venerdì 16 febbraio 2024

La creazione dell'Alpenvorland rese appunto chiara la politica di Hitler nei confronti di questa zona


Ciò che avvenne a Malga Zonta si inserisce dunque nel grande rastrellamento che, iniziato la notte tra l'11 e il 12 agosto [1944] si protrasse fino al 15 agosto. Questo rastrellamento puntava ad eliminare la presenza partigiana in tutta la zona di Posina e di Folgaria. Come già detto, nella Valle di Posina era stata creata una sorta di zona libera, ovvero una zona che era sotto l'organizzato controllo della Resistenza. I partigiani delle “Garemi” inoltre l'avevano eletta a zona nella quale impiantarvi i loro “uffici” dirigenti, non temendo alcun attacco nemico, così come per la zona di Passo Coe, dove c'era la base di Germano Baron.
Per i nazisti però queste zone erano troppo importanti: la creazione di “zone franche”, come quella di Posina, era così particolarmente combattuta dai tedeschi in quest'area del Veneto.
[...] Tutti i partigiani morti a Malga Zonta erano vicentini. La maggior parte di loro era nata a Malo e Monte di Malo, altri a San Vito, Bruno Viola a Vicenza. L'eccidio di Malga Zonta è avvenuto però a poca distanza da Folgaria, in provincia di Trento. Certo, molto vicino al confine con il Veneto. Ma in territorio trentino.
Ma non è questo il motivo per cui ho deciso di dedicare una parte di questa tesi alla Resistenza nel Trentino Alto Adige. Non è stata insomma una mera questione geografica a motivare la mia scelta, bensì il desiderio di capire più a fondo alcune questioni che sono nate durante lo svolgimento della tesi e che all'inizio dello studio non avrei pensato di dover affrontare.
In particolare sentivo la necessità di verificare quello che, durante le interviste, mi veniva detto da alcune persone, che esprimevano un sentimento di ostilità, di mal celato “rancore” nei confronti dei partigiani, fino a veri e propri giudizi negativi sul loro operato.
Si può giustamente obiettare che questi giudizi sono sicuramente presenti nella memoria di molte persone, non solo qui in Trentino.
Bisogna però considerare le grosse difficoltà che ebbe la Resistenza a nascere e diffondersi in questa parte dell'Italia. Ecco allora che le due questioni sembrano collegarsi e porre degli interrogativi ai quali rispondere.
Da questi presupposti infatti la mia intenzione era quella di capire il perché delle difficoltà organizzative della Resistenza e il tentativo di capire se il sentimento di “ostilità” di alcune persone nei confronti dei partigiani fosse motivato da questioni di carattere esclusivamente personale o se tale sentimento poggiasse su basi più “solide”, trovasse cioè qualche riscontro nelle vicende storiche; capire insomma per quale motivo siano nati tali giudizi negativi.
Il Trentino Alto Adige non rappresentava solamente una realtà a sè stante rispetto al resto d'Italia, ma anche al suo interno era notevolmente differenziato. Se l'Alto Adige era caratterizzato per il suo forte consenso alla Germania, il Trentino aveva carattere anti tedesco ma anche anti italiano, riconoscendo nell'Italia il regime fascista, arrivando quindi a tendenze autonomistiche.
Va detto infine che sebbene la Resistenza abbia avuto grosse difficoltà a svilupparsi in Trentino Alto Adige, le “Garemi” intervennero anche su questo territorio, congiungendo idealmente Resistenza veneta e trentina.
Per capire appieno ciò che successe in Trentino Alto Adige tra il 1943 e il 1945 bisogna fare una premessa, che ci porta indietro di qualche anno.
Il Trentino Alto Adige era stato sottratto all'impero asburgico e annesso al Regno d'Italia nel primo dopoguerra.
Il regime di Mussolini mantenne, nei confronti di questa regione, un comportamento che sarà causa di un grosso malcontento. Mussolini infatti procedette verso una italianizzazione forzata della regione, cercando di ridurre l'influenza della componente tedesca ad esempio vietando l'uso della lingua tedesca nelle scuole e in pubblico, modificando i cognomi delle persone da tedeschi a italiani o ancora ingrandendo l'area industriale di Bolzano e mandandovi a lavorare persone italiane. Altri malumori nacquero, soprattutto nella parte trentina, nel 1927, quando Bolzano e Trento vennero separate e furono create due province differenti. Il fascismo così non ebbe mai grosso seguito: “non perché la gente trentina fosse estranea per costituzione ad ideologie di questo tipo,ma perché mancavano le premesse politiche e sociali che consentissero il diffondersi dell'ideologia fascista.” <46
La borghesia industriale, come i grandi proprietari terrieri erano esigui numericamente. La gran parte della popolazione era formata da piccoli coltivatori diretti, inseriti nelle organizzazioni del clero e del movimento cattolico. Si può dire che le decisioni del fascismo “avevano alimentato nella popolazione un senso di rimpianto e di simpatia per la “buona” amministrazione austriaca...” <47
Ai motivi sociali si aggiungeva poi il fatto che il fascismo aveva creato, con la sua politica centralista, indifferente alle esigenze locali e autonomistiche, un malumore crescente nella popolazione trentina.
Anche la Germania puntava alla conquista del Trentino Alto Adige.
L'interesse di Hitler per questa regione era insito nell'idea che perseguiva, quella cioè di riunire in un'unica nazione tutto il popolo tedesco, e dunque anche le minoranze all'estero: “il 20 febbraio 1938 in un discorso al Reichstag Hitler rivendicava il diritto di tutelare e provvedere ai 10 milioni di tedeschi viventi all'estero, in un tono e in un contesto tale del discorso che non lasciava dubbi sul programma ultimo, quello di risolvere le questioni relative anche con la forza, modificando la carta politica dell'Europa.” <48
Questo nonostante le dichiarazioni come quella del 7 maggio 1938, in cui a palazzo Venezia, a colloquio con Mussolini, affermava il contrario: “È mia incontrollabile volontà ed è anche mio testamento politico al popolo tedesco che consideri intangibile per sempre la frontiera delle Alpi eretta fra noi dalla Natura.” <49
Una “soluzione” fu siglata il 23 giugno 1939. Gli accordi di Berlino regolamentavano l'opzione e il trasferimento nel Reich dei sudtirolesi: entro il 31 dicembre 1939 la popolazione di Bolzano e provincia, di Ampezzo e Livinallongo, nel bellunese, e della Val Canale, in provincia di Udine (ma anche altre genti della Val di Fassa, secondo accordi verbali) dovevano esprimere la loro preferenza, se assumere o meno la cittadinanza tedesca. Entro il 31 dicembre 1942, quindi nell'arco di tre anni, il trasferimento doveva essere completato.
“Vanno male le cose in Alto Adige. I tedeschi, in seguito agli accordi, si preparano a compiervi un vero e proprio plebiscito. E fin qui niente di male, se i tedeschi subito dopo aver optato, se ne andassero. Invece niente. Hanno la facoltà di rimanere fino a tre anni... Mussolini dice che non ci vede chiaro” scriveva nei suoi diari Galeazzo Ciano. <50
Il risultato di tali accordi però fu quello di dividere ancora di più la popolazione, tra dableiber, coloro i quali scelsero di rimanere in Italia, e optanten, che invece scelsero di “aderire” al Reich.
Si può stimare che dal 69% al 88% degli aventi diritto abbia scelto di optare per il Reich anche se gli espatri furono rallentati da molteplici fattori: lo scoppio della seconda guerra mondiale, difficoltà burocratiche dovute alla reale valutazione del patrimonio, le perplessità degli optanti per l'incertezza del loro destino (a volte si diceva che sarebbero stati portati sui monti Beskidi in Polonia, altre volte in Borgogna, altre in Crimea).
Così in tutto “gli espatriati effettivi furono circa 85.000, un terzo scarso della popolazione tedescofona, e di essi almeno 20.000 espatriarono perché essendo divenuti cittadini del Reich erano stati richiamati alle armi.”51Altre cifre ci vengono date da Hubert Mock. Mock dice che su 246.000 votanti, un numero compreso tra 188.978 e 201.336 persone scelsero di trasferirsi nel Reich. Circa 78.000 furono però gli optanti che effettivamente emigrarono. I non optanti e quanti optarono per l'Italia furono tra 44.600 e 57.000 persone. <52
L'iniziale rinuncia di Hitler al controllo del Trentino Alto Adige era stata dettata dall'alleanza con il fascismo allo scopo di raggiungere fini comuni in politica interna ed internazionale. Tali remore cadranno definitivamente in seguito all'8 settembre 1943 seguendo così in Trentino la strada già perseguita in Austria, Cecoslovacchia, Polonia. Insomma, l'interesse di Hitler per il Trentino era stato sempre dissimulato, latente, ma mai sopito.
L'8 settembre comportò dei cambiamenti anche da questo punto di vista: “Questa data fu come il disco verde per iniziare l'attuazione dei progetti annessionistici. Il Reich si sente più libero nei confronti dell'Italia che è uscita dall'alleanza militare...” <53
La creazione dell'Alpenvorland rese appunto chiara la politica di Hitler nei confronti di questa zona.
Il 10 settembre 1943 venne istituita la “Zona d'operazione delle Prealpi”, comprendente le province di Trento, Belluno e Bolzano, che venivano annesse di fatto alla Germania, sotto il controllo di Franz Hofer, Gauleiter di Innsbruck e del generale Joachim Witthöft. Il primo veniva nominato commissario supremo, il secondo comandante nella Zona d'operazione delle Prealpi.
Di fatto la Germania non tollerava l'ingerenza fascista in questi territori, avocando a sè la totale facoltà di amministrarli.
Tra il 25 luglio e l'8 settembre l'Alto Adige era già stato occupato da truppe tedesche, per lo più però di passaggio; l'occupazione militare era però un fatto compiuto anche prima dell'8 settembre.
“Fu il 17 settembre che giunse ufficialmente a Trento la nuova dell'avvenuto distacco politico-amministrativo delle tre province italiane (Belluno, Trento e Bolzano appunto, nda) dal resto del Paese e della loro riunione, per ordine del Capo nazista in un organismo denominato Zona d'Operazione delle Prealpi (Alpen Vorland), direttamente controllato dalle autorità germaniche d'occupazione al cui vertice era stato messo, col titolo di Commissario Supermo, il Gauleiter del Tirolo e Vorarlberg, Franz Hofer, di Innsbruck.” <54
La creazione “ufficiale” dell'Alpenvorland (Zona d'operazione delle Prealpi, detta anche OZAV da Operationszone Alpenvorland appunto) e della Adriatisches Küstenland (zona di operazioni Litorale Adriatico, OZAK, affidata al Gauleiter della Carinzia Friedrich Rainer, comprendente le province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola e Fiume) risale dunque al 10 settembre 1943.
Numerosi furono i provvedimenti e le azioni mirate che resero chiaro che la Germania intendeva di fatto esercitare poteri sovrani sull'Alpenvorland.
Hofer invitava i dipendenti delle pubbliche amministrazioni a non prestare giuramento alla Rsi, poiché “i diritti sovrani del Governo italiano nella zona di Operazioni delle Prealpi sono attualmente sospesi” <55, si vietava a Mussolini di porre la sede della neonata Repubblica sociale in territorio trentino, si vietava nell'Alpenvorland la ricostruzione del Pfr, venne tolta alla Rsi la possibilità di nominare i prefetti (come ad esempio l'estromissione di Italo Foschi a Trento, poi “ripagato” con la carica a Belluno). L'arruolamento di nuovi soldati era di competenza del commissario supremo Hofer e le autorità militari italiane non potevano circolare liberamente, se non con il consenso delle truppe germaniche.
[NOTE]
46 Anna Maria Lona, Amministrazione, società e resistenza nel Trentino occupato (1943-1945), in Venetica. Rivista di storia delle Venezia, numero 2, luglio-dicembre 1984, Francisci Editore, Abano Terme, 1984 pag. 151
47 ibidem
48 Umberto Corsini, L'alpenvorland, necessità militare o disegno politico?, in AA.VV, Tedeschi, partigiani e popolazioni nell'Alpenvorland (1943-1945), Marsilio Editori, Venezia, 1984, pag. 18
49 Cit in Umberto Corsini, op. cit., nota 6 pag. 12
50 Galeazzo Ciano, Diario, in Umberto Corsini, op.cit., pag. 13
51 Gustavo Corni, Spostamenti di popolazioni nella Seconda guerra mondiale. Una nuova fonte sulle opzioni in Sudtirolo (1939-1943) in AA.VV, Demokratie und Erinnerung. Südtirol Österreich Italien. Festschrift fur Leopold Steurer zum 60. Geburstag, StudienVerlag, InnsbruckWien 2006, pag. 169
52 Hubert Mock, Geher e Bleiber. Concetti, eventi, esperienze, in Andrea Di Michele, Rodolfo Taiani (a cura di), La Zona d'operazione delle Prealpi nella seconda guerra mondiale, Fondazione Museo storico del Trentino, Trento, 2009, pag. 175
53 Umberto Corsini, op. cit., pag. 31
54 Antonino Radice, La Resistenza nel Trentino. 1943-1945, Collana del museo trentino del Risorgimento, Rovereto, 1960, pag. 57
55 Umberto Corsini, op. cit., pag. 41
Francesco Corniani, Un marinaio in montagna. Storia di Bruno Viola e dell'eccidio di Malga Zonta, Tesi di laurea, Università Ca' Foscari Venezia, Anno accademico 2009-2010