domenica 10 agosto 2025

Un comandante polacco tra i partigiani della provincia di Savona


Alla metà di marzo [1944] la base partigiana della Val Casotto, che ospitava tra gli altri decine di savonesi, era stata spazzata via da un massiccio rastrellamento condotto da truppe alpine tedesche equipaggiate con armi pesanti, e buona parte dei sopravvissuti si diresse verso la provincia di Savona, dando nuova linfa al locale movimento di resistenza. Ancor prima del rastrellamento, ai primi del mese, era tornato nella zona di Santa Giulia di Dego il “Biondino”, conosciuto tra i badogliani come “Folgore”, che, sfuggito ad un agguato a Ceva, aveva ritenuto opportuno riparare nei pressi di casa - era cresciuto tra la valle Uzzone e Piana Crixia - per organizzarvi una nuova banda. Qui iniziò la sua leggenda nera fatta di uccisioni spietate, brillanti azioni di guerriglia, rapine feroci, piccoli e grandi favori ai contadini della zona e una guerra senza quartiere contro i fascisti, cui il “Biondino” (che pure era stato orgogliosamente volontario in Etiopia intuendo laggiù il potere delle armi) imputava tutti i guai della sua difficile esistenza di trovatello <38. Avendo vissuto i giorni migliori della sua vita con un’arma in pugno, accanto ad autentiche imprese da guerrigliero, che citerò più avanti, il “Biondino” si rese responsabile di decine di atti di violenza che, pur contestualizzati nel clima da tregenda della guerra civile e di classe che spazzava le Langhe in quei mesi, non si possono scindere dalla sua mentalità contadina, ristretta e tendenzialmente paranoica. In altre parole, a Santa Giulia tra il marzo e l’agosto del 1944, mentre da un lato il gruppo si legava ai garibaldini della Sedicesima Brigata guidata dall’operaio comunista astigiano Angelo Prete “Device”, che a più riprese intervenne per disciplinarne l’azione, il “Biondino” fu un autentico ras partigiano, amato e temuto al tempo stesso, con potere di vita e di morte sui suoi stessi uomini, cui peraltro non faceva mai mancare il necessario. La sua non fu una Resistenza in senso stretto, una scelta politica e morale meditata e sofferta, ma piuttosto una guerra di vendetta personale contro un mondo che si era intromesso in una vita già precaria e difficile. Sommando questi fattori alla natura violenta, sospettosa, impulsiva e al tempo stesso semplice ed influenzabile del personaggio, il risultato fu una miscela esplosiva che rese Santa Giulia e dintorni scenari da Far West <39, e il “Biondino” un po’ pirata, un po’ pistolero, un po’ partigiano. Elencare le decine di vittime attribuitegli - in buona parte per coprire responsabilità altrui - sarebbe lungo. Va tenuto presente che tali persone furono eliminate per i motivi più svariati, dalla colpa di essere fascisti o parenti di fascisti e per giunta benestanti alla denuncia di un vicino rancoroso o geloso, all’essere sospettati di spionaggio o tradimento <40. Ma anche altrove non si andava tanto per il sottile. Il 15 aprile ad Osiglia, ormai in zona d’influenza garibaldina, furono assassinati a tradimento tre reduci “maurini” di Val Casotto. Si trattava del genovese tenente Mario Ardù, ex comandante del distaccamento dei “Baracconi” e in seguito medaglia d’argento alla memoria, di Ugo Rizzo, di Bordighera, e del monregalese Guido Gennari. Avevano deciso di costituire un nuovo distaccamento intuendo il valore strategico del luogo, ma furono prontamente eliminati da una squadra di “irregolari”, con tutta probabilità garibaldini, desiderosi di vendicare il tradimento di San Giacomo di Roburent <41.
In quei giorni, al “Calcagno” che procedeva inquadrando ed organizzando nuove reclute, si aggiunsero altri piccoli gruppi di insorti, incoraggiati dall’arrivo della primavera oppure spinti alla ribellione dai nuovi bandi di reclutamento della RSI e dalle sempre più dure rappresaglie. Un esempio di questo tipo di unità partigiane, spontaneiste ed inesperte, è dato dalla breve vicenda della “Brigata Tom” <42, un nucleo di una cinquantina di giovani della zona di Pietra Ligure riunitosi intorno al capitano Tommaso Carpino “Tom”. Il gruppo, sommariamente armato, alla fine di marzo controllava e amministrava il paese di Giustenice accumulando armi e viveri in previsione dell’attività futura. Ma, dopo aver disarmato un militare tedesco, fu rapidamente disperso da un rastrellamento nazifascista. In seguito, nello stesso paese si installò una nuova formazione di una ventina di uomini comandati dal genovese tenente Renato Boragine <43. Erano tutti militari, diffidenti nei confronti dei partigiani di provenienza civile che consideravano inadatti al combattimento. Sfuggiti ad un primo rastrellamento ritirandosi sulle montagne sopra Bardineto, i partigiani in uniforme caddero infine in un’imboscata. Boragine venne poi fucilato il 13 settembre 1944; a guerra finita gli fu conferita la medaglia d’oro al valor militare <44. Intanto proseguiva la repressione contro i renitenti alla leva. Il 5 aprile una puntata di rastrellamento italo-tedesca su Calizzano, Bardineto, Murialdo e Millesimo portò alla cattura dei renitenti Nicola e Romolo Maritano, Antonio e Pietro Revetria e Dino Rinaldi, poi fucilati a Ceva <45.
Mentre vari gruppetti isolati nascevano per poi disperdersi, i garibaldini del “Calcagno”, trasferitisi per qualche tempo a Pian dei Corsi, tra Calice Ligure e Bormida, aumentavano di numero fino a raggiungere a primavera inoltrata le 150 unità. La migliorata organizzazione un po’ in tutti i settori fece il resto, pur in una situazione che richiedeva ancora una notevole dose di prudenza. Creati i vari servizi necessari alla propria sicurezza e sussistenza, il distaccamento istituì una “squadra volante” composta di elementi scelti agli ordini di “Mario”. Tale unità fungeva al tempo stesso da commando per le prime operazioni di guerriglia e da polizia partigiana, agendo sovente a notevole distanza dalle basi per non attirare il nemico sul distaccamento ancora in fase di accrescimento, e quindi gravato di reclute inesperte <46. Intanto in marzo a Savona era stata costituita l’intendenza di zona (per il Comando effettivo bisognerà attendere agosto) con sede in via Vanini per opera di Carlo Farini “Simon”, ispettore delle Brigate Garibaldi per il Ponente ligure, Vincenzo Mistrangelo “Marcello”, futuro Commissario di zona, e Angelo Aime “Giorgio”. Con l’aiuto del Fronte della Gioventù, dei Gruppi di Difesa della Donna (l’organizzazione femminile del PCI) e delle nascenti SAP, vennero creati diversi depositi di armi, munizioni, viveri, abiti e medicinali: i primi due erano siti a Savona in via Buscaglia e a Valleggia di Quiliano <47. Con tutto ciò “Mirto”, intendente del “Calcagno”, doveva fare i salti mortali per sfamare i suoi compagni. I partigiani potevano nutrirsi pressoché esclusivamente di castagne, patate, polenta e legumi, sempre che ci fossero. L’arrivo di carne, pasta o riso era un evento memorabile. Grazie ad una fiancheggiatrice il distaccamento poté disporre di alcune tessere annonarie; qualche fornaio riusciva a stornare dei sacchi di farina dalla razione assegnatagli, ma solo correndo gravi rischi perché la sorveglianza delle autorità sui forni era (giustamente, data la situazione alimentare) assai rigida. Con l’avanzare della primavera le azioni del “Calcagno” <48 si fecero più numerose, nel duplice intento di portare scompiglio tra le fila nemiche e, diciamolo, di farsi pubblicità presso un’opinione pubblica ancora scossa dalla ferocia della repressione. Mentre “Leone” e “Vela” tessevano la rete dei collegamenti scarpinando per sentieri tra un paese e l’altro, reclutando collaboratori e cercando di creare “squadre di villaggio” intese come SAP di montagna, le squadre in cui era suddiviso il distaccamento si dedicavano a recuperi e sabotaggi. Alcuni partigiani, con la copertura delle SAP locali, prelevarono dalla stazione di Vado Ligure teli ferroviari da riutilizzare per l’accampamento; altri tre, scesi nottetempo fino a Zinola, tra Vado e Savona, fecero deragliare un treno militare con una potente carica esplosiva. Analoghi sabotaggi interruppero in quei giorni le linee ferroviarie a Sella, tra Savona ed Altare, e a Varigotti. Il 1° maggio fu festeggiato a dovere: bandiere rosse apparvero in molti punti del capoluogo, suscitando viva apprensione nelle forze dell’ordine. Lo stesso giorno il distaccamento “Calcagno”, occupato il paese di Osiglia, ascoltò insieme ai contadini del posto un breve comizio dell’avv. Campanile imperniato sui temi della guerra di liberazione. Il 3 maggio una puntata di un’ottantina tra tedeschi e bersaglieri fu stornata ritirandosi senza accettare il combattimento, essendo gli uomini ancora troppo inesperti e in parte disarmati.
A questo punto è necessario ricordare che il comandante del distaccamento “Calcagno” non era più “Noce”, bensì “Enrico”. Il vero nome del nuovo comandante suonava ben poco ligure, anzi quasi minaccioso: ma Hermann Wygoda era un nemico implacabile del nazifascismo. Ebreo ed ex capitano dell’esercito polacco, sfuggito con fredda audacia alla sorte dei suoi correligionari fingendosi un ingegnere Volksdeutsch (di sangue tedesco ma nato all’est) al servizio dell’Organizzazione Todt, Wygoda era giunto a Savona alla fine del 1943 con la ferma intenzione di procurarsi un mezzo per riparare in Corsica, isola già tenuta dagli Alleati. Una delazione aveva portato al suo arresto da parte della polizia militare tedesca la quale, nulla sapendo circa la sua vera identità, sospettava fosse una spia britannica. Fuggito dal carcere in modo incredibile, dopo aver vagato per molti giorni tra il Monregalese ed il Savonese Wygoda si insediò nei pressi delle Tagliate in compagnia di due disertori della Wehrmacht. Fu qui che venne contattato da Carlo Farini “Simon” e da Angelo Bevilacqua “Leone”, che avevano avuto notizia della sua presenza. Ai due non parve vero di trovare un elemento militarmente capace e al tempo stesso al di sopra di ogni bega locale, e ben presto gli chiesero di assumere il comando, cosa che il polacco fece dopo aver esposto le sue linee guida per l’organizzazione di squadre, comando e servizi. Subito dopo Wygoda si recò a contattare di persona gli altri gruppi partigiani sparsi per la provincia <49.
[NOTE] 
38.    F. Sasso, Il Biondino: eroe o sanguinario?, Rocchetta di Cairo, G.Ri.F.L., 2000, pp. 11 - 14, 17 - 18, 56, 57 - 58.
39.    Ibidem, p. 87.
40.    Ibidem, passim. Gli esempi sono svariati, e danno un quadro dolorosamente vivido della crudezza della guerra civile.
41.    Ibidem, pp. 159 - 161.
42.    Narrata in E. De Vincenzi, O bella ciao…cit., pp. 27 - 32.
43.    Ibidem, pp. 32 - 33.
44.    R. Badarello - E. De Vincenzi, op. cit., p. 348.
45.    G. Gimelli, op. cit., vol. I, p. 198.
46.    Vedi R. Badarello - E. De Vincenzi, op. cit., p. 93.
47.    Ibidem, p. 96.
48.    Per le azioni del “Calcagno” in primavera vedi in ibidem, pp. 94 - 95.
49.    H. Wygoda, In the shadow of the Swastika, Urbana and Chicago, University of Illinois Press, 1998, pp. 93-110
Stefano d'Adamo, Savona Bandengebiet. La rivolta di una provincia ligure ('43-'45), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999-2000

martedì 5 agosto 2025

Il lungo percorso espositivo attraversa geograficamente l’Italia da nord a sud

L'apertura del "Festival of Italy" di Philadelphia (22 gennaio 1961). Fonte: Temple

Il lavoro di ricerca presso l’Archivio di Stato di Firenze si è infine focalizzato su di un’ultima manifestazione promozionale allestita negli Stati Uniti: il Festival of Italy.
L’interesse e lo studio verso l’iniziativa sono scaturiti proprio in Archivio, notando alcuni riferimenti riportati nell’elenco sommario degli “Album” fornitomi dalla Dott.ssa Fattori (responsabile dell’“Archivio della Moda Italiana Giovann Battista Giorgini”) durante il mio periodo fiorentino di ricerca. Gli Album la cui documentazione interna è datata “1961”, riportavano infatti in nota dettagli relativi a un generico “Festival of Italy al Commercial Museum di Philadelphia (U.S.A)”.
Il termine “Festival” è presto indice di una rassegna, una parata o un’esposizione, dedicata ovviamente alla Nazione Italia e allestita entro uno spazio museale americano. I margini idealmente tracciati con il solo riferimento del titolo, inducono a pensare si tratti di un’altra iniziativa promozionale che abbia coinvolto la figura e le competenze di Giorgini. Se l’episodio del “transatlantico della moda” è risultato accennato in qualche sporadica pubblicazione dedicata alla storia della moda italiana, il Festival of Italy - che pure di moda si occupa - appare invece del tutto privo di riferimenti bibliografici, commenti e interpretazioni a riguardo. La constatazione è (ri)prova che la bibliografia in circolazione abbia da sempre evitato di approfondire quel contesto internazionale del secondo dopoguerra entro cui si è mosso il primo successo del “Made in Italy” e che ne è di fatto l’artefice.
Il materiale d’Archivio è dunque ancora la sola fonte attraverso la quale è stato possibile ricostruire la dinamica dell’evento <480. Nell’elenco sommario sopracitato tre Album riportano indicazioni circa il Festival of Italy: i numeri 35, 37 e 38. Inoltrata la richiesta di consultazione, i numeri d’inventario si sono però dimostrati errati, in quanto i documenti sono stati collocati e rintracciati negli Album 34, 36 e 37 <481.
Nelle tre cartelle, sono state individuate carte di diversa tipologia. Nell’Album 34 sono stati raccolti il programma, il calendario e le brochure originali dell’evento; la lista della copertura mediatica coinvolta; i comunicati stampa diffusi dall’Ambasciata Italiana di Washington e una sezione dedicata ai così detti “speciale per un’articolata”; qualche articolo americano e due note relative alla campagna televisiva. Nell’Album 36 sono custoditi lettere e telegrammi indirizzati a Giorgini e datati prima e dopo la manifestazione. L’Album 37, il più piccolo, è infine dedicato alla seconda parte del Festival e ribattezzata Italy Today.
Rispetto al fascicolo dedicato al transatlantico che raccoglie soprattutto articoli di cronaca e dal taglio “mondano” (caratteri giustificati dall’impostazione volutamente frivola data all’evento), i documenti del Festival hanno un’impronta più diplomatica e istituzionale in quanto l’iniziativa, come si vedrà, ha ottenuto il patrocinio non solo del Governo italiano ma anche di importanti istituzioni americane: il contenuto dei ritagli rinuncia quindi al brillante pettegolezzo, registrando al contrario gli aspetti più concreti relativi l’organizzazione del Festival, annotando percentuali e statistiche e rivelando la precisa struttura e le dinamiche che hanno sostenuto l’intero progetto promozionale (dedotte invece nel caso del “transatlantico della moda”).
Stante la presenza di due diversi Album, durante il lavoro sulle carte d’Archivio si sono dovuti incrociare e confrontare i documenti contenuti negli Album 34 e 36 per restituire un racconto che potesse presentare la logica sottesa la preparazione dell’evento.
2.2 - La ricostruzione della manifestazione
Ancor prima di sfogliarlo, l’Album 34 appare particolare: interamente rivestito in pelle nera, sulla copertina presenta una silhouette femminile tracciata a spruzzo con una bomboletta argentata. La sagoma è appena delineata, ma disegna perfettamente un lungo abito da sera. Accanto, è infatti incollato l’invito a un “Gala Presentation of Italian High Fashion and Ball”, in programma la sera di giovedì 23 febbraio 1961 nella sala da ballo della “Convention Hall” di Philadelphia.
Lo studio dei documenti ha in seguito svelato che la serata è stata parte di un’immensa manifestazione allestita tra il 21 gennaio e il 26 marzo 1961 negli spazi americani del “Commercial Museum” di Philadelphia: il Festival of Italy, un’esposizione in onore del centesimo anniversario dell’unificazione italiana e del decimo anniversario de “l’unificazione di una delle più grandi arti creative d’Italia: il disegno e l’esecuzione di moda” <482.
Prima di ricostruire gli eventi legati alla celebrazione dei primi dieci anni della moda italiana - ai quali sono dedicati la maggior parte dei documenti presenti in Archivio in quanto hanno coinvolto personalmente la figura di Giorgini - è stato necessario definire il più generale contesto culturale, museale e istituzionale del Festival, entro cui è stata poi collocata la sfilata e gli eventi a essa collegata.
Un Bollettino del “Trade and Convention Center” di Philadelphia annota l’impegno di un anno per organizzare il Festival of Italy: l’intento è delineare, rappresentare e allestire la più completa panoramica possibile d’Italia, tracciandone un profilo che sia al contempo storico e culturale, industriale ed economico <483. L’ambizione è tale, che il progetto è considerato “la più grande rassegna dedicata al centenario italiano al di fuori di Torino” <484.
Gli spazi del “Trade and Convention Center” sono individuati quale cornice più adatta e confacente alle esigenze della manifestazione: si tratta infatti di un complesso di edifici polivalenti comprendente, tra gli altri, la “Convention Hall” e il “Commercial Museum”. A giustificare la scelta è l’“Italian-American Herald” che, presentando l’istituto museale quale primo del suo genere negli Stati Uniti e divenuto dunque prototipo internazionale per il modello del museo di tipo commerciale, ne descrive la perfetta versatilità perché molto flessibile rispetto alla pluralità dei temi che si vogliono trattare in mostra <485.
I 35.000 metri quadrati dei quattro piani del museo garantiscono infatti l’allestimento di ben ventisei sezioni espositive, ciascuna narrante una digressione italiana <486: Civiltà antiche, che ripercorre i contributi e le influenze delle civiltà greca, etrusca e romana alla cultura italiana; Galleria rinascimentale, che espone i capolavori dello stile decorativo rinascimentale in un’ala del museo allestita con uno scenografico colonnato di marmo e soffitti a pannelli; il Centro tematico è invece un richiamo a Piazza San Pietro in Vaticano e ne riproduce il celebre colonnato del Bernini e la fontana funzionante e sgorgante di Carlo Maderno; la sezione Risorgimento accompagna il visitatore nella storia della costruzione dello stato italiano; l’ala Turismo e Viaggi illustra le più famose attrazioni turistiche del Paese su gigantografie fotografiche e come un’agenzia turistica espone mappe e cartine geografiche, banners, costumi regionali e modellini di aerei e treni; la sezione Industria espone i progressi della tecnologia quali automobili, macchine da ufficio e da lavoro e ripercorre la storia dei grandi gruppi industriali Fiat e Olivetti attraverso pannelli e manifesti luminosi; Architetture by Nervi è invece una piccola sezione monotematica interamente dedicata all’architetto Pier Luigi Nervi; Editoria e Stampa ha raccolto ed espone i migliori titoli dell’editoria d’arte e d’archeologia stampati dall’Ufficio Stampa del Governo italiano; nel reparto Riproduzioni dei maestri italiani sono collocate realistiche riproduzioni a colori dei dipinti più celebri, concesse dal medesimo Ufficio Stampa; mentre nella più generica Libreria Commerciale è esposto materiale documentario dedicato all’Italia; il reparto Nuove generazioni dell’arte italiana illustra i più recenti e migliori risultati nella pittura, nel disegno, nella scultura e nella pratica del collage.
A metà percorso i curatori hanno allestito il cosiddetto Cafè il Gatto, un “lounge rinfrescante”, come viene descritto nel volantino. Si tratta della zona ristoro della mostra, progettata in modo tale da restituire l’impressione di trovarsi in un bar lungo la passeggiata dell’isola di Capri.
L’itinerario prosegue verso la sezione Fashion Goods, che espone i prodotti della moda e dell’artigianato italiani quali capi di maglieria, gioielli, ceramiche e vetri; Shoppers Arcade è una scenografica strada cittadina riproducente le vie dello shopping italiano quali la milanese Montenapoleone e la romana Condotti, sulla quale si affacciano le vetrine di negozi arredati secondo lo stile italiano e allestite con capi d’importazione italiana offerti dai retail stores di Philadelphia; il Padiglione siciliano, costruito in Italia e allestito in America, è un settore monotematico dedicato alla regione Sicilia; Arte e Artigianato sardo espone ceste, tappetti, ceramiche e gioielli provenienti dalla seconda grande isola dello Stivale; Export-Import Pier è una piccola esibizione collaterale di beni di consumo, che attraverso pannelli illustrativi ripercorre la storia delle trattative commerciali italo-americane; Mosaici di Ravenna illustra una collezione di mosaici moderni realizzati però con l’antica tecnica bizantina; Tessuti contemporanei mostra il meglio della produzione tessile italiana, offerta da quaranta manifatture; Interior Design ricrea piccoli allestimenti e interni domestici, arredati con mobili e suppellettili italiani; nella generica Arti Decorative sono invece raccolti tessuti, mobili e abiti italiani tipici del XIX Secolo; The Italian in America è un omaggio a tutti gli italiani che hanno contribuito a migliorare lo stile di vita americano; L’Italia onora i Philadelphiani espone le fotografie di illustri cittadini di Philadelphia che hanno ricevuto incarichi e onorificenze dalla Repubblica italiana; Arte dell’infanzia riserva uno spazio ai dipinti realizzati dai bimbini delle scuole italiane; Arte di Nivola è un’ala monotematica dedicata alle sculture di sabbia dell’artista italo-americano Costantino Nivola; e infine la sezione Figurini della Commedia dell’Arte espone statuine ceramiche riproducenti i personaggi tradizionali del teatro italiano, prestate dall’attore Joseph Cotten.
Il lungo percorso espositivo attraversa geograficamente l’Italia da nord a sud, si snoda tra le sue arti e le sue industrie, penetra nella sua storia e ne restituisce un excursus completo che omaggia l’Italia tra cliché, aneddoti e aspetti più concreti e incisivi.
La mostra che celebra il centesimo anniversario italiano rappresenta però solo una parte di una manifestazione che è stata ragionevolmente pensata e definita come un “Festival”: il termine è infatti esplicativo di una rassegna più articolata e che, come una parata, sia diffusa oltre lo spazio museale.
I documenti presenti in Archivio - ritagli di giornale, memorandum e brochure - registrano infatti un fitto calendario di iniziative e incontri, atti a coinvolgere i cittadini in alcuni eventi dall’eco italiana: le compagnie “Philadelphia Orchestra” e “Metropolitan Opera Company of New York” propongono concerti di lirica italiana; il “Philadelphia Ballet Guild” offre balletti moderni e tradizionali; “I Vivaci Choral Group”, “The Contemporary Chamber Music of Philapdelphia” e l’“Emerita String Orchestra” propongono concerti di musica classica, popolare e folcloristica. Dimostrazioni di cucina italiana, letture dal vivo dei classici della letteratura italiana e spettacoli di marionette sono allestiti negli spazi del “Trade Center”; la “Philadelphia Chamber of Commerce” calendarizza una conferenza sul tema del commercio con l’Italia; l’“Accademy of Music” di Philadelphia invita Luciano Tajoli e Betty Curtis, recenti vincitori dell’ultima edizione del Festival di San Remo, per una performance dal vivo; e il “Commercial Museum”, in collaborazione con il “Philadelphia Board of Education”, predispone i servizi educativi per le centinaia di scuole che hanno già prenotato una visita.
A eccezione dei concentri lirici, tutti gli eventi sopracitati sono gratuiti e a ingresso libero, (pur se gratuiti, alcuni prevendono però un ingresso a numero chiuso e la prenotazione). Riservati e su invito sono invece i ricevimenti allestiti negli spazi del “Commercial Museum” dai più importanti gruppi civici della città, quale l’“Ordine Figli d’Italia in America” (i “Sons of Italy”, la più antica organizzazione fraterna italo-americana), l’“Italian-American Society”, la “Foreign Traders Association”, la “Delaware Valley Industrial Editors” e la “Press Photographers Associations” che organizzano banchetti nel Museo, cui seguono visite speciali alla mostra. Infine, anche l’Università e la Chiesa Battista si riservano uno spazio nel corso della manifestazione <487.
L’aspetto più interessante del fuori-mostra è però la proiezione di film e documentari i cui titoli sono evocativi dello spirito italiano che in quei mesi circola a Philadelphia: “Ancient Paestum”, “Ancient Rome”, “Life in Rome”, “Rise of the Roman Empire”, “People of Venice”, “The Renaissance”, “The titan Michelangelo”, “Patient Hands”, “Miracle of the Grape”, “University of Bologna”, “Rome of Bernini”, “Oggi e Domenica”, “Roads of Italy”, “Fun across the Sea”, “Castles of Italy”, “Florence, Athens of Italy” <488.
I titoli in programma ripercorrono in parte le sezioni del percorso museale (come a voler completare la mostra), altri introducono invece l’ospite in sala ad alcune tematiche turistico-culturali tipicamente italiane quali i castelli, i litorali, l’immancabile artigianato e la viticoltura. Il dettaglio è stato oggetto d’indagine e dalle carte degli Album è infatti emerso il contributo apportato al Festival of Italy dall’Italian State Tourist Office di New York, che in collaborazione con le compagnie di trasporto “Italia - Società di Navigazione” e “ALITALIA” ha organizzato con i rispettivi rappresentati incontri dedicati a “racconti di viaggio illustrato” <489. Emerge nuovamente quella componente
turistico-vacanziera già riscontrata negli inserti pubblicitari diffusi proprio dall’Italian State Tourist Office per sponsorizzare l’Italia del dopoguerra e i viaggi a bordo dei suoi transatlantici.
L’idea di un moderno Grand Tour è quindi (ri)proposta con insistenza, rafforzando l’immagine di un Paese ospitale e accogliente. Ripercorrendo anche la proposta d’intrattenimento che accompagna il Festival of Italy si è notata una corrispondenza con temi e soggetti “italiani” già notificati a proposito dei transatlantici quali la rinomata cucina italiana, o le marionette e il folclore popolare spesso citati negli arredi interni delle navi. È dunque possibile affermare che il Festival prosegua lungo quella linea di propaganda già individuata e che verte sulle pontiane “Leggende d’Italia”.
La notevole operazione istituzionale, museale, culturale e promozionale dispiegata per impostare l’evento, rese il Festival of Italy di Philadelphia “[…] la cosa più grande che avessimo mai avuto qui” <490.
Ad aver favorito il successo dell’intera manifestazione, tale da esser stata definita dalla stampa “the top story of the year”, è però quel Gala Presentation of Italian High Fashion and Ball di cui si è parlato in apertura e che ha costituito il momento centrale e più atteso del Festival. A confermare la rilevanza della sfilata di moda italiana (e degli eventi a essa collegati) sono alcune carte rinvenute negli Album: “The Gala Fashion will remain the highlight of the winter’s events” <491; “Fashion Show will be considered the climax of the Festival”; “One the most brilliant shows ever staged in the Trade Center” <492; “Festival focus for Fashion” <493.
I brevi trafiletti testimoniano quanto la struttura del Festival sia stata sostenuta e retta dalla moda, che si è confermata e avvalorata quale matrice della fama italiana in America.
Alcuni documenti d’Archivio registrano infatti gli effetti che il settore italiano della moda ha generato nel volgersi di un solo decennio.
[NOTE]
480 La recensione della manifestazione è però stata nuovamente rintracciata sul “New York Times”, confermando l’interesse del quotidiano americano verso le iniziative promozionali italiane, Anonimo, Italian Festival for Philadelphia; Industry-Culture Exhibition Dating to Etruscans Will Open in Museum Jan. 21, “The New York Times”, 11 dicembre 1960, p. 142.
481 La tabella riassuntiva il lavoro d’inventariazione dovrebbe dunque essere corretta, in quanto ciascun Album inventariato quale depositario dei documenti inerenti al Festival of Italy, deve essere retrocesso di un numero, evitando futuri errori nella richiesta di consultazione. I tre Album sono disponibili per la consultazione al pubblico.
482 “This year is the 100th Anniversary of the Unification of Italy. It is also the Tenth Anniversary of the unification of one of the greatest creative arts of Italy: the design and execution of fashions”. Dall’introduzione della brochure d’invito al Gala Presentation of Italian High Fashion and Ball, AGBG, Album 34, Documento 11. Una copia del cartoncino d’invito è stata rinvenuta anche nell’Album 37, Documento 89, pag. c3.
483 Il bollettino, diffuso dall’ente ospitante nell’aprile del 1961, raccoglie e sintetizza alcune informazioni circa il Festival da dopo conclusosi, in AGBG, Album 34, Documento 56, Festival of Italy brings Story and Spirit of Country to Commercial Museum, “Trade and Convention Center News”, Vol. 1, n. 7, aprile 1961, Philadelphia, Penna.
484 È con questa espressione che in una sua lettera Mr. Harry Ferleger, direttore esecutivo del “Board of Trade and Convention Center”, descrive il Festival a Giorgini, in attesa che il conte fiorentino lo raggiunga a Philadelphia per la sfilata di moda. In Album 36, Documento 31, AGBG, lettera battuta a macchina da Ferleger, indirizzata a Giorgini e datata 10 febbraio 1961. (A quella data, il Festival era infatti iniziato già da tre settimane e Giorgini sarebbe giunto in America solo il 18 febbraio. Ferleger lo aggiorna dunque sull’andamento della manifestazione). Citando Torino, Ferleger si riferisce a Torino 61 (TO’61 - Italia 61), la manifestazione italiana che avrebbe celebrato il primo centenario dell’unità d’Italia, in programma dal 6 maggio al 31 ottobre 1961 nel capoluogo piemontese e il programma della quale prevedeva una Mostra Storica dell'Unità d'Italia, la Mostra delle Regioni Italiane, la Mostra delle bandiere, l'Esposizione Internazionale del Lavoro; e ben 18 eventi collaterali tra i quali raduni d'Arma, la Mostra Internazionale del Fiore, mostre d'arte, congressi, convegni, spettacoli e una mostra dedicata alla moda e al costume. Una copia originale de Italia 61: guida ufficiale, è consultabile nella biblioteca digitale del sito museotorino.it.
485 AGBG, Album 36, Documento 30, Festival of Italy Program Guide, “Italian-American Herald”, Vol. 1, n. 1. La testata è individuata quale “official newspeaper” dell’evento, in quanto giornale di riferimento per la comunità italo-americana e la cui autorevolezza è riconosciuta tanto dalla città di Philadelphia quanto dal Governo italiano. La copertura mediatica garantita dal giornale durante le dieci settimane del Festival sarà dunque la più estesa e completa. A puntualizzarlo, è lo stesso giornale in un proprio articolo, in AGBG, Album 34, Documento 115, A year with the Herald: Festival Top Story, 10 maggio 1961. 
486 L’elenco delle sezioni che ora viene fornito non è casuale ma segue l’esatto ordine riportato sul bollettino del “Trade and Convention Center”. Si è dedotto che le diverse sezioni siano state citate seguendo il percorso espositivo proposto in mostra, in AGBG, Album 34, Documento 56, Festival of Italy brings Story and Spirit of Country to Commercial Museum, “Trade and Convention Center News”, Vol. 1, n. 7, aprile 1961, Philadelphia, Penna. Il dettaglio circa la superficie espositiva del museo è invece riportato in AGBG, Album 36, Documento 20/b, Italian Festival for Philadelphia, “The New York Times”, 11 dicembre 1960.
487 La lista dei concerti di musica lirica è pubblicata in uno degli innumerevoli volantini pubblicitari conservati in Archivio: Aida, Tosca, Cavalleria Rusticana, I Pagliacci, Rigoletto, La Bohème, Madama Butterfly, L’Elisir D’Amore, Lucia di Lammermoor, Il Nabucco e Turandot, in AGBG, Album 36, Documento 29, p. 5 della brochure.
La diffusione del calendario degli eventi collaterali è invece affidata all’“Italian-American Herald”: il 15 e il 22 febbraio si tiene la dimostrazione di cucina dello chef Dione Lucas; il 18 febbraio è previsto il ballo dei “Sons of Italy” e il 20 febbraio sono attesi i vincitori del Festival sanremese; il 21 febbraio è riservato alla conferenza e al banchetto della Camera di Commercio; il 25-26 febbraio e il 19 marzo è allestito lo spettacolo di marionette italiane offerte dal “Theatre of the Little Hands” e il 18 marzo è allestito il ballo per il centenario de “Italian-American Society”. Per quanto irrilevante, il calendario è stato riportato in nota in quanto la maggior parte degli eventi in programma risultano concentrati nella settimana del soggiorno americano di Giorgini, che giunge negli Stati Uniti il 18 febbraio e vi si fermerà almeno fino al 24. L’ipotesi è che la presenza della delegazione fiorentina possa attirare curiosi e spettatori al Museo. L’articolo del giornale che riporta il programma è infatti titolato Fashions to highlight Festival of Italy, in AGBG, Album 34, Documento 78, “Italian-American Herald”, 12 febbraio 1961. L’elenco dei ricevimenti allestiti dagli enti e delle istituzioni cittadine è infine riportato in un bollettino del museo, in AGBG, Album 34, Documento 56, Festival of Italy brings Story and Spirit of Country to Commercial Museum, “Trade and Convention Center News”, Vol. 1, n. 7, aprile 1961, Philadelphia, Penna.
488 Le proiezioni, proposte ogni sabato e domenica nelle settimane comprese tra il 21 gennaio e il 26 marzo, fissano due spettacoli pomeridiani, alle 13:30 e alle 15:30. L’elenco dei film è stato rintracciato in un “memorandum” di Mr. Harry Ferleger del “Board of Trade and Convention Center” collocato nell’Album 37, Documento 2. Si fissino i titoli delle pellicole, in quanto temi e soggetti dei documentari saranno recuperati nelle inserzioni pubblicitarie americane.
489 È ancora il bollettino del “Trade and Convention Center” a notificare gli incontri proposti dall’Italian State Tourist Office, in AGBG, Album 34, Documento 56, Festival of Italy brings Story and Spirit of Country to Commercial Museum. La collaborazione con la compagnia aerea “ALITALIA” sarà approfondita più avanti. Si consideri invece l’Italian State Tourist Office, che capitolo dopo capitolo continua a essere protagonista del racconto. Attraverso i propri annunci turistici sta accogliendo la narrazione italiana proposta anno dopo anno negli Stati Uniti: quindi il racconto artigiano del secondo capitolo (1947-1952), il messaggio vacanziero dei transatlantici nel terzo (1953-1955) e ora - a fianco della stessa Società di Navigazione - quale sponsor del Festival. L’istituto ha dunque ha avuto un ruolo di prim’ordine nella promozione postbellica della Nazione.
490 Il commento è di Mr. Harry Ferleger che un mese prima dell’inaugurazione della manifestazione, ma già perfettamente consapevole dell’intricata macchina organizzativa e delle forze coinvolte, rilascia un’intervista al “New York Times” ammettendo “It will be the biggest thing we’ve ever had here”. E conclude dicendo che il comitato di cui è direttore esecutivo, si aspetta più di 250.000 visitatori in sole 10 settimane, in AGBG, Album 36, Documento 20/b, Italian Festival for Philadelphia, “The New York Times”, 11 dicembre 1960.
491 Il commento è emerso in un telegramma di augurio inviato da Richard Dilworth (sindaco di Philadelphia e presidente del “Fashion Committee” di cui si parlerà più avanti) a Giorgini, con il quale si complimenta per l’esito della sua sfilata, in AGBG, Album 36, Documento 19, 15 marzo 1961.
492 La doppia citazione è riportata in AGBG, Album 34, Documento 57, 10.000 Jam Festival of Italy to establish One-Day Mark, “Italian-American Herald”, Vol. 1, n. 22, giovedì 2 marzo 1961. Per l’occasione, il giornale apporrà il sottotitolo Commemorating the Festival of Italy.
493 L’espressione è in realtà il titolo di un articolo, che già in apertura dichiara l’attenzione che il Festival ha riservato alla moda, in AGBG, Album 34, Documento 73, Festival focus for fashions, “Italian-American Herald”, 9 febbraio 1961.
Clara Pellegris, Homo Faber. La ricostruzione identitaria italiana e la nascita del “Made in Italy”, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Bergamo, Anno Accademico 2019-2020