Il MSI, quale partito originatosi dalla costola della RSI, appare “chiaramente debitrice del fascismo repubblicano” <64, nella piena impossibilità di ripristinare il regime fascista del ventennio, dal quale si distacca anche nella denominazione, appellandosi come “movimento”. Tuttavia, nella sua configurazione, il MSI assurge a partito di massa, al pari di quello fascista, che si accresce utilizzando vari strumenti di propaganda (quale la stampa), raccogliendo un numero elevato di iscritti <65.
Esso desidera, quindi, oltrepassare la stretta e angusta nicchia della clandestinità, per raggiungere un ampio consenso popolare, tramutandosi, da “fenomeno di conventicole” in una “forza politica in grado di parlare a molti, se non a tutti” <66.
Il partito prendeva le mosse dalla consapevolezza che il Paese stesse attraversando una fase di crisi, al pari di ogni altro Stato immerso in uno scenario post-bellico, e necessitasse, quindi, di nuovi riferimenti politici che accompagnassero la ricostruzione, recuperando e valorizzando in una diversa luce gli ideali fascisti.
A questo proposito, giova ricordare le parole di Giorgio Almirante, il quale sosteneva: “Che vi sia, in genere una crisi di costume, una crisi morale e civile, prima ancora che politica, di tutto il mondo moderno, è ormai generale ammissione, è angoscia largamente sentita. Noi concepiamo il fascismo come possibilità di superare la crisi del mondo moderno, e nella organizzazione dello Stato, e nei rapporti sociali e nelle relazioni fra le Nazioni, e specificatamente nei compiti che la civiltà assegna all’ Europa e all’Italia” <67.
Il MSI si trovava immerso in un clima politico fondato sull’antifascismo; dunque, esso non avrebbe potuto avviare una politica strettamente aderente a quella del regime, bensì valorizzare quegli ideali a mezzo di un asserito rinnovamento, tale da attirare “consenso e di stabilire criteri di legittimità, e di discriminazione”, rispetto agli altri soggetti partitici, “riconosciuti” e ben identificabili dall’elettorato <68. La nuova manifestazione del fascismo si sarebbe così inserita nei ranghi della “destra”, determinando quella che, secondo alcuni, ha costituito un’“invasione” nell’area della legalità di un gruppo politico erede di un passato “illegale”, almeno alla luce dei crimini commessi dal regime <69.
Gli scopi perseguiti dal partito sono chiaramente enunciati nel relativo programma, composto da una serie di punti sintetici, ai quali era premesso un “Appello agli italiani”, di carattere esortativo, diretto all’ottenimento del consenso di tutti i nostalgici e dei lavoratori che avessero, tra i loro ideali, anche quello di difesa dalla patria, per riportare Roma “all’antica dignità calpestata dall’occupazione straniera e dal servilismo e dall’abiezione morale [...] dalla faziosità imperante, generatrice di scandali e di ruberie” <70.
Una sintesi di questo programma è delineata nell’articolo 2, in cui viene precisata anche la natura del MSI. Si tratta, invero, di “un movimento politico che ha lo scopo di difendere gli interessi e la dignità del popolo italiano, promuovendo tutte quelle iniziative intese ad affermare, difendere e realizzare con la collaborazione di tutti gli italiani”.
Il programma si fondava su alcuni concetti-cardine del neofascismo: la subordinazione della politica estera all’unione nazionale; il superamento della frammentazione territoriale e l’accentramento dei poteri; i limiti posti alle libertà individuali, come quella di espressione, anche a mezzo stampa, e di associazione, le quali non potevano svolgersi in modo contrario al buon costume <71.
Questo programma manifestava le caratteristiche di un partito, almeno apparentemente “ispirat[o] ad una concezione etica della vita, che ha lo scopo di difendere la dignità e gli interessi del popolo italiano e di attuare l’idea sociale nella ininterrotta continuità storica” <72.
Si tratta di un orientamento che venne propugnato durante i vari Congressi del partito, luogo privilegiato per l’elaborazione delle azioni da intraprendere e delle posizioni da assumere rispetto alle varie questioni di rilievo politico <73.
Emblematico appare il fatto che, nel corso del primo Congresso del MSI, svoltosi a Napoli nei giorni 27, 28 e 29 giugno 1948, il partito emanò alcune determinazioni, in forma di relazione, circa gli interventi proposti dal Governo. Esso si schierò contro l’istituzione di enti con competenza territoriale (nella specie, le Regioni), che avrebbe dovuto, secondo i missini, essere sottoposta al vaglio referendario (relazione sulla Politica interna e costituzionale). A latere, si collocava la relazione sulla Politica Estera, con la quale il MSI si opponeva ai Trattati di Parigi, ritenendo la sottoscrizione di tali accordi poco degna per la protezione dell’interesse del Paese, pur sconfitto dalla guerra.
Si trattava di rendere coerente quanto espresso nel programma del partito, il quale desiderava dare vita a un vero e proprio “movimento di consensi per la revisione degli accordi internazionali esistenti” <74 che superasse la logica dei “vinti” e dei “vincitori”.
Infine, con l’approvazione da parte del Comitato centrale della relazione in materia di Politica sociale ed economica venne esposta la posizione del MSI contraria al liberismo e favorevole al corporativismo, nonché alla nazionalizzazione delle imprese e, dunque, all’intervento dello Stato nell’economia <75.
Sotto l’aspetto della composizione e della membership, il MSI raccoglieva tanto le istanze dei militanti che costituivano la corrente rivoluzionaria della destra - avendo combattuto per una riaffermazione degli ideali fascisti, all’indomani dell’avvento della Repubblica - quanto quelle dei moderati, che desideravano conferire veste legale alle attività clandestine organizzate sotto l’egida del neofascismo fino a quel momento.
Si trattava, in altri termini, di trovare un’adeguata sede per evitare che “decine di migliaia di giovani fascisti clandestini o semiclandestini” scegliessero di continuare ad agire “sul piano della lotta armata” <76.
Nella storia del MSI, la fazione “anticapitalista e antiatlantic[a]” <77 trovò sempre un equilibrio nella presenza dell’ala moderata, emblematicamente espressa dal Segretariato, in origine occupato da Almirante, e - in veste di vicesegretari - da Giorgio Roberti e Arturo Michelini.
Proprio questo elemento consentì al MSI di inserirsi nel tessuto democratico e nella logica parlamentare, che - invece - il fascismo rivoluzionario negava e rifiutava.
I rischi, tuttavia, dell’uscita dalla clandestinità e della fondazione di un’organizzazione che avesse una fisionomia partitica, erano ben evidenti agli stessi neofascisti, preoccupati per come sarebbe stata interpretata la loro scelta a favore della strada della legittimità.
Giorgio Almirante, in occasione del Congresso del MSI del 1956 <78, ricordava che lo scopo del MSI era quello di “fare una politica di rilancio sociale”, in qualità di “fascisti della Repubblica Sociale Italiana”, reduci da quella esperienza. Il timore era, invece, quello di ingenerare “l’equivoco” di “essere fascisti in democrazia”, qualifica che appare di “spaventevole difficoltà per [la] democrazia, per [l’] Italia del dopoguerra”; dunque, il fine doveva essere quello di un inserimento “come MSI cioè come partito operante in questa democrazia” e in piena legalità <79. Tale bilanciamento risultava, però, difficile da realizzare, soprattutto a causa del permanere di gruppi di giovani neofascisti, soprattutto studenti, che sostenevano la componente “militare” del partito, attivandosi concretamente anche con manifestazioni di violenza, condannate (formalmente) dal MSI, ma di fatto avallate per poter consentire la stessa sopravvivenza del partito, che altrimenti avrebbe ceduto di fronte ai tentativi di rafforzamento politico della sinistra.
Queste azioni vennero, nel tempo, canalizzate e indirizzate attraverso la creazione di soggetti organizzati, nella forma di associazioni studentesche. Si pensi, per esempio, al Fronte Universitario di Azione Nazionale (FUAN) - poi divenuto, alla fine degli anni Settanta, FUAN Destra Universitaria - che raccoglieva studenti universitari animati dalla volontà di rinsaldare i valori fascisti oltre ciò che proponeva il MSI, distaccandosi da esso <80. Fondato a Roma, nel 1950, il Fronte trovò la tolleranza del MSI, anche se a più riprese ebbe contrasti accesi con quest’ultimo.
D’altra parte, la decisione di intraprendere un percorso legale di riconoscimento e legittimazione politica da parte del MSI era incompatibile tanto con il supporto ad azioni di carattere eminentemente eversivo, quanto con un atteggiamento di impedimento a iniziative giovanili di autonoma organizzazione, che trovavano proprio del MSI la propria forza propulsiva.
È anche innegabile, però, che la mancanza di coesione interna e le difficoltà per addivenire a una linea politica unitaria avrebbero potuto causare una scissione insuperabile, tale da compromettere la stessa sopravvivenza del partito <81, ragione per cui il MSI si schierava solo a parole contro le dimostrazioni dei rivoluzionari, non assumendo, in pratica, alcun provvedimento per impedirne la realizzazione.
Allo stesso modo, esso criticava le posizioni dei giovani neofascisti fuoriusciti dal partito per ingrossare le fila delle associazioni studentesche, senza - tuttavia - pervenire a una formale condanna di questo tipo di atteggiamento.
La ratio che sottendeva a questa strategia risiedeva nella consapevolezza di non poter godere di un vasto e diffuso consenso politico, ragione per cui la conservazione, anche a fronte di un latente compromesso, costituiva l’unica arma di difesa contro i possibili attacchi alla unità del partito.
[NOTE]
64 P. IGNAZI, Il polo escluso, cit., p. 22.
65 Così osserva P. IGNAZI, La cultura politica del Movimento Sociale Italiano, in “Rivista Italiana di Scienza Politica”, vol. 19, n. 3, 1989, pp. 431-465, confrontando il MSI con altri partiti espressione della destra italiana del dopoguerra.
66 G. PARLATO, op. cit., p. 250.
67 G. ALMIRANTE, F. PALAMENGHI CRISPI, Il Movimento Sociale Italiano, Nuova Accademia, Roma, 1958, p. 19.
68 G. SORGONÀ, Cantagallo o Predappio? Il Movimento sociale italiano in Emilia Romagna tra esclusione e tolleranza (1970-1983), in M. Carrattieri, C. De Maria (a cura di), La crisi dei partiti in Emilia Romagna negli anni ’70/’80. E-review dossier, n. 1, 2013, p. 86.
69 G. PARLATO, La cultura internazionale della destra tra isolamento e atlantismo (1946-1954), in G. Petracchi (a cura di), Uomini e nazioni. Cultura e politica estera nell’Italia del Novecento, Gaspari editore, Udine, 2005, p. 134.
70 Ivi, p. 32.
71 La tutela del pudore e di ogni altro profilo rientrante nella nozione extra-giuridica di “buon costume” aveva costituito uno dei principali interessi pubblici protetti dal legislatore fascista, il quale proponeva, soprattutto nella normativa penale, un archetipo “astratto e paternalistico” con l’obiettivo di sostenere altre finalità (si pensi solo alla politica demografica), attraverso una imposizione di un “valore deontologico”, in parte rimasto ingabbiato anche nel vigente quadro giuridico, G. FIANDACA, Il codice Rocco e la continuità istituzionale in materia penale. Dibattito su “Il codice Rocco cinquant’anni dopo”, “La questione criminale”, vol. I, 1981, p. 77.
72 M. GIOVANA, op. cit., p. 48.
73 Proprio durante il primo Congresso del partito, tenutosi a Napoli, fu redatto quello che costituì lo schema del programma del MSI, in sette punti così articolati: “I) Non rinnegare e non restaurare [...] Negare il passato significa svilire il presente e rinunciare all’ avvenire... II) Lanciare tra le generazioni che il dramma della guerra civile ha diviso il ponte della concordia nazionale e della solidarietà sociale [...] III) Esigere che la Nazione sia ricondotta al suo rango di dignità ed onore [...] IV) Lottare ad oltranza [...] soprattutto contro gli abusi e le iniquità di una legislazione anticostituzionale e di una Costituzione antinazionale [...] V) Riconoscere in modo nettissimo che il nostro problema interno è oggi essenzialmente un problema sociale il quale si pone in termini incisivi e indilazionabili: o attuare un sistema che dia al lavoro il rango di protagonista della vita nazionale o cedere al dilagare della reazione bolscevica. Per avviare il problema a soluzione occorre restituire ai lavoratori l’orgoglio del lavoro come manifestazione fondamentale della propria umanità, risolvere in una nuova sintesi il drammatico squilibrio che il prevalere della macchina sul l’uomo ha determinato. In tal senso noi non esitiamo a richiamarci all’idea corporativa concepita come armonia finale degli elementi naturali: individuo e nazione [...] tale idea si ispira la dottrina dello stato Nazionale del Lavoro che è sociale e non socialista, nazionale e non nazionalista. VI) Attuare questa idea nella socializzazione della impresa attraverso la compartecipazione del lavoro manuale e direttivo, agli utili delle aziende, e la corresponsabilità dei lavoratori alla gestione di essa [...] VII) Dare al sindacato [...] personalità e poteri di diritto pubblico e il compito di stipulare i contratti collettivi di lavoro aventi efficacia di leggi”, “Il Secolo d’Italia”, 23 gennaio 1973.
74 G. ALMIRANTE, F. PALAMENGHI CRISPI, op. cit., p. 58. Cfr. sul punto anche R. CHIARINI, «Sacro egoismo» e «missione civilizzatrice». La politica estera del Msi dalla fondazione alla metà degli anni Cinquanta, “Storia contemporanea”, vol. XXI, n. 3, 1990, p. 457 ss.
75 Secondo il programma del partito, suddetto intervento costituiva un “dovere” dello Stato, che richiedeva di essere adempiuto “vastamente e pesantemente” (G. ALMIRANTE, F. PALAMENGHI CRISPI, op. cit., p. 21).
76 P. G. MURGIA, Il Vento del Nord. Episodi e cronache dopo la Resistenza, Edizioni Sugar, Milano, 1975, p. 150.
77 P. BUCHIGNANI, Ribelli d'Italia, Marsilio, Venezia, 2017.
78 Intervento pubblicato in “Il Secolo d’Italia”, 15 novembre 1956.
79 Ibidem.
80 Il Fronte è legato ai nomi di Silvio Vitali, il quale assunse la carica di Presidente, nonché di Franco Petronio, Tomaso Staiti di Cuddia, Benito Paolone, e Giuseppe Tricoli, tutti aderenti al MSI.
81 Tale era la preoccupazione di Romualdi, il quale riteneva che un partito non potesse presentare scissioni interne, ma dovesse riunirsi in una unica corrente, espungendo coloro che non aderivano in pieno alla linea di azione intrapresa.
Andrea Martino, Nascita del MSI nel periodo dal 1946 al 1960 con riferimento al rapporto tra società italiana e neofascismo, Tesi di Laurea, Università Luiss "Guido Carli", Anno accademico 2019-2020
Esso desidera, quindi, oltrepassare la stretta e angusta nicchia della clandestinità, per raggiungere un ampio consenso popolare, tramutandosi, da “fenomeno di conventicole” in una “forza politica in grado di parlare a molti, se non a tutti” <66.
Il partito prendeva le mosse dalla consapevolezza che il Paese stesse attraversando una fase di crisi, al pari di ogni altro Stato immerso in uno scenario post-bellico, e necessitasse, quindi, di nuovi riferimenti politici che accompagnassero la ricostruzione, recuperando e valorizzando in una diversa luce gli ideali fascisti.
A questo proposito, giova ricordare le parole di Giorgio Almirante, il quale sosteneva: “Che vi sia, in genere una crisi di costume, una crisi morale e civile, prima ancora che politica, di tutto il mondo moderno, è ormai generale ammissione, è angoscia largamente sentita. Noi concepiamo il fascismo come possibilità di superare la crisi del mondo moderno, e nella organizzazione dello Stato, e nei rapporti sociali e nelle relazioni fra le Nazioni, e specificatamente nei compiti che la civiltà assegna all’ Europa e all’Italia” <67.
Il MSI si trovava immerso in un clima politico fondato sull’antifascismo; dunque, esso non avrebbe potuto avviare una politica strettamente aderente a quella del regime, bensì valorizzare quegli ideali a mezzo di un asserito rinnovamento, tale da attirare “consenso e di stabilire criteri di legittimità, e di discriminazione”, rispetto agli altri soggetti partitici, “riconosciuti” e ben identificabili dall’elettorato <68. La nuova manifestazione del fascismo si sarebbe così inserita nei ranghi della “destra”, determinando quella che, secondo alcuni, ha costituito un’“invasione” nell’area della legalità di un gruppo politico erede di un passato “illegale”, almeno alla luce dei crimini commessi dal regime <69.
Gli scopi perseguiti dal partito sono chiaramente enunciati nel relativo programma, composto da una serie di punti sintetici, ai quali era premesso un “Appello agli italiani”, di carattere esortativo, diretto all’ottenimento del consenso di tutti i nostalgici e dei lavoratori che avessero, tra i loro ideali, anche quello di difesa dalla patria, per riportare Roma “all’antica dignità calpestata dall’occupazione straniera e dal servilismo e dall’abiezione morale [...] dalla faziosità imperante, generatrice di scandali e di ruberie” <70.
Una sintesi di questo programma è delineata nell’articolo 2, in cui viene precisata anche la natura del MSI. Si tratta, invero, di “un movimento politico che ha lo scopo di difendere gli interessi e la dignità del popolo italiano, promuovendo tutte quelle iniziative intese ad affermare, difendere e realizzare con la collaborazione di tutti gli italiani”.
Il programma si fondava su alcuni concetti-cardine del neofascismo: la subordinazione della politica estera all’unione nazionale; il superamento della frammentazione territoriale e l’accentramento dei poteri; i limiti posti alle libertà individuali, come quella di espressione, anche a mezzo stampa, e di associazione, le quali non potevano svolgersi in modo contrario al buon costume <71.
Questo programma manifestava le caratteristiche di un partito, almeno apparentemente “ispirat[o] ad una concezione etica della vita, che ha lo scopo di difendere la dignità e gli interessi del popolo italiano e di attuare l’idea sociale nella ininterrotta continuità storica” <72.
Si tratta di un orientamento che venne propugnato durante i vari Congressi del partito, luogo privilegiato per l’elaborazione delle azioni da intraprendere e delle posizioni da assumere rispetto alle varie questioni di rilievo politico <73.
Emblematico appare il fatto che, nel corso del primo Congresso del MSI, svoltosi a Napoli nei giorni 27, 28 e 29 giugno 1948, il partito emanò alcune determinazioni, in forma di relazione, circa gli interventi proposti dal Governo. Esso si schierò contro l’istituzione di enti con competenza territoriale (nella specie, le Regioni), che avrebbe dovuto, secondo i missini, essere sottoposta al vaglio referendario (relazione sulla Politica interna e costituzionale). A latere, si collocava la relazione sulla Politica Estera, con la quale il MSI si opponeva ai Trattati di Parigi, ritenendo la sottoscrizione di tali accordi poco degna per la protezione dell’interesse del Paese, pur sconfitto dalla guerra.
Si trattava di rendere coerente quanto espresso nel programma del partito, il quale desiderava dare vita a un vero e proprio “movimento di consensi per la revisione degli accordi internazionali esistenti” <74 che superasse la logica dei “vinti” e dei “vincitori”.
Infine, con l’approvazione da parte del Comitato centrale della relazione in materia di Politica sociale ed economica venne esposta la posizione del MSI contraria al liberismo e favorevole al corporativismo, nonché alla nazionalizzazione delle imprese e, dunque, all’intervento dello Stato nell’economia <75.
Sotto l’aspetto della composizione e della membership, il MSI raccoglieva tanto le istanze dei militanti che costituivano la corrente rivoluzionaria della destra - avendo combattuto per una riaffermazione degli ideali fascisti, all’indomani dell’avvento della Repubblica - quanto quelle dei moderati, che desideravano conferire veste legale alle attività clandestine organizzate sotto l’egida del neofascismo fino a quel momento.
Si trattava, in altri termini, di trovare un’adeguata sede per evitare che “decine di migliaia di giovani fascisti clandestini o semiclandestini” scegliessero di continuare ad agire “sul piano della lotta armata” <76.
Nella storia del MSI, la fazione “anticapitalista e antiatlantic[a]” <77 trovò sempre un equilibrio nella presenza dell’ala moderata, emblematicamente espressa dal Segretariato, in origine occupato da Almirante, e - in veste di vicesegretari - da Giorgio Roberti e Arturo Michelini.
Proprio questo elemento consentì al MSI di inserirsi nel tessuto democratico e nella logica parlamentare, che - invece - il fascismo rivoluzionario negava e rifiutava.
I rischi, tuttavia, dell’uscita dalla clandestinità e della fondazione di un’organizzazione che avesse una fisionomia partitica, erano ben evidenti agli stessi neofascisti, preoccupati per come sarebbe stata interpretata la loro scelta a favore della strada della legittimità.
Giorgio Almirante, in occasione del Congresso del MSI del 1956 <78, ricordava che lo scopo del MSI era quello di “fare una politica di rilancio sociale”, in qualità di “fascisti della Repubblica Sociale Italiana”, reduci da quella esperienza. Il timore era, invece, quello di ingenerare “l’equivoco” di “essere fascisti in democrazia”, qualifica che appare di “spaventevole difficoltà per [la] democrazia, per [l’] Italia del dopoguerra”; dunque, il fine doveva essere quello di un inserimento “come MSI cioè come partito operante in questa democrazia” e in piena legalità <79. Tale bilanciamento risultava, però, difficile da realizzare, soprattutto a causa del permanere di gruppi di giovani neofascisti, soprattutto studenti, che sostenevano la componente “militare” del partito, attivandosi concretamente anche con manifestazioni di violenza, condannate (formalmente) dal MSI, ma di fatto avallate per poter consentire la stessa sopravvivenza del partito, che altrimenti avrebbe ceduto di fronte ai tentativi di rafforzamento politico della sinistra.
Queste azioni vennero, nel tempo, canalizzate e indirizzate attraverso la creazione di soggetti organizzati, nella forma di associazioni studentesche. Si pensi, per esempio, al Fronte Universitario di Azione Nazionale (FUAN) - poi divenuto, alla fine degli anni Settanta, FUAN Destra Universitaria - che raccoglieva studenti universitari animati dalla volontà di rinsaldare i valori fascisti oltre ciò che proponeva il MSI, distaccandosi da esso <80. Fondato a Roma, nel 1950, il Fronte trovò la tolleranza del MSI, anche se a più riprese ebbe contrasti accesi con quest’ultimo.
D’altra parte, la decisione di intraprendere un percorso legale di riconoscimento e legittimazione politica da parte del MSI era incompatibile tanto con il supporto ad azioni di carattere eminentemente eversivo, quanto con un atteggiamento di impedimento a iniziative giovanili di autonoma organizzazione, che trovavano proprio del MSI la propria forza propulsiva.
È anche innegabile, però, che la mancanza di coesione interna e le difficoltà per addivenire a una linea politica unitaria avrebbero potuto causare una scissione insuperabile, tale da compromettere la stessa sopravvivenza del partito <81, ragione per cui il MSI si schierava solo a parole contro le dimostrazioni dei rivoluzionari, non assumendo, in pratica, alcun provvedimento per impedirne la realizzazione.
Allo stesso modo, esso criticava le posizioni dei giovani neofascisti fuoriusciti dal partito per ingrossare le fila delle associazioni studentesche, senza - tuttavia - pervenire a una formale condanna di questo tipo di atteggiamento.
La ratio che sottendeva a questa strategia risiedeva nella consapevolezza di non poter godere di un vasto e diffuso consenso politico, ragione per cui la conservazione, anche a fronte di un latente compromesso, costituiva l’unica arma di difesa contro i possibili attacchi alla unità del partito.
[NOTE]
64 P. IGNAZI, Il polo escluso, cit., p. 22.
65 Così osserva P. IGNAZI, La cultura politica del Movimento Sociale Italiano, in “Rivista Italiana di Scienza Politica”, vol. 19, n. 3, 1989, pp. 431-465, confrontando il MSI con altri partiti espressione della destra italiana del dopoguerra.
66 G. PARLATO, op. cit., p. 250.
67 G. ALMIRANTE, F. PALAMENGHI CRISPI, Il Movimento Sociale Italiano, Nuova Accademia, Roma, 1958, p. 19.
68 G. SORGONÀ, Cantagallo o Predappio? Il Movimento sociale italiano in Emilia Romagna tra esclusione e tolleranza (1970-1983), in M. Carrattieri, C. De Maria (a cura di), La crisi dei partiti in Emilia Romagna negli anni ’70/’80. E-review dossier, n. 1, 2013, p. 86.
69 G. PARLATO, La cultura internazionale della destra tra isolamento e atlantismo (1946-1954), in G. Petracchi (a cura di), Uomini e nazioni. Cultura e politica estera nell’Italia del Novecento, Gaspari editore, Udine, 2005, p. 134.
70 Ivi, p. 32.
71 La tutela del pudore e di ogni altro profilo rientrante nella nozione extra-giuridica di “buon costume” aveva costituito uno dei principali interessi pubblici protetti dal legislatore fascista, il quale proponeva, soprattutto nella normativa penale, un archetipo “astratto e paternalistico” con l’obiettivo di sostenere altre finalità (si pensi solo alla politica demografica), attraverso una imposizione di un “valore deontologico”, in parte rimasto ingabbiato anche nel vigente quadro giuridico, G. FIANDACA, Il codice Rocco e la continuità istituzionale in materia penale. Dibattito su “Il codice Rocco cinquant’anni dopo”, “La questione criminale”, vol. I, 1981, p. 77.
72 M. GIOVANA, op. cit., p. 48.
73 Proprio durante il primo Congresso del partito, tenutosi a Napoli, fu redatto quello che costituì lo schema del programma del MSI, in sette punti così articolati: “I) Non rinnegare e non restaurare [...] Negare il passato significa svilire il presente e rinunciare all’ avvenire... II) Lanciare tra le generazioni che il dramma della guerra civile ha diviso il ponte della concordia nazionale e della solidarietà sociale [...] III) Esigere che la Nazione sia ricondotta al suo rango di dignità ed onore [...] IV) Lottare ad oltranza [...] soprattutto contro gli abusi e le iniquità di una legislazione anticostituzionale e di una Costituzione antinazionale [...] V) Riconoscere in modo nettissimo che il nostro problema interno è oggi essenzialmente un problema sociale il quale si pone in termini incisivi e indilazionabili: o attuare un sistema che dia al lavoro il rango di protagonista della vita nazionale o cedere al dilagare della reazione bolscevica. Per avviare il problema a soluzione occorre restituire ai lavoratori l’orgoglio del lavoro come manifestazione fondamentale della propria umanità, risolvere in una nuova sintesi il drammatico squilibrio che il prevalere della macchina sul l’uomo ha determinato. In tal senso noi non esitiamo a richiamarci all’idea corporativa concepita come armonia finale degli elementi naturali: individuo e nazione [...] tale idea si ispira la dottrina dello stato Nazionale del Lavoro che è sociale e non socialista, nazionale e non nazionalista. VI) Attuare questa idea nella socializzazione della impresa attraverso la compartecipazione del lavoro manuale e direttivo, agli utili delle aziende, e la corresponsabilità dei lavoratori alla gestione di essa [...] VII) Dare al sindacato [...] personalità e poteri di diritto pubblico e il compito di stipulare i contratti collettivi di lavoro aventi efficacia di leggi”, “Il Secolo d’Italia”, 23 gennaio 1973.
74 G. ALMIRANTE, F. PALAMENGHI CRISPI, op. cit., p. 58. Cfr. sul punto anche R. CHIARINI, «Sacro egoismo» e «missione civilizzatrice». La politica estera del Msi dalla fondazione alla metà degli anni Cinquanta, “Storia contemporanea”, vol. XXI, n. 3, 1990, p. 457 ss.
75 Secondo il programma del partito, suddetto intervento costituiva un “dovere” dello Stato, che richiedeva di essere adempiuto “vastamente e pesantemente” (G. ALMIRANTE, F. PALAMENGHI CRISPI, op. cit., p. 21).
76 P. G. MURGIA, Il Vento del Nord. Episodi e cronache dopo la Resistenza, Edizioni Sugar, Milano, 1975, p. 150.
77 P. BUCHIGNANI, Ribelli d'Italia, Marsilio, Venezia, 2017.
78 Intervento pubblicato in “Il Secolo d’Italia”, 15 novembre 1956.
79 Ibidem.
80 Il Fronte è legato ai nomi di Silvio Vitali, il quale assunse la carica di Presidente, nonché di Franco Petronio, Tomaso Staiti di Cuddia, Benito Paolone, e Giuseppe Tricoli, tutti aderenti al MSI.
81 Tale era la preoccupazione di Romualdi, il quale riteneva che un partito non potesse presentare scissioni interne, ma dovesse riunirsi in una unica corrente, espungendo coloro che non aderivano in pieno alla linea di azione intrapresa.
Andrea Martino, Nascita del MSI nel periodo dal 1946 al 1960 con riferimento al rapporto tra società italiana e neofascismo, Tesi di Laurea, Università Luiss "Guido Carli", Anno accademico 2019-2020