura con essa, avendo come obiettivo quello di spezzare i legami tra neofascisti ed istituzioni dello Stato;
- gli autori della strage usufruiscono, talvolta anche inconsapevolmente, dei meccanismi difensivi di copertura relativi alla strategia della tensione, nonostante la loro azione non segua tale disegno eversivo;
- la condanna, in via definitiva, per uomini dello Stato, autori di depistaggio nel corso della prima fase processuale;
- la singolare figura di Vincenzo Vinciguerra, autore e reo-confesso della strage, unico caso per quanto riguarda lo stragismo nero del quinquennio 1969-1974, il quale, attraverso le proprie spontanee dichiarazioni in qualità di soldato politico, e non come pentito, dissociato o collaboratore di giustizia, risulta essere fondamentale per comprensione di alcuni meccanismi di funzionamento della strategia della tensione;
- il rinvio a giudizio del segretario del Movimento Sociale Italiano Giorgio Almirante con l’accusa di favoreggiamento aggravato nei confronti di Carlo Cicuttini, l’autore della telefonata anonima. Il leader missino, tuttavia, non siederà al banco degli imputati durante lo svolgimento del processo in quanto beneficiario di amnistia.
[...] Quello di Peteano è un attentato che desta forte scalpore all’interno del Paese, ma che sparisce dalle prime pagine dei principali organi di informazione in tempi assai rapidi. Ai funerali delle vittime, il 3 giugno, sono presenti il ministro dell’interno Rumor ed il capo della polizia Vicari. Per la destra italiana non ci sono dubbi, quello di Peteano è l’ennesimo vile atto del terrorismo rosso.
Su “Il Secolo d’Italia” sulla prima pagina del 2 giugno 1972 si titola: «Tre carabinieri uccisi in un’imboscata dei comunisti. Vergogna.» <239 Sono passate poco più di 24 ore dall’accaduto, ma nella sede del quotidiano missino già sono a conoscenza che «la canaglia rossa ha colpito ancora e con viltà, la fredda determinazione, il cinismo di sempre […] che testimonia il crescente attacco comunista alle istituzioni dello Stato e ai tutori dell’ordine. È un attentato nel quale una sola matrice è possibile individuare, quella comunista, perché solo i comunisti possono scagliarsi con ferocia belluina contro lo Stato e chi lo rappresenta e difende». <240 Il nemico rosso viene additato come responsabile dalla destra ancor prima che le indagini abbiano inizio. Il MSI esprime sin da subito la propria vicinanza alle forze dell’ordine, garanti della sicurezza e dell’ordine pubblico. Ne è testimonianza il telegramma inviato da Almirante al generale Corrado Sangiorgio:
«Nuovo segno di terrorismo contro l’autorità dello Stato et suoi difensori ravviva nelle menti et cuori il senso di una scelta di libertà insita nell’ordine civile et istituzioni che ne confortano la continuità.
Sacrificio Carabinieri di Gorizia commuove gli Italiani che costituiscono la falange del Movimento Sociale Italiano: sangue versato per la collettività nazionale est porpora non eguagliabile che conferisce perennità alla memoria dei Caduti nell’adempimento del dovere. Con sincero pensiero.» <241
“L’Unità”, invece, sin dalle prime battute segue una linea più prudente, sottolineando come gli inquirenti stiano seguendo tutte le ipotesi possibili. Gli accenni e gli interrogativi intorno alla possibile responsabilità neofascista però non mancano:
«Siamo di fronte a un nuovo, drammatico episodio della “trama nera”, di quella strategia della tensione e della provocazione con cui si tende ad avvelenare il clima politico italiano?» <242
Anche all’interno del comunicato delle segreterie e regionali del PCI, si può leggere:
«I comunisti sottolineano ancora l’esigenza della vigilanza di tutte le forze antifasciste, democratiche e popolari volta a stroncare ogni tentativo eversivo della forza reazionaria di destra». <243
Per l’avvio delle indagini, già dal giorno successivo alla strage, giungono a Gorizia Giovanbattista Palumbo, comandante della divisione CC Pastrengo di Milano, e Salvatore Pennisi, comandante della brigata di Padova.
La Corte d’Assise di Venezia, in occasione della sentenza del 25 luglio 1987, tiene a sottolineare che «la strage di Peteano per la gravità dell’evento, per le modalità d’attuazione, per la qualità delle vittime, richiamate sul luogo dove era stata parcheggiata la Fiat 500 da una telefonata, che unicamente indica come la strage fosse mirata a provocare la morte di appartenenti all’Arma dei carabinieri, è delitto che avrebbe dovuto evocare nell’immediatezza una matrice eversiva o comunque di delinquenza organizzata». <244 E ancora come «Non dovrebbe mai succedere che quella formula [indagare in tutte le direzioni] venga usata per legittimare indagini che già nella fase di avvio si rivolgano verso direzioni diverse da quelle indicate e che per ciò solo tolgano priorità e mordente a queste ultime e che vi si insista anche quando abbiano dimostrato a distanza di tempo tutta la loro sterilità. Non dovrebbe mai succedere: ma è successo proprio per la strage di Peteano, che vede dopo la sua consumazione condotte degli inquirenti assolutamente singolari, e che, se le si potesse ritenere da buona fede, dovrebbero essere additate, nei manuali di polizia giudiziaria, come di assoluta inefficienza». <245
[NOTE]
235 Dalla Sentenza-Ordinanza di rinvio a giudizio del giudice istruttore Felice Casson del 04-08-1986, p. 34.
236 Ibidem, p. 35.
237 Luca Pastore, La strage di Peteano nelle cronache del “Corriere della Sera, del “Secolo d’Italia e dell’”Unità”, in Mirco Dondi (a cura di), I neri e i rossi. Terrorismo, violenza e informazione negli anni Settanta, Nardò, Controluce, 2008, p. 205.
238 Dalla sentenza della Corte di Assise di Venezia per la strage di Peteano del 25 luglio 1987, p. 324.
239 “Il Secolo d’Italia”, 2 giugno 1972.
240 Ibidem.
241 Ibidem.
242 Mario Passi, La trappola che ha ucciso i carabinieri, in “L’Unità”, 2 giugno 1972.
243 Identificare gli esecutori e gli eventuali mandanti, in “L’Unità”, 2 giugno 1972.
244 Dalla sentenza della Corte di Assise di Venezia per la strage di Peteano del 25 luglio 1987, p. 325.
245 Ibidem, p. 328.
Mirko Cerrito, La strage di Peteano e l’amnistia di Almirante. Storia e analisi del rapporto tra destra missina e destra eversiva, Tesi di Laurea, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Anno accademico 2019-2020