martedì 26 agosto 2025

Sidney Tarrow descriveva il PCI come un partito di massa


Pochi mesi prima della pubblicazione del volume di Blackmer, la casa editrice dell’Università di Yale, la Yale University Press, pubblicò la tesi di dottorato di un altro giovane studioso, che aveva terminato il suo corso di studi all’Università di Berkeley nel 1965: "Peasant Communism in Southern Italy", pubblicato nella versione originale nel 1967 e tradotto in italiano per Einaudi nel 1972 <188. La tesi dello studioso era stata diretta dal politologo di Yale David E. Apter, autore del famoso volume "The Politics of Modernization", pubblicato nel 1965 <189.
Sidney Tarrow passò due anni in Italia grazie ai fondi del programma Ford Foundation Dissertation Fellowship, una borsa di studio erogata dalla fondazione per condurre ricerche per la stesura delle tesi di dottorato. Grazie a quel finanziamento e al lavoro svolto in Italia, Tarrow riuscì a entrare in contatto con alcuni membri del PCI, incluso Franco Ferri direttore dell’Istituto Gramsci, contenitore all’interno del quale veniva elaborata la politica culturale del partito. Fu proprio Ferri ad invitare i Segretari di Federazione del PCI a rispondere a un questionario elaborato dallo studioso americano: «d’accordo con la Sezione di organizzazione del PCI», si legge:
"Mi permetto di raccomandarti l’allegato schema di inchiesta […]. Il dott. Tarrow vorrebbe delle notizie a livello provinciale sulla nostra organizzazione e in questo senso sollecita la tua collaborazione per quanto riguarda la tua esperienza personale. Ritengo, confortato dal parere della sezione centrale di organizzazione, che sia bene rispondere la questionario con la massima franchezza" <190.
Dalle carte a disposizione, emerge che Tarrow aveva contatti anche con Giuseppe Lopreato dell’Istituto Cattaneo di Bologna, il personale dell’Associazione per lo sviluppo industriale del mezzogiorno (SVIMEZ), Gianfranco Poggi, Gloria Ammassari, e i leader comunisti Emilio Sereni, presidente della Commissione culturale del partito fino al 1956, membro della Direzione e poi direttore di “Critica marxista” e Giorgio Napolitano, altro esponente di spicco del partito, anch’egli membro della Direzione del partito, già presidente della Sezione lavoro di massa e destinato, di lì a breve, a diventare responsabile della Sezione culturale.
Influenzato probabilmente dai pochi studi disponibili sul sud Italia negli Stati Uniti, Tarrow descriveva la regione come un interessante caso di area in via di sviluppo all’interno di un paese capitalista avanzato <191: nei rapporti economici, sociali e politici, le caratteristiche che emergono dallo studio del sud sono più simili a quelle di un paese arretrato che a quelle del nord Italia. La sua lettura si basava d’altra parte anche sulla riflessione di Antonio Gramsci sulla questione meridionale: una caratteristica nient’affatto scontata per i lavori che qui si analizzano. Tarrow si soffermava anche sull’analisi di Gramsci e Togliatti a proposito del ruolo dei contadini nel partito comunista dimostrando di aver letto le opere dei principali esponenti comunisti che si occupavano di analizzare il Mezzogiorno: oltre a Napolitano e Sereni, Ruggiero Grieco, Mario Alicata e Gerardo Chiaromonte.
La tesi del libro era che la “via italiana al socialismo”, così come applicata dal PCI indistintamente per le regioni del nord e del sud, si fosse rivelata un fallimento in questa seconda area geografica, in cui non sarebbero emersi gruppi dirigenti comunisti adeguati a governare la riforma agraria messa in campo con la creazione della Cassa del Mezzogiorno.
Nei capitoli centrali, dedicati alla storia e all’organizzazione del PCI, l’autore lo descriveva come un partito di massa, che aveva sviluppato «an ideology of solidarity, rather than one of revolution», che rappresentava un tipo nuovo di partito radicale all’interno di una società capitalista, che partecipava all’organizzazione politica ed economica del paese e collabora con gruppi non comunisti specie a livello amministrativo: faceva trasparire, insomma, una lettura positiva del suo ruolo e della sua evoluzione <192.
La bibliografia del volume include anche il lavoro, ancora inedito, di Blackmer. I contatti tra Tarrow e Blackmer c’erano già perlomeno dal 1964, da quando uno scambio di lettere tra i due studiosi conferma lo scambio di commenti e suggerimenti reciproci. Risulta particolarmente interessante lo scambio di vedute tra i due studiosi sull’importanza del "memoriale di Yalta". Tarrow lo riteneva un autentico cambio di passo del PCI, o quantomeno la dimostrazione concreta dell’adesione al policentrismo e alla via italiana <193. Al contrario, Blackmer riteneva che il partito fosse ancora pervaso dall’ideologia leninista e che quindi esagerare l’importanza del "Memoriale" fosse un errore interpretativo <194.
Tarrow difese l’idea del cammino riformista del PCI anche in un saggio pubblicato sull’“American Political Science Review” nel 1967. Confutando l’analisi del politologo italiano Giovanni Sartori, il cui lavoro era già molto noto oltreoceano, Tarrow sosteneva che il PCI non rientrasse nei parametri classici scelti dagli scienziati politici per descrivere l’assetto interno di un partito. Il PCI era un partito di massa, che aveva rinunciato al carattere strettamente leninista e aveva adottato un’efficace strategia della presenza nelle istituzioni e nelle principali organizzazioni del paese, alla cui vita politica collaborava attivamente <195.
I due studiosi avrebbero collaborato nel corso degli anni successivi fino a curare insieme un volume alla metà degli anni settanta, su cui si tornerà in seguito.
La figura accademica che li univa, punto di riferimento di entrambi, era il politologo dell’Università di Yale Joseph LaPalombara, qualcuno che, secondo Tarrow, «some may have seen as the Cavour of Italian political science but who, for me, is a combination of Mazzini and Garibaldi» <196. Vista l’importanza intellettuale avuta nell’evoluzione della scienza politica, la capacità di tessere relazioni negli Stati Uniti e in Italia, l’abilità diplomatica, i costanti contatti nel mondo intellettuale e politico e la varietà dei compiti svolti nel corso di circa cinquant’anni di lavoro, è difficile rendere pienamente giustizia al ruolo svolto in Italia da Joseph LaPalombara. Nell’autunno del 1952, LaPalombara era arrivato in Italia in qualità di dottorando dell’Università di Princeton grazie a un finanziamento della Commissione Fulbright e del Social Science Research Council per completare la ricerca per la sua tesi. Il suo lavoro era incentrato sul movimento sindacale italiano dal secondo dopoguerra e venne pubblicato qualche anno dopo per Cornell University Press. Nato in una famiglia italoamericana, LaPalombara era in grado di leggere l’italiano: così, quando frequentò l’università per stranieri di Perugia, poté rinunciare a seguire i corsi di lingua e dedicarsi completamente allo studio del movimento sindacale nelle campagne umbre. Prese contatto con la Camera del Lavoro della città, e grazie al Segretario Generale della CGIL, Giuseppe di Vittorio, fu presentato a Bruno Trentin, che nell’ottobre del 1952 era appena entrato nell’Ufficio studi del sindacato <197.
Il suo secondo lavoro sull’Italia rivela l’influenza delle teorie della modernizzazione sui politologi “italianisti”: si tratta di un corposo volume in cui vengono analizzate principalmente il ruolo della Confindustria e dell’Azione Cattolica nella definizione della politica italiana. Affiliato al Committee on Comparative Politics del SSRC, LaPalombara utilizzò contestualmente il concetto di cultura politica elaborato da Almond <198 e quello di gruppi di interesse <199 per esaminare il caso italiano. Il volume, pubblicato nel 1964 con il titolo "Interest Groups in Italian Politics", è frutto di una serie di interviste raccolte tra il 1957 e il 1958 <200. Il primo capitolo è dedicato all’analisi del contesto socio-economico italiano, con un particolare accento sulla divisione regionale del paese e, soprattutto, sulle differenze economiche e sociali tra nord e sud. Dai dati dell’istituto di ricerca ISTAT letti da LaPalombara, emergeva non solo che il sud fosse ben più arretrato economicamente rispetto al nord, ma anche che ci fosse una correlazione tra la posizione economica e voto politico. Specie tra gli emigrati meridionali nelle città industriali del nord Italia, coloro che vivevano in difficoltà tendevano a scegliere il PCI alle urne: "Survey research data clearly indicate that support for the Italian Communist party is often strongly provided by those who are in the most disadvantaged economic conditions. Moreover, analyses of voting patterns in such industrial cities as Bologna, Turin, Genoa and Milan show unmistakably that the Communist party is the major beneficiary at the polls of the wretched conditions in which Southern migrants find themselves there" <201
I riferimenti intellettuali con cui LaPalombara dialogava in questa fase del suo lavoro furono da una parte i grandi nomi della scienza politica statunitense e dall’altra alcuni scienziati sociali italiani di fama internazionale con cui aveva già collaborato o lo avrebbe fatto di lì a poco. In particolare, il riferimento principale per la teoria dei gruppi di pressione era il politologo Giovanni Sartori dell’Università di Firenze. Con Alberto Spreafico, collega di Sartori, invece LaPalombara aveva contatti personali: i due politologi collaborarono, insieme con il gruppo di scienziati sociali riuniti attorno alla Fondazione Adriano Olivetti, per almeno un decennio <202 e curarono il volume "Elezioni e comportamento politico in Italia", pubblicato nel 1963 con la casa editrice della Fondazione. Si trattava di una corposa analisi delle elezioni politiche del 1958 e delle amministrative del 1960 elaborata da un gruppo variegato di scienziati sociali italiani, tra cui Paolo Ammassari, allora affiliato al Dipartimento di Sociologia e Antropologia della Michigan State University e Giuseppe Mammarella, assistente della cattedra di Scienza Politica presso la sede fiorentina dell’Università di Stanford. Allo studio del processo elettorale e del regime politico, gli studiosi unirono per la prima volta in Italia l’analisi del comportamento dell’elettorato, con l’obiettivo di valutare il livello di interesse, informazione, adesione ai valori della democrazia, convinzioni ideologiche dei vari gruppi sociali, distinti per età, condizioni economiche, sesso, distribuzione geografica. Come esplicitato nell’introduzione, il volume ricevette i finanziamenti dell’Istituto di diritto pubblico comparato della Facoltà di scienze politiche “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze, del SSRC, dell’Università del Michigan e della United States Information Service (USIS) di Roma, a testimonianza dell’interesse del governo federale statunitense per quello studio <203.
[NOTE]
188 Sidney G. Tarrow, Peasant Communism in Southern Italy, New Haven and London, Yale University Press, 1967.
189 David E. Apter, The Politics of Modernization, Chicago, Chicago University Press, 1965.
190 DLMB Papers, Franco Ferri ai Segretari di Sezione, 8 giugno 1964, Tarrow, Sidney, 1964-1997, MIT, Institute Archives and Special Collections, Cambridge, Massachusetts.
191 Il più noto lavoro sul sud d’Italia negli Stati Uniti è di Edward C. Banfield, che alla metà degli anni Cinquanta si recò in un piccolo paese della Basilicata, Chiaromonte, per studiare l’ethos su cui si basavano i rapporti sociali coniando la definizione di “familismo amorale”. Cfr. Edward C. Banfield, Le basi morali di una società arretrata, Bologna, Il Mulino, 2010 (ed. or. Edward C. Banfield, The Moral Basis of a Backward Society, New York, The Free Press, 1958).
192 Tarrow, Peasant Communism, cit., pp. 149-161.
193 DLMB Papers, MC 715, Box 5, Tarrow to Blackmer, Oct. 10, 1964, Sidney, Tarrow, MIT, Institute Archives and Special Collections, Cambridge, Massachusetts.
194 DLMB Papers, MC 715, Box 5, Blackmer to Tarrow, March 22, 1965, DLMB Papers, Tarrow, Sidney, MIT, Institute Archives and Special Collections, Cambridge, Massachusetts.
195 Sidney Tarrow, Political Dualism and Italian Communism, in “The American Political Science Review”, March 1967, pp. 39-53. Cfr. anche Giovanni Sartori, European Political Parties: The Case of Polarized Pluralism, in Joseph LaPalombara and Myron Weiner (edited by), Political Parties and Political Development, Princeton, Princeton University Press, 1966, pp. 145-147.
196 Tarrow, Peasant Communism, cit., p. X.
197 Ancora oggi, LaPalombara mantiene contatti con esponenti della politica e della cultura italiana. Joseph LaPalombara, intervista scritta con l’a., 29 ottobre 2017.
198 Cfr. Gabriel Almond, A Functional Approach to Comparative Politics, in Gabriel A. Almond and James S. Coleman (edited by), The Politics of Developing Areas, Princeton, Princeton University Press, 1960, pp. 3-64.
199 Su questo, si veda Joseph LaPalombara, The Utility and Liitations of Interest Group Theory in Non-American Field Situations, in “Journal of Politics”, Vol. 22, Feb. 1960 e Giovanni Sartori, Gruppi di pressione o gruppi di interesse, in “Il Mulino”, Vol. 8, marzo 1960.
200 Presumibilmente grazie ad un finanziamento del SSRC del progetto firmato da LaPalombara e dal collega dell’Università dello stato del Michigan John T. Dorsey sui gruppi di interesse in Italia e Francia. Cfr Rockefeller Archive Center, Social Science Research Council records, Record Group 2: Accession 2; Series 1: Committee Projects; Subseries 74: Committee Projects - Miscellaneous Files Social Science Research Council, 1956 FA021 Box 738, Folder 8918, Committee on Comparative Politics - Papers - LaPalombara, J. and Dorsey, J. T. - ‘A Research Proposal for Western Europe (Italy and France)’.
201 LaPalombara, Interest Groups, cit., pp. 35-36.
202 In particolare, LaPalombara fece da tramite con la Fondazione Ford per la creazione del Co.Spo.S. Cfr. il capitolo 1.
203 Alberto Spreafico e Joseph LaPalombara (a cura di), Elezioni e comportamento politico in Italia, Cremona, Edizioni di Comunità, 1963, p. XXIV.
Alice Ciulla, Gli intellettuali statunitensi e la "questione comunista" in Italia, 1964-1980, Tesi di dottorato, Università degli Studi Roma Tre, 2019