Il mese di maggio [1960] fu ugualmente caldo, sia dal punto di vista interno che internazionale. Gli sforzi verso la distensione di Eisenhower e Khruscev subirono un brusco arresto a causa della crisi innescata dall’abbattimento dell’aereo-spia americano U-2 nei cieli sovietici. Nonostante ad Ike fosse stato assicurato che, in caso di incidente, del pilota e del mezzo sarebbe rimasto poco o niente, le cose andarono diversamente. Non solo il pilota si salvò, ma venne prontamente catturato dai sovietici. A questo punto, il presidente americano autorizzò una vera e propria «menzogna ufficiale» annunciando che un apparecchio meteorologico era finito fuori rotta. Ma Khruscev non tardò ad esibire le foto dell’aereo e del pilota vivo e in ottima salute <100.
Le conseguenze della crisi furono pesanti. Ne risentì l’importante conferenza di Parigi, dove si discuteva del disarmo e del trattato di pace con la Germania. In tale contesto, il leader sovietico aveva buon gioco nel presentarsi davanti all’opinione pubblica mondiale come «vittima dei tranelli americani». In più, numerose furono le manifestazioni e le mobilitazioni contro “l’imperialismo americano” <101 soprattutto in Giappone, dove il parlamento stava dibattendo il rinnovo del trattato di mutua sicurezza e cooperazione con gli Usa. Circa diecimila giovani assaltarono la Dieta, il parlamento nipponico, e la lotta continuò nelle piazze. La polizia sparò e ci furono cinque morti e centinaia feriti <102. Intanto, Eisenhower dovette rinunciare alla tappa giapponese del suo viaggio asiatico. I fatti di Tokyo furono un chiaro esempio di come la lotta popolare diretta poteva scavalcare la maggioranza parlamentare <103.
In varie città italiane salirono la tensione e il nervosismo <104. I comizi missini nelle città di Reggio Emilia, Parma e Messina furono impediti <105. A Bologna, invece, era stato il discorso di Pajetta, pronunciato in piazza Malpighi il 21 maggio, a provocare l’intervento della polizia <106. Gli scontri durarono quaranta minuti provocando numerosi feriti, tra cui Giovanni Bottonelli, deputato del Pci, che riportò gravi ferite <107. L’episodio, secondo quanto annotava un funzionario del consolato [degli Stati Uniti], rifletteva ancora una volta la «prontezza comunista nello sfruttare gli scontri con le pubbliche autorità» <108. Era questo uno dei tratti maggiormente sottolineati dalle relazioni americane. In più, il giudizio sul partito era a dir poco lapidario. Il Pci non era più in grado di «cavalcare le agitazioni e la propaganda come faceva una volta». La sede dei disordini non poteva che dare credito all’intuizione. Dopotutto, si era trattato di uno scontro in una roccaforte del Pci dove un deputato comunista era stato arrestato e ferito. «Qualche anno fa - ha scritto il segretario d’ambasciata Lister - avremmo assistito a dimostrazioni di massa, scioperi e altre azioni contro il governo in tutta Italia» <109.
Altrettanto attivo era il partito neofascista, galvanizzato dall’appoggio esterno al governo. Il Msi aveva indetto il VI congresso nazionale a Genova, dal 2 al 4 luglio. In quell’occasione, avrebbe dovuto dichiarare fedeltà al metodo democratico e alla Costituzione, anche se la Carta non sarebbe stata accettata come documento intoccabile. Com’è noto, la scelta di Genova, peraltro conosciuta da tempo <110, fu un’opzione poco felice. Molti esponenti missini, negli anni successivi, avrebbero fatto autocritica sia sull’effettiva maturità del partito che sulla scelta della sede <111. A suscitare la protesta del fronte antifascista furono soprattutto due elementi. L’oltraggio di un congresso neofascista in una città medaglia d’oro della Resistenza e la presenza - più vociferata che accertata - dell’ex prefetto della città ai tempi di Salò, Carlo Emanuele Basile. Secondo alcuni avrebbe addirittura dovuto presiedere i lavori. Il nome di Basile bastava ad evocare lo spettro dei non lontani massacri di guerra, rendendo l’affronto missino insostenibile. Sulla scelta di Genova e sulle voci che riguardavano Basile, però, rimangono forti perplessità. Il 15 maggio, quando vennero resi noti i giorni e la sede del congresso le reazioni furono piuttosto blande <112. Genova, inoltre, non era la prima città fortemente legata alla Resistenza in cui il Msi convocava il suo raduno nazionale. Quattro anni prima la sede prescelta era stata Milano. In più, dal 1956, la giunta comunale della città ligure era appoggiata dai voti missini. Certamente Genova era «più contaminata dal Msi con il voto determinante del governo cittadino che con un congresso di tre giorni» <113.
In merito all’invito a Carlo Emanuele Basile, allo stato attuale delle ricerche, non esistono prove. Già iscritto nelle liste dei criminali di guerra, Basile fu protagonista di deportazioni e rastrellamenti, in stretta collaborazione con le autorità naziste. Secondo quanto riporta «L’Espresso», aveva organizzato deportazioni di operai ed era l’uomo più odiato di tutta la Liguria, tanto da essere soprannominato «il boia» <114. Ad ogni modo, gli organi di stampa di destra non avevano accennato alla sua partecipazione. Sul giornale missino, tra maggio e giugno, sono solo due gli articoli da lui firmati <115. Pagine che, per esplicito avvertimento del quotidiano, erano tutt’altro che «ufficiali», ma piuttosto un’iniziativa autonoma del giornale <116.
Nella sua ricostruzione di quegli anni, un esponente missino di primo piano come Gianni Roberti negava nel modo più assoluto sia la partecipazione di Basile che la sua nomina a presiedere il congresso. Oltre al fatto che fosse in quei giorni lontano da Genova - cosa in sé non molto rilevante - Roberti aggiungeva che non era neanche iscritto al Msi, notizia che si trova anche in un rapporto del console generale Joyce <117. Ciò non toglie che i missini non si erano preoccupati di smentire le voci sulla sua partecipazione. Un altro tassello utile a ricostruire la vicenda è l’elenco degli esponenti che effettivamente sarebbero andati a Genova. Dal 25 giugno al 2 luglio il quotidiano neofascista pubblicò nomi, foto e brevissime biografie dei delegati provenienti da tutta Italia. Il 30 compariva Basile. Si trattava però di Michele Basile, avvocato di Vibo Valentia <118. I ricordi di chi scorse l’elenco dei delegati, probabilmente, si focalizzarono sul ben più famoso e sanguinario Carlo Emanuele. Il coinvolgimento dell’ex gerarca fascista impressionò gli americani per essere stato «un ottimo strumento nelle mani della macchina di propaganda comunista». Ampio spazio alla presenza di Basile venne dato dalla stampa di sinistra e dai frequenti comizi, dove la risposta della folla fu sempre calda. Basti pensare che «L’Unità» del 30 giugno si scagliava contro Basile, che avrebbe intitolato “Torneremo a Genova” un articolo su «Il Secolo d’Italia», alludendo ad una «rivincita sulla città che lo aveva cacciato» <119. Peccato che quell’articolo non sia mai stato scritto, né da Basile né da altri. L’associazione del criminale di guerra al congresso missino divenne prassi consolidata soprattutto dopo l’intervento di Pertini alla Camera, il 1° luglio <120. Questo alimentò le inquietudini degli Usa, che più di tutto temevano un irrigidimento delle posizioni e la polarizzazione del quadro politico.
[NOTE]
100 J. L. Gaddis, La guerra fredda, Mondadori, Milano, 2005, pp. 179-180. Sull’episodio dell’U-2 si veda M.R. Beschloss, Mayday. The U-2 Affair, Harper and Row, New York, 1986.
101 P. Di Loreto, La difficile transizione, cit., pp. 361-362; L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit., pp. 294-295.
102 G. Baget Bozzo, Il partito cristiano e l’apertura a sinistra, cit., p. 285. Sui manifestanti si veda M. Del Bene, Appunti sulla vicenda del movimento studentesco giapponese, «Passato e Presente», n. 25, a. X, 1991. Per le valutazioni e i timori dei missini si veda I comunisti in Giappone tentano con la forza di rovesciare l’alleanza con il mondo occidentale, «Il Secolo d’Italia», 22 maggio 1960.
103 Da notare che Nenni e Togliatti approvarono le azioni dell’organizzazione Zenga-kuren, si vedano D. Yoshida, 5 milioni di operai giapponesi hanno scioperato contro le basi, «L’Unità», 5 giugno 1960; La nostra solidarietà al popolo giapponese, «L’Unità», 12 giugno 1960; Solidarietà del Pci col popolo giapponese, «L’Unità», 18 giugno 1960.
104 Sul generale inasprimento delle autorità pubbliche nei confronti dell’opposizione di sinistra si veda P. Di Loreto, La difficile transizione, cit., pp. 365-367.
105 G. Roberti, L’opposizione di destra in Italia, cit., p. 138. Per le reazioni sulla stampa missina si veda Preordinate provocazioni dei socialcomunisti a Parma, «Il Secolo d’Italia», 1 maggio 1960.
106 A. Barbato, Da Bologna il primo squillo di tromba, «L’Espresso», 29 maggio 1960, p. 6. Si veda P.G. Murgia, Il luglio 1960, cit., p. 62.
107 Si veda G. Fanti, G.C. Ferri, Cronache dall’Emilia rossa: l’impossibile riformismo del Pci, Pendragon, Bologna, 2001, pp. 67-68.
108 Police breakup of Bologna communist meeting arouses strong reaction, M. Cootes (American Consul General) to the Department of State, May 30, 1960, NARA, RG 59, CDF, Box 1917, 765.00/5-3060.
109 Communists provoke incidents in Chamber June 1 over clash with police in Bologna, G. Lister (First Secretary of Embassy) to the Department of State, June 10, 1960, NARA, RG 59, CDF, Box 1917, 765.00/6-1060. Tuttavia, proprio in relazione ai fatti di Bologna, il parlamentare democristiano Elkan parlò di una grande quantità di armi detenute nelle case di alcuni arrestati o in luoghi vicini. Erano tutti esponenti del Pci e le armi facevano parte, secondo Elkan, di «oscuri e gravi ricordi di guerra civile», si veda AP, CdD, III Legislatura, Discussioni, Seduta del 1° giugno 1960, p. 14423.
110 «L’autorizzazione era stata data da tempo, addirittura da Segni come ministro degli Interni del suo governo», si veda L. Radi, Tambroni trent’anni dopo, cit., p. 105. La notizia del congresso apparve sul quotidiano neofascista a metà maggio, si veda In difesa dello Stato e della nazione insostituibile la funzione del Msi, «Il Secolo d’Italia», 15 maggio 1960. La mozione congressuale fu pubblicata, sempre sul quotidiano neofascista, il 3 giugno.
111 A. Baldoni, La destra in Italia, cit., p. 553; Servello ha scritto di un partito «completamente impreparato», della «sottovalutazione delle capacità di mobilitazione delle sinistre» e della «sopravvalutazione della capacità del governo Tambroni di gestire la situazione». I tempi, comunque, non erano ancora giudicati maturi, F. Servello, 60 anni in fiamma. Dal Movimento Sociale ad Alleanza Nazionale, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006, pp. 63-68. Sull’autocritica di Almirante si veda A. Pitamitz (a cura di), Tre protagonisti 25 anni dopo, «Storia Illustrata», n. 337, dicembre 1985, p. 47. Particolarmente netto e amaro fu il giudizio di Anfuso, che nel 1962 arrivò a dire che il Msi avrebbe potuto anche sparire, se la Dc si fosse sforzata di comprendere le intenzioni del partito neofascista, A. Del Boca, M. Giovana, I “figli del sole”. Mezzo secolo di nazifascismo nel mondo, Feltrinelli, Milano, 1965, p. 202. La questione delle intenzioni missine è peraltro molto dibattuta. Ne «Il Secolo d’Italia» del 30 giugno ’60 si legge «il Msi rappresenta dunque, e assume apertamente di voler rappresentare, la continuazione del Fascismo». Tarchi ha ricordato la «classica connotazione bicefala del Msi», alla luce della quale l’obiettivo ultimo restava la costruzione di «un regime destinato a richiamare - sia pure in forme che nessuno avrebbe saputo indicare con precisione - quello mussoliniano», M. Tarchi, Cinquant'anni di nostalgia. La destra italiana dopo il fascismo, Intervista di A. Carioti, Rizzoli, Milano, 1995, p. 66
112 P. Cooke, Luglio 1960, cit., pp. 39-41; F.M. Solo la Dc a Genova non protesta contro il congresso dei neofascisti, «L’Unità», 11 giugno 1960; Per le reazioni missine si veda La farsa rossa dell’indignazione popolare contro il Congresso nazionale del Msi a Genova, «Il Secolo d’Italia», 11 giugno 1960. Il console Joyce rimase colpito dalla durezza della campagna che poi iniziò. A tal proposito citò un manifesto con la scritta: «Msi uguale fascismo, fascismo uguale nazismo, nazismo uguale camere a gas», Growing opposition to planned Msi convention in Genoa, R. Joyce (American Consul General, Genoa) to the Department of State, June 27, 1960, NARA, RG 59, CDF, Box 1917, 765.00/6-2760.
113 G. Baget Bozzo, Il partito cristiano e l’apertura a sinistra, cit., pp. 287-288. Pombeni ha scritto che lo «scandalo» per il congresso a Genova «era credibile fino a un certo punto», P. Pombeni, L’eredità degli anni Sessanta, in F. Lussana, G. Marramao (a cura di), L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta. Culture, nuovi soggetti, identità, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003, p. 46. Secondo Cooke le difficoltà sul nascere del governo Tambroni si erano subito riversate a livello locale. Genova fu una delle prime città in cui i missini votarono contro importanti provvedimenti, provocando così la crisi della giunta, si veda P. Cooke, Luglio 1960, cit., pp. 26-27.
114 A. Barbato, “Balilla l’ha impedito”, «L’Espresso», 10 luglio 1960; A. Del Boca, M. Giovana, I “figli del sole”, cit., p. 201; P. Rosenbaum, Il nuovo fascismo, cit., p. 179.
115 C.E. Basile, Una data ferma scolpita nel tempo, «Il Secolo d’Italia», 24 maggio 1960; C.E. Basile, C’è oggi un’Italia che vuol vivere dal ventre ma c’è anche un’Italia che guarda in alto, «Il Secolo d’Italia», 25 giugno 1960.
116 L’avviso relativo alle pagine non ufficiali dedicate al congresso è presente dal 14 giugno 1960.
117 «[Basile] era in tutt’altra località, nella sua abitazione sui laghi, non era neppure iscritto al Msi, e nessuno aveva pensato - né poteva pensare - di nominarlo Presidente del Congresso», G. Roberti, L’opposizione di destra in Italia, cit., p. 140. Il fatto che Basile non fosse iscritto al Msi spiegherebbe la sua collaborazione così saltuaria al quotidiano. Per il resoconto di Joyce, secondo cui faceva parte di un «gruppo neofascista dissidente», si veda Communist-led rioters succeed in causing cancellation of national convention of neofascist Msi party in Genoa, R. Joyce (American Consul General) to the Department of State, July 11, 1960, NARA, RG 59, CDF, Box 1917, 765.00/7-1160.
118 Si veda I delegati delle federazioni d’Italia, «Il Secolo d’Italia», 30 giugno 1960. La presenza «innocua» di Michele Basile venne ricordata anche in una lettera del 2003 scritta da Francesco Ryllo (nel ’60 delegato provinciale missino di Catanzaro) al Corriere, si veda Verità storica. Il governo Tambroni, (lettere al direttore Paolo Mieli), «Corriere della Sera», 18 dicembre 2003.
119 Puntano di nuovo sui fascisti, «L’Unità», 30 giugno 1960.
120 AP, CdD, III Legislatura, Discussioni, Seduta del 1 luglio 1960, pp. 15435-15439. Il fratello di Sandro Pertini venne deportato a causa di uno dei bandi emanati da Basile durante la Rsi. Il giorno seguente «Paese Sera» scriveva che il governo era «alleato e difensore del deportatore e fucilatore dei patrioti Carlo Emanuele Basile», si veda N. Antoni, Genova ha detto no al fascismo, «Paese Sera», 2 luglio 1960; si veda anche F. Monicelli, Genova insegna, «Paese Sera», 5 luglio 1960. La presenza di Basile è citata in numerosi siti web e lavori storiografici. Tra i tanti G. Crainz, Storia del miracolo italiano, cit., p. 166; P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, cit., p. 347; P. Di Loreto, La difficile transizione, cit., p. 377; A. Lepre, Storia della prima Repubblica. L’Italia dal 1943 al 2003, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 191; L. Radi, Tambroni trent’anni dopo, cit., p. 106. Baldoni ha definito la presenza di Basile «una falsa notizia che esplode come un ordigno ad alto potenziale», A. Baldoni, Due volte Genova, cit., p. 71.
Federico Robbe, Gli Stati Uniti e la Destra italiana negli anni Cinquanta, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 2009-2010
Le conseguenze della crisi furono pesanti. Ne risentì l’importante conferenza di Parigi, dove si discuteva del disarmo e del trattato di pace con la Germania. In tale contesto, il leader sovietico aveva buon gioco nel presentarsi davanti all’opinione pubblica mondiale come «vittima dei tranelli americani». In più, numerose furono le manifestazioni e le mobilitazioni contro “l’imperialismo americano” <101 soprattutto in Giappone, dove il parlamento stava dibattendo il rinnovo del trattato di mutua sicurezza e cooperazione con gli Usa. Circa diecimila giovani assaltarono la Dieta, il parlamento nipponico, e la lotta continuò nelle piazze. La polizia sparò e ci furono cinque morti e centinaia feriti <102. Intanto, Eisenhower dovette rinunciare alla tappa giapponese del suo viaggio asiatico. I fatti di Tokyo furono un chiaro esempio di come la lotta popolare diretta poteva scavalcare la maggioranza parlamentare <103.
In varie città italiane salirono la tensione e il nervosismo <104. I comizi missini nelle città di Reggio Emilia, Parma e Messina furono impediti <105. A Bologna, invece, era stato il discorso di Pajetta, pronunciato in piazza Malpighi il 21 maggio, a provocare l’intervento della polizia <106. Gli scontri durarono quaranta minuti provocando numerosi feriti, tra cui Giovanni Bottonelli, deputato del Pci, che riportò gravi ferite <107. L’episodio, secondo quanto annotava un funzionario del consolato [degli Stati Uniti], rifletteva ancora una volta la «prontezza comunista nello sfruttare gli scontri con le pubbliche autorità» <108. Era questo uno dei tratti maggiormente sottolineati dalle relazioni americane. In più, il giudizio sul partito era a dir poco lapidario. Il Pci non era più in grado di «cavalcare le agitazioni e la propaganda come faceva una volta». La sede dei disordini non poteva che dare credito all’intuizione. Dopotutto, si era trattato di uno scontro in una roccaforte del Pci dove un deputato comunista era stato arrestato e ferito. «Qualche anno fa - ha scritto il segretario d’ambasciata Lister - avremmo assistito a dimostrazioni di massa, scioperi e altre azioni contro il governo in tutta Italia» <109.
Altrettanto attivo era il partito neofascista, galvanizzato dall’appoggio esterno al governo. Il Msi aveva indetto il VI congresso nazionale a Genova, dal 2 al 4 luglio. In quell’occasione, avrebbe dovuto dichiarare fedeltà al metodo democratico e alla Costituzione, anche se la Carta non sarebbe stata accettata come documento intoccabile. Com’è noto, la scelta di Genova, peraltro conosciuta da tempo <110, fu un’opzione poco felice. Molti esponenti missini, negli anni successivi, avrebbero fatto autocritica sia sull’effettiva maturità del partito che sulla scelta della sede <111. A suscitare la protesta del fronte antifascista furono soprattutto due elementi. L’oltraggio di un congresso neofascista in una città medaglia d’oro della Resistenza e la presenza - più vociferata che accertata - dell’ex prefetto della città ai tempi di Salò, Carlo Emanuele Basile. Secondo alcuni avrebbe addirittura dovuto presiedere i lavori. Il nome di Basile bastava ad evocare lo spettro dei non lontani massacri di guerra, rendendo l’affronto missino insostenibile. Sulla scelta di Genova e sulle voci che riguardavano Basile, però, rimangono forti perplessità. Il 15 maggio, quando vennero resi noti i giorni e la sede del congresso le reazioni furono piuttosto blande <112. Genova, inoltre, non era la prima città fortemente legata alla Resistenza in cui il Msi convocava il suo raduno nazionale. Quattro anni prima la sede prescelta era stata Milano. In più, dal 1956, la giunta comunale della città ligure era appoggiata dai voti missini. Certamente Genova era «più contaminata dal Msi con il voto determinante del governo cittadino che con un congresso di tre giorni» <113.
In merito all’invito a Carlo Emanuele Basile, allo stato attuale delle ricerche, non esistono prove. Già iscritto nelle liste dei criminali di guerra, Basile fu protagonista di deportazioni e rastrellamenti, in stretta collaborazione con le autorità naziste. Secondo quanto riporta «L’Espresso», aveva organizzato deportazioni di operai ed era l’uomo più odiato di tutta la Liguria, tanto da essere soprannominato «il boia» <114. Ad ogni modo, gli organi di stampa di destra non avevano accennato alla sua partecipazione. Sul giornale missino, tra maggio e giugno, sono solo due gli articoli da lui firmati <115. Pagine che, per esplicito avvertimento del quotidiano, erano tutt’altro che «ufficiali», ma piuttosto un’iniziativa autonoma del giornale <116.
Nella sua ricostruzione di quegli anni, un esponente missino di primo piano come Gianni Roberti negava nel modo più assoluto sia la partecipazione di Basile che la sua nomina a presiedere il congresso. Oltre al fatto che fosse in quei giorni lontano da Genova - cosa in sé non molto rilevante - Roberti aggiungeva che non era neanche iscritto al Msi, notizia che si trova anche in un rapporto del console generale Joyce <117. Ciò non toglie che i missini non si erano preoccupati di smentire le voci sulla sua partecipazione. Un altro tassello utile a ricostruire la vicenda è l’elenco degli esponenti che effettivamente sarebbero andati a Genova. Dal 25 giugno al 2 luglio il quotidiano neofascista pubblicò nomi, foto e brevissime biografie dei delegati provenienti da tutta Italia. Il 30 compariva Basile. Si trattava però di Michele Basile, avvocato di Vibo Valentia <118. I ricordi di chi scorse l’elenco dei delegati, probabilmente, si focalizzarono sul ben più famoso e sanguinario Carlo Emanuele. Il coinvolgimento dell’ex gerarca fascista impressionò gli americani per essere stato «un ottimo strumento nelle mani della macchina di propaganda comunista». Ampio spazio alla presenza di Basile venne dato dalla stampa di sinistra e dai frequenti comizi, dove la risposta della folla fu sempre calda. Basti pensare che «L’Unità» del 30 giugno si scagliava contro Basile, che avrebbe intitolato “Torneremo a Genova” un articolo su «Il Secolo d’Italia», alludendo ad una «rivincita sulla città che lo aveva cacciato» <119. Peccato che quell’articolo non sia mai stato scritto, né da Basile né da altri. L’associazione del criminale di guerra al congresso missino divenne prassi consolidata soprattutto dopo l’intervento di Pertini alla Camera, il 1° luglio <120. Questo alimentò le inquietudini degli Usa, che più di tutto temevano un irrigidimento delle posizioni e la polarizzazione del quadro politico.
[NOTE]
100 J. L. Gaddis, La guerra fredda, Mondadori, Milano, 2005, pp. 179-180. Sull’episodio dell’U-2 si veda M.R. Beschloss, Mayday. The U-2 Affair, Harper and Row, New York, 1986.
101 P. Di Loreto, La difficile transizione, cit., pp. 361-362; L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit., pp. 294-295.
102 G. Baget Bozzo, Il partito cristiano e l’apertura a sinistra, cit., p. 285. Sui manifestanti si veda M. Del Bene, Appunti sulla vicenda del movimento studentesco giapponese, «Passato e Presente», n. 25, a. X, 1991. Per le valutazioni e i timori dei missini si veda I comunisti in Giappone tentano con la forza di rovesciare l’alleanza con il mondo occidentale, «Il Secolo d’Italia», 22 maggio 1960.
103 Da notare che Nenni e Togliatti approvarono le azioni dell’organizzazione Zenga-kuren, si vedano D. Yoshida, 5 milioni di operai giapponesi hanno scioperato contro le basi, «L’Unità», 5 giugno 1960; La nostra solidarietà al popolo giapponese, «L’Unità», 12 giugno 1960; Solidarietà del Pci col popolo giapponese, «L’Unità», 18 giugno 1960.
104 Sul generale inasprimento delle autorità pubbliche nei confronti dell’opposizione di sinistra si veda P. Di Loreto, La difficile transizione, cit., pp. 365-367.
105 G. Roberti, L’opposizione di destra in Italia, cit., p. 138. Per le reazioni sulla stampa missina si veda Preordinate provocazioni dei socialcomunisti a Parma, «Il Secolo d’Italia», 1 maggio 1960.
106 A. Barbato, Da Bologna il primo squillo di tromba, «L’Espresso», 29 maggio 1960, p. 6. Si veda P.G. Murgia, Il luglio 1960, cit., p. 62.
107 Si veda G. Fanti, G.C. Ferri, Cronache dall’Emilia rossa: l’impossibile riformismo del Pci, Pendragon, Bologna, 2001, pp. 67-68.
108 Police breakup of Bologna communist meeting arouses strong reaction, M. Cootes (American Consul General) to the Department of State, May 30, 1960, NARA, RG 59, CDF, Box 1917, 765.00/5-3060.
109 Communists provoke incidents in Chamber June 1 over clash with police in Bologna, G. Lister (First Secretary of Embassy) to the Department of State, June 10, 1960, NARA, RG 59, CDF, Box 1917, 765.00/6-1060. Tuttavia, proprio in relazione ai fatti di Bologna, il parlamentare democristiano Elkan parlò di una grande quantità di armi detenute nelle case di alcuni arrestati o in luoghi vicini. Erano tutti esponenti del Pci e le armi facevano parte, secondo Elkan, di «oscuri e gravi ricordi di guerra civile», si veda AP, CdD, III Legislatura, Discussioni, Seduta del 1° giugno 1960, p. 14423.
110 «L’autorizzazione era stata data da tempo, addirittura da Segni come ministro degli Interni del suo governo», si veda L. Radi, Tambroni trent’anni dopo, cit., p. 105. La notizia del congresso apparve sul quotidiano neofascista a metà maggio, si veda In difesa dello Stato e della nazione insostituibile la funzione del Msi, «Il Secolo d’Italia», 15 maggio 1960. La mozione congressuale fu pubblicata, sempre sul quotidiano neofascista, il 3 giugno.
111 A. Baldoni, La destra in Italia, cit., p. 553; Servello ha scritto di un partito «completamente impreparato», della «sottovalutazione delle capacità di mobilitazione delle sinistre» e della «sopravvalutazione della capacità del governo Tambroni di gestire la situazione». I tempi, comunque, non erano ancora giudicati maturi, F. Servello, 60 anni in fiamma. Dal Movimento Sociale ad Alleanza Nazionale, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006, pp. 63-68. Sull’autocritica di Almirante si veda A. Pitamitz (a cura di), Tre protagonisti 25 anni dopo, «Storia Illustrata», n. 337, dicembre 1985, p. 47. Particolarmente netto e amaro fu il giudizio di Anfuso, che nel 1962 arrivò a dire che il Msi avrebbe potuto anche sparire, se la Dc si fosse sforzata di comprendere le intenzioni del partito neofascista, A. Del Boca, M. Giovana, I “figli del sole”. Mezzo secolo di nazifascismo nel mondo, Feltrinelli, Milano, 1965, p. 202. La questione delle intenzioni missine è peraltro molto dibattuta. Ne «Il Secolo d’Italia» del 30 giugno ’60 si legge «il Msi rappresenta dunque, e assume apertamente di voler rappresentare, la continuazione del Fascismo». Tarchi ha ricordato la «classica connotazione bicefala del Msi», alla luce della quale l’obiettivo ultimo restava la costruzione di «un regime destinato a richiamare - sia pure in forme che nessuno avrebbe saputo indicare con precisione - quello mussoliniano», M. Tarchi, Cinquant'anni di nostalgia. La destra italiana dopo il fascismo, Intervista di A. Carioti, Rizzoli, Milano, 1995, p. 66
112 P. Cooke, Luglio 1960, cit., pp. 39-41; F.M. Solo la Dc a Genova non protesta contro il congresso dei neofascisti, «L’Unità», 11 giugno 1960; Per le reazioni missine si veda La farsa rossa dell’indignazione popolare contro il Congresso nazionale del Msi a Genova, «Il Secolo d’Italia», 11 giugno 1960. Il console Joyce rimase colpito dalla durezza della campagna che poi iniziò. A tal proposito citò un manifesto con la scritta: «Msi uguale fascismo, fascismo uguale nazismo, nazismo uguale camere a gas», Growing opposition to planned Msi convention in Genoa, R. Joyce (American Consul General, Genoa) to the Department of State, June 27, 1960, NARA, RG 59, CDF, Box 1917, 765.00/6-2760.
113 G. Baget Bozzo, Il partito cristiano e l’apertura a sinistra, cit., pp. 287-288. Pombeni ha scritto che lo «scandalo» per il congresso a Genova «era credibile fino a un certo punto», P. Pombeni, L’eredità degli anni Sessanta, in F. Lussana, G. Marramao (a cura di), L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta. Culture, nuovi soggetti, identità, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003, p. 46. Secondo Cooke le difficoltà sul nascere del governo Tambroni si erano subito riversate a livello locale. Genova fu una delle prime città in cui i missini votarono contro importanti provvedimenti, provocando così la crisi della giunta, si veda P. Cooke, Luglio 1960, cit., pp. 26-27.
114 A. Barbato, “Balilla l’ha impedito”, «L’Espresso», 10 luglio 1960; A. Del Boca, M. Giovana, I “figli del sole”, cit., p. 201; P. Rosenbaum, Il nuovo fascismo, cit., p. 179.
115 C.E. Basile, Una data ferma scolpita nel tempo, «Il Secolo d’Italia», 24 maggio 1960; C.E. Basile, C’è oggi un’Italia che vuol vivere dal ventre ma c’è anche un’Italia che guarda in alto, «Il Secolo d’Italia», 25 giugno 1960.
116 L’avviso relativo alle pagine non ufficiali dedicate al congresso è presente dal 14 giugno 1960.
117 «[Basile] era in tutt’altra località, nella sua abitazione sui laghi, non era neppure iscritto al Msi, e nessuno aveva pensato - né poteva pensare - di nominarlo Presidente del Congresso», G. Roberti, L’opposizione di destra in Italia, cit., p. 140. Il fatto che Basile non fosse iscritto al Msi spiegherebbe la sua collaborazione così saltuaria al quotidiano. Per il resoconto di Joyce, secondo cui faceva parte di un «gruppo neofascista dissidente», si veda Communist-led rioters succeed in causing cancellation of national convention of neofascist Msi party in Genoa, R. Joyce (American Consul General) to the Department of State, July 11, 1960, NARA, RG 59, CDF, Box 1917, 765.00/7-1160.
118 Si veda I delegati delle federazioni d’Italia, «Il Secolo d’Italia», 30 giugno 1960. La presenza «innocua» di Michele Basile venne ricordata anche in una lettera del 2003 scritta da Francesco Ryllo (nel ’60 delegato provinciale missino di Catanzaro) al Corriere, si veda Verità storica. Il governo Tambroni, (lettere al direttore Paolo Mieli), «Corriere della Sera», 18 dicembre 2003.
119 Puntano di nuovo sui fascisti, «L’Unità», 30 giugno 1960.
120 AP, CdD, III Legislatura, Discussioni, Seduta del 1 luglio 1960, pp. 15435-15439. Il fratello di Sandro Pertini venne deportato a causa di uno dei bandi emanati da Basile durante la Rsi. Il giorno seguente «Paese Sera» scriveva che il governo era «alleato e difensore del deportatore e fucilatore dei patrioti Carlo Emanuele Basile», si veda N. Antoni, Genova ha detto no al fascismo, «Paese Sera», 2 luglio 1960; si veda anche F. Monicelli, Genova insegna, «Paese Sera», 5 luglio 1960. La presenza di Basile è citata in numerosi siti web e lavori storiografici. Tra i tanti G. Crainz, Storia del miracolo italiano, cit., p. 166; P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, cit., p. 347; P. Di Loreto, La difficile transizione, cit., p. 377; A. Lepre, Storia della prima Repubblica. L’Italia dal 1943 al 2003, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 191; L. Radi, Tambroni trent’anni dopo, cit., p. 106. Baldoni ha definito la presenza di Basile «una falsa notizia che esplode come un ordigno ad alto potenziale», A. Baldoni, Due volte Genova, cit., p. 71.
Federico Robbe, Gli Stati Uniti e la Destra italiana negli anni Cinquanta, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 2009-2010