venerdì 1 dicembre 2023

Mafia capitale affonda le proprie radici nella Roma degli anni ottanta, dove a predominare erano l'eversione nera e la Banda della Magliana

Roma: scorcio di una periferia. Foto: D.D.

A cosa ci riferiamo veramente quando parliamo di Mafia Capitale? Un concetto molto forte che lascia ben poco spazio a interpretazioni o equivoci di alcun genere, è di pubblico dominio la consapevolezza di trovarsi di fronte ad un'organizzazione criminale, un'associazione di stampo mafioso dinamica con ampi margini di autonomia, in grado di far valere il proprio peso intimidatorio attraverso il conseguimento di comuni obiettivi, anelando ad un'inevitabile scalata al potere, un'ascesa inarrestabile che perdura da anni e non intende placarsi <32.
Banda della Magliana e movimenti eversivi della destra romana rappresentano i due punti fermi dai quali Mafia Capitale trae origine ereditandone interpreti e modalità d'azione, un macchinario perfetto in grado di delineare un complesso d'interessi, leciti e illeciti, che oscillano tra ciò che viene definito il “Mondo di sopra” e il “Mondo di sotto”, tra imprenditori apparentemente ligi al dovere e la malavita sollecita a garantire i propri servigi <33.
Il “mondo dei vivi e quello dei morti” <34 per usufruire di un'intercettazione passata alla storia che vede protagonista Massimo Carminati, noto ex terrorista NAR, al quale si ascrive la teoria del “Mondo di mezzo”, il quale posizionandosi nell'area di confine tra i differenti “mondi” ha costantemente usufruito della conseguente abilità di insinuarsi all'interno di ciascuno di essi usufruendo - nel momento più opportuno - degli espedienti e delle risorse dell'altro, avviando irreversibilmente, come sostenuto dal Giudice Flavia Costantini, “una trade-union tra mondi apparentemente inconciliabili” <35.
Ardentemente lo desiderava la Banda della Magliana, altrettanto fervidamente lo bramano i suoi eredi: conquistare Roma! Una realtà che affonda le proprie radici nella Roma degli anni ottanta, dove a predominare erano quindi l'eversione nera e la Banda della Magliana, che arriva inesorabilmente ai giorni nostri, pronta ad evidenziare una linea di continuità con il passato che non sembra voler volgere ad un suo epilogo definitivo, individuando nell'attività criminale dei proseliti di Massimo Carminati i peculiari aspetti del crimine organizzato <36.
Passato e presente continuano incessantemente il loro “dialogo”, volti di ieri con quelli di oggi, tutto si mescola ma nulla cambia, per quanto avventata possa risultare una papabile correlazione tra il “Mondo di Mezzo” e il sostrato criminale romano degli anni ottanta. Ancora oggi non esistono smentite oggettive atte a screditare questa convinzione di base.
Il legame con la Banda della Magliana delinea infatti solo uno dei fattori su cui si impernia la forza intimidatoria dell'organizzazione, la quale si avvale di suddetta derivazione come espediente per rafforzare la levatura dei suoi affiliati, sfruttandone altresì il “successo mediatico” che ne ha innegabilmente conferito il carattere prevaricatore di “mafiosità” <37.
Un gruppo criminale organizzato come quello della Magliana, incline ad attività criminali indiscutibilmente facinorose e redditizie, tra le quali si annoverano il traffico e lo spaccio di droga, il gioco d'azzardo e il possesso di armi, hanno rappresentato un'eredità rispettabile che il “Mondo di Mezzo” ha accolto con ben poca riluttanza, raggiungendo un progresso evolutivo ragguardevole nel quale il ricorso ai soprusi e ai crimini emblematici delle organizzazioni mafiose di un tempo si è cominciato pian piano ad affievolire <38. Estorsioni e recupero crediti rappresentano solo in parte la schiera di attività in cui Carminati e altri suoi soci erano coinvolti, con il fine ultimo di avere il totale controllo del territorio. Un giro di affari che con il protrarsi del tempo non rendeva più giustizia alla caratura criminale dell'organizzazione stessa: era necessario un salto di qualità che mostrasse o - quantomeno - incrementasse tutto il peso dissuasivo che tanto aveva contraddistinto questa organizzazione sino a quel momento.
Il “Mondo di mezzo” emancipandosi dallo scarno giro di affari tanto decantato agli albori, ha ben presto vestito i panni di un'associazione consacrata al controllo di appalti e sovvenzioni pubbliche del Comune di Roma, nel campo, tra le molteplici operazioni, della creazione di centri di accoglienza per richiedenti asilo, inquinando tenacemente e faticosamente con metodi corruttivi diramati, le scelte politiche e l'operato della pubblica amministrazione, ponendo l'accento sulla minaccia che l'associazione nel suo complesso e dei singoli affiliati può rappresentare, i quali "le hanno coscientemente fatte convergere verso l'attuazione delle loro efferate finalità" <39.
Questa situazione ingarbugliata ha inevitabilmente posto l'attenzione sul business degli immigrati, condannando cooperative dedite alla gestione delle case d'accoglienza le quali, illecitamente, guadagnano a discapito di chi arriva speranzoso in cerca di fortuna, a spese di chi ha vissuto nella disperazione ed è ora più che mai alla ricerca di una pace smarrita all'interno del proprio paese <40. Un investimento oltremodo fruttuoso capace di superare 40 milioni di euro annui, congiunto alla gestione dei campi rom, coordinata dalla cooperativa 29 giugno e dalle cooperative specializzate nei Msna i quali vengono appaltati a cooperative ben più modeste rappresentate da opportunisti camuffati da effimeri industriali <41.
Mafia Capitale non doveva più solo essere in grado di fornire un'adeguata tutela o servigi alle imprese, ma altresì entrare in affari a pari merito con imprenditori (e non solo) fornendo appoggi e connivenze al fine di imbastire un particolare vincolo tra politica e settore imprenditoriale, garantendo ai partiti politici il finanziamento doveroso al loro sostentamento, una spartizione degli introiti derivanti da business redditizi associati alla gestione della res-pubblica <42.
[NOTE]
32 Renzi, Valerio. (2014). La Mafia Capitale che regnava sul “mondo di mezzo” nelle intercettazioni di Carminati. Fanpage.it
33 Renzi, Valerio. (2014). La Mafia Capitale che regnava sul “mondo di mezzo” nelle intercettazioni di Carminati. Fanpage.it
34 Calandra, Raffaella. (2018). Le mani su Roma, dalla banda della Magliana fino a Mafia capitale. Il Sole 24 Ore.
35 (2014). Banda della Magliana ed eversione nera: le origini di Mafia Capitale. Roma Today.
36 Calandra, Raffaella. (2018). Le mani su Roma, dalla banda della Magliana fino a Mafia capitale. Il Sole 24 Ore.
37 (2014). Banda della Magliana ed eversione nera: le origini di Mafia Capitale. Roma Today.
38 (2017). Mafia Capitale, giudici: nessun legame con banda Magliana. Ask a news.
39 Zitelli, Andrea. (2017). Mafia Capitale, tutto quello che c’è da sapere su inchiesta e processo. Valigia Blu.
40 (2017). La storia di Mafia Capitale. Il Tabloid.
41 (2017). La storia di Mafia Capitale. Il Tabloid.
42 (2017). Mondo di mezzo: niente mafia, solo corruzione. Ecco le motivazioni della sentenza. Roma Today.
Gianluca Righi, Mafia capitale e il business dei migranti, Tesi di laurea, Università Luiss "Guido Carli", Anno accademico 2017-2018

Il caso “Mafia capitale” prende le mosse dall’inchiesta “Mondo di mezzo” condotta dalla procura di Roma, che ha ipotizzato la presenza di una mafia autoctona nel territorio romano.
Il caso in esame presenta elementi di particolare interesse, e dimostra ancora una volta (come già visto per il caso Fasciani) le difficoltà interpretative e le oscillazioni giurisprudenziali che comportano la nascita di nuove consorterie criminali.
La vicenda trae origine dalle indagini che avevano portato alla luce la presenza di due organizzazioni criminali facenti capo a Salvatore Buzzi e Massimo Carminati.
Queste due consorterie erano inizialmente separate, secondo la ricostruzione degli inquirenti, e dedite a settori criminali differenti. L’associazione facente capo a Carminati era principalmente dedita all’attività estorsiva nei confronti degli imprenditori, invece, il gruppo criminale facente capo a Buzzi, era dedita all’attività corruttiva, volta a pilotare appalti e concessioni. Successivamente queste due associazioni, sempre secondo la ricostruzione degli investigatori, si sarebbero fuse in un’unica organizzazione criminale, fondendo il know how acquisito nei rispettivi campi di interesse. L’associazione di Buzzi garantiva la protezione e il favore delle istituzioni, l’associazione di Carminati costituiva il braccio armato e più propenso al ricorso di atti di violenza e minaccia per raggiungere i propri obiettivi.
Occorre sottolineare come per le due associazioni fosse particolarmente importante la caratura criminale dei propri capi. Carminati era un ex terrorista dei Nar, già pregiudicato, Buzzi invece presentava un passato molto vicino all’estremismo di sinistra.
La fusione delle due organizzazioni avrebbe quindi dato vita alla nascita di un’unica associazione in grado di assoggettare attraverso una forza di intimidazione scaturente dalla fama criminale dei capi, e dal ricorso alla violenza presente nel background dell’associazione di Carminati e all’attività corruttiva presente nell’organizzazione di Buzzi.
La vicenda presenta particolare importanza non solo per la questione riguardante la nascita di un’associazione di tipo mafioso autoctona, ma anche in considerazione del metodo mafioso. Infatti, bisogna subito sottolineare come dalla ricostruzione operata dagli inquirenti, il metodo mafioso sarebbe stato acquisito dall’associazione in virtù della caratura criminale dei capi. In buona sostanza, i capi dotati di una propria fama criminale, sarebbero stati in grado di trasferire il metodo mafioso all’intera organizzazione, facendo sì che non fosse più il singolo ad essere dotato di forza di intimidazione ma la consorteria.
Un ulteriore elemento di interesse si rinviene nell’attenzione ad una forza di intimidazione che non si forma solo per mezzo di atti violenti, ma anche attraverso il ricorso ad una sistematica pratica corruttiva, in grado di escludere i soggetti che non si piegano al sistema criminale.
Le particolarità del caso di specie sono emerse nel corso della vicenda giudiziaria. Le diverse pronunce necessitano un’attenta analisi, e forniscono importanti spunti, non solo sulla ricostruzione della vicenda, ma anche sull’applicabilità dell’art. 416 bis c.p. ad associazioni autoctone, sull’assimilazione tra criminalità politico-imprenditoriale e criminalità di tipo mafioso, e della possibilità di configurare il metodo mafioso in contesti di corruzione sistemica <322.
Iniziando l’analisi della vicenda dalla prime pronunce, la Suprema Corte di Cassazione con due sentenze <323 in sede cautelare conferma il piano accusatorio prospettato dalla procura, riconoscendo la presenza di un’unica associazione criminale, le cui attività e modus operandi sono riconducibili al tipo di cui all’art. 416 bis c.p. In particolare, la Suprema Corte formula il principio di diritto secondo cui: “ai fini della configurabilità del reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, la forza intimidatrice espressa dal vincolo associativo dalla quale derivano assoggettamento e omertà può essere diretta tanto a minacciare la vita o l’incolumità personale, quanto, anche o soltanto, le essenziali condizioni esistenziali, economiche o lavorative di specifiche categorie di soggetti. Ferma restando una riserva di violenza nel patrimonio associativo, tale forza intimidatrice può venire acquisita con la creazione di una struttura organizzativa che, in virtù di contiguità politico-elettorali, con l’uso di prevaricazioni e con una sistematica attività corruttiva, esercita condizionamenti diffusi nell’assegnazione di appalti, nel rilascio di concessioni, nel controllo di settori di attività di enti pubblici o di aziende parimenti pubbliche, tanto da determinare un sostanziale annullamento della concorrenza o di nuove iniziative da parte di chi non aderisca o non sia contiguo al sodalizio”.
La pronuncia, come detto, assume particolare rilevanza sotto il profilo del metodo mafioso. Infatti, la Corte espressamente afferma che la forza di intimidazione può essere acquisita, ferma una riserva di violenza <324, anche dal ricorso ad una pratica corruttiva sistemica, in grado di annullare la concorrenza o la possibilità di accedere al mercato da parte di chi non aderisca al sodalizio.
[NOTE]
322 E. MAZZANTINI, Il delitto di associazione di tipo mafioso alla prova delle organizzazioni criminali della “zona grigia”. Il caso di Mafia capitale, in Arch. pen. web, 11 dicembre 2019, p. 9 ss.
323 Cass., sez. VI pen., 10 marzo 2015 [dep. 9 giugno 2015], n. 24535, Pres. Agrò, Rel. De Amicis; Cass., sez. VI pen., 10 marzo 2014 [dep. 9 giugno 2015], n. 24536, Pres. Agrò, Rel. Mogini.
324 Critica sul punto: D. FALCINELLI, Della mafia e di altri demoni. Storie di Mafie e racconto penale della tipicità mafiosa (Spunti critici estratti dal sigillo processuale su Mafia Capitale), in Arch. pen., 2020 n.2, p.2 ss.
Baldo Morello, Il metodo mafioso alla prova delle nuove manifestazioni criminali, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Palermo, Anno accademico 2020-2021

Durante il periodo della detenzione di Fioravanti il gruppo amalgamatosi dentro la sede del FUAN cominciò a disgregarsi, con un filone che cominciò a vagheggiare la costituzione di comuni agricole (che Fioravanti definì sarcasticamente “fascisti bucolici”) e uno scollamento della stessa frangia illegalista, involuta in un atteggiamento essenzialmente impolitico del tutto improduttivo o, in qualche caso, produttivo soltanto in termini strettamente criminali. È in quel periodo infatti che Alibrandi e Cristiano Fioravanti vengono attratti, tramite Massimo Carminati, ex missino proveniente dalla stessa sezione di Anselmi e come questo ex compagno di classe di Valerio Fioravanti, dai successi criminali della banda della Magliana. Dalla conoscenza di Calore derivò soprattutto il progetto di far evadere Pierluigi Concutelli, che comportò il mutamento della natura dei NAR e ne condizionò le vicende per il resto della loro esistenza. Vale la pena seguire i passaggi di tale mutamento, che si svolsero in poco tempo, meno di un mese. Il proposito di agevolare l'evasione del “comandante” arrivò a Fioravanti dai dirigenti di Terza Posizione, fin lì frequentata soltanto in ragione dell'ubiquità di Dimitri e perché Nistri aveva chiesto a Fioravanti due o tre pistole come dotazione per il Nucleo Operativo. Un dirigente siciliano di TP, Francesco Mangiameli, molto amico di Concutelli, diede l'input del progetto a Roberto Fiore, e questi a Dimitiri. Il 22 novembre Dimitri e Fioravanti, accompagnati da Nistri, si recarono a Tivoli da Calore per esporgli i loro propositi <329. Cinque giorni dopo Fioravanti e Dimitri andarono con Alibrandi, Carminati e l'avanguardista Domenico Maglietta, a rapinare la filiale romana della Chase Manhattan Bank, in piazza Marconi all'EUR. La rapina fruttò più di cento milioni di lire in contanti e più di duecentomila dollari in traveler's cheque, il cui riciclaggio venne appunto affidato alla banda della Magliana <330. La riuscita della rapina, mitizzata da molti e per molto tempo, fu in realtà dovuta alla collaborazione dall'interno di due cassieri e di un metronotte, ex missini della sezione della Montagnola <331.
[...] In ottobre i NAR, ormai senza più nessun freno, prepararono un attentato contro il capitano della DIGOS Francesco Straullu, accusato di violenze durante gli interrogatori e di aver circuito la compagna di Egidio Giuliani, del giro di Costruiamo l'azione, vantandosene con questo, nonché di avere quasi ucciso Massimo Carminati al confine con la Svizzera, mentre questi cercava di espatriare, nell'aprile precedente. Il 21 ottobre, ad Acilia, nella periferia meridionale di Roma, Giorgio Vale e Francesca Mambro lo attesero sotto casa, facendo da staffetta con Cavallini, Alibrandi e Sordi appostati all'altro capo del sottopassaggio di Ponte Ladrone che era solito percorrere. Convinti di dover sparare contro un veicolo blindato, i NAR si procurarono armi da guerra che tuttavia scaricarono contro una Ritmo tutt'altro che blindata, massacrando Straullu e l'agente Di Roma che era al volante <369.
[NOTE]
329 Cfr. Archivio Pio La Torre, Atti processuali, 4, Ordinanza-sentenza di rinvio a giudizio, “Ordinanza sentenza emessa nel procedimento penale contro Greco Michele+18 per gli omicidi Reina-Mattarella-La Torre-Di Salvo”, Tribunale di Palermo - Ufficio Istruzione processi penali, n. 3162/89 A- PM; n. 1165/89 RGUI, v. 4, cap, III, Le dichiarazioni di Giuseppe Dimitri […], pp. 539-545.
330 Cfr. Le prove di una rapina in un covo di fascisti, in «La Stampa», 25/11/1980; La mala riciclava i milioni rapinati da bande fasciste, in «l'Unità», 25/11/1980. Gli articoli si riferiscono all'arresto di Franco Giuseppucci, Maurizio Abbatino e Giorgio Paradisi, in seguito il ritrovamento in casa di quest'ultimo di diecimila dollari provenienti dalla rapina. Le indagini collegarono la rapina al covo di via Alessandria scoperto a metà dicembre, identificando tre dei documenti e le divise da guardia giurata lì ritrovati rispettivamente in quelli presi alle donne delle pulizie della banca ed in quelle usate dai rapinatori.
331 Cfr. la testimonianza di V. Fioravanti in N. Rao, Il piombo e la celtica, cit., p. 231.
369 Cfr. Roma, capitano e agente Digos massacrati dai terroristi neri, in «La Stampa», 22/10/1981; Roma: atroce agguato nero, in «l'Unità», 22/10/1981.

Carlo Costa, "Credere, disobbedire, combattere". Il Neofascismo a Roma dai FAR ai NAR (1944-1982), Tesi di dottorato, Università degli studi della Tuscia - Viterbo, 2014