domenica 18 luglio 2021

Molte regioni italiane hanno già posto sotto stretta tutela questo stupendo esemplare della flora d'alta quota

Carlina acaulis - Fonte: Wikipedia

Carlina è la denominazione scelta per un Genere di piante spinose molto famoso, sia per la sua estesa diffusione che per l’augusta provenienza.
Secondo quanto riferisce il Tabernaemontanus (pseudonimo latinizzato, in ossequio ad un vezzo dell'epoca, del celebre medico botanico Jacobus Theodorus di Bergzabern, vissuto dal 1515 al 1590), fu proposta da un altro insigne studioso come Rembert Dodoens (1517-1585) per la prima volta, derivandola da una forma contratta del battesimo popolare di “Carolina”, con la quale erano state battezzate alcune specie di Cardi.  
Il termine deriverebbe da una straordinaria e leggendaria vicenda di "buonasanità" accaduta a Carlo Magno, il cui esercito era stato colpito da una micidiale pestilenza.
L'episodio sarebbe avvenuto durante la guerra di Barberia (oppure, secondo il Papa Pio II° Silvio Piccolomini, nei pressi del monte Amiata, in occasione di un viaggio a Roma) quando Carlo Magno, in preda alla disperazione, avrebbe invocato fiducioso l’aiuto dei cielo.
Un angelo sarebbe subito apparso all'Imperatore consigliandolo di scagliare una freccia verso il sole per trovare il fiore della salvezza nel punto di ricaduta.
Eseguita con cura la celeste direttiva, Carlo Magno recuperò il dardo infisso in un rigoglioso ciuffo di Carline, immediatamente battezzate con il nome del celebre monarca. Un'enorme tisana, subito approntata dalla sussistenza, avrebbe riportato in salute tutta la truppa.  Accanto a questa eccelsa ipotesi non è mancata, anche in questo caso, quella alternativa che in realtà appare più probabile e terrena; ossia la concreta deformazione diminutiva del nome "piccolo cardo" (cardunculus).
Forse l'efficacia terapeutica di queste Composite Cynaree è sempre stata sopravvalutata grazie ai prodigi sovrannaturali loro attribuiti, ma il racconto è l’ennesima riprova della sconfinata fiducia riposta nelle piante da parte delle popolazioni dei passato.
Basta citare, a questo proposito, quanto si diceva ancora duecento anni o sono nei confronti del "Camaleonte bianco", "Carlo Pinto", "Carcioffo selvatico" (tre altri pittoreschi appellativi volgari riservati alla Carlina acaulis).
"Dappertutto se ne mangiano i ricettacoli a foggia di Carcioffi, sia cotti che crudi perché il loro sapore è quasi eguale a quello di una mandorla amara e quello della sua radice ancora più amaro; viene quest'ultima adoperata per ravvivare le forze vitali ed eccitare il corso delle orine; si fa disseccare tanto per mangiarla d'inverno, quanto per farne spedizioni lontane".  
Considerata dunque fra le erbe più preziose, la Carlina acaulis fu coltivata negli orti dei monasteri ed in Inghilterra sopravvive tuttora l'usanza di appenderla nella camera da letto dei bambini per invocare salute e protezione; così come la troviamo sulle porte delle case di montagna, dove funge da infallibile bollettino metereologico.
Infatti, anche nel secco, essa conserva la prerogativa congenita di rinchiudere verso il centro le brattee esterne allo scopo di proteggere il polline dai danni dell’acqua, quando il tempo minacci pioggia. Il fenomeno trova riscontro nel battesimo popolare di "Indovina"; una dizione sicuramente riferita alla caratteristica di preavvertire le mutazioni atmosferiche.
Per molti montanari i ricettacoli dei capolini sono anche popolari sotto il nome di “Pane del cacciatore”, in quanto sono utilizzabili per uno spuntino come il cuore del carciofo; è possibile anche conservarli tagliati a piccoli pezzi, canditi oppure caramellati con zucchero in poca acqua, per ottenere una sorta di mostarda.
Sarebbe bene, comunque, non divulgare che le Carline possono essere cucinate alla stessa maniera dei Carciofi, perché la specie italiana più vistosa, la Carlina acantifolia, si va ormai rarefacendo a causa della spietata caccia cui è sottoposta dai falsi amanti della montagna che la tagliano per i loro trofei di fiori secchi.
Molte regioni italiane hanno già posto sotto stretta tutela questo stupendo esemplare della flora d'alta quota che, per la sua dimensione e la vistosa appariscenza, difficilmente riesce a mimetizzarsi con l'ambiente ed a passare inosservato.
La caratteristica naturale delle Carline di vivere in luoghi solitari è stata sottolineata dalla emblematica floreale che conferisce a queste piante il significato di isolamento, di solitudine e di riflessione.
Le Carline, in particolare la Carlina acaulis contengono inuline, tannino, resine, un olio essenziale, sali di potassio, calcio e magnesio. Inpltre, posseggono qualità antisettiche simili a quelle della Canfora; soprattutto alla radice sono riconosciuti modesti poteri diuretici, digestivi, purganti e cicatrizzanti, anche se non si deve ignorare la presenza di noiosi effetti collaterali come vomito e diarrea. E' segnalato anche un impiego della polvere di radice contro il mal di denti, la scabbia ed altre malattie della pelle come vesciche piaghe.
In tempi di miseria o di penuria di tabacco, la polvere di radice è stata anche sfruttata nelle sigarette fai da te; sciolta nel vino rosso è stata usata come un comune sudorifero per combattere la febbre e gli attacchi reumatici. Il particolare zucchero di cui è ricca la Carlina risulta digeribile anche dai diabetici.
Le piante appartenenti a questo Genere sono bienni o perenni e si presentano sotto forma di rosette appiattite contro il terreno, oppure con fusto semplice o ramoso.  Le foglie possono essere cartilaginee in alcune specie oppure più sottili e flessibili, pennatifide o dentate e spinose al margine.
I capolini sono formati da fiori tutti tubolari ed ermafroditi, talvolta assai grandi, con squame involucrali esterne erbacee e spinose, mentre quelle interne sono lucide, scariose, disposte a forma di raggio attorno ai fiori e si aprono solamente con il tempo secco.
 

Carlina acanthifolia - Fonte: Wikipedia

Carlina acaulis (VI- IX. Nasce negli aridi sino ai 2300m). Specie molto variabile ha rosetta appiattita sul terreno, foglie raggiate lunghe sino a 30 cm, larghe cm con picciolo distinto, divise in segmenti stretti e dentati, con superficie peloso-sericea e spine appuntite. Il capolino solitario è sessile, largo da 7 a 13 cm con brattee interne bianco argentate alla punta, mentre la parte inferiore è verde o purpurea.
Carlina acanthifolia All (Syn. Carlina utzka Hacq. VII- IX. Nasce nei pendii aridi e sassosi sino ai 1800m). E’ una pianta inconfondibile per la grande rosetta appiattita di foglie lunghe sino a 35 cm, larghe 9 cm. fittamente addensate, lungamente picciolate a larghe lacinie, inegualmente incise e dentate per denti spinosi, ragnatelose su ambo i lati. Il capolino centrale è assai grande, da 7a 15 cm di diam., ha i fiori del disco gialli e squame dei raggio giallo pallido o bianco brillante  
Carlina corymbosa L. (VII- X. Nasce negli aridi sino ai 1300m). Ha fusto ramoso e corimboso, striato, densamente foglioso, alto sino a 70 cm.  Ha foglie coriacee pennato-dentate o lobate con spine gialle; le foglie sono conduplicate, con la pagina superiore piegata a costa. Le inferiori si presentano ristrette in breve picciolo, le superiori abbracciano il fusto che porta capolini solitari di 3-5 cm di diam. all'apice dei rami. Le brattee dell'involucro esterno sono simili alle foglie e le squame dei raggio, sono scariose, patenti, lineari- acute, di colore uniforme, ma porporine sul dorso.  
Carlina vulgaris L. (VI- IX. Nasce nei boschi sino ai 1800m). Ha fusto rossiccio, eretto ramoso e corimboso, con fiocchi e densamente foglioso, alto sino a 50 cm.  Ha foglie coriacee sessili a lamina ovale lanceolata, leggermente arcuate, spinose, le superiori carenate ed abbraccianti. Capolini apicali, solitari di 2-4 cm. con foglie dell'involucro esterno più corte delle squame che sono fini, con piccole spine nerastre sui bordi, color paglierino come le corolle dei fiori centrali.  
Carlina lanata L. (VI- VIII. Nasce nei pascoli aridi sino ai 1200m). Ha fusto eretto, lanoso, ramoso e corimbose alla sommità, foglioso, alto sino a 50 cm. Ha foglie coriacee conduplicate, nella parte bassa più o meno abbraccianti, a lamina ovale lanceolata, con lobi marcati e spinescenti; le superiori abbraccianti. I capolini in genere solitari (o un paio nei rami dicotomi) hanno 2-5 cm di diam. con foglie dell'involucro esterno lanose a spine acute; le squame del raggio, sono porporine come le corolle dei fiori centrali.
 

Carlina vulgaris - Fonte: Wikipedia

Come raccoglierle e coltivarle
Nel giardinaggio, oltre alla Carlina vulgaris  ed alla Carlina corymbosa si può tentare la coltivazione da seme della Carlina acanthifolia (è inutile oltre che dannoso per il patrimonio vegetale tentarne il trapianto).
Queste piante non si dimostrano però di facile coltura anche se il loro aspetto vistosamente decorativo può ripagare delle difficoltà di ambientamento.  

Alfredo Moreschi