mercoledì 8 marzo 2023

Il nuovo femminismo si è originato in gran parte grazie a una generazione di giovani donne politicizzate


In Italia il nuovo movimento femminista ha manifestato fin da subito la sua principale caratteristica: ovvero un legame particolarmente stretto e dialettico tra cultura e politica delle donne e cultura e politica del movimento operaio e della sinistra. Nel loro insieme, e fin dai primi anni Settanta, le numerose e articolate teorie e pratiche neofemministe hanno delineato una ingombrante e imprevista critica alla politica e all'ordine sociale e simbolico dominante fondato sulla distinzione gerarchica del maschile e del femminile, e hanno avviato un processo di decostruzione e contestazione del sistema sociale patriarcale, con il fine di trasformare tanto la società quanto la politica. Per quanto l'espressione “seconda ondata” contenga sia un'istanza emancipazionista-egualitaria sia una istanza differenzialista, nel contesto italiano il femminismo si è tradotto in una critica radicale delle forme e dei contenuti della politica (istituzionale e non) e in un confronto «aperto e diretto, seppur conflittuale» con la sinistra <4.
La contrapposizione tra il concetto di emancipazione e quello di liberazione - sebbene oggi possa essere considerata più teorica che sostanziale e, in sostanza, generazionale <5 - è ruotata attorno a una questione cruciale: quella del dialogo con la società e la cultura patriarcale e, quindi, del rapporto del movimento con le istituzioni.
Partendo dalle problematiche legate al corpo e incentrando il suo potenziale critico sulla dialettica emancipazione-liberazione, il nuovo femminismo ha rifiutato l'idea di uguaglianza intesa come omologazione agli uomini tanto da operare - come ha scritto Simonetta Piccone Stella nel suo saggio "Crescere negli anni '50" - «un'espulsione dell'emancipata come figura incarnante una modalità tipica di costruzione dell'identità femminile all'interno delle regole e degli obiettivi del progressismo maschile» <6: la bandiera della parità innalzata dalle madri (l'UDI <7), dai padri (il PCI e il sindacato) ma anche dai fratelli (la nuova sinistra) fu stracciata <8.
Il paradigma emancipazionista nel corso della prima ondata ottocentesca aveva permesso al femminismo borghese liberale e ugualitario di trovare dei punti di contatto con quello socialista, interno al movimento operaio <9. A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta del Novecento, invece, molte delle distinte ed emergenti correnti del nuovo pensiero femminista (in primis quella radicale e quella marxista) intrecciandosi hanno attuato una presa di distanza dalle ideologie dominanti ma anche dalle organizzazioni e dalle conquiste dei movimenti collettivi coevi. L'uguaglianza formale, così come il linguaggio, le pratiche e i rapporti di potere insiti nella cultura politica della sinistra riformista - ma anche in quella che si definiva rivoluzionaria - sono state analizzate e, infine, respinte sul piano politico <10. Tra le principali caratteristiche del femminismo italiano degli anni Settanta c'è stata quella di essere un fenomeno vasto, molecolare, diffuso in modo eterogeneo su tutta la penisola; e quella di avere avuto una dimensionepolitica marcata e rivendicata fin dai suoi albori. Sebbene il movimento femminista abbia avuto in comune con il Sessantotto l'antiautoritarismo, l'antistituzionalismo e una forte valorizzazione della soggettività, il suo legame con il movimento degli studenti - e, in seguito, con la “galassia” della nuova sinistra scaturita dalle proteste del 1968 e del 1969 - è stato complesso e ambivalente ed è ruotato, in primo luogo, attorno alla convinzione di dover porre l'accento «sull'idea di differenza più che su quella di uguaglianza», cara al Sessantotto <11.
Le prime, ancora acerbe, rivendicazioni di un concreto e autonomo protagonismo femminile si rintracciano nelle università, dove la mobilitazione studentesca del Sessantotto contro l'autorità nella scuola, nella famiglia e poi nella fabbrica aveva favorito una forte e repentina politicizzazione femminile. Accanto al senso di libertà e di fermento provato nella sperimentazione di una nuova idea di cittadinanza politica, si era registrato anche l'emergere, tra le studentesse, di un senso di inquietudine e frustrazione dovuto al permanere di gerarchie tra i sessi ancora forti, sia in ambito specificamente politico che nel privato. Il «senso di comunità calda, di antidoto alla solitudine nella società di massa» si rivelò, come ha scritto Anna Bravo, «un dono effimero», «una scheggia di tempo nel tempo del '68»: un dono parziale perché fondato su un falso universalismo studentesco <12. Per svelare questa parzialità, nel dopo Sessantotto si è sentita la necessità di mettere in scena una fuoriuscita, con una cesura e un atto di separazione netto, in bilico tra provocazione e bisogno esistenziale.
Il nuovo femminismo si è originato in gran parte grazie a una generazione di giovani donne politicizzate, cresciute in una sinistra che era nuova eppure ancora a dominanza maschile, che hanno espresso il desiderio di diffrangere un percorso unitario, rimodulando le discontinuità segnate dal ciclo di proteste della fine degli anni Sessanta <13.
"Alle radici della nostra memoria, - ha scritto Luisa Passerini, riflettendo sulle origini del Sessantotto - in decine di storie di vita, trovo una frattura. La nostra identità si costruisce a partire dalle contraddizioni. Anche i racconti che sottolineano la continuità della propria vita estraggono dalla materia autobiografica i temi ricorrenti della scissione, della differenza, del contrasto" <14.
Nonostante l'innegabile valore di emancipazione insito nel prendere parte al movimento degli studenti, la condivisione dell'impegno politico fu attraversata, per le donne, da ambivalenze, contraddizioni e disagi tali che quella che era stata una storia comune ben presto si scisse in due diverse. Da una rottura se ne generò un'altra, come se in quell'esodo generazionale e politico che fu il Sessantotto, in quella “autoesclusione” generazionale, ci fosse la premessa
per l'affermazione del separatismo femminista quale pratica strategica, quasi mai indolore, fondata sul riconoscimento di sé come soggetto oppresso <15. Alimentate dalla traduzione di testi stranieri e dalla circolazione dei primi documenti femministi italiani, le contraddizioni si ramificarono e disseminarono, arrivando a toccare orizzonti che si erano ritenuti infrangibili.
Introducendo una raccolta di saggi e documenti femministi internazionali, Lidia Menapace nel 1972 spiegò così quanto stava accadendo nella “seconda metà del cielo”:
"Non bastano le tradizionali lotte per la parità, per il divorzio, per l'aborto, per la libertà sessuale: viene posto direttamente in contestazione tutto il sistema di potere “maschile”, tutta la società “virilsitica” e si comincia ad individuare nell'uomo e nel suo predominio l'ostacolo principale a qualsiasi sviluppo futuro" <16.
[NOTE]
4 Francesca Izzo, Introduzione, in Anna Maria Crispino e Francesca Izzo (a cura di), Cultura e politica delle donne e la sinistra in Italia. Atti del seminario nazionale di Roma 4 e 5 maggio 1992, «IG Informazioni. Trimestrale pubblicato dalla Fondazione Istituto Gramsci», 3/1992, pp. 9-10.
5 A. Rossi-Doria, Ipotesi per una storia del neofemminismo italiano, in T. Bertilotti e A. Scattigno,Il femminismo, cit., p. 6.
6 Simonetta Piccone Stella, Crescere negli anni '50, in Simonetta Piccone Stella, La prima generazione. Ragazze e ragazzi nel miracolo economico, FrancoAngeli, Milano 1993, p. 114 (questo saggio era uscito in una versione precedente su «Memoria», 6/1982).
7 L'Unione Donne Italiane è un'associazione di donne legate al PCI e al PSI costituitasi nel 1945. La sua rivista, «Noi Donne», uscì per la prima volta clandestinamente a Parigi nel 1937.
8 Cfr. A. Rossi-Doria, Ipotesi per una storia, cit., pp. 5-6.
9 Cinzia Arruzza, Le relazioni pericolose. Matrimoni e divorzi tra marxismo e femminismo, Alegre, Roma 2010, pp. 42-47.
10 Tra i numerosi studi rimando al recente lavoro di sintesi di Marica Tolomelli, L'Italia dei movimenti. Politica e società nella Prima Repubblica, Carocci, Roma 2015. Per una riflessione sulle scelte terminologiche cfr. Eros Francescangeli,Le parole e le cose. Sul nesso sinistra rivoluzionaria, violenza politica e sociale, lotta armata, in G. Battelli, A.M. Vinci (a c.), Parole e violenza politica. Gli anni Settanta nel Novecento italiano, Roma 2013, pp. 63-75.
11 Anna Rossi-Doria, Ipotesi per una storia, cit., pp. 2-6. Sul rapporto tra Sessantotto e femminismo, cfr. Mariella Gramaglia, 1968: Il venir dopo per andare oltre del movimento femminista e conflitto con la nuova sinistra, «Problemi del socialismo», XVII/1976, pp. 178-201; Fiamma Lussana, Le donne e la modernizzazione: il neofemminismo degli anni settanta, in F. Barbagallo (a cura di), Storia dell'Italia repubblicana, vol. 3, tomo 2, Torino 1997, pp. 487-496; Elda
Guerra, Il '68 e il movimento delle donne: ipotesi per una storia di genere, in N. Fasano, M. Renosio (a cura di), I giovani e la politica, Torino 2002; Maria Luisa Boccia, Il patriarca, la donna, il giovane, in F. Lussana, G. Marramao (a c.), L'Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta. Culture, nuovi soggetti, identità. Atti del ciclo di convegni (Roma, novembre, dicembre 2001), vol. 2, Soveria Mannelli, 2003, pp. 253-282; Anna Bravo, A colpi di cuore. Storie del Sessantotto, Laterza, Roma-Bari 2008. Per una lettura di genere della memoria del Sessantotto cfr. Francesca Socrate, Maschile e femminile: memorie del '68, in Bruno Bonomo, Francesco Bartolini, Francesca Socrate (a cura di), Lo spazio della storia. Studi per Vittorio Vidotto, Laterza, Roma-Bari 2013, pp. 473-498.
12 Anna Bravo, Un nuovo ordine del discorso, «Primapersona», 19/1998, pp. 66-68.
13 Cfr. Luisa Passerini, Corpi e corpo collettivo, in T. Bertolotti e A. Scattigno, Il femminismo, cit., pp. 181-193; Stefania Voli (a cura di), Angela Miglietti. Storia di una traduzione, «Zapruder», 13/2007, pp. 108-115.
14 Luisa Passerini, Autoritratto di gruppo, Giunti, Firenze 2008 [1988], p. 40.
15 Cfr. Peppino Ortoleva, I movimenti del '68 in Europa e in America, Editori Riuniti, Roma 1998 [1988], pp. 231-242.
16 Lidia Menapace (a cura di), Per un movimento politico di liberazione delle donne. Saggi e documenti, Bertani, Verona 1972, p. 13.
Paola Stelliferi, Una liberazione «fratricida e iconoclasta»: l'impatto dei femminismi sugli uomini della nuova sinistra nell'Italia degli anni Settanta, Tesi di Dottorato, Università degli studi di Padova - Università degli studi di Verona - Università Ca’ Foscari di Venezia, 2016