domenica 19 febbraio 2023

Ogni notte, per quante sentinelle si mettano, i soldati scappano a decine, spesso a centinaia


Nei piani del governo di Salò, la ricostituzione delle Forze Armate è ritenuta fondamentale. Essa deve segnare una rottura con il passato <601, dopo il tradimento del 25 luglio e dell'8 settembre, e - nello stesso tempo - deve costituire lo strumento attraverso il quale continuare la guerra accanto agli alleati tedeschi. Una forza militare organizzata e istituzionalizzata può, peraltro, conferire la legittimità e la sovranità di cui lo Stato Nazionale Repubblicano ha bisogno <602. Il compito, tuttavia, non è facile. Intanto, Hitler non si fida di un esercito italiano. Anche Goebbels manifesta le proprie perplessità e non senza una punta di sarcasmo. <603 Sul piano interno, inoltre, occorre dirimere la disputa tra Graziani, Ministro della Difesa Nazionale e sostenitore di un Esercito nazionale, apolitico, unitario, e Ricci, Comandante della Milizia e fautore, invece, di un Esercito con una forte connotazione politica. Occorre, infine, tenere a freno le attività di quei reparti armati che sembrano godere di ampia autonomia e libertà d'azione <604.
Nella riunione del Consiglio dei ministri del 27 ottobre [1943] sembra prevalere la linea di Graziani. Lo stesso Mussolini dice che la M.V.S.N. farà parte integrante dell'Esercito.
Tuttavia, nella successiva riunione del 24 novembre viene approvato lo Schema di decreto per l'istituzione di una “Guardia Nazionale Repubblicana” [GNR] con a capo Renato Ricci <605. Sembrerebbe una rivincita di Ricci e del Partito <606 o, quantomeno, un compromesso. In realtà, il mancato coordinamento dei diversi corpi militari, lo scontro relativo alle prerogative e alle competenze, la rivalità tra comandanti, il rapporto spesso conflittuale tra apparati dello Stato (Esercito, Polizia, Partito, Milizie, Amministrazione civile) rendono difficile il controllo della situazione, già particolarmente critica, sia sul fronte militare sia su quello interno <607.
Le Forze Armate rappresentano un elemento di credibilità prima ancora che di orgoglio e di onore ma non è facile gestire la loro costituzione. Mancano le armi, le uniformi, l'equipaggiamento. Se ne lamenta lo stesso Graziani. I tedeschi, d'altra parte, non collaborano. Si sa che non vedono di buon occhio la ricostituzione dell'Esercito italiano. Il corpo degli ufficiali è ritenuto incapace, debole, in parte corrotto. Manca ancora di spirito di sacrificio, entusiasmo, fiducia “nei destini superiori della nazione” e i dati relativi al reclutamento sono preoccupanti.
Il 9 novembre vengono affissi i bandi di chiamata alle armi che interessano i nati nel 1924 (secondo e terzo quadrimestre) e nel 1925. In pratica, ragazzi di 19 e 20 anni. Sono giovani ma “arrivano senza gioia nelle caserme svuotate dal tornado dell'armistizio e non sanno cosa fare. Sono partiti con treni dai vetri rotti, sulle corriere che perdono pezzi lungo la strada. Non più i berretti e le grida dei coscritti tradizionali, le scritte inneggianti alla classe richiamata, le sere a girovagare per le vie del centro con i fiaschi di vino penzoloni sul petto, prima di finire in massa nei casini locali. Adesso non si vedono che facce serie, arie caute” <608. Nelle loro valigie c'è un abito borghese. Può sempre servire. E in effetti, sono in molti a utilizzarlo quando decidono di scappare. “Ogni notte, per quante sentinelle si mettano, i soldati scappano a decine, spesso a centinaia, quasi sempre scappano con loro le stesse sentinelle” <609.
Altri, invece, decidono di non presentarsi affatto. Su 180.000 che ricevono la chiamata, si presentano circa 87.000. Meno della metà. I notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana forniscono qualche dato: a Padova, su 400 se ne sono presentati soltanto 5; a Genova soltanto il 10%, a Casale Monferrato l'11%.
Eppure, le autorità intervengono in modo deciso. Il ministro dell'Educazione nazionale Biggini dispone che i renitenti siano denunziati e allontanati dalle scuole e, nel caso si tratti di studenti universitari, presentino un certificato che attesti la posizione regolare nei confronti del servizio militare prima di poter sostenere gli esami. A queste disposizioni si aggiungono interventi più duri quali i rastrellamenti di reclute e le rappresaglie nei confronti delle loro famiglie.
“A Sondrio […] il titolare di un negozio di generi alimentari con privativa e di un servizio di autopubbliche, perde la licenza perché ha “tre figli disertori in Svizzera”. A Vercelli viene ordinata la chiusura degli esercizi di sette commercianti, anch'essi con figli renitenti alla leva. Sulle saracinesche abbassate, i militi della GNR affiggono sgrammaticati cartelli: “Chiuso perché padre di un disertore”.[…] In provincia di Milano la prefettura ricorda che le famiglie dei renitenti delle classi 1924 e 1925 verranno punite nel modo seguente: arresto del padre del ragazzo; ritiro immediato delle carte annonarie a tutti i parenti di primo e secondo grado, esclusi i bambini inferiori a 10 anni; ritiro immediato delle licenze di esercizio e di circolazione delle autovetture per tutti i parenti di primo e di secondo grado; sospensione immediata del pagamento delle pensioni ai genitori; sospensione immediata dagli impieghi statali e parastatali dei famigliari di primo e secondo grado” <610.
Le difficoltà emerse sul fronte interno, alle quali si aggiungono quelle incontrate sul piano militare, impongono uno sforzo notevole per tenere la situazione sotto controllo <611.
Per il fascismo di Salò, questo è il momento di assumere un atteggiamento risoluto, irriducibile, inflessibile. L'alleato tedesco, d'altra parte, ha alzato la voce. Kesserling si è lamentato con Graziani e il 12 febbraio 1944 gli ha scritto: “Negli ultimi tempi i casi di diserzione degli appartenenti alle nuove formazioni dell'esercito italiano hanno preso proporzioni insopportabili” <612. I rastrellamenti e le rappresaglie nei confronti dei genitori non bastano più. Adesso bisogna fucilare. Il 18 febbraio viene emanato il “Bando Graziani” che prevede la “pena capitale a carico dei disertori o renitenti di leva” <613. Un successivo decreto del Duce prevede un periodo di reclusione non inferiore a dieci anni per chi presta assistenza ai disertori e un periodo non inferiore a quindici anni per chi è ritenuto responsabile di istigazione alla diserzione e alla renitenza. La simulata infermità è punita con non meno di otto anni di carcere. Il militare, anche di leva, che si procura un'infermità permanente è punito con la fucilazione al petto <614. I provvedimenti adottati producono i primi effetti <615. Sono numerose le condanne a morte eseguite <616 ma, nello stesso tempo, aumenta l'insofferenza della popolazione. Il consenso che la autorità della RSI ricercano sul piano politico, militare e - soprattutto - sociale, è inferiore alle aspettative. Il dissenso, invece, diventa sempre più aperto ed esteso. Nelle fabbriche, dall'1 all'8 marzo, si trasforma in sciopero generale <617.
La crisi è evidente. Ha radici profonde e sta corrodendo l'intero assetto della Repubblica Sociale Italiana.
[NOTE]
601 “Il Duce del Fascismo, Capo dello Stato Nazionale Repubblicano, accertato che le Forze Armate Regie, durante la guerra in corso, sono state fin dell'inizio, deliberatamente tradite dalla dinastia e dai capi militari ad essa legati, che hanno paralizzato gli splendidi, mirabili atti di valore compiuti e reso vano il sangue generoso versato; considerato che con la resa e col tradimento dell'8 settembre 1943 la dinastia e i capi militari ad essa legati hanno disonorato le Forze Armate Regie, di fronte al popolo italiano e al mondo; sentito il Consiglio dei Ministri, Decreta: Art. 1 - Il Regio Esercito, la Regia Marina e la Regia Aeronautica hanno cessato di esistere in data 8 settembre 1943 […]”, Decreto del Duce, 27 ottobre 1943 (G.U. 262 del 10 novembre 1943).
602 Il Duce del Fascismo, Capo dello Stato Nazionale Repubblicano, sentito il Consiglio dei Ministri, Decreta: Capitolo Primo: Disposizioni generali - Art. 1 - Le Forze Armate hanno lo scopo di combattere per la difesa dell'onore, dell'indipendenza e degli interessi del popolo italiano. Ad esse è affidato il compito esclusivo dell'educazione militare del popolo italiano. Esse comprendono: l'Esercito, la Marina da guerra, l'Aeronautica […] Art. 2 - Le Forze Armate sono costituite da volontari e da militari di leva […] La coscrizione militare è un servizio d'onore per il popolo italiano ed un privilegio per la parte più scelta di esso. […] Capitolo Secondo: Obblighi di servizio - Art. 5 - Il servizio militare obbligatorio si estende per tutti indistintamente i validi, dal 17° anno di età compiuto al 37° anno compiuto […] Capitolo Terzo: Diritti e doveri degli appartenenti alle Forze Armate - Art. 19 - Gli ufficiali, i sottufficiali e i soldati in servizio attivo non possono esplicare alcuna attività politica. Art. 20 - I militari non possono appartenere a società segrete. La infrazione di tale prescrizione costituisce reato. […]”, Decreto del Duce 27 ottobre 1943 (G.U. 262 del 10 novembre 1943).
603 Nel suo Diario, alla data del 23 settembre 1943, scrive: “Il Duce intende creare un nuovo esercito italiano coi residui del fascismo. Ho i miei dubbi sulle sue possibilità di riuscita. Il popolo italiano non è all'altezza di una politica rivoluzionaria concepita con ampiezza di vedute. Gli italiani non vogliono essere una grande potenza. Questa volontà è stata loro inculcata artificialmente dal Duce e dal partito fascista. Il Duce avrà quindi scarsa fortuna nel reclutare un nuovo esercito nazionale italiano. Il vecchio Hindenburg aveva indubbiamente ragione quando disse che nemmeno Mussolini sarebbe mai riuscito a fare degli italiani altro che degli italiani”. Citato da Renzo De Felice, Mussolini l'alleato II. La guerra civile (1943-1945), cit., p.441.
604 Per l'intensa attività repressiva e la particolare efferatezza si distinguono, nei seicento giorni di Salò, la Banda Koch, la Banda Carità, la Decima Mas, La Legione Autonoma Mobile Ettore Muti. Vedi: Aldo Lualdi, La banda Koch. Un aguzzino al servizio del regime, Bompiani, Milano 1972; Massimiliano Griner, La banda Koch. Il reparto speciale di polizia 1943-44, Bollati Boringhieri, Torino 2000; Riccardo Caporale, La Banda Carità. Storia del Reparto servizi speciali 1943-45. Prefazione di Dianella Gagliani, S. Marco linotipo, Lucca 2005; Massimiliano Griner, La pupilla del Duce. La Legione autonoma mobile Ettore Muti, Bollati Boringhieri, Torino 2004; Ricciotti Lazzero, La decima mas, Rizzoli, Milano 1984. Sulla Banda Koch vedi anche: Archivio di Stato di Milano, Corte di Assise straordinaria di Milano 1946, Procedimento penale contro il reparto speciale di polizia comandato da Pietro Koch (Inventario a cura di Fiammetta Auciello).
605 Il Duce della Repubblica Sociale Italiana e Capo del Governo […] Decreta: Art. 1 - E' istituita una “Guardia nazionale Repubblicana” con compiti di polizia interna e militare formata dalla M.V.S.N. (comprese le Milizie speciali: Ferroviaria-Portuaria-Postelegrafonica-Forestale-Stradale-Confinaia), dall'Arma dei Carabinieri e dal Corpo della Polizia dell'Africa Italiana. Art. 2 - La “Guardia Nazionale Repubblicana” è posta agli ordini di un “Comandante Generale” nominato dal Capo dello Stato. 3 - La “Guardia nazionale Repubblicana” ha bilancio ed amministrazione autonomi […], Decreto Legislativo del Duce 24 dicembre 1943 - XXII, n. 913 [in realtà, la data è 8 dicembre 1943, così come si evince dalla errata corrige nella Gazzetta Ufficiale anno 85, n. 165].
606 “[…] Ciò significa la costituzione di un altro esercito. Si parla infatti già con ironia dell'esercito “apolitico” di Graziani, e di quello “politico” di Ricci. Ma siccome questa formazione avrà anche i compiti dell'arma dei carabinieri, ci saranno nuovi motivi di conflitto, anche con la polizia. Si ritiene che sommersi tra consoli e generali della Milizia, ben pochi ufficiali superiori dell'Arma continueranno a prestare servizio. Verranno così perduti elementi preziosi e di vasta competenza. Buffarini, che ha incassato il colpo, si dà anima e corpo a ingrossare le file della polizia ausiliaria; il partito fa lo stesso con le sue squadre. La Decima, coi suoi reparti; le varie formazioni autonome, a carattere più o meno poliziesco, accrescono la propria consistenza. Graziani, che insieme con Gambara ha lottato sino all'ultimo per evitare tutto questo, mi dice con profondo scoramento come l'unico esercito che per costituirsi ha avuto un parto quanto mai travagliato è quello “nazionale”. Cioè, il solo che dovrebbe veramente esistere per combattere in campo aperto il nemico. Ed ha perfettamente ragione”, Giovanni Dolfin, Con Mussolini nella tragedia. Diario del Capo della Segreteria particolare del Duce. 1943-1944, Garzanti, Milano 1949. Citato da Renzo De Felice, Mussolini l'alleato II. La guerra civile (1943-1945), cit., p. 467.
607 “Rahn è tutt'altro che entusiasta della nostra situazione interna che egli considera molto lontana da qualsiasi parvenza di “normalità”. Si è lagnato delle iniziative delle polizie federali che interferiscono, talvolta con azioni del tutto illegali e arbitrarie, nella vita delle provincie, creando seri imbarazzi tanto ai locali Comandi germanici quanto ai prefetti… Lo stato di disagio e di agitazione perenne in cui vivono le provincie… è dovuto in gran parte a voi stessi”, Giovanni Dolfin, Con Mussolini nella tragedia, cit. Riportato da Renzo De Felice, Mussolini l'alleato II. La guerra civile (1943-1945), cit., p. 482, nota 1.
608 Silvio Bertoldi, Salò, cit., p.91.
609 Ivi, p.93.
610 Giampaolo Pansa, Il gladio e l'alloro. L'esercito di Salò, Mondadori, Milano 1991, p.27.
611 “La memorialistica fascista risuona di applausi per il successo della chiamata. Un coro intonatissimo. Con una voce discorde, quella di Stanis Ruinas, che ha vissuto da vicino l'esperienza amara di Salò: “La coscrizione fu la causa principale del “ribellismo”. Malgrado gli appelli, le lusinghe e le minacce i giovani non si presentavano che in percentuale minima. Quelli che si presentavano disertavano presto, constatando che tutto era marcio come e peggio di prima”, Ivi, p.30.
612 Ivi, p.34.
613 “Il Duce della Repubblica Sociale Italiana e Capo del Governo, Sentito il Consiglio dei ministri, decreta: Art.1 - Gli iscritti di leva arruolati ed i militari in congedo che, durante lo stato di guerra e senza giustificato motivo, non si presenteranno alle armi nei tre giorni successivi a quello prefisso, saranno considerati disertori di fronte al nemico, ai sensi dell'articolo 144 C.P. e puniti con la morte mediante fucilazione al petto. Art. 2 - La stessa pena verrà applicata anche ai militari delle classi 1923-1924-1925, che non hanno risposto alla recente chiamata o che, dopo aver risposto, si sono allontanati arbitrariamente dal reparto. […]”, Decreto legislativo del Duce 18 febbraio 1944-XXII, n. 30 (Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale d'Italia, n. 42 del 21 febbraio 1944).
614 Decreto legislativo del Duce 24 marzo 1944, n. 169 “Modificazioni alla legge penale militare”, (Gazzetta Ufficiale n. 109 del 9 maggio 1944).
615 “Giovani sono fucilati in varie parti della RSI tra l'orrore delle popolazioni obbligate ad assistere, uccisi con sadica protervia da criminali che sfogano in quelle esecuzioni i loro istinti perversi: fucilati a uno a uno, gli altri che assistono alla morte del compagno e sanno di doverne seguire la sorte, fosse fatte scavare agli stessi morituri, tra la gente che supplica e impreca, davanti alle madri o alle sorelle delle vittime, negato ai preti il cristiano diritto di impartire almeno l'estrema unzione agli infelici […] La tragica realtà persecutoria del bando rivela il vero volto dei fascisti, che è il volto della paura: la paura che i tedeschi ritorcano su di loro la colpa dell'insuccesso. Come sempre accade, nei deboli e nei pavidi la crudeltà nasce dalla viltà”, Silvio Bertoldi, Salò, cit., p.95.
616 Vedi Giampaolo Pansa, Il gladio e l'alloro, cit., pp.70-74. Pansa utilizza i notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana, il “Diario storico” del Comando regionale dell'Umbria, lo spoglio del “Corriere della sera”.
617 Gli operai protestano per le difficili condizioni di vita imposte dalla guerra, per porre fine alle deportazioni di manodopera in Germania ma anche perché si è creato un divario tra la popolazione e le autorità fasciste e tedesche. Lo sciopero viene preparato, organizzato, attuato in un contesto difficile sottoposto ad un rigido controllo militare. Ciò nonostante è compatto ed interessa tutto il Nord, dal Piemonte alla Lombardia, al Veneto, alla Toscana. Dalle fabbriche si estende ad altri luoghi di lavoro. Scioperano gli impiegati, i tranvieri, gli studenti universitari. Anche i tipografi del Corriere della sera e per tre giorni il quotidiano non viene pubblicato. Anche alcune formazioni partigiane si uniscono alla lotta con rapide incursioni e atti di sabotaggio. I fascisti e i tedeschi reagiscono con forza. Molti operai sono licenziamenti, arrestati, deportati; altri torturati e fucilati. Per una descrizione degli avvenimenti vedi: Sciopero generale in tutta l'Italia occupata, in “La nostra lotta”, a.II, nn.5-6, marzo 1944, pp.5-24, ora in Luigi Longo, Sulla via dell'insurrezione nazionale, Edizioni di cultura sociale, Roma 1954. Vedi anche Giampaolo Pansa, Marzo 1944: situazione industriale e grandi scioperi nei rapporti della GNR, in “Movimento di Liberazione in Italia”, aprile-giugno 1968, n.91.
Antonio Gioia, Guerra, Fascismo, Resistenza. Avvenimenti e dibattito storiografico nei manuali di storia, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Salerno, Anno Accademico 2010-2011