domenica 20 settembre 2020

Lena era per noi una sicurezza


Lena non si scomponeva mai, anche di fronte alle nostre intemperanze. Non volevamo sottostare ad alcuna regola noi ragazzi. Almeno in apparenza. Nella realtà, invece, una volta varcata la soglia della Latteria [in Pigna (IM)] da Pepin - prendeva il nome dal marito di Lena - ci si doveva riassettare ed in fretta. Pepin non faceva sconti a nessuno.

Lena no, Lena era una donna buona e gentile. In fondo ci aveva visto crescere. Abitava con suo marito in La Cola alcune porte prima della mia. Il suo sguardo era sempre accondiscendente verso tanta e manifesta esuberanza. Noi ci precipitavamo in latteria per la Tv dei ragazzi alle 17, qualche volta prima, ma allora se non ricordo male i programmi iniziavano nel tardo pomeriggio.

Il maestro Manzi, che anticipava la TV dei Ragazzi, conduceva una trasmissione - Non è mai troppo tardi -  che allora aiutò parte del paese ad uscire dall’analfabetismo. Ricordo questo uomo che insegnava a scrivere correttamente attraverso l’immagine televisiva. Le consonanti e le vocali su quella lavagna erano così perfette, così precise, la gambetta, l’accento greve o acuto era tutto così in ordine che sembrava un gioco. Infatti, io credo, che il maestro Manzi riuscì ad attrarre il vasto pubblico grazie alla sua abilità di prestigiatore di lettere e parole.

Era un'Italia ancora sofferente quella dei primi anni sessanta. La TV si imponeva non solo come arredamento delle spoglie sale nelle nostre case, ma come ebbe a dire una volta mia madre molti anni dopo a proposito della Santa Messa trasmessa la domenica mattina, teneva compagnia.

Se la televisione aveva il potere di riempire spazi attraverso il suono e l’immagine, la Tv dei ragazzi con i suoi film ed i suoi cartoni animati riusciva ad acquietarci: un calmante somministrato via etere. “Adesso mettevi lì e non fate più bordello” soleva dire la Lena. I fratelli Bonanza, Lancillotto ed i Cavalieri della Tavola Rotonda, il primo telequiz - Chissà chi lo sa? -. Crescevamo anche noi insieme ai programmi televisivi, con nuovi programmi ed una programmazione sempre più articolata e duratura che lentamente relegò la TV dei ragazzi in uno spazio delimitato. Il mondo cambiava e la comunicazione era l’avamposto di quel cambiamento. Noi e la Latteria da Pepin insieme ci accompagnavamo verso nuovi orizzonti mediatici.

Lena era per noi una sicurezza. Alle 17 ci aspettava il suo bel bicchiere di latte tiepido con la schiuma. Quel bicchiere lo rivedo e sento ancora caldo tra le mani: il lungo cucchiaio e due dita di schiuma. Lo assaporavo con un piacere intenso, tanto che poi nella vita ad ogni rinnovato e nuovo piacere che provai, quel latte restava lì come pietra di confronto. Credevo di averlo dimenticato, ma lui era in attesa di venire allo scoperto. Alcune immagini e suoni o in questo caso un bicchiere di latte, formano uno stereotipo che ti accompagnerà per sempre nel tuo percorso di vita. Se prendiamo uno di quei ragazzi di allora con i quali si frequentava la Latteria quel bicchiere di latte con la schiuma, resta il patrimonio condiviso di quel tempo.

La Latteria era accogliente. Ricordo il banco dove fecero la loro comparsa le vaschette di Nutella, quelle con il cucchiaino di plastica, le paste che Pepin portava d’in giù, il latte venduto sciolto, i Buondì Motta e poco altro. Per molti era anche troppo: noi si aveva al massimo 30 lire in tasca, il necessario per un bel bicchiere di latte. In estate Lena vendeva anche i gelati: noi amavamo i ghiaccioli anche perché costavano 20 o 30 lire. Alcuni recavano sullo stecco di legno una stella che ti dava diritto ad un altro ghiacciolo in omaggio. Eravamo tremendi: cercavamo sempre noi di aprire il frigo dei gelati per scegliere il ghiacciolo scartando e facendo attenzione se si intravvedeva la tanto ambita stella. Ma, se Pepin ti beccava a frugare dentro quel frigo a pozzetto, erano dolori.

Vennero le partite di football, i grandi scontri che andavano oltre il calci,o come la finale della coppa del mondo del 1966 a Wembley tra l’Inghilterra e Germania vinta per 4 a 2 dagli inglesi. Non si giocava una partita ci si riscattava attraverso gli Inglesi di qualcos’altro, Credo che questo sentimento fosse assai diffuso. In molti videro in quel macth una rivincita contro il paese che tanti lutti aveva portato in Europa due decenni prima. Anche Pigna pagò il suo prezzo di vite umane a quella follia, la ferita negli anni sessanta era ancora aperta.

I tavoli posti sulla parte posteriore del locale erano sempre occupati dagli anziani che innescavano delle litigiose partite a briscola e mariagiu (un gioco simile alla briscola) questi anziani potevano essere i nostri nonni, li ricordo curvi sul tavolo da gioco, qualcuno con il sigaro con la brace rivolta all’interno della bocca, retaggio della Grande Guerra, come ebbe a raccontarmi uno di loro Luì u Castelissu mascherare la brace tenendola dentro la bocca ti poteva salvare la vita dai cecchini. Luì aveva combattuto sul Carso. Era un brav’uomo che abitava in Lu Burgu (via Borgo) ed era stato dopo l’avvento del fascismo costretto ad andarsene in Francia, dove rimase fino alla fine del secondo conflitto. Era comunista. Il suo comunismo nacque sul Carso e mi raccontò anche come nacque: “mi avevano messo di guardia ad una feritoia e vidi tre austriaci venire avanti a carponi; armai il moschetto e puntai su di loro, tre colpi secchi, veloci e due restarono lì colpiti, uno si mosse ancora un po', poi cessò di vivere. Avevo ammazzato due giovani uomini che non conoscevo, da quel giorno non fui più lo stesso." I suoi occhi parlavano per lui: dietro alle lenti potevo scorgere una leggera velatura, una tristezza per quelle due giovani vite spezzate.

Il Giro d’Italia trasmesso in diretta fu una rivoluzione. Allora sia il Giro che il Tour de France erano seguitissimi. quelle immagini al seguito dei ciclisti ci fecero vedere i grandi Passi Alpini, una Italia che non riuscivamo ad immaginare, la nostra Italia era quella della cartina geografica o degli interminabili minuti d’interruzione dei programmi televisivi in cui nel palinsesto veniva inserito l’intervallo che con la sua musica inconfondibile, ci regalava immagini di tutta l’Italia.

Il Giro trasmesso in diretta rappresentò una svolta qualitativa e partecipativa. Anche il pubblico televisivo era partecipe delle fatiche di quelle interminabili salite, quelle volate terribili che ti chiedevi come non facessero a cadere stretti, stretti come erano. Al Giro d’Italia si accompagnò la messa in vendita delle figurine dei ciclisti, una delle grandi invenzioni degli anni sessanta furono la vendita delle bustine e i cataloghi dove incollare i campioni sportivi. Noi avevamo un nostro mercato di figurine doppie che ci giocavamo a “muro” fuori dalla latteria. Lascio immaginare il casino che facevamo, caricati dalle immagini del Giro, subitamente balzati fuori dal locale ci apprestavamo a giocarci quello che avevamo di doppio, tra urla e imbrogli, si scatenava la nostra dirompente energia. Spesso Pepin usciva a zittirci, ma noi ci si spostava nella vicina Piazza Vecchia e si continuava.

Pepin e Lena cedettero la latteria alla fine degli anni sessanta a Mario uno sfegatato interista, nervoso e impaziente, ma noi si era un po più grandicelli allora le nostre intemperanze si erano smorzate, si qualche marachella era sempre in agguato, ma la nostra energia stava prendendo e preferendo altri luoghi.

La sera di Italia- Germania, semifinale coppa del mondo 1970 finita 4 a 3 per l’Italia, rappresentò uno di quei momenti di tensione collettiva condivisa in tutta la penisola , una partita esaltante, al pari della finale di Wembley del 1966, una serata di riscatto. La latteria esplose letteralmente, tra il fumo di sigarette ed il vociare ad ogni azione, la tensione era alle stelle al punto che anche le richieste non venivano evase e se qualcuno richiedeva il suo caffè o qualcosa di altro, Mario sbottava come una saetta. I supplementari più lunghi della storia del nostro calcio. Un fischio di fine gara che ci fece esplodere, in un secondo fummo tutti fuori a festeggiare, io allora amavo Burgnich, e credo che mai come in quella occasione mi sia identificato con il grande terzino puro, come lo definiva Brera, della grande Inter…

Poi venne un altro tempo per noi tutti [...]

Roberto Trutàlli, Sindaco di Pigna (IM)