lunedì 12 luglio 2021

Ti mostrerei cose indimenticabili, degne d’un poeta come te


Il carteggio “Giorgio Caproni-Vittorio Sereni, 1947-1983”, a cura di Giuliana Di Febo Severio, Leo S.Olschki editore, vince la prima sezione della XXII edizione del Premio letterario nazionale Vittoria Aganoor Pompilj.
[...] Dopo un’attenta comparazione tra i volumi selezionati, la giuria ha deciso di premiare quest’anno il volume Giorgio Caproni-Vittorio Sereni, 1947-1983, con la seguente motivazione:
“Il carteggio ricostruisce un «sodalizio» umano e poetico fondato sulla corrispondenza tra due intellettuali che entrano in relazione tra loro attraverso uno «scambio reciproco di doni letterari». La narrazione di questa «vicinanza umana e poetica» tra Giorgio Caproni e Vittorio Sereni assume via via la connotazione di una «comunicazione profonda» dove il discorso si fa «aperto» e intimo («senza essere uditi da nessuno»). Una narrazione su cui si innervano  altre corrispondenze coeve, edite ed inedite, abilmente recuperate dalla curatrice. Per Sereni le corrispondenze con Anceschi, Bertolucci, Saba, Antonia Pozzi, Zanzotto, Luzi, Giudici. Per Caproni quelle con Betocchi, De Robertis, Luzi e Sbarbaro. A queste si affianca, con funzione complementare una corrispondenza «implicita - sommersa e frammentaria» rappresentata dalle «biblioteche d’autore» e dal dialogo serrato tra i due attivato dalle rispettive recensioni, dalla lettura condivisa delle reciproche opere. Senza dimenticare la ricostruzione dell’«epitesto privato», vale a dire le parole degli stessi poeti affidate a conversazioni alla radio, interviste, autocommenti, dichiarazioni varie, ecc.
L’ampio saggio introduttivo della curatrice Giuliana Di Febo Severo analizza con intelligenza e passione il legame intellettuale ed umano e il complesso dialogo morale intercorso tra due forti personalità quali Caproni e Sereni che nel colloquio epistolare si sentono liberi di esprimere non solo i personali entusiasmi ma anche le rispettive insicurezze generatrici di svolte esistenziali.
Un carteggio interessante perché rivela in molti passaggi sia l’opera in fieri del poeta Sereni, i suoi segreti compositivi, sia la portata delle sue iniziative editoriali in cui intende coinvolgere l’amico Caproni, restituendoci la voce profonda di entrambi, l’investimento umano e la «disponibilità alla condivisione» che corre attraverso questo intenso scambio epistolare. Il Carteggio, nonostante l’ampio arco cronologico considerato (1947-1983), consta di 77 documenti epistolari, di cui 42 di Caproni e 33 di Sereni; è corredato da un «regesto», da un Indice dei nomi, luoghi, titoli, che cooperano a rendere agevole per il lettore l’attraversamento del volume. Le annotazioni ai testi sono ricche di informazioni storico-critiche che guidano chi legge dentro la folta costellazione della poesia italiana degli anni ’30-’40 e del secondo dopoguerra. La Giuria del premio riconosce e valorizza il lavoro di curatela di Giuliana Di Febo Severo, condotto con scrupolo e rigore filologico che contribuisce a lumeggiare due protagonisti della poesia italiana del secondo Novecento. Siamo di fronte a lettere che parlano di poesia, che sono abitate dalla poesia e dall’intensa umanità dei due interlocutori”. [...]
Redazione, Il carteggio Caproni-Sereni vince la prima sezione del Premio Aganoor Pompilj, Umbria Domani, 31 agosto 2020

Il Novecento forse è stato l’ultimo secolo che ha potuto conservare lacci di umanità attraverso la forma epistolare. Ad oggi una pratica in disuso, âgée, tuttavia in precedenza permetteva alle persone di costruire una corrispondenza che avesse un sentiero di narrazione, a volte solido, a volte sospeso, senza subire alcuna ansia di istantaneità. Il carteggio tra Giorgio Caproni e Vittorio Sereni, a cura di Giuliana Di Febo-Severo, in profondità è un manifesto di amicizia ascendente, legata da una fraternità radiosa e da un rispetto che unisce la sfera umana con quella poetica. Ciò che più colpisce in questo volume non tocca in senso stretto i pensieri sui progetti editoriali - mirabili quelli di Sereni -, sulle recensioni, sui premi, sullo stato di salute di entrambi, o sulle reciproche approvazioni intorno al lavoro poetico, bensì riguarda poche cose soffuse, la natura descrittiva e fulminea delle città di adozione di Caproni, ad esempio su Roma che sembra la stessa di settant’anni fa: «(lo conosci l’odore di Roma? Il tanfo di cavolo lesso e d’orina?)». E su Genova, città a cui il poeta toscano dedicò i versi più identificativi, o meglio su Loco di Rovegno, dove è sepolto: «Ti mostrerei cose indimenticabili, degne d’un poeta come te […] Una zona che non è né ligure né lombarda né emiliana (geograficamente comprende il punto d’innesto delle tre regioni) e che merita d’essere vista per i suoi monti rossi come il lampone o verdi come il verderame, dove nasce gelida la Trebbia». I poeti in questione furono uniti da un grande collante: René Char. Il poeta francese fu tradotto da entrambi, in una lettera Caproni dichiara che la traduzione è mutazione, si parla di poesia che si trasforma in altra, non è una mera operazione di riporto linguistico: «Più che splendida, la tua traduzione mi appare splendente, con tutta intera la scintillazione della parola di Char. Una traduzione del poeta che sei. (Ma è giusta la parola traduzione, in un lavoro come il tuo? Tu non hai tradotto, ma scritto Char in italiano: nella lingua della tua poesia)».
Augusto Ficele, Giorgio Caproni - Vittorio Sereni: il carteggio, Leggere tutti, 10 novembre 2020